Dalle Lettere dal Carcere di Antonio Gramsci
6 ottobre 1930
Carissima Tania,
sono stato contento della venuta di Carlo. Egli mi ha detto che ti sei rimessa abbastanza, ma vorrei avere piú precise notizie sulle tue condizioni di salute. Ti ringrazio per tutto ciò che mi hai mandato. Non mi sono stati ancora consegnati i due libri: la «Bibliografia fascista» e le novelline di Chesterton che leggerò volentieri per due ragioni. Primo perché immagino che siano interessanti almeno quanto la prima serie e secondo perché cercherò di ricostruire l'impressione che dovettero fare su di te. Ti confesso che questo sarà il mio diletto maggiore. Ricordo esattamente il tuo stato d'animo nel leggere la prima serie: tu avevi una felice disposizione a ricevere le impressioni piú immediate e meno complicate dai sedimenti culturali. Non eri neanche riuscita ad accorgerti che il Chesterton ha scritto una delicatissima caricatura delle novelle poliziesche piú che delle novelle poliziesche propriamente dette. Il padre Brown è un cattolico che prende in giro il modo di pensare meccanico dei protestanti e il libro è fondamentalmente un'apologia della Chiesa Romana contro la Chiesa Anglicana. Sherlock Holmes è il poliziotto «protestante» che trova il bandolo di una matassa criminale partendo dall'esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull'induzione. Padre Brown è il prete cattolico, che attraverso le raffinate esperienze psicologiche date dalla confessione e dal lavorio di casistica morale dei padri, pur senza trascurare la scienza e l'esperienza, ma basandosi specialmente sulla deduzione e sull'introspezione, batte Sherlock Holmes in pieno, lo fa apparire un ragazzetto pretenzioso, ne mostra l'angustia e la meschinità. D'altra parte Chesterton è grande artista, mentre Conan Doyle era un mediocre scrittore, anche se fatto baronetto per meriti letterari; perciò in Chesterton c'è un distacco stilistico tra il contenuto, l'intrigo poliziesco e la forma, quindi una sottile ironia verso la materia trattata che rende piú gustosi i racconti. Ti pare? Ricordo che tu leggevi queste novelle come se fossero state cronache di fatti veri e ti immedesimavi fino ad esprimere una schietta ammirazione per padre Brown e per il suo acume maraviglioso, in modo cosí ingenuo che mi divertiva straordinariamente. Non devi però offenderti, perché in questo divertimento c'era una punta di invidia per questa tua capacità di fresco e schietto impressionismo, per cosí dire. A dirti la verità, non ho molta voglia di scrivere: ho il cervello svaporato.
Ti abbraccio affettuosamente.
Antonio
mercoledì, aprile 29, 2009
lunedì, aprile 27, 2009
sabato, aprile 25, 2009
venerdì, aprile 24, 2009
Stanley L. Jaki e la Duhem Society
Il 7 aprile è morto all’età di 84 anni Stanley L. Jaki, monaco benedettino, fisico e filosofo, autore di oltre 50 volumi e centinaia di articoli, dedicati in particolare alla storia della scienza, a John Henry Newman e a Chesterton.
Su Il Sussidiario trovate un suo profilo in italiano mentre su Real Physics un bel po’ di necrologi e articoli di commento.
Per onorarne la memoria, il giorno della morte il dr. Thursday, anch'egli scienziato e chestertoniano, ha pensato bene di fondare la Duhem Society, ispirandosi a quanto Jaki scriveva nella sua biografia intellettuale:
"Purtroppo le incertezze sono divenute quasi una regola tra gli intellettuali cattolici. Non mi sorprende che un mio appello sia caduto nel vuoto, anche se fatto nel contesto di una lezione pubblica alla University of Notre Dame. Lì, quando avevo appena iniziato a scrivere Uneasy Genius ed ero appena tornato dai miei viaggi di ricerca in Francia, proposi la formazione di una Duhem Society di storici e filosofi della scienza. Fisici cattolici pronti a considerare seriamente la filosofia e la storia sarebbero stati benvenuti, ovviamente. Non c'è bisogno di aggiungere che anche i non cattolici sarebbero stati benvenuti, se il loro interesse per Duhem fosse stato sincero. Quanti sono convinti che Duhem fosse stato un positivista non sarebbero stati considerati. Sarebbero ammessi all'Accademia dei Lincei i sostenitori della terra piatta o i promotori del flogisto al club di Lavoisier?
