domenica, gennaio 31, 2016

Il diritto? Nasce dal matrimonio. L'arringa in favore della “famiglia naturale” di Lévi-Strauss

Matrimonio e “altre unioni” sono cose diverse. La Cei? No, lo diceva l'intellettuale francese

Claude Lévi-Strauss
Guardate la campagna #svegliatitalia (“Chi ama i diritti, li vuole per tutti”): inscena coppie etero e omo bellissime e ammiccanti, disinibite ma innocenti, colte in un abbraccio a letto mentre si promettono eterna felicità e notti di fuoco ridendo di gioia in uno scenario da backstage del Mulino Bianco, incommensurabile rispetto alla scabra realtà dei fatti quotidiani. Allo stesso modo, a fine Seicento, Pierre Bayle postulava una società di atei virtuosi migliore di tutte le nazioni dilaniate dalle guerre di religione ma se la figurava composta solo da tanti Spinoza, senza considerare l’ipotesi che anche fra gli atei potessero esserci delinquenti o imbecilli che le leggi avrebbero dovuto tenere a freno. Quella immaginata da Bayle o da #svegliatitalia è “una società senza società”, espressione di Lévi-Strauss che ho ritrovato in una monografia di Lorenzo Scillitani dal titolo respingente (“La filosofia del diritto di famiglia nell’antropologia strutturale di Claude Lévi-Strauss”, Rubbettino, 168 pp., 15 euro) ma utilissima a radicare il dibattito attorno alla famiglia su “una filosofia del diritto che non voglia cadere preda delle mode culturali dettate dal transeunte” senza ambizioni propagandistiche, il contrario cioè di quanto avviene oggi.

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martedì, gennaio 26, 2016

Italia sì, Italia no…..chi vuole essere italiano?

Italia sì, Italia no…..chi vuole essere italiano?

CINZIA CONTI, FABIO MASSIMO ROTTINO
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 Spesso si commette l’errore eurocentrico di ritenere che, se fosse possibile ottenere la cittadinanza di un Paese europeo in maniera semplice e immediata, aumenterebbero a dismisura il numero di acquisizioni da parte di immigrati extra-europei, come se tutti necessariamente dovessero desiderare la cittadinanzadi un Paese europeo. È davvero così? O forse, una volta ancora, l’immigrazione e la presenza straniera si presentano come un fenomeno complesso e articolato che le semplificazioni mediatiche colgono solo in parte?


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domenica, gennaio 24, 2016

Il distributismo è cattolico?

Il distributismo è cattolico?:

Di quando in quando, lettori di The Distributist Review commentano a proposito del fatto che abbiamo così tanti articoli specificamente correlati agli insegnamenti del magistero cattolico. Sembra esistere un’opinione secondo cui la proposta del distributismo dovrebbe essere basata sul solo argomento economico, senza riferimenti specifici a nessuna specifica religione, altrimenti allontaneremmo i non cattolici. Questo solleva una domanda legittima per chiunque prenda in considerazione il distributismo. Il distributismo è cattolico? La risposta a questa domanda è tanto “sì” quanto “no”. Per essere più chiaro possibile, io sono cattolico, così come la maggior parte di chi scrive su The Distributist Review. Questa non sarà una sorpresa per quelli che abbiano letto più di qualche articolo; alcuni dei nostri articoli però sono stati scritti da non cattolici.

Ad ogni modo, mi sto allontanando dal punto focale, che è dire come mai la risposta alla domanda “il distributismo è cattolico?” è sia “sì” che “no”.

Il motivo per cui il distributismo non è specificamente cattolico 

Il distributismo è basato su idee filosofiche. Contrariamente a ciò che molti pensano, filosofia non è lo stesso che teologia o religione. È una disciplina separata anche quando gli argomenti coincidono. Molti dei principi sostenuti dal distributismo si possono ritrovare negli insegnamenti di altre religioni e culture di tutto il mondo.

Molti degli insegnamenti filosofici che sono alla base del distributismo sono nati prima del cristianesimo. Aristotele sosteneva molte delle stesse posizioni del distributismo. Pertanto, queste idee filosofiche non possono definirsi specificamente cattoliche. In più, come non esiste soltanto una certa forma di governo che sia compatibile con il cattolicesimo, allo stesso modo non esiste un solo sistema economico che sia compatibile con il cattolicesimo. È possibile avere un sistema capitalistico che sia compatibile con il cattolicesimo; ma prima dovrebbero essere eliminati molti degli elementi che attualmente sono accettati quale parte del capitalismo a livello mondiale—come l’usura.

