lunedì, gennaio 30, 2012
Creating Capabilites
Su Metapsychology Online Review la mia recensione di Creating Capabilities di Martha Nussbaum.
giovedì, gennaio 19, 2012
sabato, gennaio 14, 2012
martedì, gennaio 10, 2012
Sermarini risponde a Melloni
Il nostro presidente Marco Sermarini, dopo aver letto l'articolo del professor Alberto Melloni apparso sul Corriere della Sera del 27 Dicembre 2011 dal titolo "Che superstizione il divorzio, la provocazione anti-laica di Chesterton", ha scritto la lettera che segue al professor Melloni indirizzandola alla redazione del quotidiano:
In merito al Suo articolo del 27 Dicembre 2011 apparso su Il Corriere della Sera
Egregio professor Alberto Melloni,
prendo in mano carta e penna per amore di Verità, in quanto ritengo che il Suo articolo apparso su Il Corriere della Sera lo scorso 27 Dicembre 2011 e riguardante il volume La Superstizione del Divorzio di Gilbert Keith Chesterton, ma più ampiamente il pensiero e l'opera di questo grande scrittore, contenga degli errori e soprattutto l'intento chiaro di screditarlo agli occhi dei lettori.
Sono il presidente della Società Chestertoniana Italiana e ritengo mio dovere difendere il pensiero e la memoria di colui che riteniamo uno dei massimi pensatori del XX secolo, checché Lei ne dica (mi spiace me l'abbia messo a fianco di Romano Guardini, del quale penso la stessa cosa) e soprattutto sventare, per quel che mi è possibile, un'operazione di discredito. Su quest'ultima mi profonderò più avanti. Ora debbo farLe notare alcune cose:
- Lei prende le mosse da una raccolta di saggi recentemente uscita per i tipi della San Paolo e ben tradotta da Pietro Federico e Tommaso Maria Minardi: anzitutto non condivido quanto lei dice a proposito dell'edizione: "senza una riga che spieghi il contesto politico-ideologico concreto, con un'introduzione che parafrasa il testo e una postfazione che non data nulla". Se lo scopo è screditare, ho capito che è bene screditare anche l'edizione, a scanso di equivoci. Le sue preoccupazioni di carattere storico avrebbero un fondamento se il testo di per sé non fosse così chiaro ed interessante da brillare anche adesso per attualità e validità dottrinale. Se l'estensore di prefazione e postfazione si profonde in citazioni, vedo d'altro canto che Lei non lo fa minimamente, il che mi lascia pensoso. E nonostante ciò, trova modo di dare a Chesterton del fascista e di considerare il testo un'accozzaglia di idee antimoderne, il che, nella temperie attuale, fa molto discredito. Il che continua a farmi pensare.
- E' nella migliore delle ipotesi un'imprecisione dire che si tratta di articoli raccolti dopo essere apparsi sulThe New Witness: basta leggere la Nota Introduttiva al testo redatta da Chesterton stesso e leggibile a pagina 9 per comprendere che si tratta solo per la prima parte di articoli apparsi sul settimanale del fratello Cecil e di Hilaire Belloc ma che comprende altri scritti occasionati dalla riunione in volume degli scritti sulla polemica sul divorzio (una delle tante in cui si impegnò GKC e per cui divenne famosissimo e molto amato anche all'estero, anche in quell'America sempre criticata nei suoi scritti). Doveva essere un pamphlet ma divenne una sorta di piccolo classico.
- E' storicamente falso che The New Witness e gli altri periodici su cui scrisse Chesterton fossero"ammaliati dalla destra europea e mussoliana". Anzitutto The New Witness smise di essere pubblicato quando Mussolini era all'inizio della sua parabola politica. Chesterton ha parole di interesse per Mussolini in un unico testo, La resurrezione di Roma, in cui descrive il suo incontro personale con il duce come pure con Papa Pio XI (ovviamente con toni molto differenti, di curiosa iniziale stima per Mussolini, cosa all'epoca riferibile a molti, di deciso entusiasmo e commozione circa l'incontro con il Papa, che si professò suo lettore: a proposito, la invito a leggere questo testo molto bello e per nulla fascista senza paura di contaminarsi); parliamo della Roma a cavallo del Novembre 1929 e le prime settimane del 1930.
- Chesterton scrisse su tantissimi periodici, dei quali nessuno può essere ricondotto nemmeno per errore alla destra europea e a quella mussoliniana. Consideri che The Speaker, il Daily News (giornale di tendenze laburiste radicali), l'Illustrated London News (collaborazione quest'ultima durata dal 1905 sino alla morte) non possono assolutamente essere annoverati così come lei vorrebbe, neanche con la migliore volontà.
