venerdì, maggio 13, 2005

Irrefrenabile ola

Non si può abrogare,per legge,la vita umana

di Gabriella Sartori

Febbre “spagnola”, è di nuovo epidemia. Quella che più di ottant’anni fa seminò morte e strage fra le masse popolari debilitate da quattro anni di Grande Guerra, si ripresenta oggi, ai piani “alti” di certa cultura nostrana, sotto forma di non meno mortifero culto tributato acriticamente alla Spagna di Zapatero. Dove non passa giorno che non si decida, per legge, che qualcuno o qualcosa debba sparire dalla circolazione: per esempio, l’essere umano, ridotto a “cosa” prima della nascita; per esempio, il nome e il concetto stesso di “padre” e di “madre”; per esempio, la differenza fra vita e morte, fra natura e artificio. E così via zapaterando. Ogni “luminosa” tappa raggiunta al galoppo nella costruzione di questo monumento alla dittatura del relativismo, viene salutata da un’irrefrenabile “ola” di applausi che, partendo dai nostri salotti“ intellettuali”, trabocca poi da ogni parte, giornali, libri, talk show, radio, tv. Come d’altronde accade da sempre quando si instaura qualsiasi dittatura, politica o culturale che sia. Solo che gli interessati non se ne accorgono. Avendo scelto per sé un dio fragile come il Dubbio, non sorprende che mettano in dubbio tutto tranne la certezza di aver sempre ragione. Nella fattispecie, giurano che, in democrazia, ciò che è giusto e buono lo decide la maggioranza. Come, appunto, fa Zapatero: che ha cominciato col metter ai voti la vita, e poi, a cascata, tutto il resto. Ma siamo sicuri che sia un esempio da imitare? Pilato lo fece: e, a stragrande maggioranza, si stabilì che fra il delinquente e l’Innocente, era quest’ultimo che andava eliminato. Duemila anni dopo, fu la maggioranza del democraticissimo parlamento di Weimar che mandò al potere Hitler e il nazismo, l’uno e l’altro di pessima memoria. Orrori, questi, che costellano puntualmente la storia umana, non solo prima, ma anche dopo l’avvento delle democrazie. Tuttavia, nessuno degli “adoratori” dello zapaterismo ha l’aria di ricordarsene. Né dimostrano di sapere che Zapater o non inventa nulla: si limita a tradurre, sul piano di una facile cucina elettorale, un progetto culturale che ha i suoi maestri di pensiero nei centri dove si ha il potere di produrlo e di imporlo. Vedi ad esempio, Hugo T. Hengelhardt (quello che: “i feti, i ritardati mentali” eccetera “non sono persone”); vedi, Peter Singer, che dalla sua prestigiosa cattedra di Princeton predica la superiorità dei diritti di certi animali rispetto a quelli di certi uomini (bambini di due, tre anni, per esempio, che per lui sono meno intelligenti e perciò stesso meno rispettabili di certi cani). E’ qui la radice del salto di cultura che si vuole imporre anche alle altre società, dichiarando guerra alle religioni, specie a quella cristiana, “colpevole” di presentare un modo alternativo di concepire il mondo e l’uomo. E’ qui, sul terreno culturale, che si è aperta la Sfida con la maiuscola, come tanto lucidamente indica, non da oggi, Joseph Ratzinger. Per questo la battaglia che si va sempre più accendendo sul referendum abrogativo della Legge 40 non è una battaglia qualunque, che si può vincere o perdere come tante altre. Quello che siamo chiamati a fare è convincere le persone che è vivamente sconsigliabile abrogare, per legge, la vita umana e la civiltà che ne deriva: anche nel caso, che a pretenderlo, fra “ola” e applausi di nostrane tifoserie, siano spensierate maggioranze di marca madrilena.

Avvenire, 14 maggio 2005.

1 commento:

Anonimo ha detto...

In effetti trovo molto interessante la "militanza" del mondo cattolico che si dimostra sorprendentemente agguerrito e preparato. Fare cultura è il solo modo democratico ed efficace di mostrare quanto un fenomeno come lo zapaterismo sia in realtà una finzione, il punto di rottura oltre il quale il pluralismo etico scade nel qualunquismo più radicale.

Bernardo