sabato, febbraio 01, 2020

LA GIOVANNA D’ARCO DI FRANCO CARDINI

LA GIOVANNA D’ARCO DI FRANCO CARDINI. Di Riccardo Pasqualin.


Giovanna d’Arco (ca 1412 – 1431)
«Per Giovanna si fece fabbricare un’armatura e le si assegnò uno stendardo le cui insegne, dipinte o ricamate, fu lei stessa a scegliere, ispirata dalle “voci”. Un vessillo candido sul quale, all’immagine di Dio “in maestà” assiso sull’arcobaleno e affiancato da due angeli che recavano nelle mani il giglio di Francia (o, secondo alcune versioni, il crocifisso), si accompagnavano i nomina divina che sarebbero stati da allora l’impresa (come sul piano emblematico la si definiva) della Pulzella: Jesus-Maria. Il nome del Salvatore, in alcune immagini dello stendardo pervenuteci, figura secondo gli usi del tempo abbreviato nel trigramma IHS, il medesimo usato e diffuso ad esempio nella predicazione di Bernardino da Siena che ne aveva fatto con fervore oggetto di adorazione.»
Sono trascorsi diversi anni da quando Franco Cardini ha presentato al pubblico italiano la “sua” Giovanna d’Arco, ma è una biografia molto piacevole, che non ha smesso di essere apprezzata.
Giovanna nacque, con ogni probabilità, verso il 1412 (convenzionalmente, si dice, il giorno dell’Epifania di quell’anno), ma la sua esistenza si consumò rapidamente, la sua avventura ebbe inizio nel 1429 e si concluse solo due anni dopo, il 30 maggio 1431, quando, non ancora ventenne, salì sul rogo a Rouen.
Il medievista ribadisce che il mito di Giovanna è sorto già quando ella era ancora in vita e la figura di questa ragazza guerriera, nel corso dei secoli, è stata riletta attraverso le lenti di ideologie diametralmente opposte tra loro: «diventata emblema ora di cattolici tradizionalisti ora di populisti anticlericali, ora della destra ora della sinistra, ora di meetings patriottici ora di movimenti femministi».
Jeanne, che tutti chiamavano «Jeannette», venne alla luce nel villaggio di Domrémy; figlia di contadini e analfabeta, giovanissima, lasciò la casa paterna guidata dalla convinzione di dover  compiere a ogni costo il progetto che Dio aveva voluto affidarle e che le era stato rivelato da voci misteriose: liberare la Francia dagli eserciti inglesi.
Presentatasi alla corte di Carlo VII (1403-1461), ottenne dal monarca il comando di un’armata e, nel maggio del 1429, influenzando in maniera prodigiosa il morale delle truppe, riuscì a liberare Orléans e a vincere il nemico a Patay (18 giugno 1429).
Durante la cosiddetta Guerra dei Cent’Anni (durata, in realtà, dal 1337 al 1453) «gli inglesi avevano in Francia dei partigiani soprattutto nelle città mercantili, dove c’erano borghesi che facevano buoni affari con i centri al di là della Manica» sottolinea Cardini, «nonché chierici e universitari troppo fedeli a una visione del mondo legata all’universalismo cristiano per lasciarsi affascinare dal giovane sentimento di nazione», mentre tra i nobili e i contadini il «radicamento nazionale», o meglio proto-nazionale, era molto sentito.
Il destino di Giovanna è noto e commovente, abbandonata dalla corte e dal re per calcoli diplomatici e per diffidenza, non poté proseguire la guerra contro gli anglo-borgognoni. Venne ferita alle porte di Parigi e nel 1430, mentre marciava alla volta di Compiègne, fu catturata dai borgognoni, che la cedettero agli inglesi.
Tradotta davanti a un tribunale ecclesiastico, dopo un interrogatorio estenuante, fu condannata come eretica e bruciata sul rogo.
L’eroina francese, divenuta un simbolo dell’amore patriottico nel suo paese, fu poi riabilitata nel 1456 e proclamata santa e patrona di Francia da Benedetto XV, nel 1920.
All’inizio del testo, Cardini descrive l’influenza che questo personaggio storico ha avuto nella sua vita e racconta la sua Giovanna d’Arco con un libro agevole, accessibile a tutti, che unisce un taglio divulgativo alla precisione e alla passione che hanno sempre contraddistinto lo studioso: «Il fatto è che Giovanna è una figura “moderna”. Anzitutto per il carattere paradossale, in apparenza contraddittorio, della sua esperienza: una fedelissima figlia della Chiesa che finisce però bruciata come eretica; una rappresentante esemplare dell’identità francese, che però – in quanto contadina della regione della Mosa – è al tempo stesso una marginale».
Giovanna «Ha rischiato di degradarsi a simbolo politico e d’essere usata come passe-partout demagogico» scrive lo storico, ma questo processo non si è mai arrestato e la leggenda della Pulzella è soggetta a un costante processo di rilettura che non accenna ad arrestarsi.
Cardini affronta anche la questione delle molteplici interpretazioni di questa figura così complessa (e innegabilmente segnata da tratti che possono apparire ambigui), ma la più sicura delle conclusioni è che «il rogo di Giovanna concluse una fase estrema della “guerra dei Cent’Anni”: quella, molto breve, dominata dalla speranza e dalla volontà di cacciar con la forza gli inglesi dal continente». E le conseguenze storiche della Guerra dei Cent’Anni sono evidenti. Da un lato, perdendo tutti i loro possedimenti sul continente nel 1453 – eccezion fatta per Calais (caduta in mano francese solo nel 1558) – agli inglesi venne a mancare un confine turbolento e scomodo, e furono spinti a sviluppare una politica isolazionista. Dall’altro, questo conflitto rappresentò un passaggio decisivo per l’apertura della modernità: le lotte fra le nazioni e gli Stati monarchici assoluti trovano la loro radice proprio nel conflitto franco-inglese fra Tre e Quattrocento.
Riccardo Pasqualin

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