- Che Chesterton eviti di toccare la Chiesa d'Inghilterra è ovvio, perché non era il suo obiettivo polemico; la sua polemica non tocca minimamente il cosiddetto piano religioso o confessionale bensì quello puramente razionale: Chesterton vuole dimostrare che la posizione favorevole al divorzio ha basi solo nella superstizione, ossia nel contrario del corretto uso della ragione. Altrove e per altri motivi GKC non lesina critiche alla Chiesa d'Inghilterra (provi a leggere La Chiesa Cattolica - Dove tutte le verità si danno appuntamento, edito dalla Lindau con una mia breve prefazione), quella chiesa nella quale nacque, che abbandonò seguendo i genitori nella cosiddetta Chiesa Unitariana, cui si unì nuovamente grazie a sua moglie Frances e all'amicizia di alcuni ecclesiastici anglicani quali Conrad Noel (detto "The Red Vicar" per le sue idee apertamente socialiste, antiimperialiste e filoirlandesi: che strano "fascista", questo Chesterton, no, professore?), Percy Dearmer (altro socialista, liturgista anglicano: sempre più inusuali, per lei, queste amicizie fraterne che durarono per tutta la vita; eppure Chesterton per lei sarebbe fascista. Come facevano questi due socialisti, il primo dei quali fondatore del British Socialist Party, ad andarci a pranzo senza contaminarsi?).
- La polemica sul divorzio fu nel 1918 e i saggi furono raccolti solo nel 1920. Chesterton non era ancora cattolico, quindi ogni possibile polemica con la Chiesa anglicana non aveva ragion d'essere.
- Chesterton non fu mai antisemita. Aveva tra i suoi migliori amici numerosi ebrei, uno dei quali, Lawrence Solomon, decise di trasferirsi con la famiglia a Beaconsfield assieme all'antisemita Chesterton. Un bell'esempio di sindrome di Stoccolma, no, professore? Maurice Baring, convertitosi prima di lui al cattolicesimo grazie anche ai suoi scritti, non lo abbandonò mai per tutta la vita. Sin dalla più tenera età si circondò di amici ebrei, che difese anche fisicamente da attacchi di antisemitismo. La leggenda del suo antisemitismo è un altro mezzuccio messo in giro dopo la sua morte per "farlo fuori" in Inghilterra dove era troppo amato e popolare. Se non crede sufficiente ciò che le ho elencato, Le consiglio la lettura di Maisie Ward, Gilbert Keith Chesterton, Sheed and Ward, Londra 1944, pagine 191 e seguenti, oppure se ha modo anche William Oddie, Chesterton and the romance of orthodoxy, Oxford Press, 2009, pagine 79 e 80, che contiene testimonianze di prima mano oltre che le risultanze dei diari e dei taccuini di GKC presenti presso la British Library, e il volumetto collettaneo curato dallo stesso Oddie (che è il mio omologo inglese ed è editorialista di punta del Catholic Herald, oltre che suo precedente direttore) The "Holiness" of G. K. Chesterton che contiene un intero capitolo sull'argomento, documentatissimo. Gli ultimi a sostenere l'antisemitismo di Chesterton siete A. N. Wilson e lei, privi di evidenze. Tenete duro come ultimi samurai.
- Shaw non ridicolizzò mai Chesterton, con il quale ebbe un'amicizia lunga una vita pur pensandola in maniera diametralmente opposta. Polemizzarono e concionarono in pubblici dibattiti per partecipare ai quali la gente pagava il biglietto ed al termine dei quali veniva proclamato il vincitore, che quasi sempre era il popolarissimo Chesterton. Il fabiano Shaw non credeva nella filosofia politica di Chesterton e Belloc, il distributismo, che -questa sì- ridicolizzava capitalismo e socialismo e per la quale Chesterton creò il suo ultimo settimanale, il G. K.'s Weekly, nel 1926. Il distributismo trova la sua radice nella Rerum Novarum, sta ritornando -in questo momento di crisi del capitalismo- sulle bocche dei più lucidi ed avveduti. Alcuni tratti si ritrovano anche nei discorsi di Papa Benedetto XVI. GBS amò con sincera amicizia GKC, questa è la verità storica.
- Mi perdoni la pedanteria, sono certo che si tratti di un refuso, ma Shaw parlava, a proposito di GKC e Hilaire Belloc, del Chesterbelloc e non dei Chesterbelloc. Voleva sottolineare l'unità di idee e di intenti dei due scrittori, e Chesterton ci rise talmente che ne fece anche occasione per un'autocaricatura. Togliatti lo lasci riposare in pace, è meglio per tutti.
