martedì, giugno 07, 2005

Esseri umani di serie B, chi lo decide?

I raffinati giuristi, i filosofi, i poeti, i grandi architetti di Roma antica vi avrebbero guardato con aria meravigliata se aveste loro chiesto come mai non trovavano disdicevole veder morire nella maniera più crudele schiavi e gladiatori per il puro divertimento degli spettatori nei circhi. Probabilmente avrebbero dato la stessa risposta che i medici nazisti dettero agli alleati dopo la seconda guerra mondiale spiegando loro che in fin dei conti avevano salvato le vite di cittadini tedeschi di razza ariana sacrificando in crudeli sperimentazioni scientifiche ebrei, slavi ed affetti da handicap vari.

Naturalmente né gli antichi romani né i nazisti erano così sprovveduti da non qualificare come esseri umani coloro che sacrificavano, ma esseri umani di serie B privi dei diritti di una persona cittadina di Roma o di razza ariana, e quindi eliminabile senza tanti scrupoli. Questo dimostra che la grande rivoluzione iniziata circa 2000 anni fa, quando Gesù Cristo incominciò a predicare che ogni uomo e ogni donna avevano caratteristiche uniche e irripetibili ed andavano rispettati in quanto tali, a prescindere dalla razza dallo stato sociale dalle condizioni di salute ecc., rischia di essere continuamente rimessa in discussione. È evidente infatti, anche nella discussione referendaria di questi giorni che ambedue gli schieramenti, non mettono in discussione che l’embrione è un essere umano in divenire, unico ed irripetibile: ma secondo i fautori del sì eliminabile o selezionabile o da usare come oggetto di sperimentazione scientifica a favore di una persona umana di rango superiore rispetto a loro.

Di più, si teorizza che l’embrione sano ha una sorta di diritto di svilupparsi e di venire alla luce, quello malato deve essere invece eliminato fin dall’inizio perché condannato a vivere una vita “non degna di essere vissuta”, dizione questa tragicamente ricorrente nelle disposizioni eugenetiche della Germania nazista degli anni ’30. Se ci guardiamo poi attorno nell’Europa e nel mondo di oggi scopriamo che negli Stati Uniti Terry Schiavo è stata lasciata morire di fame e di sete anche se, staccata la spina che la faceva vivere artificialmente, si ostina a voler morire, che in Belgio diventa legge l’eutanasia per gli anziani affetti da gravi patologie, che in Olanda, con una decisione che in Italia soltanto Daniele Capezzone e Margherita Hack hanno avuto il coraggio di definire una scelta di civiltà, i genitori possono decidere la soppressione dei figli fino a 12 anni di età se un medico definisce incurabile la loro malattia; e qua e là si espianta un organo da una persona deceduta per impiantarlo ad un’altra senza aver magari ben chiarito se il decesso sia veramente avvenuto.

Non stiamo parlando allora soltanto dell’embrione ma di un processo attraverso il quale si tende a scindere l’essere umano, dal concepimento fino alla vecchiaia, dalla persona umana sana e senza difetti, attribuendo soltanto alla seconda il pieno e indiscusso diritto di vivere. E non si dica che ognuno è libero in casa sua di sopprimere chi vuole, lasciando ai cattolici e ai laici, che la pensano come i cattolici, la libertà di non sopprimere nessuno.

Questo ragionamento lo tentarono nel 1860 gli stati schiavisti della confederazione del Sud nei confronti di Abramo Lincoln, rivendicando il loro pieno diritto di vita o di morte sugli schiavi, visto che non obbligavano gli stati del nord a praticare la schiavitù: e tutti sappiamo come è andata a finire con la guerra di Secessione americana.

Ecco perché il tema referendario, al di là degli specifici quesiti, ha coinvolto tante coscienze laiche e cattoliche ed ecco perché c’è questa grande mobilitazione per il non voto, per mantenere in vigore una legge che pone dei paletti ad una deriva come quella di Zapatero, che sta sconvolgendo la Spagna. Ed a proposito di Spagna credo che agli elettori italiani, prima che sia troppo tardi, vada ricordato il grande romanzo di Ernest Heminguay, ambientato proprio in Spagna:«“E allora non chiedere per chi suoni la campana. Essa suona per te».

Carlo Giovanardi

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