Il motivo per cui il distributismo è cattolico 

Il distributismo come visione economica definita è nato in seguito agli insegnamento del magistero pontificio. I Papi che si occuparono di giustizia economica e sociale scrissero encicliche le quali ispirarono gruppi di cattolici a formare un movimento che tentasse di presentare al grande pubblico questi problemi e delle soluzioni. Questo movimento prese il nome di distributismo o distributivismo (benché i suoi promotori esprimessero il desiderio di un nome migliore). Benché il movimento abbia incluso membri non cattolici fin dall’inizio, le posizioni sostenute dal distributismo sono coerenti con gli insegnamenti della Chiesa cattolica sulla giustizia economica e sociale. In altre parole, il distributismo consiste di posizioni filosofiche riguardo alle strutture economiche e sociali che sono compatibili con la fede cattolica. Non si può separare il distributismo dal magistero cattolico più di quanto si possa separare l’originale Costituzione degli Stati Uniti d’America dagli scritti di John Locke.

Che significa questo per i non cattolici che s’interessano al distributismo? 

La vera domanda che i non cattolici devono farsi, quando si interessano al distributismo, è se possono accettare le posizioni filosofiche che sono alla base del distributismo. Non occorre essere cattolico per essere distributista più di quanto occorra essere cattolico per credere che chi può deve aiutare chi è nel bisogno. Il punto è che l’accettazione del distributismo da parte di non cattolici non si basa sul fatto che esso è coerente con il cattolicesimo; si basa sul fatto che il distributismo è una visione economica e sociale sana dal punto di vista filosofico e che funziona. I cattolici che accettano il distributismo lo fanno per entrambi i motivi.

Forse vi state chiedendo perché, se è così, ci sono così tanti articoli decisamente cattolici su The Distributist Review. La nostra società incoraggia l’errore di pensare che la fede debba restare confinata entro le mura domestiche e nei luoghi di culto, che essa non abbia relazione con l’economia e la politica e che sostanzialmente dovrebbe esser tenuta appartata dalla vita pubblica. Il cattolicesimo insegna, come pure altre fedi, che la fede ha a che fare con tutti gli aspetti della vita. Il capitalismo come è praticato oggi nel mondo accetta prontamente prassi che non sono compatibili con la fede cattolica. Pertanto noi richiamiamo i nostri confratelli cattolici su questo punto. Presentiamo l’insegnamento chiaro e coerente della Chiesa e chiediamo ai nostri confratelli cattolici di confrontare le loro idee con quell’insegnamento. Anche se continuano a rifiutare certi aspetti del distributismo come sistema economico, non possono continuare ad accettare o ignorare gli aspetti del capitalismo che sono incompatibili con la nostra fede. Incoraggiamo i non cattolici a fare lo stesso, ciascuno riguardo alla propria fede, e abbiamo accolto con piacere ogni commento in proposito pubblicato dai nostri lettori.

Crediamo che sarebbe sbagliato, che sarebbe disonesto, nascondere il fatto che il distributismo ha legami con il magistero cattolico. Che scopo avrebbe far questo, nascondere il fatto ai non cattolici? No. Saremo schietti riguardo a questi legami, e ci aspettiamo che ogni non cattolico che accetta le idee del distributismo come compatibili con la propria fede sia schietto al riguardo. Non è qualcosa che si debba tenere nascosto.

Considera le domande che seguono. Sei d’accordo che è fondamentalmente ingiusto che il nostro governo prenda prestiti per salvare enormi banche e aziende “troppo grandi per fallire” e non faccia quasi niente per aiutare i proprietari o dipendenti di piccole aziende, che sono colpite molto più duramente dall’attuale crisi economica?

Sei del parere che il modo in cui tale crisi è stata affrontata dimostra che il nostro governo, indipendentemente dal colore politico, risponde ai richiami delle Grandi Aziende anziché a quelli della popolazione in generale? E questo non accade forse perché queste aziende possono esercitare un controllo sproporzionato sull’economia?

Sei d’accordo che una società in cui la maggior parte del capitale (i mezzi di produzione) sia posseduta da un’ampia parte della popolazione è preferibile a una in cui sia posseduta, e quindi controllata, da una piccola parte della popolazione (quella che possiede le aziende “troppo grandi per fallire”)?

Credi che le famiglie siano economicamente più libere e indipendenti se possiedono (o singolarmente o in maniera cooperativa) il capitale che usano per provvedere ai propri bisogni?

Sei d’accordo che il governo dovrebbe essere decisamente limitato nella sua capacità di interferire con la vita della famiglia, con faccende come crescere ed educare i figli?

Sei d’accordo che, anche se i monopoli possono ridurre di molto il costo di produzione, i mezzi per far questo sono spesso a carico della società (salari più bassi, produzione delocalizzata, perdita di lavori sul territorio eccetera), mentre gli alti profitti delle aziende rimangono invariati?

A tuo parere, pensi che sia sbagliato che le aziende licenzino gente che lavora duro solo per assumere manodopera a basso prezzo oltreoceano, in Paesi che impiegano bambini e lavoro coatto in condizioni intollerabili?

