La notizia dell’incontro di pugilato fra Joe Louis — il bombardiere nero — e Jersey Joe Walcott — il pugile affamato — che, come si dice in gergo sportivo, s’è battuto con generosità senza pari, era passata quasi inosservata, incalzata da notizie di scontri... collettivi, quando ci son capitate sott’occhio due foto d’oltreoceano: quella della famiglia del «povero negro» e l’altra che mostra, nell’ultimo sforzo dell’atleta, la sua smorfia di indescrivibile dolore: un misto di angoscia e di delusione, uno spasimo di tutto l’essere, proteso a conquistare quella vittoria di cui l’opinione pubblica è tuttora convinta che gli spetti. E lo dimostrano i numerosi telegrammi indirizzati al Governatore dello Stato di New York per protestare contro il verdetto dell’arbitro.
Nonostante
il volto tumefatto e un occhio semichiuso del vincitore (ma questo non c’entra,
asseriscono i competenti) il verdetto difficilmente verrà annullato; mentre
sembra certo che il famigerato organizzatore Mike Jacob non si lascerà sfuggire
l’occasione per effettuare l’attesa rivincita.
Si
specula sul dolore fisico e morale; si coglie il pretesto della vittoria
carpita per provocare un’altra cascata di dollari e solleticare la ferinità
nell’umana natura... collettivizzata.
Non
abbiamo mai compreso, nonché giustificato, un genere di sport che aizza l’un
contro l’altro due esseri, due corpi, due anime che si massacrano per l’avidità
altrui. È risaputo, infatti, che il benessere materiale dei pugili più famosi
dura poco, ché troppo breve è il loro passaggio terreno, affrettato dal
bestiale mestiere.
Ma
ciò che più impressiona in queste due foto, oltre al volto indefinibile del
«pugile affamato» è la famigliuola che il Pastore della chiesa del Calvario
saluta laggiù, nella porta del tempio, stringendo la mano al campione, prima
della prova. I sei fanciulli sono intorno al padre che sta per tentare di
cambiare la loro sorte. In prima fila ci sono: Elva di 12 anni, Loris di 10,
Ruth di 9, Vincent di 7, Carol il minore, di 3; dietro, fra Jersey Joe e il
Pastore c’è Arnold, il figlio maggiore, di 14 anni, accanto alla madre.
Guardate
i volti: vicino ai più o meno inconsapevoli profili dei minori, ecco il volto
ottimista di Elva che sorride alla visione di una imminente bramata felicità,
cui fanno contrasto lo sguardo pensoso di Arnold e quello addirittura
terrorizzato della moglie del pugile sfortunato. Né si può affermare che la
faccia del Pastore sia incoraggiante...
Unico
conforto a tanto «botte» ricevute invano, la sarabanda dei fratelli negri che
portarono in trionfo... il vinto.
Ma
che bel mestiere arricchirsi a spese delle folle imbestiate e dei volti
tumefatti!
BENIGNO
28
dicembre 1947