Il mio racconto della giornata di ieri è andato purtroppo perso e sono costretto a ripetermi.
In mattinata ultima lezione di Richard Kearney su 'the dialectical hermeneutics of action'.
Ha parlato più che altro di Paul Ricoeur, che conosce molto bene e finalmente mi è piaciuto.
Mi sentivo a casa perchè Ricoeur è uno dei miei preferiti, un vero genio, incredibilmente ricco di spunti, che dev'essere ancora scoperto in tutta la sua fecondità.
Ho avuto modo di conoscerlo e di incontrarlo diverse volte a Napoli, è una persona molto semplice ed un grande camminatore!
Appena dopo pranzo sono andato al Mater Dei Institute, a Drumcondra, un quartiere nella parte nord di Dublino per un simposio dedicato a Jean-Luc Marion.
Ci sono andato con la mia nuova bicicletta. (nuova si fa per dire, visto che è di terza mano, ma nuova per me)
Senza allenamento, all'ora di punta, non conoscendo la strada.
La cosa più difficile è stato guidare a sinistra, già perchè anche qui hanno questa barbara abitudine. E' un incubo per chi non è abituato, ad ogni incrocio mi ripetevo: vai a sx e guarda a dx, vai a sx e guarda a dx.
Per fortuna ci sono spesso le corsie preferenziali per le bici che però sono accanto a quelle per gli autobus, per cui sembra sempre che ti stiano per travolgere.
Dopo dieci minuti nel traffico cittadino proprio davanti a me una ciclista viene buttata a terra al semaforo, il camioncino che la segue si ferma a pochi centimetri dalle sue gambe. Che spavento! Ed io che ero già timoroso e titubante...
Per fortuna non si è fatta male.
Il simposio era dedicato a Jean-Luc Marion, un filosofo parigino che ha cercato di pensare Dio al di fuori delle nozioni classiche del'essere metafisico.
C'è da qualche anno nella filosofia francese, in particolare quella che si riconosce nella tradizione fenomenologica, un ritorno di interesse per la teologia. Qualcuno l'ha chiamata 'la svolta teologica', a me sembra più che altro una nuova moda. Non mi riferisco a Marion ma ho l'impressione che i filosofi che scimmiottano i teologi fanno una cattiva filosofia e una ancor più cattiva teologia.
Non perchè io creda nell'impermeabilità delle discipline, piuttosto nella laicità della filosofia, ma credo che per scrivere di teologia bisogna averla studiata, seriamente.
Se penso in Italia a Vattimo o Galimberti è apprezzabile il loro tentativo di affrontare questioni sistematicamente rimosse in passato, ma al confronto con i teologi veri mi sembrano delle pernacchie, celebri pernacchie.
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