Sei d’accordo che un gran numero di piccoli produttori dà luogo a un’economia più stabile; che è meglio se interi settori produttivi non sono messi in ginocchio dalla cattiva gestione di poche grandi società; e che non dovremmo dipendere più di tanto da fonti di approvvigionamento lontane per cose di quotidiana necessità come il cibo?

Diresti che, se le grandi aziende si trasformano in oligopoli, è meno verosimile che sentano la pressione della competizione che manterrebbe equi salari e prezzi? Trovi ironico che i sostenitori del capitalismo monopolistico di “libero mercato” stiano sempre a parlare dei benefici della competizione mentre lo scopo delle grandi aziende è quello di eliminare la competizione?

Sei d’accordo che è fondamentalmente sbagliato che le banche mettano le piccole aziende in una condizione di svantaggio facendo loro dei prestiti solo con alti tassi d’interesse mentre offrono tassi bassissimi alle aziende grandi, anche quando praticamente non c’è differenza nel rischio?

Non occorre essere cattolici per essere d’accordo con questi e tanti altri punti del movimento distributista.

Benvenuti!

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sabato, gennaio 23, 2016

“Arnold Chiari” e “Tracheomalacia”: la storia di un piccolo guerriero di nome Mario.

“Arnold Chiari” e “Tracheomalacia”: la storia di un piccolo guerriero di nome Mario.


E’ successo e non me ne sono accorta.
Il sangue, la corsa in ospedale, il tractocile in vena, il posto sporco, le infermiere scortesi.
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Mamma Monica Auriemma ha 43 anni è originaria abruzzese ma vive a Salerno con la sua famiglia, ha voluto pubblicare la sua storia affinchè scrive:  “le mamme leggendo la mia storia trovassero aiuto per una loro situazione simile o magari il contrario: che potessero dare a me un nome, un medico, un centro che possa aiutare il mio bambino.”
GRAZIE SIN DA ORA A CHI CI AIUTERA’ A DIVULGARE. 

Ero lì su un letto e facevo la pipì allungata, piangevo e dicevo a mio marito “non è dignitoso, portami via”.
La mia fortuna si chiamava Marilena, ancora oggi fa la neonatologa al sesto piano: si avvicinò e mi disse: “Resisti, non andare…Chiudi gli occhi, tappati il naso. Non fare la pazza. Non scambiare una camera con le tendine in pizzo e il menù personalizzato con la salute dei tuoi figli.”
Alle nove e mezza di sera, salutai mio marito. Un bacio, ci vediamo domani amore. Stai tranquilla.
Sto tranquilla.
(e ad occhi chiusi dissi “papà, per favore, oggi è il 4 febbraio, tutto ma non me li far nascere il 6, è il giorno della tua morte, per favore no”)
Alle undici, uno strappo. Come se la pancia, il mondo, fossero divisi in due: urlo, un’ostetrica corre (signore grazie, è arrivata quella del turno dopo) presto il medico.
E il medico arrivò con gli occhi buoni, l’accento settentrionale (e in quell’occasione, con le infermiere affannate a fare il tracciato, un’altra con il rasoio, il medico con la sonda dell’ecografo…io pensavo solo “ma che ci fa questo qui a Salerno?”) e l’unica cosa che ricordo fu il sorriso dolce “signora, io sento il piedino, non ho alternative, tentiamo, si corre in sala”..
Un telefono, singhiozzavo, aiutami, Stefano corri. E Stefano arrivò, portandosi dietro Marilena.
Appena smontata da 12 ore di turno terribile, annientata da una emicrania a grappolo, facendo i 140 km/h sulla tangenziale.
Di tutto ricordo lei, che mi disse “amore, sorella mia, auguri sei mamma. Ora però devi dirmi subito come si chiama, dimmelo per favore”
“perché non sento piangere?”
“amore, come si chiama”
Doveva chiamarsi Roberto, come il bisnonno. E invece il primo nome che balenò fu quello di mio padre.
“Mario, si chiama Mario”
Poi ancora tagli, ancora gente che parlava, sento una voce familiare….Melania, la neonatologa del reparto, c’è Melania, ci sono le due Emme, le amiche.
Sento piangere.
“Eccolo…eccolo, come si chiama lui?”
Si chiama Ottavio, ed è giusto così.
La voce del medico è forte e chiara “Signora bella, sono nati a mezzanotte e uno e mezzanotte e tre. Oggi è il 5 febbraio 2013, lei è diventata mamma di due bei maschietti”

