Una premessa: mi ripeterò, abbondantemente, per il semplice motivo che hai presentato le mie argomentazioni secondo una chiave ermeneutica sbagliata.
Avevo fatto uno sforzo di pensare ed argomentare secondo la tue impostazione: COME l’umanità si mostra e non COSA l’uomo sia. Ed invece tu mi rispondi a partire dalla supposizione (vedi punto 3), falsa, che io stessi argomentando che è umano ciò è biologicamente determinato in un certo modo, cosa che io non ho detto.
Non ho mai parlato di biologia, nè fatto appello alle conoscenze scientifiche, sarebbe stato troppo facile. Ho cercato invece di usare il tuo linguaggio e allora ti chiedo stavolta di ascoltarmi.
La mia storia non comincia con la mia nascita, e neppure con il mio concepimento. No, inizia molto prima, quando i miei genitori, e non solo loro, mi hanno desiderato, sognato, progettato, E’ lì che ho fatto la mia prima comparsa nella comunità degli uomini. Ma questo, credo, non ci fa problema. C’è stato poi un momento, sconosciuto, nel quale questi desideri si sono realizzati materialmente. (Dire che questa sia semplice biologia mi pare veramente una bestialità.)
Angelo ha iniziato a costituirsi, il che vuol dire realizzando ma anche deludendo quelle che erano le aspettative dei suoi genitori, proprio a partire da quell’attimo: il concempimento. Come negare che quella sia stata una mia manifestazione reale?
E’ lì lo scarto, l’inizio. Tutto il resto è una conseguenza. C’è una potenza fenomenologica in quell’inizio, per quanto nascosto, che non ha eguali in tutta la mia storia perchè quello che poi sono pian piano diventato non è nulla di fronte alla DIFFERENZA tra quello che non c’era un attimo prima e quello che è cominciato ad ESISTERE.
Ed è così anche per la morte: nulla è paragonabile all’abisso che passa tra quel che sono e quel che (non) sarò a morte avvenuta, un abisso tale che ogni altro momento di sviluppo nella mia storia, l’inizio dell’attività celebrale, della sensibilità, dell’autocoscienza, il dolore, il linguaggio, tutto diventa episodico. Un episodio che non è tanto significativo quanto quello scarto iniziale e quello scarto finale.
Non è umano tutto questo? L’umanità è proprio in quella differenza tra l’esserci ed il non esserci. Un esserci che è cambiamento, sviluppo, passaggio, incompiutezza e che proprio per questo è sempre umano, in ogni momento.
Torniamo ai punti discussi. Andrò a ritroso e mi ripeterò dalla fine all'inizio, per un motivo che sarà chiaro solo alla conclusione.
9. Il criterio della sofferenza è insufficiente, ti ho convinto. Ma io direi non è necessario, così come non lo è quello dell’emotività o della vita intellettiva. Sono tutti elementi che sono intervenuti a caratterizzare la mia esistenza ma, quando nel corso del tempo pian piano li andrò a perderli, perchè questo accade con la vecchiaia, non dirai che sono meno uomo. Anzi, è proprio dell’essere umani che certe caratteristiche si acquistano nel tempo e così anche si perdono.
8. Hai scritto: “. Questo argomento, che nel tuo ordine di considerazione viene molto dopo la definizione biologica dell’umano, e che proponi solo per scendere sul mio terreno, io lo trovo invece serio e importante. Sicché non obietto nulla”
Se leggi bene quanto avevo scritto, la definizione biologica dell’umano non c’era, almeno nelle mie intenzioni. Forse ne era rimasto qualche residuo, visto che non si può negarla, ma sto facendo di tutto per cercare di dialogare secondo un linguaggio comune, antiessenzialista e antibiologista, come diresti tu. ;)
7. Lo ripeto, i diritti si acquisiscono quando si ha la capacità di goderli e l'embrione umano, in quanto vivente, possiede di conseguenza il diritto a rimanere in vita. Non potrà avere il diritto di voto, visto che non può esercitarlo, ma condividerà con l'adulto il diritto alla vita nella misura in cui è anch'egli vivente. Solo una volta accettato questo possiamo discutere di eventuali conflitti tra questo diritto ed quello di altri soggetti, ad esempio della madre, e su come risolverli. Ma almeno su questo siamo d’accordo?
