Il diritto? Nasce dal matrimonio. L'arringa in favore della “famiglia naturale” di Lévi-Strauss
Matrimonio e “altre unioni” sono cose diverse. La Cei? No, lo diceva l'intellettuale francese
Claude Lévi-Strauss
Guardate la campagna #svegliatitalia (“Chi ama i diritti, li vuole per tutti”): inscena coppie etero e omo bellissime e ammiccanti, disinibite ma innocenti, colte in un abbraccio a letto mentre si promettono eterna felicità e notti di fuoco ridendo di gioia in uno scenario da backstage del Mulino Bianco, incommensurabile rispetto alla scabra realtà dei fatti quotidiani. Allo stesso modo, a fine Seicento, Pierre Bayle postulava una società di atei virtuosi migliore di tutte le nazioni dilaniate dalle guerre di religione ma se la figurava composta solo da tanti Spinoza, senza considerare l’ipotesi che anche fra gli atei potessero esserci delinquenti o imbecilli che le leggi avrebbero dovuto tenere a freno. Quella immaginata da Bayle o da #svegliatitalia è “una società senza società”, espressione di Lévi-Strauss che ho ritrovato in una monografia di Lorenzo Scillitani dal titolo respingente (“La filosofia del diritto di famiglia nell’antropologia strutturale di Claude Lévi-Strauss”, Rubbettino, 168 pp., 15 euro) ma utilissima a radicare il dibattito attorno alla famiglia su “una filosofia del diritto che non voglia cadere preda delle mode culturali dettate dal transeunte” senza ambizioni propagandistiche, il contrario cioè di quanto avviene oggi.
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