lunedì, giugno 30, 2008

SILENZIO ASSORDANTE CONTRO L’INDECENTE PROPOSTA DI MARONI. PRIMA PERÒ LE IMPRONTE DEI PARLAMENTARI E DEI FIGLI

Editoriale del prossimo numero di Famiglia cristiana anticipato oggi alla stampa:

SILENZIO ASSORDANTE CONTRO L’INDECENTE PROPOSTA DI MARONI. PRIMA PERÒ LE IMPRONTE DEI PARLAMENTARI E DEI FIGLI

Alla prima prova d’esame i ministri “cattolici” del Governo del Cavaliere escono bocciati, senza appello. Per loro la dignità dell’uomo vale zero. Il principio della responsabilità di proteggere (cioè, il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e l’attenzione per la dignità di ogni uomo e donna), ampiamente illustrato da papa Benedetto XVI all’Onu, è carta straccia. Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l’indecente proposta razzista di prendere le impronte digitali ai bambini rom. Avremmo dato credito al ministro se, assieme alla schedatura, avesse detto come portare i bimbi rom a scuola, togliendoli dagli spazi condivisi coi topi. Che aiuti ha previsto? Nulla. Il prefetto di Roma, Carlo Mosca, s’è rifiutato di schedare, il presidente del Veneto, Galan, ha parlato di “fantapolitica”, ma il ministro non arretra d’un millimetro. Non stupisce, invece, il silenzio della nuova presidente della Commissione per l’infanzia, Alessandra Mussolini (non era più adatta Luisa Santolini, ex presidente del Forum delle famiglie?), perché le schedature etniche e religiose fanno parte del Dna familiare e, finalmente, tornano a essere patrimonio di Governo. Non sappiamo cosa ne pensi Berlusconi: permetterebbe che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini? A sessant’anni dalle leggi razziali, l’Italia non ha ancora fatto i conti con le sue tragiche responsabilità (non ce ne siamo vergognati abbastanza). In particolare, quei conti non li ha fatti il Centrodestra al Governo, se un ministro propone il concetto di razza nell’ordinamento giuridico. Perché di questo si tratta. Come quando i bambini ebrei venivano identificati con la stella gialla al braccio, in segno di pubblico ludibrio. Oggi, con le impronte digitali, uno Stato di polizia mostra il volto più feroce a piccoli rom, che pur sono cittadini italiani. Perché non c’è la stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese? Rende meno, forse, politicamente? Ma c’è di più. Stiamo assistendo al crepuscolo della giustizia e alla nascita di un diritto penale straordinario per gli stranieri poveri. La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia (firmata anche dall’Italia, che tutela i minori da qualsiasi discriminazione) non conta più niente. La schedatura di un bambino rom, che non ha commesso reato, viola la dignità umana. Così come la proposta di togliere la patria potestà ai genitori rom è una forzatura del diritto: nessun Tribunale dei minori la toglierà solo per la povertà e le difficili condizioni di vita. È giusto reprimere, con forza, chi nei campi nomadi delinque, ma le misure di Maroni non servono a combattere l’accattonaggio (che non è reato). C’è un solo modo perché i bambini rom non vadano a rubare: mandarli a scuola. Qui, sì, ci vorrebbe un decreto legge perché, ogni mattina, pulmini della polizia passassero nei campi nomadi a raccoglierli. Per la sicurezza sarebbero soldi ben spesi. Quanto alle impronte, se vogliamo prenderle, cominciamo dai nostri figli; ancor meglio, dai parlamentari: i cittadini saprebbero chi lavora e chi marina, e anche chi fa il furbo, votando al posto di un altro. L’affossa “pianisti” sarebbe l’unico “lodo” gradito agli italiani.

One more tune

Onemoretune: a place for the Dublin music scene.

domenica, giugno 29, 2008

Newman, inventore del «dialogo simpatico»

Newman, inventore del «dialogo simpatico»

Nell’anno che lo potrebbe vedere beato, uno studio rilancia l’attualità del grande pensatore: che criticava sia il razionalismo sia il relativismo e per questo piace anche al Papa. Parla il biografo Strange