Una Duhem Society, se centrata sullo studio di quanto Duhem ha scritto e non su quanto si potrebbe pensare egli abbia scritto, potrebbe essere uno strumento potente per disseminare solide informazioni su di lui. Gli atti di tale associazione potrebbero essere di grande aiuto nell'attirare attenzione verso il suo impegno per la Verità scritta a grandi lettere. Sicuramente nessuno, ed in particolare un intellettuale cattolico, dovrebbe avere come proprio obiettivo principale il guadagnare l'applauso degli accademici secolari. Questi ultimi sono interessati nei cattolici nei quali possono trovare dei reali o potenziali traditori della Verità.
Se i cattolici solo sospettassero il valore delle richezze perenni che barattano per fotocopie volanti. Intendo dire, ricchezze intellettuali, validissime anche per la scienza."
[S. L. Jaki, A Mind's Matter 85-6, traduzione mia]
La Duhem Society ha come scopo lo studio delle opere di Pierre Duhem e di Stanley L. Jaki. Per ora è attivo un blog organizzativo, peraltro molto chestertoniano; seguiranno una rivista, convegni, traduzioni e pubblicazioni.
Mi pare un ottimo modo per celebrare Jaki ed il suo lavoro intellettuale.
Su Il Sussidiario trovate un suo profilo in italiano mentre su Real Physics un bel po’ di necrologi e articoli di commento.
Per onorarne la memoria, il giorno della morte il dr. Thursday, anch'egli scienziato e chestertoniano, ha pensato bene di fondare la Duhem Society, ispirandosi a quanto Jaki scriveva nella sua biografia intellettuale:
"Purtroppo le incertezze sono divenute quasi una regola tra gli intellettuali cattolici. Non mi sorprende che un mio appello sia caduto nel vuoto, anche se fatto nel contesto di una lezione pubblica alla University of Notre Dame. Lì, quando avevo appena iniziato a scrivere Uneasy Genius ed ero appena tornato dai miei viaggi di ricerca in Francia, proposi la formazione di una Duhem Society di storici e filosofi della scienza. Fisici cattolici pronti a considerare seriamente la filosofia e la storia sarebbero stati benvenuti, ovviamente. Non c'è bisogno di aggiungere che anche i non cattolici sarebbero stati benvenuti, se il loro interesse per Duhem fosse stato sincero. Quanti sono convinti che Duhem fosse stato un positivista non sarebbero stati considerati. Sarebbero ammessi all'Accademia dei Lincei i sostenitori della terra piatta o i promotori del flogisto al club di Lavoisier?
Una Duhem Society, se centrata sullo studio di quanto Duhem ha scritto e non su quanto si potrebbe pensare egli abbia scritto, potrebbe essere uno strumento potente per disseminare solide informazioni su di lui. Gli atti di tale associazione potrebbero essere di grande aiuto nell'attirare attenzione verso il suo impegno per la Verità scritta a grandi lettere. Sicuramente nessuno, ed in particolare un intellettuale cattolico, dovrebbe avere come proprio obiettivo principale il guadagnare l'applauso degli accademici secolari. Questi ultimi sono interessati nei cattolici nei quali possono trovare dei reali o potenziali traditori della Verità.
Se i cattolici solo sospettassero il valore delle richezze perenni che barattano per fotocopie volanti. Intendo dire, ricchezze intellettuali, validissime anche per la scienza."
[S. L. Jaki, A Mind's Matter 85-6, traduzione mia]
La Duhem Society ha come scopo lo studio delle opere di Pierre Duhem e di Stanley L. Jaki. Per ora è attivo un blog organizzativo, peraltro molto chestertoniano; seguiranno una rivista, convegni, traduzioni e pubblicazioni.
