Petòfi. Quante volte mi è accaduto d’invidiarne il singolare destino! Balzare in sella e caricare alla testa d’un manipolo di valorosi, come vidi fare a un capitano senza nome, sul ponte di Pinzano, in un’ora triste della Patria. (Non ho più dimenticato il lampo di quegli occhi fra elmetto e sottogola, mentre scrosciava la pioggia e tempestavano le artiglierie).
Caricare, andare avanti, avanti, non tornare più indietro e sparire
incontro a Dio. Quale poeta non ha mai invidiato questa ineguagliabile sorte? Non
lasciar traccia del passaggio mortale sulla terra se non attraverso un ricordo di
Poesia.
* *
Mi ferma talvolta a mezzo di una via o mi sorprende nel raccolto
silenzio del mio studio un profumo denso di gigli. Poi m’accorgo che è il respiro
dell’anima.
* *
Partenone: « Gli squilli si tramutano in colonne ». Un verso
che mi salì dal profondo dinanzi ai marmi rosati, quasi trasparenti dell’Acropoli,
mentre suonavano le trombe d’una fanfara sulla strada che vide le danze delle fanciulle
greche.
Ricordo di un volo più alto.
* *
Sembra che gli occhi di certe creature abbiano guardato in altri
pianeti; nostalgici come la luna, trepidi come le stelle verso l’alba.
* *
Gli imperi passano, si esauriscono, conchiudono un ciclo storico:
quello di Roma, onde Cristo è romano, è eterno perchè voluto da Dio. Non è impero
di territori, ma di anime; di leggi, non di arbitri; di fecondità, non di piacere.
L’impero spirituale di Roma è impero di volontà, non di pietre;
di conquista, non di rapina; del lavoro, non dell’oro. E’ impero di Vita contro
imperi di morte.
28 ottobre 1946
Nessun commento:
Posta un commento