DI LORENZO FAZZINI

Un nuovo beato che esce dai libri di filosofia e teologia, un’aureola per colui che Benedetto XVI definì « un vero modello per me » ? Sì, il 2008 potrebbe davvero vedere il cardinale John Henry Newman, pensatore britannico di fine grandezza, salire agli onori degli altari, come ha auspicato di recente all’Osservatore Romano José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.
Alla figura dell’intellettuale di Oxford che, anglicano, decise poi di farsi cattolico, è dedicato il libro di monsignor Roderick Strange, rettore del Beda College di Roma, appena uscito in Inghilterra: A Mind Alive ( « Una mente viva » , edizioni Darton).
Proprio Strange, già cappellano alla Oxford University, poche settimane fa sul Times di Londra ha spiegato il passaggio al cattolicesimo dell’ex premier Tony Blair come un passo « alla Newman » , cioè dettato dall’intima coscienza dell’individuo.
Monsignor Strange, quali sono le eredità filosofiche più significative per l’oggi del pensiero di Newman?
« Dal punto di vista accademico Newman si pone sulla scia dell’empirismo britannico e in lui è forte l’enfasi sull’immediato e sulla realtà.
Nella distinzione tra assenso nozionale e assenso reale, egli ha posto l’accento sul secondo perché lo considerava più personale, ritenendo che non sia possibile cambiare idea se la realtà non tocca il cuore delle persone. Inoltre, in Newman è fortissimo il ruolo dell’immaginazione come modo per entrare nella realtà profonda delle cose. Ma in fin dei conti gli si potrebbe anche affidare il titolo di ' postmoderno', in quanto pensatore capace di criticare le pretese illuministiche del razionalismo: Newman è un postmoderno ( non post­modernista!) perché capace di trovare i limiti dell’illuminismo.
Anche se non va ascritto nel novero dei neo- scolastici, è indubbio che egli strinse un’alleanza con i motivi intellettuali di san Tommaso d’Aquino: entrambi fanno lo stesso viaggio verso la verità oggettiva » .
Nel suo libro, lei mette in risalto il carattere « pastorale » del pensiero di Newman: che cosa significa?
« L’argomentare del cardinale nasceva dalle richieste delle persone che gli erano affidate e che si rivolgevano a lui per chiarimenti intellettuali e teologici: le sue lettere di risposte a questi interrogativi sono raccolte in ben 32 volumi!
Ad esempio, dopo il Concilio Vaticano I moltissimi si rivolsero a lui per ottenere chiarificazioni sul concetto di ' infallibilità' del Papa » .
Nel suo lavoro filosofico e teologico Newman porta avanti una visione della fede cristiana razionale ma non razionalistica: cosa risponderebbe dunque oggi – per quanto lei può desumerne – ai « nuovi atei » quali Hitchens e Dawkins, che definiscono « irragionevole » la fede religiosa, in primis quella cristiana?
« Nella Grammatica dell’assenso
c’è un passaggio proprio su questo tema, laddove Newman parla di ' un’alleanza senza compromesso' tra fede e ragione. Questa è un’affermazione importante, perché dice che ragione e fede hanno ciascuna una propria integrità e tra le due vi è una relazione autentica. Newman amava ripetere che nel 50% dei casi in cui vi sono controversie tra diversi punti di vista, c’è solo bisogno di una chiarificazione verbale tra i contendenti.
Nell’altra metà dei casi, tale controversia nasce da una differenza radicale dei principi di partenza. Non so se uno come Dawkins è disposto a quel ' dialogo simpatico' che Newman aveva e grazie al quale desiderava attuare un vero incontro di menti con i propri interlocutori. Dawkins, invece, dice di non aver interesse verso le posizioni di chi lo critica; afferma di non leggere i libri dei suoi oppositori, di avere le sue posizioni, e stop! Questa non sarebbe la posizione di Newman » .
Nel suo saggio lei nota una somiglianza tra la posizione di Newman, che valuta il mondo del suo tempo come « semplicemente irreligioso » , e Benedetto XVI con la sua celebre critica alla « dittatura del relativismo » : quali sono gli altri collegamenti tra questi due pensatori?
« Anzitutto, la centralità della coscienza umana. L’allora cardinal Ratzinger ha citato in alcuni suoi articoli l’influsso che Newman ha avuto su di lui in questo tema: per entrambi la coscienza è l’elemento centrale nella ricerca della verità. Inoltre, entrambi concordano sul ruolo della tradizione, da non intendere come fonte di verità astratta ma quale sorgente di pensiero vivo. Infine, tutti e due mostrano una loro speciale venerazione ai Padri della Chiesa: se Benedetto predilige Agostino, Newman aveva in grande considerazione Atanasio, sebbene avesse meditato a lungo anche il vescovo di Ippona; e nel processo della sua conversione al cattolicesimo fa direttamente riferimento ad Agostino » .
Essere inglese e al contempo cattolico: questo è uno degli « insegnamenti esistenziali » di Newman. Come valuta oggi, dopo l’ingresso nella Chiesa cattolica dell’ex premier Tony Blair, la situazione del cattolicesimo britannico?
« La Chiesa cattolica in Gran Bretagna ha un influsso più ampio di quanto faccia pensare il numero dei fedeli che vi appartengono. E ciò è un dono della grande testimonianza del defunto arcivescovo di Westminister, il cardinale Hume, che era molto rispettato nella società inglese per la sua spiritualità e saggezza: egli ha dato un profilo alto alla Chiesa britannica. Certo, anche da noi c’è una certa ' lotta' con gli agnostici e la secolarizzazione si fa sentire, ma il ruolo della Chiesa è più ampio di quel 10% di inglesi che si dicono cattolici ».

