martedì, aprile 22, 2025

I trappisti, monaci taciturni

 Ausculta, o fili. Obedientiam sine mora. Ora et labora.


I tre motti di San Benedetto si incontrano all’inizio del viale che conduce alla celebre clausura. Intorno, uno stormire di alberi giganti, una sinfonia solenne di venti, come un’orchestra al passaggio dell’Apostolo delle genti, che qui subì il martirio.
Salutato il principe degli Apostoli sulla via Ostiense con l’ultimo abbraccio fraterno, Paolo saliva quassù per essere decapitato. Pietro, invece, si avviava al Gianicolo, per affrontarvi la crocifissione.

Se ad Assisi spira un’aria francescana, qui si respira chiaramente aria paolina e petrina, che si effonde per tutta l’Urbe e pare conferire austerità alle sue mura.

Come fossi attratto lungo la via Laurentina, fino alle Acque Salvie, me lo chiesi leggendo i molti benedettini. E mi rispose un passo delle celebri Lettere di Celestino VI, là dove — questo Papa di fuoco — rivolgendosi ai monaci e ai frati, li chiama: «Avanguardie di arietatori e pionieri dell’Armata di Dio; falangi spartane e macedoni della Chiesa; ora lance spezzate, ora opliti, ora cavalieri catafratti, ora fantaccini eroici nella gigantesca battaglia contro l’Avversario».

Ma tutto ciò riguarda il passato.

«Il monachesimo — continua Celestino VI — fu, in origine, fuga dal mondo; oggi appare, per molti aspetti, fuga dalle regole accettate e dalle responsabilità liberamente assunte. Negli Ordini che posero come obbligo il lavoro delle mani, non si lavora quasi più, o appena si rassetta un orticello poco più grande d’una tovaglia d’altare.»

— Vede questo cuoio? — mi dice padre Bernardino, mostrandomi la cinghia che gli cinge i fianchi — Spesso si è bagnato di sudore.

— E come, padre?

— Lavorando nei campi — e me li indica, distesi a perdita d’occhio — zappare, seminare, potare, mietere, vendemmiare.

— Stretta osservanza?

— Sveglia alle due; fino alle cinque in chiesa per l’Ufficio, la Messa, la meditazione. Poi venti minuti di intervallo. Di nuovo in chiesa per l’Ufficio di «prima», poi lettura di un capitolo della Regola o del «capitolo delle colpe».
Mezz’ora di libertà, da dedicare alla lettura. Poi Messa cantata. Non meno di tre ore di lavoro sulla terra. Ancora Ufficio, quindi pranzo.

— In cosa consiste?

— Una minestra e una porzione: abolita la carne, il pesce, le uova.

Hai capito, Celestino? Poco pane e poco vino, come alle origini. E il pane guadagnato sulla dura zolla che i cisterciensi bonificarono anche con il sacrificio della vita. Silenzio ermetico.
La giornata si chiude tra preghiera e lavoro, con un cantuccio di pane e una mela. È la cena dei trappisti.

Comprendo allora perché Pio IX, quando volle restituire splendore alle Tre Fontane — ricordando che i cisterciensi avevano retto con onore l’abbazia per sette secoli e che san Bernardo, con la visione di Scala Coeli, ne aveva assicurato loro il possesso — vi stabilì proprio i trappisti, i monaci taciturni e dissodatori, autentici eredi di quelle avanguardie care anche a Giovanni Papini.

Padre Bernardino si è congedato per correre in chiesa. Non mi resta che incamminarmi, da solo, giù per il viale che porta alla Chiesa delle Tre Fontane, sorta sul luogo dove Paolo fu decollato.

S. Paulus Apostolus – Martyrii locus – Ubi tres fontes - Mirabiliter eruperunt.

La bella testa, spiccata dal busto sulla mozza colonna miliare, sprizzò sangue e latte, in segno di grazia. E ad ogni balzo scaturì dalla terra una fonte d’acqua viva.

Il fariseo crudele, il rastrellatore inesorabile di cristiani, ora mi è dinanzi, crollato dal suo cavallo bianco sulla via di Damasco. Gesù gli grida:

«Saulo, perché mi perseguiti?»

Perseguitava il suo Corpo Mistico e non sapeva di essere già strumento eletto, per portare il Suo nome davanti ai Gentili, ai re e ai figli d’Israele.

— Signore, che vuoi ch’io faccia? — risponde Paolo, tramortito d’amore. — Alzati ed entra in città: ti sarà detto.

I suoi compagni di viaggio rimasero attoniti: udirono la voce, ma non videro nessuno. Un’eco di quella voce è rimasta tra bosco e abbazia, vivificata nei secoli dalla luce del martirio.

Benigno

 

27 aprile 1947

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