6. Qui, come hai riconosciuto, l’essenzialista eri tu.
5. Definire l’uomo in base alle sue manifestazioni non necessariamente significa escludere dall’umanità alcune sue forme solo perché queste non la esprimono completamente. Tu hai una concezione esclusivista della vita umana mentre io ne propongo una inclusiva. Prendere come paradigmatica una sola forma dell’umano significa necessariamente far violenza. E’ successo nel passato quando donne, schiavi, bambini, popoli non occidentali, non rientravano pienamente nel paradigma di umanità (maschio-adulto-bianco) e pertanto veniva riconosciuta loro meno umanità e quindi meno diritti. E’ quello che stai facendo tu ora con gli embrioni: non soddifano completamente il tuo modello di uomo compiuto e quindi, affermi, non sono uno dei modi in cui l’umano si manifesta.
Inoltre, è chiaro che forme diverse possono essere trattate diversamente ma almeno sia riconosciuta a tutte la comune dignità.
4. Rileggi bene quello che ho scritto, non parlavo di biologia, come a te farebbe comodo.
Sei tu che limiti l’embrione a biologia ma è molto, molto di più. Un test di gravidanza cosa verifica, un avvenimento biologico o l’inizio di una nuova esistenza? Entrambe le cose, per chi sa vederle, ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.
Inoltre, una sola manifestazione non basta, ne vuoi un paio? Ti rispondo anche io con una battuta: c’è più differenza tra niente ed uno che tra uno e due. E quella differenza è più che sufficiente perchè è ontologica.
3. Per la rivelazione della sua umanità non devo aspettare che quell’embrione la mostri perchè l’ho già conosciuta in tutti quelli che come lui sono passati attraverso quello stadio.
Io all’inizio sarò stato pure poche cellule ma in questo momento la biologia ci interessa ben poco perchè quelle poche cellule sono l’avvenimento fondante e perciò fondamentale per il mio essere, senza le quali nient’altro sarebbe stato possibile.
E qui mi fermo perchè i punti 2 e 1 non aggiungono nulla a quello che ho già detto.
Come vedi non mi sono appellato a quella che tu continui a chiamare biologia ma che è molto di più, è genetica, è fisiologia, è psicologia prenatale.
Però ora ti sfido a discutere sugli stessi argomenti utilizzando questa volta anche i dati della scienza contemporanea, visto che le tue riflessioni sembrano scritte 100 anni fa.
Se è vero che la scienza non può avere l'ultima parola, non può però neppure essere messa a tacere.
Alla prossima.
Angelo
sabato, gennaio 29, 2005
venerdì, gennaio 28, 2005
L'umanità dell'embrione umano (5)
Il 15 dicembre così Adinolfi replicava al mio commento:
Bottone ha risposto analiticamente e per punti alle mie considerazioni sull’embrione. Di seguito, la mia lunga replica (con titoli di puro sfizio, che perciò riporto prima).
1. Ambiguo sarà lei!
2. Dimmi il gene che hai, e ti dirò chi sei
3. A prescindere
4. I primati
5. Lei non sa chi sono io!
6. Circus, circum
7. L’embrione va all’asilo
8. Zu den Sachen selbst
9. Ahia-hia-i se faccio un figlio
1. Lasciamo perdere gli errori logici di Severino (la cosa non è però per me così ovvia come dici). Quanto alle premesse: la prima non è ambigua, e la seconda è ovviamente in discussione (devo aver scritto che non pretendevo di dimostrare che, ma solo di argomentare, ecc.). La praemissa prima – mi pare di averlo scritto – sposta la discussione dal piano logico-metafisico della definizione di ciò che l’uomo è, del logos tes ousias, al piano ermeneutico-fenomenologico della rivelazione (uso apposta questa parola) dell’umanità dell’uomo. Non dice dove e come l’uomo si rivela in quanto uomo, ma questo non vuol dire che la premessa sia ambigua. Il suo lavoro ‘critico’, la premessa maggiore lo fa egregiamente e senza trappole.
2. Riporto il tuo primo commento: “Fin quando non ci dici cos'è un uomo, sarà difficile capire quando qualcosa è come uomo o quando non lo è“. Insomma: prima dimmi cos’è un uomo, e poi discutiamo come e quando lo è. Se in questo modo ritieni, come qui scrivi, che hai messo in questione la premessa prima, allora non ci siamo ancora intesi. La praemissa prima dice infatti: io non posso dirti che cos’è un uomo indipendentemente dal come e dal quando (non posso dirtelo una volta per tutte). Non c’è un ‘che cos’è’ (ti estì) dell’uomo. Forse ora capisco perché trovi ambigui la praemissa: perché l’hai intesa esattamente a rovescio!