Avvenire, 27/6/2008

giovedì, giugno 19, 2008

Acta sanctorum (Dizionario dell'Omo Salvatico)

Acta sanctorum

Il registo –sempre aperto- degli ostaggi che la specie umana manda al Paradiso per risparmiare a tutti i loro cattivi o deboli fratelli l’incenerimento definitivo della nostra formicaia privilegiata.

martedì, giugno 17, 2008

Decalogo della quotidianità di Papa Giovanni XXIII

Solo per Oggi

1) Solo per oggi, cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.

2) Solo per oggi, avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso.

3) Solo per oggi, sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.

4) Solo per oggi, mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.

5) Solo per oggi, dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell’anima.

6) Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.

7) Solo per oggi, farò almeno una cosa che non desidero fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.

8) Solo per oggi, mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.

9) Solo per oggi, crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la buona provvidenza di Dio si occupa di me come di nessun altro esistente al mondo.

Solo per oggi, non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà. Posso ben fare, per dodici ore, ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.


(Da graffitiblog)

Magnifica

La professoressa Cristiana Compagno è il nuovo rettore dell'Università di Udine, succedendo al prof. Honsell (dimessosi per fare il sindaco). Dov'è la notizia? La professoressa Compagno è la prima e unica donna che sia mai riuscita a diventare rettore universitario in Italia.

sabato, giugno 14, 2008

Europa, la vera malattia

Europa, la vera malattia


di Franco Venturini


Se il referendum irlandese doveva giudicare la forza di un'Europa da poco guarita, il meno che si possa dire è che la sentenza di condanna uscita dalle urne appare senza appello. Il trattato di Lisbona, orfano di una delle ventisette ratifiche necessarie, è tecnicamente morto. E un terzo popolo europeo, tra i pochissimi consultati negli ultimi anni, ha rimandato al mittente il confuso identikit di una Unione non amata.

Nessuno, beninteso, vorrà rassegnarsi. Ma far tornare gli irlandesi alle urne come avvenne nel 2001, rinegoziare il trattato di Lisbona, pregare Dublino di togliere il disturbo, tenersi il trattato di Nizza attualmente in vigore, sono tutte strade molto difficili da percorrere. La Francia, che vede compromessa la sua prossima presidenza, annuncia una risposta d'accordo con Berlino. Londra promette che la ratifica per via parlamentare proseguirà, consapevole com'è di uno scetticismo che riguarda anche la Repubblica Ceca. Nel Parlamento italiano, che deve ancora esprimersi, saranno più forti le eccezioni della Lega. E ovunque tornerà il senso di paralisi e di impotenza che seguì nel 2005 le bocciature costituzionali di Francia e Olanda, cui il trattato di Lisbona doveva appunto porre rimedio con le sue caute riforme.

Tutto molto grave, ma la vera malattia dell'Europa non è qui. Chiediamoci, piuttosto, come sia possibile che un Paese uscito dal sottosviluppo grazie all'Europa le voti tanto duramente contro. Chiediamoci, se non lo abbiamo già fatto negli ultimi tre anni, perché i francesi e gli olandesi abbiano detto no alle ambizioni costituzionali europee. Chiediamoci, in definitiva, per quali motivi l'Europa sia a tal punto lontana dal consenso popolare, non nell'euroscettica Gran Bretagna ma tra i suoi beneficiari e tra i suoi soci fondatori.

Le risposte, per quanto spesso eluse, hanno poco di misterioso.

L'Europa di tutti i giorni non ha mai imparato a comunicare, e parla un eurocratese incomprensibile ai più. I Trattati sembrano destinati a una platea di accademici, più che a società complesse fatte di elettori. La globalizzazione, omologandoli, ha paradossalmente rilanciato gli Stati nazionali e ha dato nuova forza ai localismi. I giovani considerano acquisiti i molti vantaggi che vengono dall'appartenenza alla Ue, e dunque non sono più mossi come i loro padri dalla necessità di consolidarli.

L'elenco delle spiegazioni facili potrebbe continuare. Ma per quanto gravi siano le fragilità della costruzione europea, nessuna riuscirebbe a metterla in rotta di collisione con i suoi popoli se l'Unione non fosse prigioniera di una radicale crisi di identità politica e di capacità operativa.

Agli albori, la prima Europa nacque per garantire la democrazia post bellica e impedire nuove guerre tra Francia e Germania.