- Che Chesterton abbia polemizzato con Dickens mi risulta inesistente oltre che impossibile. Il mondo e le idee di Chesterton erano un po' anche il mondo e le idee di Dickens. Chesterton sin dalle prime esperienze di scrittore si dovette cimentare come critico con le opere di Dickens, tanto che il frutto di questo cimento finì in due volumi. Egli criticò Dickens amandolo profondamente. Poi polemizzare con un morto...
- Se Chesterton era un gigante, Guardini cos'è? Un gigante anche lui, ma il paragone secondo me non c'entra nulla. Che Chesterton fosse un gigante del pensiero lo considerano tutti quelli che non sono ammorbati dall'ideologia o dalla necessità di dimostrare una tesi (il che è praticamente la stessa cosa). Fra tutti basti citare lo studioso di San Tommaso d'Aquino Etienne Gilson: "Chesterton fu uno dei più profondi pensatori che sia mai esistito. Fu profondo perché aveva ragione". Gilson definì la biografia del Bue Muto di Chesterton la migliore mai scritta e la definì degna di un genio. Ecco servita la "modestissima profondità dottrinale" di Chesterton, professore... Detto da un Gilson, poi, mi perdoni, ma non so a chi credere.
- Comprendo che Chesterton in questo libro e nella sua lunga carriera abbia sempre attaccato i suoi idoli, professore, senza i quali Lei si sente forse smarrito, abituato com'è a distinguerci tra progressisti e conservatori, o meglio fascisti, mentre forse non si capacita che esista un Chesterton così, vero uomo vivo, cattolico a tutto tondo. Ma tant'è. Lei lo considera un antimoderno con un certo astio, mentre il moderno Chesterton ha la sola colpa di non essere modernista.
- Secondo me non si è avveduto che di Chesterton lei critica proprio la modernità, ossia il criticare il divorzio non per motivi religiosi bensì per motivi puramente razionali. Con ciò lei viola il principio di non contraddizione, e forse non gliene importerà nulla. Per me conta.
- Che la San Paolo pubblichi un testo clericofascista mi risulta impossibile... Una risatina tipo quella evocata da Luca Negri su L'Occidentale forse ci starebbe bene.
- Comunque diceva saggiamente un mio giovane amico chestertoniano: il suo pare un prevedibile attacco tipico da Fase 2: GKC ha osato tornare alla luce, occorre quindi metterlo in cattiva luce. Il destrofilo, l'antisemita. Bella penna dall'anima nera. Man mano che il Nostro tornerà sulle labbra e nel cuore dei lettori (cosa che già è), fioriranno critiche simili pur d'impedirne la lettura. D'altronde sono quelli come lei che l'affossarono pian piano nel secondo dopoguerra in Italia: non essendo di destra o di sinistra, non essendo soprattutto organi o al cosiddetto cattolicesimo democratico che ha egemonizzato per decenni il panorama del pensiero cattolico, fu archiviato silenziosamente. Si figuri che i primi due testi di carattere distributista (Il profilo ella ragionevolezza e Cosa c'è di sbagliato nel mondo), pur essendo centrali nel suo pensiero, hanno visto la luce in Italia solo nel 2011.
Non la pensano come lei uomini del calibro di Emilio Cecchi, Italo Calvino (che disse di aver voluto essere il Chesterton comunista), Antonio Gramsci, Jorge Luis Borges, Clive Staples Lewis, John Ronald Reuel Tolkien (o gira ancora anche per lui la storia che fosse fascista?), Bruno Bettelheim, Marshall McLuhan (che gli deve come molti altri la conversione al cattolicesimo), Sergei Averincev, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Leonardo Sciascia, sir Alec Guinness (anche lui grato per la conversione), Hanna Arendt, Neil Gaiman, Natal'ja Trauberg (che lo definì "il contravveleno" contro il nichilismo comunista), Gilberto De Mello Freyre, Orson Welles, Ernst Hemingway, Papa Luciani, Papa Montini, Papa Ratti, Papa Ratinger (ce ne sarà almeno uno che le va a genio?), Franz Kafka, Mircea Eliade e Roberto Benigni.
Basterebbe dire ciò che di lui disse una vicina di casa, una donnina del popolo che non frequentava facoltà teologiche: "era una specie di santo, no? - solo a guardarlo quando gli stendevi il cappello ti faceva sentire grandioso". Hilaire Belloc invece disse: «Non solo capiva le qualità dei suoi oppositori, ma anche le ammirava. Per questo è stato universalmente amato».
Le auguro di amare nello stesso modo il nostro caro Chesterton. E di leggerlo.
avv. Marco Sermarini
presidente della Società Chestertoniana Italiana
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