Mancano all’appello 90 milioni di donne e 45 mila miliardi di dollari
Grazie ad un’errata pianificazione familiare
NEW YORK, sabato, 4 settembre 2004 (ZENIT.org).- Mentre le Nazioni Unite e i gruppi per la pianificazione familiare proseguono nei loro tentativi di ridurre i tassi di natalità, diversi libri pubblicati di recente hanno posto l’attenzione sui gravi problemi economici e sociali che derivano proprio da un numero troppo basso di figli.
Uno di questi libri, dal titolo "Bare Branches: The Security Implications of Asia's Surplus Male Population" tratta delle conseguenze insite nell’eccessivo numero di giovani maschi, a cui in Cina ci si riferisce con l’espressione “bare branches” [rami spogli]. Valerie Hudson e Andrea den Boer osservano che la Cina e l’India, che contano il 38% della popolazione mondiale, hanno un surplus di giovani di sesso maschile ben più alto di quanto le forze della natura sarebbero in grado di produrre.
Gli autori dedicano un intero capitolo alla storia della selezione sessuale, osservando che l’infanticidio femminile è stato praticato da molte culture in diverse epoche. La cultura asiatica ha dimostrato una preferenza particolarmente marcata per i figli maschi e la tecnologia moderna ha permesso a questa preferenza di essere applicata in misura ancor più radicale che nel passato.
Un normale rapporto tra il numero di maschi e di femmine al momento della nascita è di 105-107 maschi per ogni 100 femmine. Questo normalmente si traduce in un rapporto di quasi 100 maschi per 100 femmine, in relazione alla popolazione totale. Gli autori osservano che non è facile reperire statistiche affidabili sui tassi di natalità. In Cina, i dati sui rapporti tra la popolazione maschile e femminile alla nascita variano dai 115,62 ai 121,01 maschi per ogni 100 femmine. L’India mostra livelli di 111 per 113, con punte di 132 e 156 in alcune aree. Nella Corea del Sud, dopo aver raggiunto i 116,9 nel 1990, il numero si è stabilizzato sui 109,6. In Taiwan, risultano 109,5 maschi per 100 femmine alla nascita.
Lo squilibrio tra i sessi alla nascita potrebbe aggravarsi nei prossimi anni a causa di un più alto livello di mortalità infantile tra le donne, attribuita ad una mancanza di cure mediche adeguate. Le stime sul numero di “donne che mancano all’appello” in Asia variano. Dai dati relativi a sette Paesi asiatici, riportati nel libro, questo numero sarebbe di poco superiore a 90 milioni. L’India e la Cina contano rispettivamente il 43% e il 45% del totale.
Gli autori calcolano che per il 2020 l’India avrà un surplus di popolazione maschile nella fascia d’età tra i 15 e i 35 anni tra i 28 e i 32 milioni. Il corrispondente surplus in Cina potrebbe ricadere tra i 29 e i 33 milioni.
Quali saranno le implicazioni relative a surplus maschili così ingenti? Traendo spunto da un certo numero di studi, gli autori indicano una serie di caratteristiche proprie di questa categoria di persone: uno status socioeconomico basso dovuto ad un più alto livello di disoccupazione e di lavori di basso livello; una più alta probabilità di degenerazione criminale; una ben individuata sottocultura da scapolo caratterizzata dalla ricerca del piacere immediato e dalla mancanza di attenzione al futuro; una tendenza al vizio e alla violenza.
Guardando ai dati storici, il libro osserva che i governi possono adottare misure per contrastare gli effetti negativi degli squilibri tra le popolazioni maschili e femminili, ma solo dopo lunghi sforzi ed alti costi. I Paesi asiatici e in particolare Cina e India, secondo gli autori, si trovano di fronte ad un compito assai arduo nel tentativo di evitare un brusco aumento nella violenza e nei problemi sociali. Secondo gli autori, l’instabilità potrebbe anche portare allo sviluppo di conflitti armati.
Una minaccia alla prosperità
Philip Longman, nel suo libro "The Empty Cradle" [La culla vuota] si concentra sugli svantaggi economici derivanti dai bruschi cali nei tassi di natalità. Mettendo da parte i timori per una “bomba demografica”, le economie moderne si fondavano sull’aumento costante della popolazione. Nuove attività economiche sorgono infatti nelle aree in cui la popolazione è in crescita, e i sistemi previdenziali dipendono dal crescente numero di contribuenti per finanziare l’assistenza per ogni generazione che va in pensione.
