giovedì, marzo 20, 2025

 

Non amare il poeta, sorella, e neppure il color di cielo dei suoi occhi, ma la Poesia ch’è in lui, dono ineffabile di Dio: questa è eterna, tutto il resto è perituro.

* *

Confondersi agli uomini e sentire disomigliare a nessuno. Tristezza im m ensa, senso infinito di solitudine.

* *

Guai all’artista, al poeta il giorno che più non arde. Segno che ha consumato tutto il fuoco interiore. E’ morta in lui la Poesia. Ogni giorno, ogni ora, uomini e paesaggio assumono un aspetto nuovo. Con l’obiettivo noi ci illudiamo di fermare quell’attimo che più ci è piaciuto e non facciamo che accrescere la testimonianza della caducità delle cose terrene. Domani ci accorgeremo di avere amato il volto di « quel » giorno, il paesaggio di « quel » momento e scenderà sull’anima il velo della sera. Il volto non avrà mai più « quella » luce, il paesaggio avrà perduto per sempre l’aspetto che determinò « quello » stato d’animo. Solo Dio non sarà mai illusione.

* *

Giaufredo Rudel non è morto: finché sulla terra spirerà un alito di fiore e l’ombra di Melisenda ascolterà il suo poeta: « Che è il sogno, che è la morte? Vane parole. Sol nell’amore è il vero». Ma il vero amore è quello non del tutto goduto: saziarlo è distruggerlo. E’ come pretendere d’imprigionare, di possedere l’infinito, rendere transitorio l’eterno. Fu per questo che la contessa di Tripoli strinse Rudel al cuore soltanto sul letto di morte.

* *

Dinanzi alla tomba di San Francesco in Assisi. Penso al mio posto definitivo nel camposanto dell’Urbe, in un riquadro gremito di morti ignoti. Tutta una vita di battaglie e di dolori per finire tra folle anonime.

29 settembre 1946

 

Nessun commento: