martedì, aprile 12, 2005

Cattolico democratico, scelgo di astenermi

Non si può negare una sensazione di disagio che la scelta del "non voto", in vista del prossimo referendum sulla procreazione assistita, determina in alcune componenti della cattolicità italiana, ed in particolare in quelle che si richiamano alla tradizione del cattolicesimo democratico. Per la prima volta nella storia della Repubblica, i cattolici – e la stessa Chiesa italiana nella sua espressione più ufficiale, la Conferenza episcopale italiana – si pronunziano per l’astensione, sia pure un’astensione seriamente motivata e proposta come indiretta scelta di voto, piuttosto che come pura e semplice "rinunzia al voto". E dunque – si pensa e si scrive da talune parti – i cattolici negherebbero il valore di quel supremo "appello al popolo" che i Costituenti (anche i Costituenti cattolici) hanno voluto per evitare sempre possibili prevaricazioni del Parlamento sulla reale volontà del Paese.
L’argomento avrebbe la sua forza se si fossero verificate, e si verificassero, tre precise condizioni.
La prima di queste condizioni è un reale appello alla coscienza dei cittadini contro ogni tentativo di manipolazione esterna. Ma già all’indomani della decisione della Corte uno dei più autorevoli quotidiani italiani ha "ufficialmente", e dichiaratamente, preso posizione per il "sì" ai quattro quesiti, senza interrogarsi minimamente circa il reale sentire dei propri lettori. Analogamente hanno fatto pressoché tutti i partiti e i movimenti che contro quella legge si erano schierati, giungendo sino all’intimidazione degli eventuali (e reali, ma quasi sempre silenziosi) dissenzienti.
La seconda di questa condizioni è un effettivo e schietto dibattito che punti ad un reale equilibrio fra le parti in causa. Ma chi segua anche superficialmente i grandi mezzi di comunicazione di massa sa benissimo che così non è e che vi è un’immensa sproporzione fra i fragorosi altoparlanti dei fautori di una procreazione assistita senza limiti e senza freni e le flebili voci che si levano in segno contrario. L’"isolamento" – ma, a giusto titolo, "splendido" – di <+corsivo_bandiera>Avvenire <+tondo_bandiera>è, al riguardo, emblematico.
La terza di queste condizioni è che si sia di fronte ad una scelta comprensibile alle donne e agli uomini comuni, al di là di complesse valutazioni scientifiche che chiamano in causa la genetica, la medicina, la biologia: perché è su tematiche accessibili a tutti che ha senso l’"appello al popolo", un popolo che si presume possa essere chiaramente informato della posta in gioco. Ma ogni onesto osservatore della realtà deve constatare che non è così e che, ancora una volta, si tratterà di un voto essenzialmente ideologico (da una parte, occorre pur dirlo, ma talora anche dall’altra).
In questo contesto la dolorosa scelta dell’astensione è non solo legittima, ma democraticamente giustificata. E’ una scelta eccezionale di fronte ad una problematica eccezionalmente complessa. Quando l’istituto del referendum sarà stato ricondotto alla sua logica originaria, anche i cattolici democratici faranno sino in fondo, come sempre, il loro dovere.

Giorgio Campanini

Da www.impegnoreferendum.it

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao ho fatto quanto mi hai suggerito, grazie per la dritta!
Annina

Anonimo ha detto...

L'assenza della terza condizione è riassumibile in una sola espressione: populismo bioetico.
Considera delle elezioni o referendum normali, se mai ce ne sono stati: se due persone qualsiasi, non necessariamente addentro nei meccanismi della politica, votano, entrambe p.e. per i DS o l'Udc, le loro ragioni di solito sono in parte o del tutto diverse.
Le idee sono quasi sempre solito superiori alle scelte possibili( per i partiti questa discepanza dovrebbe venir assorbita dalle sedi locali ).
Raro invece trovare qualcuno che porti delle ragioni originali a favore del referendum sulla procreazione.
Perché tutti mi ripetono i discorsi di Scalfari o i "fini e garbati" gargarismi della Hack? -enochirios