3. Questa tua considerazione misura bene la nostra distanza: se l’embrione, come scrivi, si sviluppa come un uomo perché è un uomo, tu sai già, indipendentemente dal ‘come’, che cos’è un uomo. Insomma: non è che la praemissa prima sia ambigua, è che tu non la condividi, e ritieni che si possa dire che cos’è un uomo, indipendentemente dalla rivelazione del come della sua umanità. E poiché (devo supporre) per te è un uomo ciò che è biologicamente determinato in un certo modo, la questione del come è del tutto fuori causa. Lo sviluppo dell’embrione non aggiunge e non toglie nulla all’umanità dell’uomo, come nulla tolgono o aggiungono il mestiere o i gusti culinari o i regimi politici (i quali ultimi, invece, possono togliere e hanno tolto)
4. C’è sicuramente un motivo per cui non posso applicare all’astronave il concetto di uomo. Ma il punto è: qual è questo motivo? Nel caso dell’astronave i nostri giudizi non si dividono, nel caso dell’embrione sì. Ma se porti il tuo esempio come un argomento è perché tu ritieni impossibile per principio (cioè: ora e sempre) scambiare secondo verità per uomo qualunque cosa che non abbia la stessa dotazione biologica dell’uomo. Io no. Sia in negativo (stessa dotazione biologica, ma non uomo), sia in positivo (diversa dotazione biologica, o persino assenza di biologia, ma uomo).
Qui però stiamo ragionando ‘al limite’ (sul dubbio iperbolico, se l’astronave sia un uomo, io ho una posizione à la Wittgenstein seconda maniera). Tornando su terreni più vicini, tu dici: l’embrione è la prima manifestazione dell’umano: perché escluderla? Io direi anzitutto (per la precisione) che è la prima manifestazione biologica dell’umano; e, in secondo luogo, che visto che i casi limite di cui sopra sono ancora di là da venire, io riterrei di escluderla, tale manifestazione, proprio perché è la prima manifestazione biologica dell’umano. Per avere l’uomo non mi basta la manifestazione biologica; per avere l’uomo non mi basta la prima manifestazione: ne voglio almeno un paio (son sicuro che non c’è bisogno di citazioni filosofiche di Wittgenstein o Derrida per esplicitare questa battuta). Io trovo perfettamente sensato (e anzi ragionevole) dire: una sola manifestazione? Troppo poco (è chiaro che non è sensato in una prospettiva sì/no, di tipo essenzialistico).
5. Se l’uomo non è mai compiuto, non è vero che l’adulto non è più uomo del bambino. Lo è, invece. Sarebbe vero il contrario, di nuovo, solo rispetto a un concetto di uomo definito indipendentemente dalle sue manifestazioni. Si vede bene che giuridicamente uomo e bambino sono differenti (parlo en gros). Se l’uomo non è mai compiuto, debbo farmi attento alla differenze, perché non c’è un’unica, diritta linea di divisione tra uomo e non uomo (benché sia chiaro – ma non è detto per sempre – che l’astronave non appartenga alla prima regione). Non vedo perché, dal fatto che vi siano differenti forme dell’umano si debba concludere che dunque l’embrione è una di queste forme (o meglio, lo vedo: lo vedo in base a ragioni del tutto indipendenti dal fatto che l’umano si dà in molte forme). Né vedo perché, concesso che l’embrione è una forma dell’umano, essa forma non possa ricevere un trattamento differente da altre forme. (Ho sentito Severino fare l’esempio del soldato che muore in battaglia: forma dell’umano che viene obbligata a dare la vita – e aggiungo, con lo Hegel del diritto penale: viene obbligata non benché, ma proprio perché forma umana)
6. Qui hai ragione con riguardo all’immagine della circonferenza, che dunque ritiro, poiché dà l’impressione della conchiusività (mentre io pensavo, per dir così, all’abbraccio). Diciamo allora meglio: si tratta di quelle ‘aree non ben delineate’, non nettamente delimitate, di cui parla il Wittgenstein delle ricerche. Quanto al bambino, è solo un esempio (benché significativo). Ma, di nuovo, sia chiaro che ritengo con Wittgenstein che l’esempio non è certo il concetto, ma è sì il concetto una famiglia di esempi. (La scelta degli esempi, infatti, per quanto sorvegliata, non è mai neutrale)
7. La conclusione del punto 5 può essere richiamata qui. Siamo d’accordo su trattamenti differenti, ma tu ritieni che questa differenza non possa spingersi sino al punto di negare vita e sviluppo dell’embrione. Consentimi di farti osservare che i tuoi esempi, diritto all’asilo nido, ecc. non mi paiono molto centrati. Perché negare all’embrione il diritto all’asilo nido (nella tua prospettiva)? L’embrione avrebbe quel diritto, come chiunque come mio figlio di pochi mesi, a condizione di possedere i requisiti (per esempio anagrafici, che palesemente non possiede). Mi pare dunque che tu faccia qualche confusione quando dici che gli si può ben negare il diritto all’asilo nido. Ha il diritto, benché non ne goda attualmente. Di più. Se ad esempio si scoprisse che per la sopravvivenza di un certo embrione sarebbe necessario che la mamma vivesse i nove mesi della gravidanza in riposo assoluto in un ospizio, non vedo quale argomento potresti opporre a che la mamma venisse costretta a farlo, visto che si avrebbe in tal caso vita (dell’embrione) contro (mera) qualità della vita (della mamma).