Mi pare un ottimo modo per celebrare Jaki ed il suo lavoro intellettuale.
giovedì, aprile 23, 2009
WORKSHOP DI TRADUTTOLOGIA GIURIDICA
WORKSHOP DI TRADUTTOLOGIA GIURIDICA
Giovedì, 30 aprile 2009, ore 18:00
Aula IV – Facoltà di Economia Università La Sapienza, Roma
“Traduzione e giustizia”
Introduzione - Michele Faioli
Relazione - Angelo Bottone
Conclusioni - Pasquale Sandulli e Vanda Perretta
Giovedì, 30 aprile 2009, ore 18:00
Aula IV – Facoltà di Economia Università La Sapienza, Roma
“Traduzione e giustizia”
Introduzione - Michele Faioli
Relazione - Angelo Bottone
Conclusioni - Pasquale Sandulli e Vanda Perretta
lunedì, aprile 20, 2009
domenica, aprile 19, 2009
Susan Boyle
Avete visto Susan Boyle?
The audience snickered and the judges of "Britain's Got Talent" either rolled their eyes or allowed their blank expressions to betray their bemused skepticism as the awkward-looking middle-aged woman told them she wanted to be as famous as the popular British actress and singer Elaine Paige.
Then Susan Boyle began to sing, and they were spellbound and shocked by the beauty of her voice and rose to their feet in applause.
But Father Basil Clark, who watched the show on television at his home in Broxburn, Scotland, was not surprised.
He has seen the situation unfold many times before, having regularly accompanied Boyle, 47, on the annual Legion of Mary pilgrimage to the Marian shrine in Knock, Ireland.
"When I watched the judges' faces it reminded me of what I was like when I first saw Susan singing -- absolutely blown away by the quality of the singing and by that fantastic voice," said Father Clark, dean of West Lothian, the district that covers Boyle's home village of Blackburn.
"Anyone who sees her for the first time behaves the same way. I have never heard her sing badly, though she might lose the words if the stress gets too much," he told Catholic News Service in an April 16 telephone interview.
Boyle first appeared before judges Simon Cowell, Piers Morgan and Amanda Holden on the ITV1 sister show of "America's Got Talent"; it was broadcast April 11.
Her fame spread on the Internet, and in just five days she had attracted more than 15 million YouTube viewings of her rendition of "I Dreamed a Dream," from the musical "Les Miserables."
Part of Boyle's attraction is that she appears to be such an unlikely candidate for stardom. She said on TV that she has "never been kissed" and has lived alone with her cat since her mother died in 2007.
According to British media, she has learning disabilities as a result of being starved of oxygen at birth. She is unemployed and, as a churchgoing Catholic, her social life revolves around her family and her parish of Our Lady of Lourdes. She also enjoys karaoke in her local pub.
More here.
The audience snickered and the judges of "Britain's Got Talent" either rolled their eyes or allowed their blank expressions to betray their bemused skepticism as the awkward-looking middle-aged woman told them she wanted to be as famous as the popular British actress and singer Elaine Paige.
Then Susan Boyle began to sing, and they were spellbound and shocked by the beauty of her voice and rose to their feet in applause.
But Father Basil Clark, who watched the show on television at his home in Broxburn, Scotland, was not surprised.
He has seen the situation unfold many times before, having regularly accompanied Boyle, 47, on the annual Legion of Mary pilgrimage to the Marian shrine in Knock, Ireland.
"When I watched the judges' faces it reminded me of what I was like when I first saw Susan singing -- absolutely blown away by the quality of the singing and by that fantastic voice," said Father Clark, dean of West Lothian, the district that covers Boyle's home village of Blackburn.
"Anyone who sees her for the first time behaves the same way. I have never heard her sing badly, though she might lose the words if the stress gets too much," he told Catholic News Service in an April 16 telephone interview.
Boyle first appeared before judges Simon Cowell, Piers Morgan and Amanda Holden on the ITV1 sister show of "America's Got Talent"; it was broadcast April 11.
Her fame spread on the Internet, and in just five days she had attracted more than 15 million YouTube viewings of her rendition of "I Dreamed a Dream," from the musical "Les Miserables."
Part of Boyle's attraction is that she appears to be such an unlikely candidate for stardom. She said on TV that she has "never been kissed" and has lived alone with her cat since her mother died in 2007.
According to British media, she has learning disabilities as a result of being starved of oxygen at birth. She is unemployed and, as a churchgoing Catholic, her social life revolves around her family and her parish of Our Lady of Lourdes. She also enjoys karaoke in her local pub.
