domenica, ottobre 05, 2025

Appuntamento della carità

Al Sig. Direttore de « L’Osservatore Romano della Domenica » ricordo che l’arrivo del settimanale era per mio figlio una festa. Se lo divorava letteralmente. La « Poesia d’angolo » – il « Crivello » – « Legittima difesa », i commenti del Vangelo, le « ultime » vaticane, il bel paginone denso di commoventi racconti, di succose interviste, di interessanti foto, formavano il suo più gustoso passatempo, la sua gioia più pura: sì, pura, perché mai una nota stonata vi colse con la sua squisita sensibilità acuita dal male.

Una volta che un disguido (o un furtarello?) lo privarono della preziosa lettura, mi guardò con i dolci occhi pieni di una muta preghiera. Capii. Fuori infuriava il maltempo. M’intabarrai e feci per uscire. «Perdonami, babbo — disse — ma Puf... sai... m’aveva promesso... In questo numero dev’esserci di sicuro la sua risposta per le rime... ».

Gli aveva mandato pochi versi a Puf e non disperava di vederli pubblicati perché... sa... era un poeta — c’è da vergognarsi forse? — un poeta che se non aveva ancora trovato la forma d’arte per tradurre quel che gli premeva dentro lo era certo nell’anima innamorata, nella bontà indulgente, nel desiderio di fanciullo: un poeta. Le assicuro, Sig. Direttore, che avrebbe un giorno trovato la sua espressione e per il quale — chissà! — Ella stessa avrebbe forse fatto eccezione alla dura regola di non pubblicare versi.

Tornai quel giorno dal più vicino centro col giornale che egli accolse come un grande amico. La risposta di Puf c’era, ma si schermiva e... differiva la sospirata pubblicazione. Rimase un po’ male, lì per lì, ma poi si riprese subito e... « Sarà per un’altra volta — disse — certo Puf non sa che io ho fretta e non conviene dirglielo... La Poesia non vive di carità, ma la pratica ».

Capiva — il mio povero ragazzo — che di vita non ne aveva di spendere e la sete di bellezza che lo consumava la saziò tutta in Cristo, ch’è la più alta Poesia elargita agli uomini dalla divina misericordia.

Può quindi comprendere, Sig. Direttore, con quale trepido cuore io offra a nome del mio povero figliuolo morto cinque abbonamenti che vorrà destinare ad altrettanti tubercolosi...

GENNARO SILVERI

Che ve ne pare? Non sarà il caso di raccogliere un giorno tutti questi « appuntamenti » in un volumetto?

Vogliamo intanto credere che la lettera del Silveri ispiri i buoni. La carità è una pianta, sempre più rara, ma siamo fermamente convinti che fiorirà sempre sulla terra finché vi palpiti un cuore d’uomo, quell’uomo di cui il Verbo assunse la natura.

BENIGNO

4 aprile 1948

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