Egli nota che potrebbe sembrare inopportuno preoccuparsi per il numero troppo basso di figli, in un momento in cui la popolazione mondiale continua a crescere di circa 75 milioni di persone l’anno, tuttavia, i tassi di fertilità sono crollati negli ultimi anni e nessuna nazione industrializzata può contare su di un numero di bambini sufficiente a sostenere la sua popolazione. Dai dati delle Nazioni Unite risulta che attualmente 59 Paesi, in cui risiede il 44% della popolazione mondiale, si trovano con tassi di natalità inadeguati ad evitare il declino della propria popolazione.
Negli Stati Uniti, anche se prendiamo in considerazione gli alti tassi di immigrazione, per il 2050, un quinto della popolazione avrà più di 65 anni. L’Ufficio di Bilancio del Congresso stima che i costi per i programmi “Medicare” e “Medicaid” aumenteranno vertiginosamente, dall’attuale 4,3% del prodotto economico nazionale al 21% nel 2050. Longman avverte che i crescenti costi assistenziali potranno costringere i governi ad aumentare le tasse sui lavoratori, rendendo a loro volta più difficile permettersi delle famiglie numerose.
Il problema è ancora più grave nelle nazioni in via di sviluppo che hanno visto bruschi cali nei tassi di fertilità in un breve lasso di tempo, sostiene. Per la metà del secolo, ad esempio, le popolazioni di Paesi come il Messico e la Turchia potrebbero avere età medie più alte rispetto agli Stati Uniti.
Le proiezioni dell’ONU vedono per il 2050 un’età media di 39,7 negli Stati Uniti, con un aumento di 4,5 anni rispetto al livello attuale. Per contro, nel prossimo mezzo secolo l’età media del Messico salirà a 42 anni. Dalle proiezioni per l’intera regione dell’America latina e dei Carabi, l’età media nel 2050 si attesterà a 39,8, una frazione in più rispetto agli Stati Uniti.
Molti altri Paesi si trovano nella stessa situazione. In Algeria, l’età media dovrebbe aumentare dai 21,7 del 2000 ai 40 del 2050. Un’altra società in rapido invecchiamento sarà la Cina. Per il 2040 si stima che il 26% della popolazione avrà più di 60 anni. E se i Paesi ricchi hanno difficoltà a finanziare una popolazione che sta invecchiando, le nazioni in via di sviluppo dovranno affrontare un compito ben più difficile, essendo diventati vecchi, prima di essere diventati ricchi.
Tempeste finanziarie
La stretta fiscale che gli Stati Uniti si trovano a dover affrontare, dovuta ai costi derivanti da una popolazione che sta invecchiando, è l’argomento di un altro libro, dal titolo “The Coming Generational Storm", di Laurence Kotlikoff e Scott Burns.
Gli autori dedicano gran parte del loro libro ad analizzare i costi finanziari per il Governo federale, derivanti da una popolazione invecchiata. Essi accusano i politici di tutti i partiti, di aver deliberatamente ignorato i costi finanziari di lungo termine, privilegiando gli interessi politici immediati.
Il deficit fiscale, ovvero la differenza tra le future entrate e spese del governo, sarà dell’ordine di 45 mila miliardi di dollari, secondo Kotlikoff e Burns. Dai loro calcoli risulta che le tasse che gli attuali figli dovranno pagare nel corso di tutta la vita, per coprire questo buco, dovranno essere circa il doppio di quelle attuali.
Un aumento fiscale di questa portata, produrrà una riduzione delle entrate nette, e un eventuale aumento delle tasse sulle attività economiche significherebbe poter destinare minori risorse agli investimenti di capitale. Essi sottolineano inoltre che più le decisioni vengo rimandate, più diventerà doloroso provvedere a coprire il buco fiscale.
Un’alternativa proposta dagli autori consiste nell’attuare profondi cambiamenti nei sistema previdenziali e sanitari, riducendo le future spese e allineando i pagamenti in modo più corrispondente alle reali necessità delle persone. Essi inoltre raccomandano che le persone evitino di continuare a spendere tanto ed inizino a risparmiare seriamente per la pensione.
Alcune recensioni hanno ritenuto questi tre libri troppo pessimistici nelle loro previsioni. Ma anche se il futuro può non essere così lugubre come viene descritto, l’opinione economica prevalente ritiene che il forte calo nei tassi di fertilità sarà comunque fonte di gravi problemi per l’economia mondiale.
Se i governi di domani dovranno constatare che gli impegni precedentemente presi “hanno esaurito la loro capacità fiscale di rispondere alle congiunture negative, si potrebbero verificare delle crisi economiche e dei sollevamenti sociali”, conclude Peter Heller, vice direttore del Dipartimento per gli affari fiscali del Fondo monetario internazionale, nel suo libro del 2003 “Who Will Pay?” [Chi pagherà]. La società potrebbe rimpiangere il giorno in cui ha accolto la logica del movimento per la pianificazione familiare.
Nessun commento:
Posta un commento