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martedì, aprile 14, 2009
Comprate abruzzese
Maccheronica Speciale L'Aquila - comprate abruzzese
Mortadella e pestato. Due vocazioni prive di distrazioni
Goffredo Pandolfi ha preso la scossa nella sua casa dell’Aquila, zona ospedale: casa nuova come l’ospedale ma cemento migliore, perciò l’Abruzzo non ha rischiato di perdere il suo mortadellista assolutista (esistono altri produttori di mortadella di Campotosto ma soltanto lui si dedica esclusivamente al curioso salume altresì denominato, per la forma ovoidale, “coglioni di mulo”). Una vocazione priva di distrazioni impenna il valore del suo laboratorio (che grazie a Dio non ha subito danni, lassù a millequattrocento metri di altezza) dove tutto è manuale e naturale, senza macchinari, senza celle di essiccazione, senza additivi, senza conservanti. Pandolfi confeziona le mortadelline una per una (“Ogni pezzo è unico”) seguendo i dettami degli avi e in particolare della nonna a cui ha intitolato la ditta, poi le affida ai profumi del fuoco di faggio e alla tramontana che scende dai Monti della Laga.
L’iperspecializzazione può diventare un problema quando il prodotto è stagionale e la stagione coincide con un tremendo terremoto (il consumo della mortadella di Campotosto è tipicamente pasquale e pasquettistico). Questa pagina di Maccheronica serve a far sapere a cultori vecchi e nuovi che Pandolfi è vivo e lotta insieme a noi: per ricevere le sue piccole mortadelle basta contattarlo (347.1160947, 0862.900132, www.nonnaina.it) e lui imballa, spedisce, consegna.
La Rinascente di Milano è l’ottava meraviglia, non per nulla il nome gliel’ha dato D’Annunzio, e l’ultimo piano, il settimo, è il paese di Bengodi. Negli scaffali ci sono i prodotti alimentari più acquolinosi d’Italia e Resto del Mondo, valorizzati dalle confezioni più attraenti, capolavori di lettering, packaging, design. Sarebbero da collezionare se non fosse un peccato non aprirle. Si vorrebbe svuotare l’intero reparto, i biscotti di Carlo d’Inghilterra, i mieli Thun, il cioccolato De Bondt, i waferini Babbi, ma se il grande magazzino stesse per chiudere e la fretta ci consentisse di acciuffare un solo prodotto la scelta cadrebbe, senza dubbio, sul Pestato di fiori d’aglio rosso di Sulmona. E’ una crema insieme piccante e floreale, epitome dell’Abruzzo forte e gentile, affogata in magnifico olio extravergine di oliva dalla Ursini di Fossacesia.
L’abbazia di San Giovanni in Venere è a pochi metri (non chilometri, metri). Il complesso cistercense ospitò Francesco Berni poeta, nel tempo ultracattolico quindi felice in cui i protestanti non avevano costretto la Chiesa a irrigidirsi a Trento, quando si poteva essere al contempo ecclesiastici e satirici, al servizio della sede apostolica e autori di sonetti dedicati alla masturbazione e alle puttane. A proposito: l’aglio di Sulmona, patria di Ovidio autore di “Ars amatoria”, gode fama di afrodisiaco per le grosse dimensioni, l’esuberanza di oli essenziali e soprattutto la buccia porporina, come per un improvviso afflusso di sangue. Sarebbe però un terribile dispiacere lasciarsi indietro il Pestato di olive nere leccino, il Pestato di pomodori secchi della Valle del Sangro, il Pestato di carciofini di Cupello, il Pestato di zucchine e zafferano aquilano, e allora converrà arrivare in piazza Duomo in tempo, per comprare l’intera gamma con tranquillità.
di Camillo Langone
Guarda il video di Camillo Langone
Mortadella e pestato. Due vocazioni prive di distrazioni
Goffredo Pandolfi ha preso la scossa nella sua casa dell’Aquila, zona ospedale: casa nuova come l’ospedale ma cemento migliore, perciò l’Abruzzo non ha rischiato di perdere il suo mortadellista assolutista (esistono altri produttori di mortadella di Campotosto ma soltanto lui si dedica esclusivamente al curioso salume altresì denominato, per la forma ovoidale, “coglioni di mulo”). Una vocazione priva di distrazioni impenna il valore del suo laboratorio (che grazie a Dio non ha subito danni, lassù a millequattrocento metri di altezza) dove tutto è manuale e naturale, senza macchinari, senza celle di essiccazione, senza additivi, senza conservanti. Pandolfi confeziona le mortadelline una per una (“Ogni pezzo è unico”) seguendo i dettami degli avi e in particolare della nonna a cui ha intitolato la ditta, poi le affida ai profumi del fuoco di faggio e alla tramontana che scende dai Monti della Laga.
