A tre mesi dalla morte, un profilo di Agostino Ferrari Toniolo, esperto di diritto internazionale.
di Romolo Pietrobelli
Dal 15 novembre 2004 monsignor Agostino Ferrari Toniolo – compiuti 87 anni – riposa nella pace di Dio nel cimitero di Pieve di Soligo (Treviso), a fianco della tomba del nonno materno Giuseppe Toniolo, pioniere dell’impegno sociale dei cattolici alla fine dell’800 e nei primi decenni del ’900. Aveva espresso il desiderio di essere sepolto a fianco del grande nonno quasi a suggellare l’interiore ispirazione da lui trasmessagli e il forte legame che lo unì a lui in tutta la vita di sacerdote e di studioso.
Il suo curriculum di studioso e di sacerdote è ricco e intenso. Nasce a Pieve di Soligo nell’agosto 1917, cresce e viene educato a Venezia, ove il padre è direttore della Biblioteca Marciana. Compie gli studi universitari a Venezia e a Roma, consegue il dottorato in Utroque jure, (diritto canonico e civile) nella Università Lateranense, con una tesi su «Stato e democrazia nel pensiero di Giuseppe Toniolo». Quel lavoro di ricerca, ricorda Vincenzo Bonomo, che fu suo allievo, «pose le basi della sua collaborazione alla raccolta degli scritti editi ed inediti del Toniolo nell’edizione dell’Opera Omnia predisposta dall’Editrice Vaticana».
Viene ordinato sacerdote a 24 anni, nel 1941. Insegna Diritto canonico nel seminario di Venezia, esercita la docenza di Introduzione alle scienze sociali e giuridiche presso l’allora Ateneo cattolico veneto (poi Studium Pio X). Viene nominato Cancelliere nella Curia patriarcale succedendo a monsignor Giovanni Urbani, chiamato a Roma quale Assistente generale dell’Aci.
Nel 1953 si trasferisce a Roma dove Pio XII lo nomina Segretario del Comitato permanente per le Settimane sociali dei cattolici d’Italia, succedendo all’allora mosnignor Pietro Pavan – futuro rettore della Lateranense e poi cardinale – con il quale instaura un rapporto di collaborazione di comune interesse scientifico e di profonda amicizia.
Il suo impegno di docente in diversi atenei romani – ricorda Bonomo – «diventò quello di rendere rispondente ai tempi il curric ulum e l’insegnamento della Facoltà di Diritto civile e dell’intero Institutum Utriusque Juris dell’Università Lateranense, favorendo in primo tempo la prospettiva del diritto comparato poi quella del diritto internazionale che, come soleva ripetere, sono le caratteristiche che si addicono all’Università del Papa»
«Pose la sua competenza a servizio del Magistero della Chiesa – prosegue Bonomo –, collaborando con Giovanni XXIII e Paolo VI: era il periodo delle grandi encicliche, la Mater et Magistra, la Pacem in Terris, la Populorum Progressio. Una collaborazione continuata anche durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Gli anni del Vaticano II in particolare lo videro partecipare al lavoro di elaborazione del decreto Apostolicam Actuositatem; successivamente venne nominato membro della Commisione mista chiamata a predisporre la costituzione pastorale Gaudium et Spes».
Nel 1967 viene eletto vescovo e diventa ausiliare a Perugia, diocesi ove prestò servizio per un tempo breve. Nell’ambito dell’attività accademica nella Facoltà di Diritto civile alla Lateranense lavora a un preciso obiettivo: potenziare il settore delle discipline internazionalistiche.
L’ultimo ventennio della sua vita attiva, dal 1971 al 1992, monsignor Ferrari Toniolo lo dedica al servizio diretto della Chiesa nel mondo – sulla linea del Vaticano II – nel ruolo di osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao e il Programma alimentare mondiale, nel Consiglio mondiale della alimentazione e presso il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo. Luoghi e istituzioni in cui l’impegno in lui vivissimo per il futuro globale dell’umanità lo trovarono combattente agguerrito e appassionato con la sua competenza di giurista, economista e sociologo inserita in una limpida vocazione ecclesiale sempre alla ricerca, spesso irrequieta, di prospettive nuove e vaste.
«Nel 1990 – osserva ancora Bonomo – pubblica un volume sulla organizzazione internazionale specificamente dedicato alle Nazioni Unite . Quel testo lo volle come sintesi del suo insegnamento e, come ripeteva spesso, di una metodologia capace di leggere "dal di dentro" il fenomeno delle isituzioni internazionali».
Ma la pagina forse più importante della sua dinamica esistenza – quella in cui ha lasciato il segno più fecondo della sua esuberante personalità e il dono più autentico della sua vocazione sacerdotale – «don» Agostino l’ha scritta nell’esercizio dell’assistenza e della formazione spirituale di tanti giovani universitari attraverso la Fuci. È in questa particolare scelta di vita che egli ha servito la Chiesa con frutti copiosi in mezzo a tante generazioni di universitari che lo hanno conosciuto e amato come «don» Agostino, senza ulteriori qualifiche.
In effetti nel 1953 egli si trasferisce a Roma – richiesto al patriarca Angelo Roncalli dall’allora pro-segretario di Stato monsognor Giovanni Battista Montini – per assumere il compito di vice-assistente nazionale della Fuci, dopo essere stato assistente della Fuci di Venezia. Entra in quell’anno a comporre quella splendida compagine di preti per la Fuci, diventati poi vescovi: «don» Costa, «don» Guano sopra tutti, Anichini, Vivaldo, Zama e tanti altri, ai quali va il merito della formazione, tra gli anni ’40 e ’70, di moltissimi intellettuali, professionisti, docenti. Alcuni nomi tra i molti che si potrebbero ricordare: Alfredo Carlo Moro, Franco Casavola, Leopoldo Elia, Valerio Onida, Nicola Lipari, Claudio Leonardi, Lorenzo Chiarinelli, Angelo Bertani, Italo De Curtis, Vincenzo Cappelletti, Alberto Monticone, Bruno Musso, Carlo Maria Gregolin, Nando Gasparini, Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini.
Scrive monsignor Roncalli, il futuro Papa Giovanni, a monsignor Montini, il futuro Paolo VI, quando monsignor Ferrari Toniolo lascia Venezia : «Don Agostino fa onore alla memoria benedetta del suo grande avo materno prof. Giuseppe Toniolo, è intelligente, ottimamente preparato ed esercitato alle varie forme di Azione cattolica, specialmente fra g li intellettuali, è soprattutto sacerdote di ottimo spirito, e di vita interiore».
Da allora è stato un «don» Agostino trascinatore generosissimo, che ha lavorato in sintonia con un gruppo di preti eccezionale «perché la presenza dei cattolici nella società italiana fosse il più possibile un apporto di novità di idee e di testimonianze morali rigorose, piuttosto cha una espressione di numero e di potere» (come scrive in suo ricordo C.M. Gregolin).
Il cardinale Marco Cè, già assistente nazionale dell’Ac e Patriarca di Venezia, lo ha ben definito nell’omelia ai suoi funerali: «Dotato di una intelligenza lucidissima e vivace... di un cuore buono, fu attento e sensibile alle attese delle giovani generazioni universitarie, con le quali fu sempre franco e leale. Amò la Chiesa e per essa si spese... accanto a grandi uomini di fede».
Nessun commento:
Posta un commento