domenica, giugno 22, 2025

C’è guerra nei cuori

Da tre anni e passa ci stiamo illudendo che la guerra è finita. Ce la diamo ad intendere come al malato grave si dà ad intendere che è prossima la guarigione, mentre di prossimo non c’è che la morte; ma della guerra scoppiata nei cuori, della guerra ancora e sempre in atto ci accorgiamo anche senza leggere le gazzette.

Gli occhi di chi ci passa accanto hanno la stessa inquietudine di allora, quando ci straziavano tremendi ordigni di distruzione: la stessa aria smarrita, la stessa ansia dipinta nei volti, seppure temperata in taluni dall’ingordigia di vivere, in altri dal desiderio di straniarsi dalla giornata mortale, di «evadere» insomma, parola che ha fatto le spese di troppo romanticume per conservar tuttavia qualche significato.

Niente da fare; non ti strani, non evadi, anche se fai lo sciopero della lettura, anche se scantoni alla svelta per non captare al vicino chiosco quel che t’urla all’orecchio lo strillone fantasioso, il quale non ha più nulla da inventare, tanto la realtà supera qualsivoglia fantasia. Basta che lo sguardo scorra le sgargianti mostre dove donnine succinte (quando s’accorgeranno che sono molto più interessanti decentemente vestite?) o truculente figure da tragedia vengono date in pasto alla morbosa curiosità del pubblico. Basta fermarti ai titoli della cronaca sempre più nera, che ha creato periodici d’ogni tipo e colore, dove tutto ciò che di più intimo e miserrimo c’è nella natura umana, vien messo a nudo brutalmente.

Ma non allarghiamo la visuale e limitiamoci ai delitti. Ecco una rapida elencazione dei «fattacci» di questi ultimi giorni:

— «Maria Fusco crede che il capitano Ring sia stato ucciso. La donna ha lasciato chiaramente comprendere che l’uccisione del capitano debba ritenersi legata a un affare di controspionaggio. Il Ring conduceva, infatti, vita misteriosa ed era continuamente in relazione con elementi della polizia inglese. Tutte le notti lasciava la casa quasi di nascosto: prendeva una gondola e vagava per la laguna».

— «Accertato dall’autopsia che l’abate è morto soffocato».

— «Lai Quadrini lo ha dannato — ha detto — il venerando avv. Marzi».

— «La tragedia del Veruno. Una lettera testamento trovata indosso all’assassino. È stata trovata una lettera nella quale Alessandro Sarò spiega le ragioni che lo hanno spinto ad uccidere la vedova, non avendo voluto questa mai corrispondere alle sue insistenti profferte d’amore. Nella lettera egli poi dispone dei suoi modesti beni e lascia alla moglie, con la quale non andava più d’accordo, la “stanza maledetta” come egli chiamava la camera nuziale».

— «Spara 10 revolverate perché non lo lasciano dormire».

— «Noleggiano un taxi, rapinano l’autista e lo lasciano mezzo morto sull’argine del Tevere».

Ed ecco la nota bellica autentica:

— «Ragazzo ucciso da una mina anticarro».

Poi la nota politica:

— «Nuova aggressione contro l’On. Matteotti» (già, si tratta proprio del figlio della vittima che da un quarto di secolo incombe sulla vita politica italiana. E tralasciamo le violenze dell’ultima battaglia elettorale culminate nell’assassinio di Gervasio Federici).

— «Strozza la moglie incinta di sette mesi perché è stanco della vita coniugale».

«Dulcis in fundo» il dramma di gelosia:

— «Un polacco ubriaco e cocainomane ferisce gravemente l’amante e uccide la figlia dodicenne a revolverate».

Ce n’è proprio per tutti i gusti... marci! E abbiamo volutamente escluso quelle orripilanti gazzette illustrate, specializzate nell’introspezione dei crimini, che in nome di una mostruosa libertà continuano a intossicare anime e cervelli. Significativo: il novanta per cento dei protagonisti di queste... brillanti avventure sono giovani dai diciotto ai trent’anni. E non parliamo dei violenti contro se stessi: i suicidi.

La guerra dunque continua: il suo seme maledetto trova il solco concimato da tutte le più immonde sozzure. Un lezzo di basse passioni, di sentina, di odio sale dalle strade malfamate.

Non ci sarà tregua d’armi finché c’è guerra nel cuore.

 

BENIGNO

16 novembre 1947

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