La seconda Europa fu quella delle grandi ambizioni, della conquista di un «posto» nel mondo, delle cessioni di sovranità in nome del bene comune, delle regole, del mercato interno, della libera circolazione, dell'euro. Ma il mondo di oggi e di domani esige una terza Europa, concretamente vicina ai suoi popoli visto che dalla legittimazione di vertice si è passati a quella di base, riconoscibile e unita nelle sue posizioni internazionali, consapevole sì di dover essere grande per contare nei nuovi equilibri planetari ma prioritariamente efficace nel valore aggiunto da dare alla sua azione interna. Ed è proprio questa terza Europa che non riesce a vedere la luce.

I prezzi di benzina e gasolio, l'immigrazione, i livelli occupazionali? L'Europa è assente, divisa o in ritardo. L'identità politica? Dipende dai casi e da laboriosi compromessi tra interessi contrastanti. Il Trattato che vincola tutti? Incomprensibile e dunque pericoloso. Meglio tutelarsi, respingendo ieri l'idraulico polacco e proteggendosi oggi contro i rischi presunti di nuove tasse, di meno sussidi all'agricoltura, di attacchi alla neutralità nazionale, di declassamenti riservati ai Paesi piccoli. Tanto, le cose buone che ci vengono da Bruxelles non spariranno.

Rimasta a metà del guado integrativo, l'Europa dei Ventisette non è più riconoscibile e non riesce a battere la temibile alleanza tra paure e diritti acquisiti. Ma dopo lo schiaffo irlandese dovrebbe almeno vedere con chiarezza l'alternativa che ha di fronte: da un lato la decadenza, dall'altro la rifondazione a opera di un gruppo ristretto di integrazionisti pragmatici. Il momento della scelta verrà, e riguarderà anche l'Italia.

venerdì, giugno 13, 2008

NO!

Ve lo diranno ufficialmente fra qualche ora ma dai seggi dove è in corso lo scrutinio è chiarissimo che dopo la Costituzione Europea anche il Trattato di Lisbona è andato a farsi benedire.

Potete seguire tutto in diretta sui forum di www.politics.ie


(Io, che avevo capito l'andazzo, ieri sera ho puntato su Betfair quando davano il No al 4.7! Che goduria!)

