Addio Giuni Russo voce libera del pop
«Ho accettato la malattia in ginocchio». Il suo ultimo desiderio: essere sepolta tra le sue amiche carmelitane
Di Gigio Rancilio
«Sai, sono diventata un po' carmelitana. Merito di santa Teresa d'Avila e di Edith Stein». Giuni Russo, morta l'altra notte a 53 anni (li aveva compiuti il 10 settembre), parlava con amore del suo cammino spirituale iniziato negli anni Novanta, «dopo un lungo peregrinare tra Ermete Trismegisto, Steiner e la teosofia». Nel mondo della musica si era fatta la fama di dura e scontrosa, ma in realtà era solo esigente. Con se stessa, prima che con gli altri. Sapeva che la vita era un dono. E non voleva sprecarla. Soprattutto da quando, cinque anni fa, aveva scoperto di avere un cancro. «Ho già fatto tre operazioni. Mi avevano detto che non avrei superato il 2002».
Il 10 aprile scorso, attraverso Avvenire Giuni scelse di rendere pubblica la sua lotta. «Non mi interessa più nascondermi. A Sanremo, l'anno scorso, l'ho fatto perché sarebbe stato amorale partecipare alla gara "da malata"». Guardandola negli occhi vedevi una donna in pace. Era impossibile non chiederle come faceva ad essere così serena. «Ho fatto pace col mio male. Ma nonostante la fede ho avuto paura. Ho urlato, pianto e litigato col Crocifisso. Alla fine, però, ho accettato la malattia. In ginocchio».
Mentre parlava, a volte, la sua voce si incrinava un po'. Ma il suo cruccio era un'altra malattia. «I discografici ormai vogliono solo le canzonette. Ma io sono disposta a fare la fame per non cedere a compromessi. Non ho marito né figli. Vivo con poco. Così mi concedo il lusso, perché ormai è un lusso, di essere un'artista libera». Così libera da rifiutare all'inizio di incidere Un'estate al mare, che diventò invece il suo successo più grande: «Quando il mio amico Franco Battiato me la propose mi arrabbiai perché avevo appena finito di incidere un album folle e libero come Energie. Poi, dopo averla ascoltata bene, accettai. È rimasta in hit parade sei mesi. Un successo enorme. Che però non ho sfruttato. Per qualcuno sono stata molto ingenua. Sicuramente sono stata lib era». Ecco: Giusi Romeo, in arte Giuni Russo, in fondo voleva solo questo: essere un'artista libera in un mondo sempre più omologato. Facile da dirsi. Durissimo da farsi. «Avevo anche pensato di ritirarmi. È stata la mia guida spirituale a convincermi a non lasciare tutto. Mi disse: "Non puoi smettere di cantare, hai avuto un dono meraviglioso e hai il dovere di non soffocarlo». Solo l'acuirsi della malattia, negli ultimi mesi, l'ha costretta a venir meno al «suo dovere», cancellando alcune esibizioni. «Il sogno della mia vita era cantare. Qualunque cosa. Fino alla morte».
Le sue monachelle, come amava chiamarle, l'hanno seguita fino alla fine. Esaudendo il suo ultimo desiderio: essere sepolta tra le Carmelitane Scalze, al cimitero Maggiore di Milano. I funerali di Giuni si terranno oggi alle 14.45 al monastero delle Carmelitane Scalze, in via Marcantonio Colonna. Il suo amico Franco Battiato non ci sarà. È all'estero per una tournée. Ieri sera le ha dedicato un concerto.
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