Su Avvenire di oggi un eccezionale inedito di Romano Guardini, uno dei maggiori teologi del Novecento, sulla vita dell'embrione.
Ne riporto qui solo la conclusione perchè è un po' lungo ma vale veramente la pena leggerlo interamente.
In verità concepimento e morte, ascesa e decadenza, infanzia e maturità, salute e malattia, appartengono a quel tutto che chiamiamo "uomo". Sono elementi della totalità della sua esistenza (Gesamtdasein), che non è infatti soltanto natura, ma anche storia; che non possiede soltanto uno sviluppo, ma anche un destino; in cui si compiono non solo incremento e danneggiamento, ma anche conservazione e deperimento, vittoria e sconfitta, superamento ed espiazione. E la malattia sopportata con coraggio, la incapacità di rendimento dalla quale fioriscano bontà, saggezza, maturità, sono assai più "valori vitali" di una salute che renda brutali e di una perizia tecnica che estrometta l’esistenza. Chi pensa in maniera conseguente, non può concludere che l’uomo è realmente un vero uomo fin dal primo momento del suo sviluppo, ossia dall’unione delle cellule dei genitori, cosicché tutti gli stadi del suo divenire sono soggetti alle norme che valgono per l’uomo. Sia lecito dirlo ancora più chiaramente: la maturità etica presente si rivela nel caso in cui qualcuno, spinto dal fatto che l’esteriore somiglianza dell’embrione con l’uomo diminuisce sempre più guardando all’indietro, o si senta indotto a non considerarlo come uomo, o invece protegga l’umanità ancora latente dell’embrione con vigilante coscienza.
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