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venerdì, gennaio 22, 2016

Magnifici bersagli. Sul destino dell’opera d’arte nel tempo della guerra totale
di Raffaele Alberto Ventura
Beni culturali e violenza politica
La distruzione scientifica del patrimonio archeologico dell’antica civiltà mesopotamica segnala, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la strategia di guerra totale portata avanti dall’autoproclamato Stato Islamico. Ma a chi sono rivolte queste spaventose immagini che mostrano la distruzione di altre immagini, trasformando in icona lo stesso gesto iconoclasta? Qual è il loro pubblico designato? È sempre azzardato ricondurre la motivazione di quello che accade in territori lontani all’effetto che produce sugli spettatori in Europa o negli Stati Uniti, quando invece più spesso si tratta di motivazioni locali con effetti locali. Eppure quelle immagini sembrano prodotte a tavolino per orrificare le platee occidentali, evidentemente più sensibili alla distruzione di una statua che al massacro di migliaia di musulmani o di cristiani. Che siano o meno rivolte a noi, le immagini del museo di Ninive hanno il potere di rivelare due opposte ideologie: la prima è quella di chi milita per la conservazione del patrimonio per via del suo valore universale, e a questo fine promuove strumenti giuridici ambiziosi ma talvolta impossibili da applicare; la seconda è quella di chi individua nel cosiddetto “bene culturale” un segno legato a una specifica identità politica, e finisce talvolta per assorbire quel bene nel conflitto, mettendone a rischio l’integrità o distruggendolo deliberatamente.

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giovedì, gennaio 21, 2016


Drummer at the wrong gig
The Drummer is at the wrong Gig ...wait for it
Posted by 50 shades of Northamptonshire on Thursday, 26 November 2015

domenica, gennaio 17, 2016

Abruzzese e molisano


Partecipa anche tu alla documentazione delle lingue di Abruzzo e Molise! Vai dai tuoi nonni e chiedi loro di parlare per 10 minuti (raccontando la loro giovinezza, o la guerra), e registrali con il tuo telefonino. Poi entra nel sito, seleziona il cerchietto che corrisponde al tuo paese, e fai l’upload dell’audio o del video che hai registrato.

www.abruzzesemolisano.it

Come ti rendo cool il multiculti. Il caso M.I.A. vs Psg

Come ti rendo cool il multiculti. Il caso M.I.A. vs Psg

La cantante sdogana le magliette di calcio della squadra francese come nuova "divisa" degli immigrati non integrati. Così si trasforma in glamour un fenomeno globale percepito unanimemente come problema
di Manuel Peruzzo | 17 Gennaio 2016
M.I.A. nel video "Borders"
This world needs a brand new 'Re'dom

Per essere contemporanei occorre agire nel momento giusto. Proprio quando il mondo commemorava le vittime degli attentati di Parigi di novembre, proprio quando ci si interrogava sulla minaccia interna all’Europa, sullo smarrito senso identitario e sui valori autoctoni da opporre ai terroristi dell’Isis, M.I.A., rapper anglo-cingalese che un tempo avremmo definito hipster, pubblicava il singolo "Borders", coreografato da flotte di rifugiati che attraversano i confini.

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lunedì, gennaio 11, 2016

Unusual acknowledgments in books?

Unusual acknowledgments in books?: An example from an historian (via IHE). Other examples?


venerdì, gennaio 08, 2016

Most important Anglophone moral & political philosophers since 1945? Results and discussion

Most important Anglophone moral & political philosophers since 1945? Results and discussion: The poll, recall, was limited to philosophers who did their most important work in the post-War period and, with respect to living philosophers, those sixty or older. With over 300 votes cast in the second iteration of the poll, here...


giovedì, gennaio 07, 2016

martedì, gennaio 05, 2016

Solzhenitsyn and Distributism

Solzhenitsyn and Distributism:

At first sight, it would seem that G.K. Chesterton and Alexander Solzhenitsyn have very little in common. The one has a reputation for jollity and rambunctiousness, the other for sobriety and solemn sternness. One penned swashbuckling fantasies about lovable eccentrics, the other wrote gritty works of realism set in prison camps or cancer wards. Although both have been described as prophets, Chesterton is a laughing prophet, capering with the anarchic joie de vivre of St. Francis; Solzhenitsyn, on the other hand, is a searingly serious seer, blasting the follies of the age with the excoriating scorn of a modern-day Jeremiah. In spite of such appearances to the contrary, and as I hope to show, these two giants of twentieth century literature are, in fact, kindred spirits who share the same political philosophy and the same religious orthodoxy.

I had the great pleasure and inestimable honour of meeting Solzhenitsyn at his home near Moscow in 1998. I was astonished when he had agreed to be interviewed by me, especially as he had repeatedly spurned the advances of many better-known writers. When I had written to him requesting the interview, I mentioned that I had written a biography of Chesterton. I had not expected a reply, still less a reply granting my request, and was astonished when he invited me to Russia to interview him in person. Upon my arrival at Solzhenitsyn’s home, his wife showed me a whole shelf filled with the Ignatius Press Collected Works of G.K. Chesterton. I was pleasantly surprised and realized that the word “Chesterton” in my original letter had been the magic word that had gained me Solzhenitsyn’s trust and the rare and privileged access that was its consequence. This is one of the many reasons that I remain deeply indebted to Chesterton.