giovedì, giugno 12, 2008

In Irlanda c'è un mister No che minaccia di affondare l'Unione

Bruxelles. L’Unione europea è arrivata all’incognita paurosa, il referendum in Irlanda sul Trattato di Lisbona. Oggi l’Europa rischia la quinta bocciatura popolare della sua storia e sarebbe la più grave dopo i “no” di francesi e olandesi. Unico stato membro a ratificare con un referendum le miniriforme adottate un anno fa, l’Irlanda è il paese che più ha beneficiato della sua appartenenza al club: dal 1973, Dublino ha ricevuto 40 miliardi di euro di contributi netti da Bruxelles. La “tigre celtica” è la success story economica del Vecchio continente, con tassi di crescita sopra il 5 per cento dalla metà degli anni ‘90, standard di vita che hanno raggiunto e superato quelli dell’Europa occidentale e migliaia di imprese straniere attratte dalla flat tax al 12,5 per cento. Eppure, venerdì, un sondaggio dell’Irish Times ha predetto lo scenario più temuto da Bruxelles: i “no” in testa di cinque punti. Domenica, secondo il Sunday Business Post, il campo del “sì” è tornato in vantaggio, 42 a 39 per cento. Saranno gli incerti e il tasso di partecipazione a determinare il destino di riforme che coinvolgono 495 milioni di persone. “Il Piano B non c’è”, ha ricordato il presidente della commissione europea, José Manuel Barroso: Lisbona è già il “ripieghino” del trattato costituzionale. Sette anni di dibattiti e negoziati, le nuove istituzioni, il presidente stabile dell’Ue e la diplomazia comune potrebbero finire nel cestino.
Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno annunciato una “iniziativa franco-tedesca” in caso di bocciatura di Lisbona. La Francia teme che un “no” dell’Irlanda blocchi i progetti della sua presidenza di turno. E’ impossibile rinegoziare il Trattato, perché il premier britannico, Gordon Brown, non ha intenzione di finire nel mirino della stampa euroscettica. E’improbabile ripetere la sceneggiatura del 2001 quando, contro tutte le previsioni, il 53,9 per cento degli irlandesi si pronunciò contro l’Ue. Allora l’orgoglio dell’Irlanda venne placato con un escamotage: un protocollo aggiuntivo al Trattato di Nizza per garantire la neutralità diplomatico-militare e gli elettori richiamati alle urne per votare “nel modo giusto”. Oggi come allora il campo del “no” è una coalizione eteroclita, apparentemente senza obiettivo comune. I cattolici pregano contro il Trattato di Lisbona perché rischierebbe di importare aborto e eutanasia. I nazionalisti del Sinn Fein votano “no” perché Dublino perderà peso a Bruxelles. I pacifisti lanciano nuovi allarmi sulle minacce europee alla neutralità militare irlandese. I sindacati contestano l’invasione di lavoratori arrivati dall’Est-europeo dopo l’allargamento. Gli agricoltori temono la liberalizzazione. I no-global dicono “no” all’Europa troppo liberale, alcuni imprenditori si oppongono all’Ue troppo poco liberale e molto burocratica.
Dublino e Bruxelles fanno tutto il possibile per scongiurare un’altra bocciatura. L’ex Taoiseach Bertie Ahern, primo ministro per oltre un decennio, si è dimesso il 7 maggio per evitare che uno scandalo di corruzione potesse catalizzare lo scontento popolare su Lisbona. Il nuovo Taoiseach, Brian Cowen, ha promesso agli agricoltori il veto a una liberalizzazione del settore. Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha lanciato avvertimenti sulla “gigantesca incomprensione” che provocherebbe un “no” del popolo più sussidiato dall’Ue. La cancelliera Merkel si è impegnata personalmente nella campagna referendaria. La Commissione ha congelato tutti i dossier che rischiavano di influire sul voto. Negli ultimi giorni, l’eurocrazia ha offerto all’irlandese Mary Robinson di diventare presidente o ministra degli Esteri dell’Ue. Ma, nonostante il sostegno ufficiale dei grandi partiti, i sondaggi hanno mostrato una continua progressione del “no”. Complici il rischio di recessione globale (la disoccupazione è al 5,4 per cento, record dal 1999) e un misterioso “Mister No”: il miliardario, Declan Ganley, che ha finanziato la campagna contro l’Ue attraverso l’associazione Libertas. Nato a Londra 39 anni fa, Ganley ha fatto fortuna negli Stati Uniti con un’impresa di telecomunicazioni che ha contratti con il Pentagono. Vicino ai repubblicani e amico di Al Gore, è stato accusato di lavorare contro l’Ue per conto della Cia. Ma la sua forza è la debolezza stessa dell’Europa. Contrariamente al premier Cowen, che non ha letto il trattato “da cima a fondo”, Ganley è “The man who has read the Treaty”. “Vogliamo che l’Irlanda sia al cuore dell’Europa”, dice il nuovo simbolo dell’orgoglio irlandese, “ma vogliamo un’Europa democratica e responsabile e il Trattato di Lisbona è il contrario”.

Irlanda e Lisbona: verso il no? Speriamo

Fra poche ore l’Irlanda va al referendum: per il Trattato di Lisbona, la pseudo-costituzione europea che non dice il suo nome. La massoneria eurocratica trema, perchè il fronte del «no» guadagna punti.

L’Irish Times ha condotto un sondaggio, che dà al «no» il 35% e al «sì» il 30%.
In seguito, il Sunday Business Post ha commissionato un altro sondaggio, l’ultimo che è possibile diffondere prima del voto di giovedì: 49% al «sì» e 39 % al «no».

Ma con un particolare inquietante per i massoni: anche in quest’ultimo sondaggio, il «no» ha guadagnato 6 punti, il «sì» un punto. E gli indecisi si aggirano, secondo Irish Times, sul 28%.

Il fronte del «sì» sta ricorrendo a trucchi e menzogne che, benchè tipici di lorsignori, non sono meno vergognosi. Per esempio il sindacato dei coltivatori irlandesi consiglia il «sì» dopo la promessa del primo ministro, Brian Cowen, di usare il suo diritto di veto nei negoziati con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, World Trade Organisation) a difesa degli interessi agricoli.

Piccolo, trascurabile dettaglio: tale «diritto di veto» non esiste, nè per il premier irlandese nè per nessun altro, nemmeno per la UE nel suo complesso. E i negoziati presso l’OMC non c’entrano nulla con il Trattato di Lisbona, se non in quanto frutti del regime oligarchico mondiale.

Pochi giorni prima, a Lussemburgo, i ministri della Giustizia dei 27 membri UE hanno discusso nuove misure destinate a rendere più facile il divorzio nell’Unione Europea. La Svezia in primo piano, contrarissima ad ogni compromesso coi cattolici; si andava verso una «cooperazione rinforzata», che consente di imporre e far avanzare un progetto anche quando manca l’unanimità.

A questo punto però il rappresentante irlandese, Bobby McDonagh, ha fatto presente che tale discussione poteva danneggiare i fautori del «sì» al referendum, che si annuncia pure difficile... Risultato: discussione chiusa, progetto rimandato a dopo il referendum.