L’iperspecializzazione può diventare un problema quando il prodotto è stagionale e la stagione coincide con un tremendo terremoto (il consumo della mortadella di Campotosto è tipicamente pasquale e pasquettistico). Questa pagina di Maccheronica serve a far sapere a cultori vecchi e nuovi che Pandolfi è vivo e lotta insieme a noi: per ricevere le sue piccole mortadelle basta contattarlo (347.1160947, 0862.900132, www.nonnaina.it) e lui imballa, spedisce, consegna.
La Rinascente di Milano è l’ottava meraviglia, non per nulla il nome gliel’ha dato D’Annunzio, e l’ultimo piano, il settimo, è il paese di Bengodi. Negli scaffali ci sono i prodotti alimentari più acquolinosi d’Italia e Resto del Mondo, valorizzati dalle confezioni più attraenti, capolavori di lettering, packaging, design. Sarebbero da collezionare se non fosse un peccato non aprirle. Si vorrebbe svuotare l’intero reparto, i biscotti di Carlo d’Inghilterra, i mieli Thun, il cioccolato De Bondt, i waferini Babbi, ma se il grande magazzino stesse per chiudere e la fretta ci consentisse di acciuffare un solo prodotto la scelta cadrebbe, senza dubbio, sul Pestato di fiori d’aglio rosso di Sulmona. E’ una crema insieme piccante e floreale, epitome dell’Abruzzo forte e gentile, affogata in magnifico olio extravergine di oliva dalla Ursini di Fossacesia.
L’abbazia di San Giovanni in Venere è a pochi metri (non chilometri, metri). Il complesso cistercense ospitò Francesco Berni poeta, nel tempo ultracattolico quindi felice in cui i protestanti non avevano costretto la Chiesa a irrigidirsi a Trento, quando si poteva essere al contempo ecclesiastici e satirici, al servizio della sede apostolica e autori di sonetti dedicati alla masturbazione e alle puttane. A proposito: l’aglio di Sulmona, patria di Ovidio autore di “Ars amatoria”, gode fama di afrodisiaco per le grosse dimensioni, l’esuberanza di oli essenziali e soprattutto la buccia porporina, come per un improvviso afflusso di sangue. Sarebbe però un terribile dispiacere lasciarsi indietro il Pestato di olive nere leccino, il Pestato di pomodori secchi della Valle del Sangro, il Pestato di carciofini di Cupello, il Pestato di zucchine e zafferano aquilano, e allora converrà arrivare in piazza Duomo in tempo, per comprare l’intera gamma con tranquillità.
di Camillo Langone
Guarda il video di Camillo Langone
sabato, aprile 11, 2009
Buona Pasqua
Ho conosciuto Dusan quattro anni fa. Gli amici della Legion of Mary l'avevano incontrato durante la loro attivita' di evangelizzazione nel campus e me lo presentarono perche' rispondessi alle sue domande riguardo la fede cattolica.
Dusan, che si trova in Irlanda per un dottorato in ingegneria, e' nato in Slovacchia durante la dittatura comunista da una famiglia non praticante e non ha avuto nessuna formazione religiosa. Rimasi colpito dalla sua superficiale conoscenza, per non dire ignoranza, dei fondamenti della fede.
Non e' raro incontrare studenti curiosi del cristianesimo, di solito sono asiatici che per la prima volta vengono in occidente e vogliono conoscere le tradizioni locali. Per un semestre ho condiviso l'appartamento con una giovane vietnamita, buddista, che non aveva mai sentito parlare di Gesu'. Spiegarle misteri quali la Trinita' era un'impresa allo stesso tempo affascinante ed impossibile. Una volta, dopo aver discusso dell'Incarnazione, mi disse: "adesso capisco perche' ci sono tanti cristiani nel mondo, perche' il cristianesimo e' bello".
