Da Avvenire del 13 Dicembre 2002
LA LUNGHEZZA DEI GIORNI
Il valore della vita non sta nella lunghezza dei giorni, ma nell'uso che ne facciamo. Uno può aver vissuto a lungo, e tuttavia pochissimo.
Ricorriamo ancora una volta a uno degli autori che più facilmente offrono spunti immediati di riflessione attraverso il dettato stesso delle loro pagine, segnato dalla lapidarietà e dall'essenzialità. È dai Saggi del famoso pensatore francese Michel de Montaigne (1533-1592) che desumiamo questa breve meditazione sulla vita, mentre sentiamo ormai scorrere le ultime settimane dell'anno. Oggi l'esistenza umana s'è di molto allungata, ma non per questo possiamo dire che si vive di più, in senso autentico. Talora i vecchi hanno di fronte anni e anni di sopravvivenza quasi larvale, meramente vegetativa.
Ma questo vale anche per molti giovani o per chi è nel pieno del vigore della maturità. Si può, infatti, semplicemente esserci senza essere veramente. Il tempo cronologico è uguale per tutti, ma è ben diverso il contenuto esistenziale che lo riempie. C'è, infatti, chi ha solo giorni vuoti davanti a sé, «giorni tristi e anni - come confessava Qohelet - di cui devi dire: Non ci provo alcun gusto» (12, 1). E c'è, invece, chi colma le sue ore di opere, di pensieri e di affetti. Solo così si può dire veramente di vivere e non solo di esistere. Preghiamo, allora con le parole del salmista: «Saziaci ogni mattina con la tua grazia; esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la bontà del Signore nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani» (90, 14.17).
Gianfranco Ravasi
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