domenica, giugno 08, 2025

Sinfonia d’Ognissanti

L’aria è già pregna di crisantemi, ma non pensi ai morti. Sai che per chi crede, la morte è soltanto apparente, e quelli che tu chiami «poveri» — i morti nella sua Grazia — son più vivi di quanti s’agitano per le strade del mondo, pieni d’ansia e d’inquietudine. E forse son Santi.

Fin dall’inizio la Chiesa consacrò un giorno dell’anno alla memoria dei suoi figli più illustri, morti per la fede. Ma il numero di questi crebbe a dismisura in seguito alle persecuzioni, talché non fu più possibile dedicare un giorno a ciascuno. Si pensò allora a una celebrazione comune.

Come risulta da alcune omelie di San Giovanni Crisostomo, la Chiesa antiochena fissò la festa alla prima domenica dopo Pentecoste. L’uso si generalizzò poi nelle Chiese orientali. Ebbe origine romana in Occidente. Fu papa Bonifacio IV che, ottenuto dall’imperatore romano Foca il pagano Pantheon, lo purificò, lo trasformò in Chiesa e lo dedicò a «Sancta Maria ad Martyres». Il 13 maggio del 609, giorno della consacrazione, divenne in Roma giorno della celebrazione di tutti i santi martiri.

Nel secolo successivo, nella basilica di San Pietro, Gregorio III consacrò un oratorio al Salvatore, alla Madonna e «a tutti gli apostoli, martiri, confessori, e a tutti i giusti perfetti morti per tutto l’orbe». Così fu costituita la festa di Ognissanti, che sotto Gregorio IV venne definitivamente fissata al primo novembre.

Questa celebrazione, cui fa seguito quella dei fedeli defunti, mette in azione il dogma ineffabile della comunione dei santi. Il sangue di Vita circola in questi giorni nelle vene della Chiesa madre. Chi sta ancora nel combattimento, e non sa come si concluderà, guarda a coloro che l’hanno preceduto — i fratelli beati — per essere sostenuto, per trovare nel loro esempio una norma di condotta e un motivo di speranza.

Rispondono i beati a tanta fiducia col patrocinio presso il trono di Dio. Domani, dal Purgatorio giungerà a noi e salirà fino ai beati un grido di soccorso; sarà la perfetta realizzazione del dogma consolatore. Noi celebriamo la gloria dei fratelli arrivati al Regno.

Terra e cielo sono in festa. I Santi, giunti in cielo da ogni parte dell’orbe, da ogni popolo e nazione, cantano le glorie eterne.

«In quei giorni — dice Giovanni nell’Apocalisse — vidi un altro Angelo che saliva da levante e teneva il sigillo di Dio vivo. E gridò ad alta voce ai quattro Angeli ai quali era stata data potestà di danneggiare la terra e il mare: Non danneggiate né la terra né il mare né le piante, finché non abbiamo messo l’impronta in fronte ai servitori del nostro Dio. E udii il numero di quelli che avevan ricevuto l’impronta del sigillo… Dopo queste cose vidi apparire una folla immensa che nessuno potea contare, d’ogni nazione, tribù, popolo e lingua, che stava in piè dinanzi al trono e dinanzi all’Agnello. Indossavano tutti delle vesti bianche, tenean de’ rami di palma in mano ed esclamavano ad alta voce: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello! E tutti gli Angeli stavano in piè, circondando il trono…».

Quello è il Regno, quella è la nostra Patria. Il cammino per giungervi è tracciato nel Vangelo delle beatitudini: distacco dai beni terreni, mansuetudine, sete di giustizia, amor di sofferenza, castità, letizia, carità. Questa via i beati l’han già percorsa. Non ci rimane che imitarli.

Non tristezza di crisantemi dunque, ma sinfonia d’Angeli, ma alito di gigli.

BENIGNO

2 novembre 1947

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