giovedì, maggio 12, 2005

La via dell'astensione, ah quanti appassionati

di Marco Olivetti

Nel 2002 l’amministrazione di centro-sinistra del Comune di Serracapriola, in Provincia di Foggia, decise di costruire un centro di accoglienza per immigrati. Contro questa decisione, gli esponenti locali di Alleanza Nazionale richiesero un referendum, al fine di costringere il Comune a modificare la sua decisione. Durante la campagna elettorale, gli esponenti del centro-sinistra e la Chiesa locale invitarono gli elettori ad astenersi nel voto: lo statuto comunale, infatti, prevedeva che il referendum sarebbe stato valido solo se fosse stato raggiunto il quorum della metà più uno degli elettori. Secondo le forze politiche e la Chiesa, il carattere demagogico dell’iniziativa referendaria non avrebbe consentito di giocare la partita su un piano di parità e pertanto l’unico modo di contrastarla era l’astensione. Nel voto dei cittadini, i contrari al centro di accoglienza superarono i favorevoli, ma non raggiunsero il quorum per la validità del referendum. Il centro di accoglienza per immigrati rimase quindi al suo posto.

La storiella locale può sembrare di scarsa rilevanza, ma essa è utile per tornare sulla campagna per il non voto nel referendum, messa ultimamente sotto accusa da vari esponenti della sinistra (D’Alema, Violante, Amato). È appena il caso di ricordare che la via dell’astensione nei referendum non è stata certo inventata dalla Cei, nello scorso gennaio. Né quello di Serracapriola è l’unico precedente. Per tornare ai referendum nazionali – ben 55 dal 1970 ad oggi – l’invito a non votare ha cominciato a fare la sua apparizione, senza successo, nel voto sulle centrali nucleari e sulla responsabilità dei giudici del 1987.

Nel 1990, per la prima volta, la tattica funzionò: le associazioni di cacciatori riuscirono a bloccare tre referendum verdi su caccia e pesticidi. Dopo tre tornate elettorali valide (1991, 1993 e 1995), nelle quali l’invito a restare a casa non fu usato, o venne male utilizzato dai suoi promotori, il ricorso all’astensione per bloccare i referendum è divenuto la regola ed è stato utilizzato, di volta in volta, da tutte le forze politiche. Per queste ragioni, sono falliti i referendum del 1997, del 1999, del 2000 e del 2003. Fra l’altro l’invito ad astenersi è stato utilizzato da Rifondazione comunista contro il referendum che nel 1999 e nel 2000 voleva ampliare l’operatività del sistema maggioritario alla Camera e dai Democratici di Sinistra nel voto sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nel 2003. Dunque, se "la campagna per il non voto è un peccato", davvero nessuno (tranne forse i radicali) ne è esente.

In realtà, le ragioni per il ricorso all’astensione stavolta ci sono tutte: il tono populistico utilizzato dai promotori già durante la raccolta delle firme; l’intitolazione dei quesiti (che prometteva la cura di ogni malattia a chi avesse firmato i referendum); i pesanti interessi economici in gioco dietro lo slogan della libertà di ricerca; lo squilibrio tra le posizioni sui media. D’altro canto, vanno respinte le obiezioni secondo cui l’invito al non voto abbia dato luogo al silenzio sui problemi posti dalla legge n. 40. L’informazione articolata e puntuale offerta per esempio da questo giornale, ma non solo, e la mobilitazione in atto in molte parrocchie e in gran parte delle diocesi italiane ne è un segno.

Piuttosto, un buon contributo al dibattito potrebbe venire da un passo indietro della classe politica, che lasci spazio alla società civile e alla sua autonomia. Non perché la società civile sia migliore, ma perché il referendum è il suo spazio, che la politica di partito non deve invadere. E sarebbe meglio abbandonare obiezioni "procedurali" (il moralismo da quattro soldi contro l’astensionismo, o contro presunte lesioni della laicità dello Stato), per concentrare il dibattito sui veri problemi: la tutela dell’embrione e la definizione delle forme in cui la fecondazione assistita può essere praticata.

Solo così – qualunque sarà il risultato – la campagna referendaria non sarà stata inutile.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

La Chiesa crede nel bene e nel male, giusto? Quindi una cosa cattiva non può diventare buona perché l'ha fatta qualcun altro, no? Se ammazzo qualcuno, "non sono certo io che ho inventato l'omicidio" non è una scusa valida, mi sembra. E allora, scusa la domanda stupida, perché voi cattolici continuate a usare l'argomento "...la via dell’astensione nei referendum non è stata certo inventata dalla Cei"?

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Angelo ha detto...

Filter, hai ragione quando dici che in generale un'azione è buona o cattiva a prescindere dall'agente.
In questo caso però l'argomento viene usato contro chi (vedi DS e Radicali) in passato ha sostenuto l'astensione ed ora si scandalizza.

AB

Anonimo ha detto...

Ah ecco, sono gli argomenti che diventano buoni a seconda di chi è la parte in causa...

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Angelo ha detto...

Filter, c'è un equivoco.
Forse mi sono espresso male ma quando ho scritto 'in generale' non volevo dire che il principio vale sempre tranne in questo caso. No, no.
Volevo dire che quello che affermavi è un principio valido in generale ma possono esserci delle eccezioni, ed infatti stavo pensando che un agente in casi particolari può essere moralmente autorizzato ad infrangere un divieto generale.
Ma lasciamo stare questa discussione teorica.
Il caso in questione non rappresenta un'eccezione al principio di cui supra, anzi. Io sostengo che astenersi è legittimo ed in questo caso doveroso.
Non ho detto che gli argomenti diventano buoni a seconda di chi è la parte in causa. Astenersi è buono ora come lo era in passato ed è bene ricordarlo l'ha dimenticato (DS e radicali).

Anonimo ha detto...

Ok, questo è un discorso è chiaroe onesto. Mi sembra lo sia meno il "non criticateci, perché lo avete fatto anche voi", che è il linguaggio dell'amoralità. Poi, per quello che vale, secondo me astenersi è una mancanza di fair play (tentare di vincere sommando le proprie preferenze a quel 10-15% che non voterebbe neanche a un referendum per l'abolizione del morbillo).

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Anonimo ha detto...

Segnalo un altro articolo interessante di Olivetti sulla non opportunita' di votare no:
Due sole alternative razionali: il sì o l'astensione