domenica, settembre 14, 2025

L'appuntamento della carità

VERONA, febbraio.

Questa m’è stata raccontata dalla madre di D. F., parroco di quassù:

— Creda a me, non perché si tratta di mio figlio, ma sotto quella veste, che da principio mi faceva quasi paura, c’è un cuore grande così. «Sempre pronto» è il suo soprannome: glielo hanno affibbiato quelli di Grezzana e gliel’hanno riconfermato qui a Stallavena. Sapesse che vita! Col vento e con la pioggia, con la neve o col sole, di notte o di giorno, basta il primo richiamo e dopo poco se lo vedono presentare al letto d’un malato, o per amministrare i Sacramenti ai più lontani, o per portare un po’ di farina e di conforto ai più disgraziati.

Capita una sventura? Chiamano lui prima del medico. Capita invece un po’ di gioia? Lo aspettano invano, che gioia è per lui battezzare un bimbo, consacrare un affetto, salvare un’anima, benedire il raccolto, distribuire il pane degli Angeli. Figurarsi dunque quel che accadde quando fu trasferito qui! I grezzanesi vollero ad ogni costo offrirgli un «cucciolo» anche nella speranza di poterlo rivedere. La gioia di Don F. fu grande quella volta!

Ma qui i poveri son tanti e per dar loro da mangiare mio figlio dovette far debiti. «Penserà la Provvidenza» mi rispondeva ogni volta. Ma un giorno i creditori reclamarono a brutto muso il loro avere e «semprepronto» si decise a vendere il fedele «cucciolo» che l’aveva aiutato a far tanto bene.

Andò dunque a Verona e chiese col cuore stretto al titolare della stazione «Cucciolo» di acquistargli il motorino. Lasciata la bicicletta tornò qui più morto che vivo. Quando però due giorni dopo si presentò in officina per ritirare la «bici» smotorizzata e le 40.000 lire del motorino, il Sig. Galbier lo chiamò in disparte, gli consegnò il denaro e, indicandogli la bicicletta: «Ai suoi poveri — disse — dia da mangiare con le offerte del “circolo dei cucciolisti” e Lei tenga ancora il “cucciolo” col quale può fare tanto del bene».

Lo avesse visto! — conclude la donna — A rischio di rompersi il collo, tornò che pareva volasse! Da quel giorno «semprepronto» si fa in quattro per correre dove c’è un infermo da visitare, una lacrima da asciugare, un sorriso da rendere, una vertenza da conciliare, una bocca da sfamare... A dirgliela in confidenza, se non sto attenta, mi spoglia la casa. Dice che chi ha deve dare a chi non ha e che in ogni povero egli vede Gesù...

Ma vorrei sapere da Lei — finisce guardandosi attorno — chi mi renderà quel che m’ha portato via... E se un giorno fossimo noi ad aver bisogno?... Io conosco il mondo sa... »

Potevo ricordare a quella madre che tutto ci sarà reso moltiplicato all’infinito; ma francamente la casa è così modesta... Pensai invece che di Parroci come Don F. ce ne vorrebbe uno sotto ogni campanile...

BENIGNO

22 febbraio 1948

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