Having established Solzhenitsyn’s admiration for Chesterton, I believe you will not be surprised to discover that Solzhenitsyn shared Chesterton’s creed of Distibutism, even though Solzhenitsyn called it by other names. Take, for instance, the visionary agrarianism in Solzhenitsyn’s Letter to Soviet Leaders:

How fond our progressive publicists were, both before and after the revolution, of ridiculing those retrogrades … who called upon us to cherish and have pity on our past, even on the most god-forsaken hamlet with a couple of hovels … who called upon us to keep horses even after the advent of the motor car, not to abandon small factories for enormous plants and combines, not to discard organic manure in favor of chemical fertilizers, not to mass by the millions in cities, not to clamber on top of one another in multistory blocks.1
Condemning “the dreamers of the Enlightenment” for believing in an unsustainable “progress”, he called the “progressive” dream, “an insane, ill-considered, furious dash into a blind alley.” Against the huge conurbations, Solzhenitsyn contra posed life in the “old towns—towns made for people, horses, dogs … towns which were humane, friendly, cosy places, where the air was always clean…. An economy of non-giantism with small-scale though highly developed technology will not only allow for but will necessitate the building of new towns of the old type.”

There are clearly remarkable parallels between the ideas set forth in Solzhenitsyn’s Letter to Soviet Leaders and the ideas espoused by Chesterton and Hilaire Belloc fifty years earlier. In another essay written shortly before his expulsion from the Soviet Union in 1974, Solzhenitsyn summed up the distributist creed with succinct brilliance: “The peasant masses longed for land and if this in a certain sense means freedom and wealth, in another (and more important) sense it means obligation, in yet another (and its highest) sense it means a mystical tie with the world and a feeling of personal worth.”2

Years later, after the fall of communism that he had always prophesied, he wrote a book entitled Rebuilding Russia, in which he championed small government against the centralizing encroachments of Big Brother:

All the failings noted earlier would rarely apply to democracies of small areas, mid-sized towns, small settlements, groups or villages, or areas up to the size of a county. Only in areas of this size can voters have confidence in their choice of candidates since they will be familiar with them both in terms of their effectiveness in practical matters and in terms of their moral qualities. At this level phony reputations do not hold up, nor would a candidate be helped by empty rhetoric or party sponsorship.
Without properly constituted local self-government there can be no stable or prosperous life, and the very concept of civic freedom loses all meaning.3
During my meeting with Solzhenitsyn I commented on the way in which his ideas dovetailed with those of E.F. Schumacher, author of Small is Beautiful. He replied that he had come to the same conclusions as Schumacher at about the same time, though independently. It could be stated with equal accuracy that Solzhenitsyn’s ideas also dovetail with the Distributism of Chesterton and Belloc.



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lunedì, gennaio 04, 2016

domenica, gennaio 03, 2016

Pregare il Vangelo

Pregare il Vangelo:



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SMOM 2005 - San Giovanni Evangelista e S. Giovanni Battista
II Domenica dopo Natale


Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18) 


Preghiera


Cristo Gesù, alla poetica natalizia dell’evangelista Luca preferiamo il dispiegamento del mistero della tua incarnazione, che ci ha trasmesso Giovanni, l’apostolo da te prediletto. Mai potremmo comprendere il mistero, poiché è nell'ordine divino; ma quando venne la pienezza dei tempi ti sei incarnato e manifestato nelle capacità comprensive del nostro ordine umano. Il nostro tendere a conoscerti, a penetrare il mistero del tuo amore, è la risposta a quell'amore che Tu hai chiesto a Pietro e hai suscitato in noi. Tu, coeterno al Padre, hai creato ogni cosa, uomini e bestie, cielo e terra; ma nell'uomo hai impresso il tuo Spirito e anche quando, tentato, si è allontanato da te per ergersi a diventare a te complementare o contenderti, per il tuo Spirito impresso in lui hai voluto costituirti redentore e pontefice. Perciò sei disceso tra noi, nella nostra carne. 



