lunedì, marzo 24, 2025

Mi piace , nei giorni di festa, con­fondermi al popolo credente, sui banchi delle chiese umili. Don­nette operai impiegatucci bimbi sparuti. Odore di povertà sana, come ne testimonia il convegno di­nanzi l’altare di Dio. Non mi sento a disagio come nelle grandi chìese, alle Messe di mezzogiorno. Il silenzio è cosi alto che le parole del sacerdote trovano la via buona.

« Orate fratres ». Ci guardiamo e ci sentiamo davvero fratelli di lu­ce e di miseria in quest’isola pro­fumata d’anima, mentre fuori infu­ria la vita.

« Ecce Agnus Dei ». Ma come, come può toglierli tutti i peccati del mondo Gesù, se son più fitti dei fili d’erba a primavera?

Guardo le care donnette vestite di nero, che si accostano a Mensa, e mormoro dentro col celebrante: » Domine non sum dignus ». E allora vedo venirmi incontro il centurione che invitò a casa Gesù.

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L’uomo integrale, che non può non essere l’uomo cristiano, soffre di una sola nostalgia: il futuro. So­lo nel domani è per lui la perfe­zione. Il presente è sempre perfet­tibile.

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In qualunque vicenda, con l’ar­tista bisogna sapere afferrare l’at­timo. Domani è sempre troppo tar­di per chi misura il tempo col me­tro dell’infinito.

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Cattolico vuol dire romano. E ringrazia Iddio se ti ha fatto na­scere o patire, fremere o gioire in questa Roma onde Cristo è roma­no. Spesso ti accade di sentirti dentro un grumo di ribellione per qualche ingiustizia da sopportare? Ed è allora che più ti plachi la bellezza di offrire a Lui l’amarezza del sopportato sopruso. E’ giusto che chi crede in Lui  sconti la gioia della Fede.

Bisogna essere felici di soffrire per Lui.

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Pian dei Giullari. Leggere una pagina di Bargellini è come rin­frescarsi l’ugola in tempo di solleone con una di quelle bibite de­liziose che ti riconciliano subito con la strada e con la bottega. La lingua schiocca sul palato come se bevessi nettare in cantina, e ti senti invece in terrazza, in una di quelle cordiali terrazze a solatìo che guar­dano... toh, su Pian dei Giullari, donde il buon Piero, cercatore di scarso mangime pei suoi passerotti, sostava per riposarsi e scorgeva di lontano, fra ì vapori settembrini, le guglie della Certosa.

Uno di quegli autori —  giullari essi stessi degli uomini e di Dio   che, pur sforzandosi di restar ter­ra terra per farsi capire da tutti, ti trasportano in cielo: gente nata per gli alti voli, seppure innamora­ta, forse anche troppo, del suo cam­panile. Ma tutto si perdona quando il campanile si chiama Firenze.

Questa « Piccola storia della let­teratura italiana» — come voleva onestamente intitolarla Bargelli­ni  — sarà gustata in particolar mo­do dai maggiorenni, per non dire dai « grandi » aggettivo quanto mai logoro e un tantino equivoco.

3 novembre 1946

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