Non siamo noi stavolta ad intonare l’inno delle moltitudini credenti in Lui, ma è un reduce dal campo di eliminazione di Mauthausen — tristemente famoso — che, scrivendoci, dopo le iniziali del suo nome — A. B. — verga le osannanti parole: CHRISTUS VINCIT. Da notare che ha avuto cura di cancellare anche la provenienza della lettera, scritta l’ultimo giorno dell’anno scorso in un’altra alternativa di speranze e di delusioni che corrispondono alla auspicata permanente guerra dei nervi.
Ma
è bene documentare:
«Mi
scusi tanto se La disturbo; non sapendo ove rivolgermi per un’offerta alla
Commissione Pontificia Assistenza della Germania, credo che lei
caritatevolmente potrà devolvere questo piccolo obolo (L. 500) A FAVORE D’UN
BISOGNOSO TEDESCO, PRIGIONIERO O QUALUNQUE SIA, E VOLENDO SERBARE L’INCOGNITO
mi farà piacere di mettere una riga di ricevuta e di adempimento dell’incarico
nell’ultima pagina del giornale.
Purtroppo
tanta miseria v’è in Italia, e questo danaro che offro volentieri è poco, ma
non posso a causa delle mie povere finanze. IN PIÙ DEL PERDONO VOGLIO IN QUESTO
NATALE AIUTARE UNA PERSONA FORSE CHE MI HA FATTO DEL MALE, MA PURTROPPO È STATA
VITTIMA DI INGANNO.
Le
parole del Papa sono sempre accorate; possano ascoltarlo di più e guadagnare
così coll’amore e non coll’odio questa pace alta quale il mondo aspira».
Dove
si colgono tre sentimenti di prima grandezza: fede, speranza e carità,
dilatati, accresciuti, nutriti dalla sofferenza patita proprio per volontà di
chi si vuole beneficare.
A
quest’anima semplice (e lo rivela il testo) sembra poco — capite? — perdonare:
vuole accompagnare il perdono con un’offerta che sollevi chi le ha fatto del
male. E non s’accorge di sfiorare le altezze della santità. Perché a tre
categorie di persone è dato superare la propria umanità: ai poeti, agli eroi,
ai santi. Ognuno, in potenza, riassume l’anelito a superarsi degli altri due,
dei santi particolarmente.
Vogliamo
qui soffermarci ai poeti, ad uno dei nostri poeti scomparsi di recente in
seguito ad una atroce ferita di guerra: Fausto Maria Martini. Narra egli
in una delle liriche più dense di contenuto, come si trovasse nell’alternativa
di uccidere o di essere ucciso:
«E
non t’uccisi, o tu che mi colpisti
in fronte, non t’uccisi sol perché,
nemico ignoto dai grandi occhi tristi
ebbi paura di morire in te».
La
sublime rinuncia che stava per costargli, come gli costò più tardi, la vita,
valse al poeta la «verginità» spirituale, la rinascita, la salvezza; un perdono
che lo fece assurgere alle altezze supreme.
Il
ricordo di un imponderabile divino perdono fu la radice stessa della carità, un
perdono da cui germogliano l’eroismo della santità e la santità dell’eroismo:
un perdono che sfolgora nei secoli. Ai piedi di Gesù crocifisso la soldataglia
provoca, alterca, irride; e Gesù, fra gli spasimi della carne, che gli aguzzini
hanno reso più crudeli, dice rivolto al Cielo: «Padre, perdona loro, perché non
sanno quel che fanno!»
Si
può condannare, infatti, chi non sa misurare il danno, chi esegue un ordine?
Così sente questa anima semplice e grande che rinnova oggi il perdono e
l’offerta: e se l’insegnamento evangelico fosse finalmente attuato fra
individui e nazioni, il mondo non sarebbe ancora sull’orlo del precipizio.
Ma
sì, andatelo a far capire... A furia di dialettica son capaci persino di
cambiarti le carte in tavola e far apparire il Papa — ad uso e consumo di
cervelli pianificati — nientemeno che capitalista e guerrafondaio, perché così
fa comodo... a Mosca.
La
lettera su riportata, s’intende, è a disposizione di chi — non si sa mai —
volesse mettere in dubbio la sua autenticità.
Quanto
a noi, comprendiamo benissimo perché la Provvidenza ha disposto che A. B.
uscisse indenne da un celebre campo di eliminazione.
Ah,
se non ci fosse ogni tanto una boccata d’aria pura!
BENIGNO
25
gennaio 1948
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