Con Dusan era diverso. L'idea di un cittadino europeo che non conoscesse i personaggi della Bibbia o il Padre Nostro era per me inconcepibile.
Dusan mi disse che credeva in Dio, a modo suo, ma non aveva bisogno di appartenere ad una chiesa. Quel poco che sapeva lo aveva appreso dalla cultura popolare, dal Codice da Vinci, dai film. Era insomma un neopagano europeo.
Le nostre conversazioni pero' lo provocavano e lo incuriosivano.
Pian piano ha cominciato a frequentare gli eventi organizzati dalla cappellania e le riunioni della Legion of Mary, fino ad entusiasmarsene.
Stanotte, dopo due anni di catecumenato, Dusan ricevera' il battesimo, la cresima e la prima comunione. Gli fara' da padrino Robbie, studente di medicina convertito dal luteranesimo.
Il Signore e' veramente risorto.
Buona Pasqua!
Dusan, che si trova in Irlanda per un dottorato in ingegneria, e' nato in Slovacchia durante la dittatura comunista da una famiglia non praticante e non ha avuto nessuna formazione religiosa. Rimasi colpito dalla sua superficiale conoscenza, per non dire ignoranza, dei fondamenti della fede.
Non e' raro incontrare studenti curiosi del cristianesimo, di solito sono asiatici che per la prima volta vengono in occidente e vogliono conoscere le tradizioni locali. Per un semestre ho condiviso l'appartamento con una giovane vietnamita, buddista, che non aveva mai sentito parlare di Gesu'. Spiegarle misteri quali la Trinita' era un'impresa allo stesso tempo affascinante ed impossibile. Una volta, dopo aver discusso dell'Incarnazione, mi disse: "adesso capisco perche' ci sono tanti cristiani nel mondo, perche' il cristianesimo e' bello".
Con Dusan era diverso. L'idea di un cittadino europeo che non conoscesse i personaggi della Bibbia o il Padre Nostro era per me inconcepibile.
Dusan mi disse che credeva in Dio, a modo suo, ma non aveva bisogno di appartenere ad una chiesa. Quel poco che sapeva lo aveva appreso dalla cultura popolare, dal Codice da Vinci, dai film. Era insomma un neopagano europeo.
Le nostre conversazioni pero' lo provocavano e lo incuriosivano.
Pian piano ha cominciato a frequentare gli eventi organizzati dalla cappellania e le riunioni della Legion of Mary, fino ad entusiasmarsene.
Stanotte, dopo due anni di catecumenato, Dusan ricevera' il battesimo, la cresima e la prima comunione. Gli fara' da padrino Robbie, studente di medicina convertito dal luteranesimo.
Il Signore e' veramente risorto.
Buona Pasqua!
venerdì, aprile 10, 2009
mercoledì, aprile 08, 2009
Ritrovare la propria biografia in quella dei Padri
di Stefano Maria Malaspina
La vicenda personale e spirituale di John Henry Newman, alla cui figura è dedicato il convegno internazionale svoltosi il 26 e 27 marzo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, è maturata dalla continua e appassionata frequentazione dei Padri, che nella sua conversione al cattolicesimo svolsero un ruolo decisivo. Non è infatti priva di significato questa annotazione di Henri Brémond: Newman trascorse "la sua vita nell'intimità dei Padri"; ed è questi, in una nota lettera scritta a Edward Bouwerie Pusey - suo caro e sincero amico - a definire con chiara sintesi il proprio percorso: "I Padri mi fecero cattolico".
È una lezione di gusto e di metodo teologico: in un passo della stessa lettera dichiara di preferire, "alla teologia sottile e controversistica", quella più "elegante e fruttuosa che si è formata secondo il modello dell'erudita antichità". E prosegue, con un'immagine tratta dall'esperienza concreta: "Io non intendo buttare a terra quella scala con la quale sono salito per entrare nella Chiesa. È una scala sempre utile a tale scopo".
