L’età, come il sesso, è un
concetto fluido ed una costruzione sociale. È bene distinguere l’età
anagrafica, l’età soggettiva e l’età sociale. L’età anagrafica è il dato
oggettivo, scientifico, che attesta il tempo passato da quando siamo nati.
L’età soggettiva, che chiameremo con il termine inglese age, sta ad indicare l’età sentita dall’individuo. L’età sociale,
invece, indica il modo in cui le diverse culture costruiscono il significato
dell’appartenere ad una certa età; le aspettative, i diritti e i doveri legati
all’essere giovani, adulti, vecchi, ecc.
C’è ancora molta strada da fare
perchè la società superi la propria ossessione per l’età anagrafica e riconosca
le persone secondo l’età nella quale si identificano. Tutti abbiamo conosciuto
settantenni che si sentivano ventenni. Perchè costringerli a vivere secondo la
loro età anagrafica? La biologia non è destino. Quel che conta nell’individuo è
ciò che si sente e quando l’età soggettiva non corrisponde con quella
anagrafica, questa ovviamente dev’essere ignorata.
L’età assegnata alla nascita
dovrebbe essere corretta con quella che effettivamente sentiamo. Le medicina, che ormai non serve a prevenire
o curare malattie ma ad affermare la propria volontà sul corpo, oggi ci aiuta
con nuovi farmaci che permettono di rallentare o di accellerare
l’invecchiamento. La chirurgia poi può farci apparire più giovani o vecchi,
secondo la propria età soggettiva, secondo la propria identità age.
Sulla carta d’identità al posto
della data di nascita, che attesta un dato oggettivo, dovremmo piuttosto avere
la nostra età soggettiva, che rappresenta veramente quello che siamo, ossia che
sentiamo. Un po’ come per il genere sessuale, che ormai si può cambiare a
piacimento. E quanti sono ancora incerti riguardo la propria identità age,
dovrebbero poter indicare uno spettro temporale invece che un dato certo e
preciso. L’età fluida merita attenzione e riconoscimento istituzionale.
La teoria age non esiste, è solo
un termine utilizzato dai suoi nemici. Esistono invece tanti uomini e donne che
per secoli sono stati discriminati soltanto perché si sono trovati in un corpo
sbagliato, solitamente più vecchio della propria età soggettiva (age).
Nelle scuole andrebbero promossi
dei progetti mirati a distinguere i diversi significati dell’età. Bisogna
imparare il rispetto, a cominciare dai bambini. A scuola si dovrebbero
introdurre corsi appositamente dedicati durante i quali si sensibilizzeranno
gli alunni all’identità age, distinguendola chiaramente da quella anagrafica.
Si insegnerà loro, ad esempio, a vestirsi e atteggiarsi da adulti, così da
imparare il rispetto per la diversità e prevenire la violenza contro gli
anziani.
I bambini dovrebbero imparare a
riconoscere e superare i pregiudizi legati all’età sociale. L’essere neonati,
infanti, bambini, adolescenti, adulti, anziani è una costruzione sociale che
cambia con le culture. È arbitraria e pertanto può essere cambiata a piacimento
senza procurare alcun danno. Non c’è nessun motivo per cui un adulto non debba
poter andare con un ciuccetto un bocca o in passeggino, se questo esprime la
sua età soggettiva, la sua identità age. Anzi, la diversità deve essere
celebrata e promossa, anche sui luoghi di lavoro. La agefobia invece va
contrastata con ogni mezzo, anche attraverso un’apposita legislazione volta ad
introdurre uno specifico reato di discriminazione legata all’età.
I bambini dovrebbero imparare a
contravvenire le convenzioni sociali, che in fin dei conti sono solo
pregiudizi, espressione di strutture di potere consolidate nel tempo. Per
secoli i transage sono stati discriminati e ridicolizzati ma è ora di avviare
un processo di accettazione e riscatto sociale. Bisogna porre fine alla
sofferenza di chi non si identifica con la propria età. Ad esempio, se mi sento
un infante dovrei avere diritto ad iscrivermi ad un asilo infantile e venire
accudito, cambiato, imboccato, ecc. In
Svezia da oltre venti anni esistono asili egualitari, come “Equalage”, aperti a
persone di tutte le età. E se non siete convinti, tanto a voi cosa cambia?
Michele Marziano
Docente di Istituzioni di
Devianza presso il Dipartimento di Ossimorica, Facoltà di Irrilevanza
Comparata, Università di Parigi Félix
Faure.
Nessun commento:
Posta un commento