«Abbiamo ritenuto saggio concederci una pausa di riflessione», ha detto il rappresentante sloveno (la Slovenia ha la presidenza pro-tempore). Il commissario europeo alla Giustizia, il francese Jacques Barrot, ha detto: «Non è il momento». Lasciamo votare gli irlandesi, poi...

Non è la sola pausa di riflessione che la cosca eurocratica ha deciso per non svegliare l’irlandese che dorme. Si doveva discutere il bilancio dell’Unione Europea: rimandato a settembre. Si doveva diffondere il rapporto al parlamento europeo sull’attuazione del Trattato di Lisbona (i kommissari se ne infischiano delle opinioni pubbliche, già dettano l’appplicazione del Trattato): rimandato a fine giugno. Stava per uscire il Libro Bianco francese sulla Difesa e la Sicurezza, dove si parla ovviamente del rafforzamento della difesa europea: rimandato al 12 giugno anche quello, su richiesta a Parigi del governo irlandese. Silenzio, zitti zitti piano piano.

Ma in un caso la euro-massoneria ha dovuto parlare (1). Gli oppositori irlandesi hanno scoperto che il Trattato di Lisbona permetterebbe l’introduzione dell’aborto in Irlanda, vietato dalla Costituzione irlandese (articolo 40.3.3); allora la Commissione per il referendum ha emanato una dichiarazione asserendo che il protocollo 35 del Trattato di Lisbona garantisce che nulla può toccare della Costituzione. Era una menzogna.

Come ha rilevato il Coir, il gruppo d’opposizione al referendum e all’aborto, quello emanato dalla Commissione è un’opinione tutta sua. «Il Trattato di Lisbona dà alla Corte europea di Giustizia il diritto a prendere decisioni riguardo alle leggi irlandesi sull’aborto, sulla famiglia e sui diritti dei minori», ha insistito. Infatti.

I «protocolli» del Trattato sono praticamente illeggibili, a bella posta (una versione del trattato completa, senza taglia-e-cuci, è stata ricostruita solo dal 9 maggio) (2). Ma resta che l’articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali effettivamente dà alla Corte di Giustizia il diritto di impancarsi sul diritto alla vita nei Paesi membri. In più, c’è un «protocollo» sui servizi d’interesse generale che impone «l’eguaglianza di accesso e di trattamento» fra i sudditi europei.

E dal 1991 - ecco il trucco - in base ad un certo «lodo Grogan», la Corte di Giustizia include l’aborto fra i «servizi economici»... da dare egualmente a tutte le povere donne. Senza contare che, per principio, il «diritto» europeo supera tutte le leggi nazionali, costituzioni comprese.

Non basta ancora: i massoni e i loro complici politici vogliono andare sul sicuro. A febbraio scorso, un emendamento presentato al parlamento europeo, che proponeva di rispettare il risultato del referendum irlandese, è stato bocciato a larga maggioranza dai deputati - che dovremmo avere eletto noi (ma naturalmente non è vero: li hanno «eletti» i partiti). Hanno votato a favore della proposta 129, contro 499, astenuti 33.

Ecco quello che fanno i «nostri» parlamentari a Strasburgo e Bruxelles, quando sanno di non essere visti. Hanno deciso di ignorare il risultato del referendum irlandese, se sarà un «no». Diranno che l’Irlanda è un Paese piccolissimo, senza peso, e non può cambiare la «volontà unanime» di noi europei... noi che non abbiamo votato, e quelli (francesi e olandesi) che hanno votato «no».

I poteri forti americani sono arrivati al punto di minacciare gli irlandesi, se votano no, di sanzioni. E’ accaduto a Dublino il 22 febbraio scorso, alla Camera di Commercio Americana in Irlanda. Il nuovo presidente di detta Camera, Paul Rellis, (un uomo del sindaco Bloomberg di New York, isnomma dell’alta finanza) ha ricordato a una platea di imprenditori che le aziende USA sono interessate a investire in un’Irlanda che, come membro della UE, «dà accesso ai 460 milioni di consumatori europei».

«Gli investimenti americani in Irlanda sono oggi pari a 83,6 miliardi di dollari», ha ricordato Rellis: «Un’Irlanda al cuore dell’Europa, con istituzioni riformate, rafforzate e più responsabili (sic) è infinitamente preferibile a un’Irlanda che diventi un ostacolo al comune progresso del continente. Un voto ‘no’ manderebbe un segnale molto negativo alla comunità degli affari e può influire sugli investimenti in Irlanda».