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VATICANO%2B1972_San%2BGiovanni_Apocaliss
VATICANO 1972 -  Scritti di San Giovanni Evangelista

In risposta al nostro peccato, ti sei fatto Tu peccato. Alla nostra condizione di umiliati hai risposto con la tua umiliazione. O Sapienza divina non commisurabile all'umana, sei per noi luce vera che illumina ogni uomo, sapienza incarnata dispiegata nel Vangelo del Regno, che sei andato ad annunziare ad ogni uomo di villaggio in villaggio. Eredità divina da incarnare. Ma soprattutto, come ci dice Giovanni, hai dato a noi di diventare figli di Dio, pur essendo carne; ma per tuo dono consacrati nello Spirito Santo, che è Signore e ci dà la nuova vita. Con Giovanni affermiamo che, a differenza dell’antico popolo di Israele, noi in te abbiamo visto Dio e abbiamo, con viva fede, affermato che Tu sei il Figlio di Dio incarnato. Il mistero della tua presenza tra noi ha elevato la nostra condizione umana.

La preghiera è tratta dal libro: 
Pregare il Vangelo di P. Anastasio Francesco Filieri O Carm




Prologo del Vangelo di San Giovanni
clicca sull'immagine 
Il prologo del Vangelo di San Giovanni

(collezione tematica di Fabrizio Fabrini)

Ho il piacere di pubblicare una collezione tematica sul "Prologo del Vangelo di San Giovanni" di un grande filatelico e fine studioso di Filatelia Religiosa. I temi che lui tratta sono sempre ben accompagnati da una ricerca di materiale filatelico di altissimo livello. Un grande ringraziamento a Fabrizio Fabrini




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Lectio Divina
Domenica, 3 Gennaio, 2016
Un ritratto diverso di Gesù
Le parole di un Cantico della comunità





1. Orazione iniziale




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Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’ hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura




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a) Chiave di lettura - Il contesto letterario

Questa Domenica meditiamo sul Prologo solenne del vangelo di Giovanni. Il Prologo è il portone di entrata. È la prima cosa che viene scritta. È come un riassunto finale, posto all'inizio. Sotto forma di una poesia profonda, misteriosa e molto solenne, Giovanni offre un riassunto di tutto quello che dirà su Gesù nei ventuno capitoli del suo vangelo. Probabilmente questa poesia era di un cantico della comunità, utilizzata e adattata poi da Giovanni. Il cantico comunicava l'esperienza che le comunità avevano di Gesù, parola di Dio. Anche oggi, abbiamo molti canti e poesie che cercano di tradurre e comunicare chi è Gesù per noi. Rivelano l'esperienza che le nostre comunità hanno di Gesù. Una poesia è come uno specchio. Aiuta a scoprire le cose che ci sono dentro di noi. Ogni volta che ascoltiamo o ripetiamo con attenzione una poesia, scopriamo cose nuove, sia nella poesia stessa, come pure dentro di noi.



Nel corso della lettura del Prologo del vangelo di Giovanni è bene attivare la propria memoria e cercare di ricordare qualche cantico o poesia su Gesù, del tempo della nostra infanzia, che ha marcato la nostra vita.



b) Una divisione del testo per aiutarne la lettura



Gv 1,1-5: La Parola di Dio è luce per tutti gli esseri umani

Gv 1,6-8: Giovanni Battista non era la Luce

Gv 1,9-11: I suoi non l’hanno accolto

Gv 1,12-13: Coloro che la ricevono diventano figli di Dio

Gv 1,14: La Parola si fece carne

Gv 1,15-17: Mosè dette la Legge, Gesù dà la Grazia e la Verità

Gv 1,18: È come la pioggia che lava



c) Il testo: Giovanni 1,1-18




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In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

3. Momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande

per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
a) Quale frase del Prologo ti ha colpito di più? Perché?
b) Quali sono le immagini usate da Giovanni in questa poesia per dire chi era Gesù per la comunità?
c) Quale è la cosa nuova che la poesia di Giovanni fa scoprire in me?
d) La poesia di Giovanni dice: "La Parola venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto!" (Gv 1,11) Cosa significa questa frase? Come succede questo oggi?
e) Quali sono i fatti o le persone dell'Antico Testamento che vengono evocati nel Prologo?

5. Per coloro che vogliono approfondire il testo

a) Contesto

Sul Prologo del vangelo di Giovanni sono stati scritti molti libri. Ed ogni anno se ne pubblicano di nuovi. Ma non esauriscono il contenuto del tema. Questo perché il Prologo è come una sorgente. Quanta più acqua si estrae dalla sorgente, tanta più acqua darà. Chi mette la testa al di sopra della fonte stessa e guarda dentro, vede il suo volto rispecchiato nell'acqua della sorgente. Descrivendo il volto che si vede, si descrivono due cose: si commenta l'acqua della fonte, il Prologo, e si dice ciò che si è scoperto all'interno della persona stessa.