La conoscenza della Chiesa dei tempi antichi non rimane poi sterile, ma si esprime in particolare nei profili storici, cui fa riferimento in un'altra missiva, indirizzata a John William Bowden; ne La Chiesa dei Padri, opera che aveva appena conclusa, scrive: "È il libro più bello che io abbia scritto. Non c'è da sorprendersi, dal momento che si compone tutto di parole e di opere dei Padri". In essi pare quasi rivedere il riflesso della propria immagine e delle proprie vicissitudini: vi "si possono intravedere come in filigrana alcuni tratti della sua stessa biografia: raccontando, ad esempio, il vescovo di Costantinopoli ed esaltandone la "nobiltà", Newman rivela non poco se stesso" (Biffi).
Tutto questo traspare inoltre dalla conoscenza di alcuni fra i luoghi dove i Padri sono vissuti; non è un caso che Newman si sentirà attratto da Milano quasi più che da Roma, la città cui le vicende di due grandi Padri della tradizione occidentale, Agostino e Ambrogio, furono intimamente legate. La città lombarda presenta infatti maggiori richiami con la storia che gli è familiare. Essa è la città dell'episcopato e del magistero del "maestoso Ambrogio", della conversione e del battesimo di Agostino; e in essa soggiornarono, fra gli altri, santa Monica e sant'Atanasio.
Proprio alla Milano visitata e conosciuta da Newman e dall'inseparabile amico Ambrose St. John, Inos Biffi dedica parte dell'introduzione al secondo volume degli Historical sketches, recentemente tradotto in italiano con il titolo Benedetto, Crisostomo, Teodoreto. Profili storici (Milano, Jaca Book, 2009, pagine 248, euro 28). Di questi ritratti, quello dedicato a gli ultimi anni di san Crisostomo era definito da Brémond come un "piccolo manifesto".
Esso offre un metodo per lo studio della personalità e della dottrina dei Padri: un metodo che porta all'incontro con loro, che tende al contatto con la "vita quotidiana", con i "pensieri più intimi", con la "vita reale, nascosta ma umana, altrimenti detta interiore, di queste preziose creazioni di Dio". La via scelta non è quella della semplice biografia, bensì quella dell'ascolto delle stesse parole dei santi: una fonte che parli "dell'abbondanza del cuore".
Newman si riferisce in particolare all'epistolario, il genere che "più di ogni altro si avvicina alla conversazione", e quindi più capace di mettere in evidenza la fisionomia e le relazioni, le attenzioni e anche i limiti delle figure che accosta e di volta in volta presenta: "Le loro lettere lo attirano più che non le loro grandi opere, e anche nelle loro opere puramente dottrinali egli mira a trovare l'anima dell'autore, il suono della sua voce" (Brémond).
I profili di Newman sono il frutto di una frequentazione concreta dei Padri: il suo genio è lontano da un gusto disincarnato, e mira a instaurare con essi un legame di amicizia, di comunione. Allora i protagonisti prendono corpo: ecco Crisostomo, paragonato a una "giornata di primavera, luminosa e piovosa", è "sempre ottimista, di rado triste"; ecco Teodoreto, che "ebbe la sfortuna di trascorrere la vita sotto la feroce violenza" di tremende tempeste dottrinali; e infine Benedetto, che seppe dare alla propria missione la "semplicità romantica della gioventù". E le vicissitudini dei Padri diventano, in certa misura, le vicende di Newman (Biffi).
Pur trattandosi di composizioni dal carattere eminentemente storico, in queste figure Newman ha saputo cercare, trovare e restituire anzitutto l'uomo, mai distante dal proprio tempo e dalla propria terra. E tutto questo conduce a un attento approfondimento della verità cristiana, che ha segnato l'intera vita e l'attività scientifica di Newman, volta all'accoglienza lucida e appassionata del mistero rivelato.
(©L'Osservatore Romano - 2 aprile 2009)
di Stefano Maria Malaspina
La vicenda personale e spirituale di John Henry Newman, alla cui figura è dedicato il convegno internazionale svoltosi il 26 e 27 marzo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, è maturata dalla continua e appassionata frequentazione dei Padri, che nella sua conversione al cattolicesimo svolsero un ruolo decisivo. Non è infatti priva di significato questa annotazione di Henri Brémond: Newman trascorse "la sua vita nell'intimità dei Padri"; ed è questi, in una nota lettera scritta a Edward Bouwerie Pusey - suo caro e sincero amico - a definire con chiara sintesi il proprio percorso: "I Padri mi fecero cattolico".
