venerdì, marzo 25, 2005

Quattro quesiti per una domanda

Quattro quesiti per una domanda

Luigi Bobba, predisidente delle ACLI

Né la scienza, né il referendum ci possono dire qualcosa di essenziale sulla vita». La paradossale affermazione del noto comico genovese Beppe Grillo coglie nel segno. È una semplificazione che certo non rende giustizia alla complessità dei problemi in gioco nell’ormai prossimo appuntamento referendario, ma ci aiuta a trovare un orientamento, una stella polare. Ci obbliga a pensare, a porci problemi nuovi che l’etica, il costume e le leggi non avevano ancora affrontato perché non esistevano. Da quando la scienza è uscita dai laboratori, da quando la tecnologia si è introdotta nei meccanismi di generazione della vita fino a intervenire sul patrimonio genetico dell’uomo, a creare in laboratorio organismi viventi, clonare animali, produrre sinteticamente organi e modificare geneticamente sementi, un’intera famiglia di nuovi problemi etici si è affacciata sulla scena pubblica. Ha fatto irruzione nella vita delle persone come nelle aule dei Parlamenti.
I quattro referendum che la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili, bocciando invece quello di abrogazione totale della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita proposto dai radicali, hanno proprio a che fare con questa nuova famiglia di problemi etici. Non ci confonda l’astrusità dei quesiti: quella che abbiamo davanti è una sola domanda. Se, di fronte a questo meraviglioso e straordinario potere che la scienza mette nelle nostre mani, vogliamo assecondare la legge del "lasciar fare agli scienziati" o se crediamo necessario che cittadini e Parlamenti abbiano qualche parola da dire sui limiti da imporre alla scienza quando vuole modificare o comunque intervenire sulla vita umana.
Se la questione ha questa portata e rilevanza, è chiaro che lo strumento referendario è inadatto: come voler usare un’accetta per fare la punta ad una matita. Si finisce per spaccare tutto o, peggio, si finisce per votare contro qualcuno, più che rispondere a quella domanda. I radicali quasi ogni anno ci servono la stessa minestra: obbligare i cittadini a sostituirsi al Parlamento, diventando legislatori. Perché qualora prevalessero i sì l’intera legge verrebbe praticamente scardinata. Rimarrebbe solo un simulacro di legge. E l’esperienza insegna che difficilmente una legge viene modificata dopo che il corpo elettorale si è espresso.
Non ci rassegniamo a questa continua chiamata "radicale" alle urne: c’è il Parlamento per fare le leggi e poi per emendarle.
Non di meno siamo posti di fronte ad una battaglia culturale. Come cattolici, promuoviamo e difendiamo la vita per le stesse ragioni per cui promuoviamo e difendiamo la pace. Ci sta a cuore l’embrione, la vita nascente, come i milioni di bambini che muoiono di fame. Siamo per tutelare la libertà, i diritti, la salute delle donne così come quelli del concepito. Non ci rassegniamo alla vulgata che questi valori siano medievali, oscurantisti, di destra. È una menzogna. La nota rivista scientifica <+Ev_cors>Nature<+Ev_testoband> nel 2002 titolava un articolo sugli studi e le scoperte sulle informazioni genetiche contenute fin dalla fecondazione dei due gameti «Il tuo destino dal giorno uno». Come a dire: lì c’è già una vita con tutte le sue potenzialità. Per questo, già nel 1996, il Comitato di bioetica, presieduto dal professor Adriano Ossicini raccomandava di «trattare l’embrione umano fin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si debbono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persona».
La battaglia insomma non sarà tra laici e cattolici, tra destra e sinistra, tra chi è per le donne e chi è contro le donne, tra chi vuole la libertà di ricerca e chi la vuole impedire. Queste non sono che un cumulo di bugie; sono i detriti della cultura radicale che ci vengono rovesciati addosso. Il confronto resta invece su un punto focale: sostenere o abrogare una legge che impedisca il far west in cui è lecito tutto ciò che è tecnicamente possibile; una legge che non accolga il diritto a procreare come un diritto individuale di tipo proprietario; una legge che orienti la ricerca verso l’uso delle cellule staminali adulte che forse possono dare migliori risultati del trattamento indiscriminato degli embrioni; una legge che consenta a ciascuno di avere diritto ad una propria identità, a conoscere chi è il proprio padre.
Il referendum non è una conta per i cattolici o per la Chiesa stessa: è piuttosto un’occasione per sapere se siamo ancora capaci di convincere noi stessi e gli altri che della vita non siamo padroni assoluti e che della vita non si può fare mercato.

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