Il Prologo aiuta a capire perché il Quarto vangelo è così diverso dagli altri vangeli. Nel Prologo, Giovanni ci presenta la visione che ha di Gesù, Parola di Dio e descrive il percorso della Parola. Essa stava accanto a Dio fin dall'inizio della creazione e per mezzo di essa tutto fu creato. Tutto quanto esiste è un'espressione della Parola di Dio. Pur essendo presente in tutto, il Verbo ha voluto mettersi ancora di più accanto a noi e per questo si è fatto carne in Gesù, è vissuto in mezzo a noi, ha svolto la sua missione ed è ritornato al Padre. Gesù è la Parola viva di Dio. In tutto ciò che dice e fa si rivela il Padre: "Chi vede me vede il Padre!” (Gv 14,9). Lui e il Padre, “siamo una cosa sola” (Gv 10,30).

b) Commento del testo

Gv 1,1-5: La Parola di Dio è luce per ogni essere umano.

Dicendo "Al principio era il Verbo", Giovanni ci fa pensare alla prima frase della Bibbia che dice: "Al principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen 1,1). Dio creò mediante la sua Parola. "Lui parlò e le cose cominciarono ad esistere" (Sal 33,9; 148,5). Tutte le creature sono un'espressione della Parola di Dio. Qui, fin dall'inizio, abbiamo il primo segnale dell'apertura ecumenica ed ecologica del Quarto vangelo.

Il Prologo dice che la presenza universale della Parola di Dio è vita e luce per ogni essere umano. Ma la maggioranza delle persone non percepiscono la Buona Novella della presenza luminosa della Parola di Dio nella loro vita. La Parola viva di Dio, presente in tutte le cose, brilla nelle tenebre, ma le tenebre non la compresero.

Gv 1,6-8: Giovanni Battista non era la Luce.

Giovanni Battista venne per aiutare la gente a scoprire questa presenza luminosa e consolatrice della Parola di Dio nella vita. La testimonianza di Giovanni Battista fu così importante che fino alla fine del primo secolo, epoca in cui fu scritto il Quarto vangelo, c'erano ancora persone che pensavano che lui, Giovanni, fosse il Messia! (At 19,3; Gv 1,20) Per questo, il Prologo chiarisce dicendo: "Giovanni non era la luce! Venne per rendere testimonianza alla luce!"

Gv 1,9-11: I suoi non l’hanno accolto.

Così come la Parola di Dio si manifesta nella natura, nella creazione, così pure si manifesta nel "mondo", cioè nella storia dell'umanità, ed in particolare, nella storia del popolo di Dio. Quando parla di mondo, Giovanni vuole indicare un sistema, sia dell'impero come pure della religione dell'epoca, sistemi chiusi in se stessi e quindi incapaci di riconoscere e di ricevere la presenza luminosa della Parola di Dio. Il "mondo" né riconobbe, né accolse la Parola. Fin dai tempi di Abramo e di Mosè, la Parola "venne per i suoi, ma i suoi non la riconobbero".

Gv 1,12-13: Coloro che la ricevono diventano figli di Dio.

Ma le persone che si aprirono accettando la Parola, divennero figli di Dio. La persona diventa figlio o figlia di Dio non per proprio merito, ma per il semplice fatto di avere fiducia e credere che Dio, nella sua bontà, ci accetta e ci accoglie. La Parola entra nella persona e fa che questa si senta accolta da Dio come figlia, come figlio. È il potere della grazia di Dio.

Gv 1,14: La Parola si fece carne.

Dio non vuole stare lontano da noi. Per questo la sua Parola giunse vicino a noi e si fece presente in mezzo a noi nella persona di Gesù. Il Prologo dice letteralmente: "La Parola si fece carne e mise la sua tenda tra di noi!" Anticamente, nel tempo dell'esodo, Dio viveva in una tenda non in mezzo al popolo. Ora la tenda dove Dio dimora con noi è Gesù "pieno di grazia e di verità!" Gesù venne a rivelare chi è questo Dio che è presente in tutto, fin dall'inizio della creazione.

Gv 1,15-17: Mosè dette la Legge, Gesù è venuto a portarci la Grazia e la Verità.

Questi versi ci rendono testimonianza di Giovanni Battista. Giovanni iniziò il suo annuncio prima di Gesù, ma Gesù esisteva prima di lui. Gesù è la Parola che già stava con Dio fin da prima della creazione. Mosè, dandoci la Legge, ci manifestò la volontà di Dio. Gesù ci dà la pienezza della grazia e della verità che ci aiutano a capire e ad osservare la Legge.

Gv 1,18: È come la pioggia che lava.

Questo ultimo verso riassume tutto. Evoca la profezia di Isaia, secondo cui la Parola di Dio è come la pioggia che viene dal cielo e non ritorna ad esso senza aver svolto la sua missione qui sulla terra (Is 55,10-11). Così è il cammino della Parola di Dio. Viene da Dio e discende tra di noi nella persona di Gesù. Mediante l'obbedienza di Gesù, realizza la sua missione qui sulla terra. Nell'ora della sua morte, Gesù consegna lo spirito e ritorna al Padre (Gv 19,30). Comprese la missione che aveva ricevuto.

c) Approfondimento

Le radici del Prologo del vangelo di Giovanni

La radice della Sapienza Divina.

