mercoledì, luglio 03, 2013

Yes we scan. Il mito di Obama al capolinea? »

Yes we scan. Il mito di Obama al capolinea? »:
di Francesco Mastromatteo

Uno spettro s’aggira per l’Europa: quello dell’antiamericanismo. Non, una volta tanto, da parte dei soliti gruppi estremisti, ma nientemeno che dai leader politici più autorevoli, Martin Schultz in testa, che hanno inoltrato vibrate proteste e richieste di spiegazioni a Washington per l’increscioso caso del Datagate, lo scandalo delle intercettazioni statunitensi ai danni di diversi stati europei. La vicenda, assieme a quella di Edward Snowden, l’ex dipendente dei servizi di sicurezza che ha deciso di rivelare al mondo le trame spionistiche americane, diventando il protagonista di una controversa e appassionante disputa internazionale, sta mettendo in seria crisi i rapporti tra Usa ed Europa, e rischia di appannare il mito di Obama agli occhi dei suoi tanti fan. 

Sia chiaro: solo le anime belle possono scandalizzarsi nello scoprire che gli Usa spiano tutto il mondo, compresi i loro alleati, e che i servizi segreti fanno il lavoro (spesso sporco) per cui esistono. Ma non si può non provare un moto di ilare sconcerto nel ricordare i peana sperticati e a tratti deliranti con cui, qualche anno fa, l’ascesa dell’astro politico di Obama venne salutata un po’ da tutti i commentatori, quasi che si fosse di fronte ad un messia laico e non a un capo di stato, anzi il capo dello stato più potente della Terra. Un presidente che, al di là della retorica progressista e buonista, avrebbe fatto gli interessi del proprio Paese, cambiando tattica e parole d’ordine rispetto al predecessore repubblicano ma non certo strategia.

Al piglio muscolare e scopertamente bellicista di G.W. Bush è subentrato l’afflato umanitarista e politicamente corretto del primo presidente Usa di colore, in politica interna sostenitore di quel laicismo spinto che sembra individuare in aborto facile, eutanasia per tutti e matrimoni omosessuali la formula della pace sociale (quasi non fossimo alle prese con la più grave crisi economica dal dopoguerra ad oggi), ed in politica estera, al di là delle dichiarazioni d’intenti e di un modo di procedere più felpato, prosecutore dell’intervento nelle aree più calde del mondo, con esiti non certo felici, specie per la causa delle minoranze cristiane del Medio Oriente. Basti pensare all’attivo sostegno, politico ma non solo, che l’amministrazione americana ha dato alle primavere arabe, salutate dai soliti media compiacenti come solari rivoluzioni democratiche e giovanili, e che in seguito, come dimostra il drammatico caso egiziano che tiene banco in questi giorni, hanno rivelato tutto il loro volto oscuro ed integralista.


Non sappiamo come andrà a finire la questione e se davvero basterà a scalfire il mito del presidente giovane, bello, democratico e umanitario. Nel frattempo, mister Obama, abbia almeno un sussulto di dignità e restituisca il premio Nobel più farlocco della storia: si è dimostrato più abile a spiare che a costruire la pace…

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