Noi ingenui possiamo chiederci perchè mai gli Stati Uniti devono dire la loro sull’Europa. Non possiamo far di meglio che riportare integralmente un articolo apparso su Il Giornale il 7 giugno, segnalatoci da un lettore:

«In questi giorni, con la ratifica da parte del Parlamento italiano del cosiddetto Trattato di Lisbona, si porrà fine definitivamente all’esistenza delle nazione Italia. E mano a mano si porrà fine all’esistenza di quasi tutte le altre nazioni in Europa. Non bisogna sorprendersi del silenzio che accompagna l’atto più importante che sia mai stato compiuto dal 1870 con il regno d’Italia. E’ un silenzio che non è dovuto soltanto al volere dei governanti, ben sicuri fin dall’inizio dell’operazione ‘Unione europea’ che bisognava tenerne all’oscuro il più possibile i cittadini, ma anche alla obiettiva difficoltà per i giornalisti di fornire informazioni e tanto meno spiegazioni di un progetto che esula da qualsiasi concetto di ‘politica’. Il Trattato di Lisbona è infatti una ‘visione del mondo’ universale, una teologia dogmatica con le sue applicazioni pratiche, la forma più assoluta di totalitarismo che sia mai stata messa in atto. Come potrebbero i giornalisti istruire con poche parole milioni di persone sulla metafisica di Kant? Eppure c’è quasi tutto Kant, inclusa la sua proposta per la Pace Perpetua, nel progetto dell’Unione europea. Ma c’è anche molto Rousseau, molto Voltaire, molto Marx, con in più quello che Tremonti definisce ‘mercatismo’: l’assolutizzazione del mercato. La falsificazione dei significati linguistici accompagna fin dall’inizio l’operazione europea: quello che viene firmato non è affatto un Trattato e non è neanche una ‘Costituzione’, come era stato chiamato prima che i referendum popolari lo bocciassero. E’ la proclamazione di una religione universale, accompagnata in tutti i dettagli dagli strumenti coercitivi verso i popoli e verso le singole persone per realizzarla. E’ il passo fondamentale, dopo averlo costituito in Europa, per giungere alla meta prefissata: il governo mondiale. Posso indicare in questo breve spazio soltanto alcuni degli strumenti preordinati:

A) Il sincretismo fra le varie religioni e fra i vari costumi culturali. Un sincretismo che verrà raggiunto con lo spostamento di milioni di persone e smussando tutte le differenze attraverso il ‘dialogo’. Discendono da questa precisa volontà dei governanti le ondate immigratorie che stanno soffocando l’Europa d’occidente. Si tratta di decisioni di forza, prese a tavolino: se nasceranno reazioni o conflitti, come di fatto sono già nati, provvederanno le schedature biometriche, la polizia e il tribunale europeo a eliminarli.

B) Il governo concentrato in poche persone, quasi sconosciute ai cittadini, mentre diventano sempre più pleonastici i parlamenti nazionali. Il parlamento europeo, infatti, tanto perché nessuno possa obiettare in seguito che non aveva capito, è stato istituito fin dall’inizio privo di potere legislativo. Pura finzione al fine di gettare polvere negli occhi ai cittadini e tenere buoni con ricche poltrone i residui pretendenti al potere nell’impero fittizio.

C) Nella sua qualità di fase di passaggio verso il governo mondiale, l’Europa deve essere debolissima, come infatti sta diventando. Per ora qualcuno lo nota a proposito dell’economia e della ricerca (ricerca significa intelligenza), ma presto sarà chiaro a tutti l’impoverimento intellettuale e affettivo di popoli costretti a perdere la propria identità, la propria ‘forma’ in ogni settore della vita. In Italia la perdita è più grave per il semplice motivo che gli italiani sono i più ricchi di creatività. Di fronte al vuoto di qualsiasi ideale e di qualsiasi futuro, i giovani si battono per quelli vecchi inesistenti, oppure ‘si annoiano’. Vi si aggiungono con uguale impoverimento i milioni di immigrati, anch’essi sradicati dalla loro identità e gettati nel crogiolo della non-forma.
Si tratta di conseguenze ovvie, perseguite con ostinazione durante il passare degli anni sia dai fanatici credenti nella religione universale che da coloro che se ne servono per assolutizzare il proprio potere. Ci troviamo di fronte a quello che i poeti tedeschi individuavano chiaramente durante il nazismo come ‘il generale naufragio dello spirito’. Seppellire le nazioni per paura del nazionalismo significa provocare di nuovo il generale naufragio dello spirito».

