Sono passati trent’anni dal fatale 1989, quando cadde il Muro di Berlino. E trent’anni fa moriva Augusto Del Noce, il filosofo cattolico che previde la fine del comunismo e l’avvento di una società dominata dal pensiero nichilistico e ateistico. Il Muro fu abbattuto il 9 novembre, Del Noce morì il 30 dicembre. Eppure nei suoi scritti quel passaggio poteva già essere letto: al posto del comunismo il consumismo, al posto delle vecchie ideologie il dilagante edonismo della società sazia e disperata.
Per chi, come il sottoscritto, ha vissuto il pontificato di Karol Wojtyła, la filosofia di Del Noce è stata una guida utile per leggere e interpretare la portata del magistero del papa polacco. Anzi, Del Noce fece in un certo senso da battistrada. Basti pensare che Il suicidio della rivoluzione, il saggio nel quale Del Noce prefigurò il collasso del comunismo, uscì nel 1978, quando in Italia il Pci era fortissimo e proprio l’anno in cui fu eletto Giovanni Paolo II, il papa che al comunismo diede una spallata decisiva.
L’attualità di Del Noce è evidente sotto diversi profili. Soprattutto vide il nuovo totalitarismo che proprio oggi stiamo sperimentando, quello attuato non più con le armi e la repressione da regimi dispotici ma quello, apparenetmente non violento, tipico del pensiero unico, dominante nella società ormai pienamente secolarizzata, dove la tirannia ha il volto dell’umanitarismo e l’uomo «liberato» è in realtà schiavo di se stesso, all’interno di una società di massa nella quale la ricerca del piacere è il nuovo oppio dei popoli e il materialismo individualista, che vive solo nel presente, ha la meglio su quello di un tempo, di matrice marxista, che prometteva il paradiso in terra. Annullata la prospettiva del riscatto sociale, eccoci nel regno dell’egoismo utilitarista. Marx in soffitta, Wilhelm Reich (il profeta della rivoluzione sessuale) sugli scudi. Con inevitabile stato di depressione generale.
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