lunedì, maggio 23, 2005

Paul Ricoeur est mort



Les blogs, passion des adolescents intitola oggi Le Monde stranamente in prima pagina. Ma non è questa la notizia del giorno, la triste notizia è a fianco: Paul Ricoeur est mort. Paul Ricoeur, l'ultimo grande filosofo del Novecento, è morto venerdì a 92 anni.
Su articolifilosofici troverete una vasta rassegna stampa, permettetemi però qualche ricordo personale.

Paul Ricoeur è l'unico grande pensatore che ho conosciuto di persona, ho visto Gadamer più di una volta ma non ho mai avuto la fortuna di parlarci. Ricoeur veniva a Napoli ogni anno, grazie all'amicizia con Domenico Jervolino. Di solito faceva una lezione alla Federico II e poi per tutta la settimana era all'Istituto Italiano di Studi Filosofici. Ricordo i suoi seminari, in francese, così densi e difficili da seguire. Ricordo quel suo gesto caratteristico, quando nelle pause di riflessione portava il dito indice contro la bocca. L'ultimo giorno si andava sempre a mangiare la pizza insieme.

Nonostante l'età amava camminare molto ed in fretta. Domenico, con la sua mole, spesso non riusciva a seguirlo.
L'ho anche intervistato una volta, sarà stato nel '95, ma per una serie di ragioni il pezzo non andò in stampa. Difficile sapere dove si trova ora quell'inedito. Ricordo tra le altre cose che parlammo di ecumenismo e di come lui, protestante, avesse a lungo frequentato Gabriel Marcel e l'Institute Catholique de Paris.
Aveva conosciuto grandi tragedie, 4 anni nei campi di concentramento (su Le Monde c'è una sua curiosa foto del tempo) e poi un figlio suicida.

Jervolino, sul Mattino di ieri:
«Ricoeur è stato un punto di riferimento per tutta la mia vita. Tanto che ho cercato di trasmettere ai giovani il suo pensiero, non disgiunto dalla fede cristiana e sintetizzabile in una teoria dell’interpretazione che pone al centro la condizione umana. Ho tentato di creare qui una scuola che lui, nella sua riservata e rigorosa modestia, non aveva mai voluto fare. E i risultati sono in una vasta rete comunitaria di discepoli elettivi».
Io, indegnamente, faccio parte di quella scuola.

Ci ha lasciato dei lavori che sono una miniera di idee; ogni volta che riprendo in mano la trilogia Tempo e Racconto o Il Sé come un altro torno a stupirmi.
Era un uomo semplice, straordinariamente semplice. Mi colpiva sempre la sua disponibilità ad ascoltare tutti, a rispondere anche i più giovani, e ci penso ogni volta che incontro qualche accademico spocchioso. Quando hai avuto la fortuna di conoscere un umile genio, chiunque altro ti sembra solo un presuntuoso. E genio lo era davvero.

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