Alla lettera di Luigi ho così risposto:
Caro Luigi,
quando ho parlato dei lefevriani non volevo riferirmi a te. E' stato un riflesso condizionato, ogni volta che sento certe critiche mi viene ricordare che Ratzinger ha combattuto le degenerazioni post-conciliari e tra queste quella dei 'tradizionalisti'.
C'è da fare una premessa: ho da poco compiuto 32 anni e l'unica esperienza di Chiesa che ho avuto è quella degli anni '80 e '90, insomma quella di Papa Wojtyla. Non posso fare paragoni, se non sul sentito dire e su quanto leggo sui libri.
Un'altra necessaria premessa è che non sono uno storico e non ho approfondito queste questioni, non ho alcuna competenza specifica e i seguenti sono pensieri che sto elaborando da un po' di tempo, senza aver fatto particolari letture, anzi sarei felice di trovare una conferma in chi è più esperto.
Il cosidetto 'postconcilio' è una categoria storiografica inadeguata per capire la realtà ecclesiale contemporanea. Il suo limite maggiore è nella mancata distinzione tra un periodo storico (fine anni '60, anni '70 con qualche strascico anni '80) e le conseguenze di un avvenimento epocale, il Concilio appunto.
Il Concilio è un avvenimento talmente importante che per gustarne le conseguenze dobbiamo aspettare ancora qualche decennio. Siamo solo all'inizio del post-concilio e solo ora si cominciano a vederne i frutti. I più evidenti sono i cosidetti nuovi movimenti ecclesiali. L'esperienza ecclesiale alla quale fai implicito riferimento nel tuo messaggio, pur nata negli anni '50, non sarebbe stata possibile senza il Concilio. Lo stesso dicasi per l'Opus Dei, la cui forma canonica è un'invenzione conciliare, e lo stesso vale per Neocatecumenali, Focolarini, etc.
Ciò che c'è di nuovo e bello nella Chiesa, di più vivo, non ha equivalente nelle altre chiese, eccetto per il movimento carismatico. Non è questo un segno dei tempi?
Il postconcilio, come periodo storico, è coinciso in gran parte dell'Occidente con il processo di secolarizzazione e di scristianizzazione. Questo processo non si è ancora concluso ma sta assumendo connotazioni assai differenti in Europa, dove sembra inarrestabile anche se dà segni di stanchezza, e Nord America, dove c'è una rinascita religiosa inaspettata.
Mentre altri continenti, come America Latina, non sono ancora stati toccati così profondamente ma non è escluso che lo siano in futuro.
La questione è tutta qui: stabilire una causalità storica tra il Concilio e quello che è avvenuto negli anni successivi o, nella forma più moderata, tra l'interpretazione che ne hanno dato molti teologi e uomini di Chiesa e i processi sociali che hanno riguardato la Chiesa, è sbagliato. E' la fallacia post hoc, ergo propter hoc. Io non sostengo che questa causalità sia assolutamente inesistente ma che sia sopravvalutata e che sia di segno contrario. Quando dico di segno contrario intendo dire che è stata la secolarizzazione a distorcere la recezione del Concilio.
Basta guardare le altre chiese in Occidente (un caso a parte è l'Europa dell'Est, dove il regime comunista ha come congelato la realtà per diversi decenni) che hanno subito esattamente lo stesso processo, con esiti anche più radicali, senza che siano passate attraverso il Concilio.
E allora come la mettiamo?
Se quelle che noi cattolici chiamiamo le degenerazioni del post-concilio, sono avvenute in tutte le confessioni cristiane (ed anche in quelle non cristiane, vedi ebraismo) evidentemente non sono ricondubili al Concilio, e neppure alle sue interpretazioni estreme, ma a processi di lunga durata.
Mi riferisco a fenomeni quali il calo delle vocazioni e della frequenza sacramentale, il dissenso ecclesiale, la confusione teologica e liturgica.
A sostegno della mia tesi potrei portare il caso irlandese, dove a differenza del resto d'Europa, certi processi sono avvenuti non negli anni '70 ma alla fine degli anni '90. Dove la secolarizzazione non è coincisa con la ricezione del Concilio ma è arrivata con almeno 2 decenni di ritardo.
Non credo poi nella opposizione progressisti/conservatori. Il problema è che andrebbero ripensate tutte le categorie con le quali leggiamo la realtà, sia sociale che ecclesiale ma siamo troppo pigri, oppure non è possibile fare una lettura autentica e innovativa fin quando una generazione, quella mia, non avrà rielaborato la storia recente. Ma guardandomi attorno non mi pare ci sia la voglia né l'intelligenza per farlo. E allora continiamo così, con certi schemi inutili.
Qui ti lascio. Non so se sono stato troppo confusionario. Volevo spiegarmi meglio ma mi accorgo che non ho grandi idee.
Sarà la stanchezza ...
Cari saluti
Angelo
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