È una lezione di gusto e di metodo teologico: in un passo della stessa lettera dichiara di preferire, "alla teologia sottile e controversistica", quella più "elegante e fruttuosa che si è formata secondo il modello dell'erudita antichità". E prosegue, con un'immagine tratta dall'esperienza concreta: "Io non intendo buttare a terra quella scala con la quale sono salito per entrare nella Chiesa. È una scala sempre utile a tale scopo".
La conoscenza della Chiesa dei tempi antichi non rimane poi sterile, ma si esprime in particolare nei profili storici, cui fa riferimento in un'altra missiva, indirizzata a John William Bowden; ne La Chiesa dei Padri, opera che aveva appena conclusa, scrive: "È il libro più bello che io abbia scritto. Non c'è da sorprendersi, dal momento che si compone tutto di parole e di opere dei Padri". In essi pare quasi rivedere il riflesso della propria immagine e delle proprie vicissitudini: vi "si possono intravedere come in filigrana alcuni tratti della sua stessa biografia: raccontando, ad esempio, il vescovo di Costantinopoli ed esaltandone la "nobiltà", Newman rivela non poco se stesso" (Biffi).
Tutto questo traspare inoltre dalla conoscenza di alcuni fra i luoghi dove i Padri sono vissuti; non è un caso che Newman si sentirà attratto da Milano quasi più che da Roma, la città cui le vicende di due grandi Padri della tradizione occidentale, Agostino e Ambrogio, furono intimamente legate. La città lombarda presenta infatti maggiori richiami con la storia che gli è familiare. Essa è la città dell'episcopato e del magistero del "maestoso Ambrogio", della conversione e del battesimo di Agostino; e in essa soggiornarono, fra gli altri, santa Monica e sant'Atanasio.
Proprio alla Milano visitata e conosciuta da Newman e dall'inseparabile amico Ambrose St. John, Inos Biffi dedica parte dell'introduzione al secondo volume degli Historical sketches, recentemente tradotto in italiano con il titolo Benedetto, Crisostomo, Teodoreto. Profili storici (Milano, Jaca Book, 2009, pagine 248, euro 28). Di questi ritratti, quello dedicato a gli ultimi anni di san Crisostomo era definito da Brémond come un "piccolo manifesto".
Esso offre un metodo per lo studio della personalità e della dottrina dei Padri: un metodo che porta all'incontro con loro, che tende al contatto con la "vita quotidiana", con i "pensieri più intimi", con la "vita reale, nascosta ma umana, altrimenti detta interiore, di queste preziose creazioni di Dio". La via scelta non è quella della semplice biografia, bensì quella dell'ascolto delle stesse parole dei santi: una fonte che parli "dell'abbondanza del cuore".
Newman si riferisce in particolare all'epistolario, il genere che "più di ogni altro si avvicina alla conversazione", e quindi più capace di mettere in evidenza la fisionomia e le relazioni, le attenzioni e anche i limiti delle figure che accosta e di volta in volta presenta: "Le loro lettere lo attirano più che non le loro grandi opere, e anche nelle loro opere puramente dottrinali egli mira a trovare l'anima dell'autore, il suono della sua voce" (Brémond).
I profili di Newman sono il frutto di una frequentazione concreta dei Padri: il suo genio è lontano da un gusto disincarnato, e mira a instaurare con essi un legame di amicizia, di comunione. Allora i protagonisti prendono corpo: ecco Crisostomo, paragonato a una "giornata di primavera, luminosa e piovosa", è "sempre ottimista, di rado triste"; ecco Teodoreto, che "ebbe la sfortuna di trascorrere la vita sotto la feroce violenza" di tremende tempeste dottrinali; e infine Benedetto, che seppe dare alla propria missione la "semplicità romantica della gioventù". E le vicissitudini dei Padri diventano, in certa misura, le vicende di Newman (Biffi).
Pur trattandosi di composizioni dal carattere eminentemente storico, in queste figure Newman ha saputo cercare, trovare e restituire anzitutto l'uomo, mai distante dal proprio tempo e dalla propria terra. E tutto questo conduce a un attento approfondimento della verità cristiana, che ha segnato l'intera vita e l'attività scientifica di Newman, volta all'accoglienza lucida e appassionata del mistero rivelato.
(©L'Osservatore Romano - 2 aprile 2009)
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