Maurizio Blondet

1) Tutte le informazioni sono tratte dall’ottimo «Le blog d’Yves Daoudal», informatissimo.
2) «Versions consolidées du traité sur l’Union européenne et du traité sur le fonctionnement de l’Union européenne», Journal Officiel de l’Union Européenne, 9 maggio 2008.

mercoledì, giugno 11, 2008

Lisbon Treaty

Si volgerà domani in Irlanda il referendum sul Trattato di Lisbona. Ci sono buone possibilità che vincano i contrari.

giovedì, giugno 05, 2008

Dopo averlo apprezzato nei suoi interventi sparsi nella blogosfera, ho finalmente conosciuto di persona Luigi Copertino, mio conterraneo. Copertino ha da poco pubblicato il volume Spaghetticons. La deriva neoconservatrice della destra cattolica italiana (ed. Il Cerchio, Rimini 2008, pp. 208, euro 18), del quale ho letto solo alcuni estratti ma che mi ha favorevolmente impressionato.

Questo è l'indice:


PRESENTAZIONE di Franco Cardini

INTRODUZIONE

Capitolo I - LA DERIVA NEOCONSERVATRICE DELLA DESTRA CATTOLICA

1. Vero e falso scontro di civiltà. 2. In God we trust: l’infatuazione americana della destra cattolica. 3. Il potere globale ed i suoi utili idioti cattolici. 4. Origini, sviluppo ed egemonia di un’ideologia rivoluzionaria: il neoconservatorismo. L’aggressione allo stato sociale europeo.


Capitolo II - DEL NEOCONSERVATORISMO, OVVERO DELL’ESITO NICHILISTA DEL LIBERALISMO

1. Il neoconservatorismo come ideologia post-moderna di dissimulazione. 2. Un ambiguo relativismo strumentale all’egemonia americana e al liberismo. 3. L’insanabile aporia di un neoconservatorismo “cattolico”. 4. Dai puritani ai neoconservatori passando per John Locke. 5. Benedetto XVI: un Papa neocon?


Capitolo III - PER PADRE UN FILOSOFO ESOTERICO

1. L’allievo ebreo di Carl Schmitt. Da Lutero al neoconservatorismo passando per Hobbes. 2. Un nichilista alla ricerca dell’Ordine tra Heidegger e Nietzsche. 3. Il Platone gnostico di Leo Strauss. 4. Da Platone a Maimonide: il segreto cabalista della filosofia politica straussiana.


Capitolo IV - IL PRINCIPE DEI NEOCONS


Capitolo V - RUSSEL AMOS KIRK, OVVERO LA VIA “PALEOCON” DELLA DESTRA CATTOLICA AL NEOCONSERVATORISMO

1. Conservatorismo e neoconservatorismo. 2. Marco Respinti: un allievo devoto. 3. Russel Amos Kirk: il tentativo di accreditare gli Stati Uniti d’America come magnifico apogeo del Cristianesimo.


Capitolo VI - TRADIZIONE, FAMIGLIA E… LATIFONDO


Capitolo VII - UN’ALLEANZA CATTO-CONSERVATRICE

1. Giovanni Cantoni: il “conservatorismo tradizionalista” di Alleanza Cattolica. 2. Il nuovo Patto Gentiloni. L’esegesi storica di Marco Invernizzi come apologia delle scelte politiche di Alleanza Cattolica. 3. Dal “conservatorismo tradizionalista” all’accreditamento del nichilismo straussiano.


Capitolo VIII - I “CROCIATI” DELL’OCCIDENTE

1. Una Lepanto per l’America cristiana. 2. Nessuno Stato nazionale senza lo Stato sociale. 3. Radici cattoliche dello Stato sociale. Relativismo etico e relativismo sociale. 4. Proprietà privata diritto naturale? 5. L’albero e i frutti.


Capitolo IX - IL LIBERISMO RELIGIOSO DEL CESNUR

1. Uno strano difensore della “libertà religiosa”. 2. I collegamenti con la destra americana. 3. Il conflitto euro-americano sulle sette. Il convegno di Vienna presieduto da Introvigne. 4. Dal “Gruppo di Tebe” all’apologia di Harry Potter.


Capitolo X - COMUNIONE E AMERICANIZZAZIONE


Capitolo XI - BAGET BOZZO: UN CAPPELLANO PER L’OCCIDENTE

1. Una teologia per Mammona. 2. Le ambiguità escatologiche del Defensor Occidentis. 3. L’ombra della gnosi spuria nella teologia politica di Baget Bozzo.

Appendice - PER DIMENTICARE ORIANA: UNA FALLACE SPERANZA

Chi fosse interessato, può ordinarlo sul sito della casa editrice Il Cerchio. (www.ilcerchio.it/ilcerchio/spaghetticons.htm)

domenica, giugno 01, 2008

Achei (Dizionario dell'Omo Salvatico)

Achei

Gli Achei dai belli schinieri dovevano essere gente molto manesca e disoccupata se ammazzarono e si fecero ammazzare dieci anni di fila per restituire a un marito poco spartano un’adultera invecchiata.