mercoledì, aprile 16, 2025

Il monito

Un relitto di tabacco caduto tra i relitti di pellicole ha provocato una strage: ventinove creature umane trasformate in torce viventi. Per pochi, terribili minuti hanno continuato a consumarsi, a bruciare tutto di sé: venti, trenta, quarant'anni di vita cancellati in un attimo, con le loro speranze e le loro delusioni, le gioie, gli affetti, i dolori, le aspirazioni, i sogni — tutti bruciati vivi.

Quando la casa era ormai un rogo, e orribili ustioni straziavano le povere carni, qualcuno ha tentato di salvarsi aggrappandosi disperatamente alle grondaie, ai cornicioni, ai davanzali. Ma è precipitato sulla strada, in fiamme.

Scene terrificanti — che la mente umana non riesce a contenere, tanto la realtà supera la fantasia — si sono svolte attorno alla casa maledetta, nell’obitorio dove, sul freddo marmo, erano allineate le salme carbonizzate, e negli ospedali dove venivano accolti i superstiti.

Alle grida di terrore, al panico, agli atti di eroismo, alla disperazione, è subentrato il silenzio. Ma un silenzio pesante come un incubo. Qualcuno ha parlato di supremo avvertimento.

Il giorno luminoso dell’Ascensione è trascorso quanto mai triste. Solo una pausa di respiro: quando le campane, da San Pietro a San Giovanni, hanno suonato a distesa per annunciare al mondo che la Chiesa di Cristo ha un nuovo Santo.

Poi, alla sera, il popolo è salito sui colli, sulle terrazze, alle finestre alte, per cogliere il riflesso di una certezza eterna: nella visione incomparabile della cupola michelangiolesca illuminata a giorno.

Avvertimento? Ma perché pochi hanno pagato per tutti, se tutti siamo colpevoli d’aver ridotto la terra a un immenso mattatoio, dove perfino gli agnelli aspirano a diventar lupi come i lupi?

Domande cominciano a trovare, qua e là, una risposta precisa, inesorabile. Eppure, consolatrice.

Intanto, dalle salme straziate si è levato un monito che i superstiti hanno raccolto, affratellati — come non accadeva da tempo immemorabile — da un dolore comune, acerbo. Dal Sommo Pontefice al più umile cittadino, enti, istituti, associazioni e privati si stringono in nobile gara intorno alle famiglie delle vittime. Vittime benedette, che hanno saputo ridestare sentimenti che parevano inariditi nei cuori devastati dall’odio. È come una schiarita di cielo sulle coltri funebri, un respiro ampio di solidarietà umana che avvolge chi soffre.

È la pietas romana che rifiorisce, raccogliendo frutti d’amore per infiorare le tombe precoci di chi ci ha soltanto preceduto. Perché noi non crediamo alla morte. Noi crediamo alla Vita.

 

Benigno

25 maggio 1947

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