Il vangelo di Giovanni è un testo poetico e simbolico. È difficile dire da dove l'autore estrae le idee e le immagini così belle per costruire questa poesia. Ma una cosa è certa, nella sua testa c'era la preoccupazione di mostrare che in Gesù si realizzano le profezie dell'Antico Testamento. Per questo, parlando di Gesù, evoca punti centrali dell'Antico Testamento. Nel Prologo, troviamo molta somiglianza con i poemi dell'Antico Testamento che presentano la Sapienza Divina sotto forma di una persona (Pr 9,1-6), che già esisteva prima di tutte le cose. Partecipò alla creazione del mondo come artista e artefice dell'universo, saltando sulla superficie della terra e deliziandosi con l'umanità (Pr 8,22-31). Desiderosa di rapporti amichevoli, invita le persone a provare la dolcezza del suo miele e dei suoi frutti (Sir 24,18-20). Per le strade, nelle piazze e negli incroci annuncia la sua parola e chiede di seguire i suoi consigli (Pr 1,18-20). La Sapienza è luce e vita: “Sebbene unica, essa può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova. Essa in realtà è più bella del sole e supera ogni costellazione di astri” (Sap 7,26-29; cfr. 1Gv 1,5). Certamente le comunità di Giovanni conoscevano questi passaggi e Giovanni si ispirò ad essi per comporre il poema che introduce il suo vangelo.

La radice apocalittica.

C'è un altro punto di vista che ebbe il suo influsso nel Prologo del quarto vangelo. Nell'Antico Testamento c'era una credenza popolare, chiamata Apocalittica, secondo cui insieme a Dio nel cielo c'erano due personaggi per aiutarlo a governare il mondo e a giudicare l'umanità: un accusatore (Gv 1,6) e un difensore o redentore (Gv 19,25). L'Accusatore manteneva Dio informato sulle nostre malefatte. Il Difensore o Avvocato assumeva la nostra difesa davanti al Giudice. L'Accusatore in ebraico è Satana. Il Difensore è Go´êl. I primi cristiani dicevano: Gesù è il nostro Difensore o Salvatore accanto a Dio (Lc 2,11). Per difenderci scese dal cielo e, stando qui sulla terra, assunse i nostri dolori, venne a vivere come noi e si fece nostro servo. Caricò su di lui le accuse che l'accusatore faceva contro di noi e le eliminò, inchiodandole alla croce" (Col 2,13-15). Così l'Accusatore (satana) perse la sua funzione e fu gettato fuori dal cielo (Ap 12,7-9). Gesù venne a liberarci! Mediante la sua morte e risurrezione, lui si rese nostro Difensore (Goêl). Risorto, ritornò al Padre aprendo il cammino per tutti noi. Lui è il cammino, la verità e la vita che ci riporta alla casa del Padre. Questo è il riassunto del Prologo che è anche il riassunto di tutto il vangelo di Giovanni.

6. Orazione - Salmo 19 (18)

La Parola di Dio è verità!
I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l'altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.
Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
più preziosi dell'oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.
Anche il tuo servo in essi è istruito,
per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo.
Anche dall'orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro dal grande peccato.
Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia rupe e mio redentore.

7. Orazione finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa’ che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa’ che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina tratta dal sito ufficiale dell'Ordine dei Carmelitani: http://ocarm.org/it/lectio-divina


sabato, gennaio 02, 2016

venerdì, gennaio 01, 2016

Laughter and Humility (GK-CHESTERTON.ORG): "Pride...is the falsification of fact by the introduction of self"

The greatest of Christian doctors were the first to admit that most of the Christian virtues had really been heathen virtues. [...] It is unjust to say that no heathens were ever merciful; it is absurd to say that no heathens were ever just [...] Upon one point and one point only, was there really a moral revolution that broke the back of human history. And that was upon the point of Humility. There was this definite thing about the best Pagan; that in him dignity did mean pride. It was a change that stood alone; and was worthy to stand alone. For it was the greatest psychological discovery that man has made, since man has sought to know himself.

It was the stupendous truth that man does not know anything, until he can not only know himself but ignore himself. He must subtract himself from the study of any solid and objective thing [...]But Pride which is the falsification of fact, by the introduction of self, is the enduring blunder of mankind. Christianity would be justified if it had done nothing but begin by detecting that blunder.

- Chesterton, The End of the Armistice (collection of essays published posthumously in 1940)


Laughter and Humility (GK-CHESTERTON.ORG): "Pride...is the falsification of fact by the introduction of self"