Ecco altri due drammoni, anzi tragedie, ma di quelle costruite proprio con fiocchi, rendendo pensoso omaggio alle tre unità aristoteliche, come si conviene ad ogni dramma che si rispetti. Scherzi al bando — e lo scherzo, mi si perdoni, ha una smorfia d’indicibile amarezza — i giornali carichi di cronaca nera e di crimini (titoli, come ognun sa, di periodici che vanno a ruba!) cominciano a bruciar nelle mani.
Mi
riferisco alla tragedia — misteriosa, ma non troppo — di viale Giulio Cesare,
vittima la giovane e bella moglie dell’avv. Giorgi, e al suicidio dei due
amanti Amalia Miligi e Vincenzo Colasanti al Quadraro, delitti caratterizzati
dal più freddo disprezzo della vita e della dignità umana.
A
parte il fatto che le contraddizioni dell’avvocato Giorgi non persuadono (e fa
bene l’autorità competente a non credere al colpo sfuggito alla vittima dopo un
violento alterco, come non ha creduto alla prima deposizione), a parte il
cinismo e l’egoismo dei due suicidi, che neppure il pensiero del teneri figli è
riuscito a fermare nell’atto insano, sale da queste anime diseredate dalla
valle di lacrime e di redenzione, un odore forte che somiglia al lezzo,
qualcosa che fa pensare a un viluppo di corpi spasimanti nel fuoco delle
incontrollate passioni. Sì, perché con tutto il rispetto dovuto alla solennità
della morte, quel lezzo è il fiato dell’ambiente guasto in cui il fattaccio è
nato: ambiente di aridità spirituale, di menzogna, di compromesso, di cedimento
all’istinto dell’animale che sfoga all’angolo della strada la sua voglia. E
quando della vita si battono le strade senza uscita, i vicoli ciechi che
finiscono negli angoli occulti della sozzura clandestina, quando alla maestà e
alla carità della legge divina si preferiscono l’inganno e la frode, il resto
viene da sé: ai piedi dell’uomo si spalanca l’abisso e non c’è più forza umana
che possa trattenerlo dal precipitarvi.
Rallentato
così ogni vincolo, libera dal «soave giogo» romanità... progredisce.
A
proposito di questa specie di follia... progressiva che ha preso alla gola in
particolar modo la gioventù, un bellimbusto di quelli che giudicano ogni legge
morale superata, concludeva una recente vivace discussione in merito col solito
«slogan»: «Ma il mondo cammina, signor mio. Non vi siete accorto che tutto si
rinnova? Provatevi a fermare la natura!». «Ehi, giovinotto — gli ho risposto —
e Lei non s’è accorto che anche i gamberi s’illudono di camminare? Quanto alla
natura, ch’io sappia, le stagioni son sempre quattro. Si provi, inoltre, a...
liberarla dal sole, poi sentirà che maturar di nespole a primavera!».
Non
so se abbia capito, ma l’ho visto allontanarsi fischiettando, tanto per darsi
un contegno.
Ma
che pena!
BENIGNO
14
marzo 1948
Nessun commento:
Posta un commento