Caro A. B., reduce da Mauthausen
«
Non è volontà del Signore che tu nasconda agli occhi degli uomini il bene che
fai, temendo di essere veduto. Se temi di avere spettatori, non avrai
imitatori. Devi dunque lasciare che vedano; ma non devi operare allo scopo di
essere veduto. Non in questo deve consistere il colmo della tua contentezza,
non in questo la tua supremazia gioia. Sentendoti lodare, disprezza te stesso e
lascia che la lode risalga a colui che ti dà la grazia per farlo. Da te viene
il far male, da Dio il far bene ».
Se
io dunque mi permisi di lodare il tuo gesto quando mandasti al giornale il tuo
obolo in occasione del S. Natale, perché fosse devoluto a favore di un tedesco
bisognoso, con l’intenzione di perdonare, non solo, ma aiutare chi, forse, ti
fece del male (sono un reduce anch’io e ti comprendo), non pigliartela con me,
ma con Sant’Agostino. Il mirabile passo sopra citato si trova a pagina 386-387
di « Vita Cristiana » — Società Editrice Internazionale.
Tu
dici che ho fatto male perché non si deve mai lodare (il gesto o la persona? e
quest’ultimo caso, chi ti riconosce attraverso la sigla?) e che in fine dei
conti tante altre persone, sia nel chiostro sia nella vita civile,
cristianamente fanno di più senza che nessuno lo sappia. A chi lo racconti,
amico mio? E chi andrebbe mai a sollevare i veli della carità alle soglie dei
monasteri o di certe case cristiane? C’è odore di santità. Io so, anche se
siamo in pochi a crederlo. Ma non senti che a quelle soglie le belve scatenate
fanno ressa, azzannando sbarre e gelosie?
Non
sai che per un disgraziato, che la stessa Chiesa ha affidato alla giustizia,
hanno tentato di trascinare nel fango la stessa Sede di Pietro, lo stesso
Vicario di Cristo, quasi non bastasse aver ereditato l’odio dei farisei che
seminano a piene mani nei cuori dei pavidi, degli ingenui, degli indifferenti e
— diciamolo pure — di quanti non hanno una fede incrollabile, una coscienza
solida?
Eh,
no, amico mio, non bisogna nascondere gesti come i tuoi, specie se sublimati
dall’anonimato, « poiché quale augurio si può fare agli uomini migliore di
questo, che trovino simpatiche le virtù che debbono imitare? Piuttosto
rettifica le lodi umane, riferendo tutto a gloria di Dio, dal quale ti viene
ogni cosa che in te si loda senz’abbaglio del lodatore ».
È
sempre un atleta di Cristo che parla e che mi prega di concludere per tua
tranquillità:
«
Per il virtuoso è gran virtù disprezzare la gloria; perché quel disprezzo si
concepisce alla presenza di Dio, senza lasciarlo trapelare allo sguardo degli
uomini. Checché egli faccia dinanzi agli occhi degli uomini per mostrare il suo
disprezzo della gloria, qualora si pensi che lo faccia per riscuotere maggior
lode, cioè maggior gloria, non gli resta più alcun mezzo per far vedere ai
sospettanti che egli è ben diverso da quello che si sospetta di lui. Ma chi non
cura giudizi di lodatori, non cura nemmeno sospetti temerari ».
Ora
sai che pensare nel caso che qualche sospettante ci fosse.
Mentre
per le strade infuria la bufera, è bello fare di quest’angolo un’oasi di bontà
da cui aliti ogni tanto un profumo di gigli.
BENIGNO
N.
B. — L’obolo precedente e questi 25 marchi sono stati rimessi a Don Carlo
Boyer: P. C. A., Piazza Benedetto Cairoli, 117, Roma.
D.
Lo. C. (Palazzo Adriano) — Lei sfonda le porte aperte, amico mio. Non è vero
che per la Chiesa esistono soltanto diritti dei genitori e doveri dei figli; è
vero invece che i doveri dei genitori precedono quelli dei figli. E se lei ha
sentito sacerdoti interpretare il IV comandamento in senso... reazionario, io
posso affermare — e far nomi — che le mie orecchie rintronano ancora degli
ammonimenti gridati dai pulpiti a genitori incoscienti. Riguardo al matrimonio,
non è un preciso dovere (e diritto!) dei genitori aprire gli occhi a tanti
ingenui che confondono l’Amore con la passione che accieca, e si preparano
troppo spesso una vita d’inferno? Questo ha voluto, mi pare, considerare il
nostro Coluccio, senza escludere che nel caso Ciaravella i responsabili
dell’efferatezza siano da ricercarsi vicino e lontano.
Quanto
a quelle tali famiglie cui ella accenna, sono cristiane soltanto di nome; se
l’amore è santo davvero, per la Chiesa non esistono differenze sociali e non si
è mai sognata di ammonire il figlio del professionista che sposa la figlia
dell’operaio. Quando la donna è onesta, l’operaia vale la principessa, anzi,
vale di più, assai di più se la condotta di costei... lascia a desiderare.
M.
F., Ospedale al Mare (Venezia) — I cinque abbonamenti offerti da Gennaro
Silveri ad altrettanti tubercolotici, in memoria del figliuolo, erano — ahimè!
— esauriti prima dell’arrivo. Un’anima buona, un padre, offre tuttavia a lei un
abbonamento in memoria della figliuola. Spero che l’esempio valga a scuotere
tutti quei dormienti che possono praticare la carità di una sana lettura a chi
si macera nell’inerzia forzata, guadagnando suffragi alle anime dei loro cari.
E
ricordi Agostino: « Signore, mettimi nella fornace della tribolazione in modo
che il vaso ne venga cotto e non rotto ».
BENIGNO
9
maggio 1948
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