lunedì, novembre 08, 2004

Napoli è una grande nave, non fatela affondare

Napoli è una grande nave, non fatela affondare

Quello che accade a Napoli, il progressivo deteriorarsi della civile convivenza di cui parlano i giornali, io non lo vivo in diretta, sulla mia pelle e sul mio stato d’animo, perché è ormai mezzo secolo, più della metà della mia vita, che io vivo in un’altra città, a Roma. E dunque ho un certo pudore a parlare di cose che mi toccano da vicino ma che accadono lontane da me. Credo che questa mancanza di esperienza diretta si senta anche se io ne scrivo, ma non mi sottraggo alla richiesta di parlarne. Vorrei introdurre in modo lieve il mio discorso, anche perché nonostante quel che oggi dicono i giornali, la levità non manca a Napoli, e fa parte della sua civiltà, quella di ogni grande capitale europea, quello spirito che si trova a Vienna, a Berlino, a Parigi, e via dicendo.

Dunque: Tre giovani salgono su un autobus e gridano: Fermi tutti, è una rapina! Due vecchiette in fondo alla vettura confabulano a bassa voce: «Mi son presa una paura! Mi credevo che era il controllore!». Farà ridere, ma non tanto se si pensa a quel che rivela. È vero, a Napoli il rappresentante dell’istituzione e dell’ordine pubblico (il controllore) non gode del favore del popolino, è visto con timore e soggezione, quasi come un oppressore. Il criminale in fondo cosa può togliere a chi non ha niente? Non è la prima volta che in un vicolo se un criminale viene arrestato la gente, il popolino, si rivolta contro i poliziotti e cerca di liberarlo. Quel criminale, quel ladro, istintivamente pensano, è uno di loro che è stato ridotto alla disperazione, e ha fatto un salto nell’illegalità. Credo che per questo si sentano più vicini a chi commette il reato che a chi lo punisce. E bisogna vedere di persona come vive certa gente nei vicoli di Napoli prima di dire che ho esagerato.

Ma anche ammesso che io abbia esagerato, vogliamo domandarci quali garanzie ha dato l’Istituzione per far nascere nella gente la fiducia nell’autorità? E qui ritorna il solito discorso sulla borghesia che negli anni e nei secoli è venuta meno al suo ruolo di classe dirigente. È questa mancanza che ha creato un vuoto di valori spaventoso, e lì in quel vuoto accade quel che accade. Quando l’Istituzione è debole nasce naturalmente un secondo stato occulto che cerca di sostituirsi al primo, offrendo disponibilità, posti di lavoro, assistenza di tutti i tipi, compresa quella sanitaria. Tra l’altro a Napoli questo secondo stato non è neppure occulto, la camorra napoletana non è segreta come la mafia siciliana, si conoscono i nomi di tutti i camorristi, le zone in cui esercitano il loro potere.
Questo giornale porta la cartina coi nomi delle famiglie e del loro «territorio». La loro posizione rispetto all’autorità dello Stato - spero di non esagerare ancora - è simile a quella dei vassalli e valvassori quando si ribellavano all’autorità del re.

Gli episodi criminosi che hanno portato a un livello così basso la vivibilità a Napoli sono dovuti alla frantumazione delle grandi organizzazioni criminali. Finiti in galera i capi-famiglia (i vassalli) sono rimasti i gregari (i valvassori) che lottano per la successione, si sparano nelle strade della città e le insanguinano. Per dire fino a che punto è arrivata la situazione si pensi che i «disoccupati organizzati» (dietro i quali c’è la mano della camorra) hanno occupato un giorno il primo piano di uno dei più lussuosi alberghi di Napoli, terrorizzando i clienti e dimostrando affacciati ai balconi. Tutto questo non è più tollerabile, ma non sono sufficienti soltanto le forze di polizia per impedirlo. Come tutti sanno i rimedi devono essere trovati più in profondità, devono essere trovati dalle autorità cittadine, dai napoletani stessi; ma anche dall’Italia che dopotutto è una nazione di cui fa parte anche Napoli, e devono essere trovati in sede europea.
Io non li conosco questi rimedi, lo dico subito. Ma so che l’industrializzazione, la Cassa del Mezzogiorno, le leggi speciali, sono finiti in un buco nero in fondo al quale c’era anche la melma della corruzione. E so che una società civile borghese che oggi non riesce a distinguere bene il confine che la separa dalla società criminale - con cui, anche senza saperlo, fa affari, ed è quasi obbligata ad incontrarsi - difficilmente potrà trovare quei rimedi se viene abbandonata a se stessa. Se l’unico rimedio è quello proposto (spero polemicamente) da Giorgio Bocca di bombardare Napoli e raderla al suolo, certo non si va molto avanti. Però se Napoli va a fondo e viene lasciata nelle mani dei camorristi si può creare uno squilibrio pericoloso per tutti.

Napoli è come una grande nave che se affonda si porta dietro nel gorgo e per un vasto raggio tutto ciò che le galleggia intorno. Perciò non conviene a nessuno disinteressarsi di Napoli e dire «è un affare loro». Già fu fatto questo più volte, e i napoletani, proprio il popolino, i più poveri, risolsero il problema partendo a migliaia per terre assai lontane e in condizioni molto simili a quelle degli immigrati che oggi arrivano sulle nostre sponde. Questo dramma avvenne nella suprema indifferenza della nazione, tant’è vero che non ci fu un’epopea a ricordarlo, solo qualche patetica canzone in dialetto, un racconto di De Amicis, e cos’altro?
Ma non vorrei star qui a ripetere queste cose, so che la prima reazione di una certa Italia è: «il solito piagnisteo». Dunque niente piagnisteo. Facciamo qualcosa. Dopotutto in Irlanda c’erano condizioni simili a quelle del nostro Sud. Loro ce l’hanno fatta. Perché come alternativa al bombardamento non potremmo sperare di imitarli?

RAFFAELE LA CAPRIA, Corriere della Sera, 08 Novembre 2004

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi dispiace per Napoli, alla quale auguro di cuore un 2008 migliore. Vi ho trascorso 4 mesi di militare e un pò la conosco, ma temo che non vi sarà futuro finchè la gente non scenderà im piazza per cambiarla. Si sentono solo lamenti da quella città, ma nessuna proposta o reazione forte. E' brutto dirlo, ma la gente del nord si sarebbe già organizzata e rimboccate le maniche. L'unica salvezza per Napoli, sarà la determinazione dei napoletani. Se invece di sparare e innaffiare i rifiuti, foste scesi la notte di capodanno a ripulire compatti la città, avreste dato quel segnale che tutto il mondo da voi si aspetta....invece gli ennesimi morti...per stupidità..come chiamarla se no?