Forse qui si vede perché si può negare qualcosa all’embrione: perché per esempio la sua vitalità non ha lo stesso valore della vitalità della mamma e la sua esistenza in vita non vale la qualità della vita della madre; o perché si potrebbe innalzare con il so ‘sacrificio’ la qualità della vita di altri uomini, ecc. Si può dire allora che questa che propongo è una spietata logica sacrificale, in cui l’embrione viene sacrificato per questo o per quello? Sì (non è l’unico caso, né l’ultimo), con l’aggiunta non insignificante che si sappia che cosa viene sacrificato qui.
8. Questo argomento, che nel tuo ordine di considerazione viene molto dopo la definizione biologica dell’umano, e che proponi solo per scendere sul mio terreno, io lo trovo invece serio e importante. Sicché non obietto nulla. Chiederei rigore fenomenologico, fornirei descrizioni alternative, ecc., ma non mi oppongo in linea di principio a un’argomentazione del genere.
9. Il criterio della sofferenza è evidentemente insufficiente (come quello ‘affettivo’ del punto precedente), qualora venisse portato come unico criterio. Ma il discorso sul ‘come’ ha proprio il senso di negare che esista un unico e definitivo criterio per discriminare uomini e non-uomini. Il che non toglie che esistono criteri e valutazioni più o meno pertinenti, più o meno incidenti sulla questione. Mettiamola così: se qualcuno mi dimostrasse che l’embrione soffre maledettamente, ci penserei su. (Nulla qui si fa o si dice a cuor leggero). Se invece mi si dicesse che al concepimento la materia biologicamente formata non possiede alcuna vita emotiva o intellettiva, beh, penserei che forse non siamo ancora alla prima manifestazione dell’umano (o siamo alla prima solo quando siamo giunti alla seconda: retroattivamente).
Bottone ha risposto analiticamente e per punti alle mie considerazioni sull’embrione. Di seguito, la mia lunga replica (con titoli di puro sfizio, che perciò riporto prima).
1. Ambiguo sarà lei!
2. Dimmi il gene che hai, e ti dirò chi sei
3. A prescindere
4. I primati
5. Lei non sa chi sono io!
6. Circus, circum
7. L’embrione va all’asilo
8. Zu den Sachen selbst
9. Ahia-hia-i se faccio un figlio
1. Lasciamo perdere gli errori logici di Severino (la cosa non è però per me così ovvia come dici). Quanto alle premesse: la prima non è ambigua, e la seconda è ovviamente in discussione (devo aver scritto che non pretendevo di dimostrare che, ma solo di argomentare, ecc.). La praemissa prima – mi pare di averlo scritto – sposta la discussione dal piano logico-metafisico della definizione di ciò che l’uomo è, del logos tes ousias, al piano ermeneutico-fenomenologico della rivelazione (uso apposta questa parola) dell’umanità dell’uomo. Non dice dove e come l’uomo si rivela in quanto uomo, ma questo non vuol dire che la premessa sia ambigua. Il suo lavoro ‘critico’, la premessa maggiore lo fa egregiamente e senza trappole.
2. Riporto il tuo primo commento: “Fin quando non ci dici cos'è un uomo, sarà difficile capire quando qualcosa è come uomo o quando non lo è“. Insomma: prima dimmi cos’è un uomo, e poi discutiamo come e quando lo è. Se in questo modo ritieni, come qui scrivi, che hai messo in questione la premessa prima, allora non ci siamo ancora intesi. La praemissa prima dice infatti: io non posso dirti che cos’è un uomo indipendentemente dal come e dal quando (non posso dirtelo una volta per tutte). Non c’è un ‘che cos’è’ (ti estì) dell’uomo. Forse ora capisco perché trovi ambigui la praemissa: perché l’hai intesa esattamente a rovescio!
3. Questa tua considerazione misura bene la nostra distanza: se l’embrione, come scrivi, si sviluppa come un uomo perché è un uomo, tu sai già, indipendentemente dal ‘come’, che cos’è un uomo. Insomma: non è che la praemissa prima sia ambigua, è che tu non la condividi, e ritieni che si possa dire che cos’è un uomo, indipendentemente dalla rivelazione del come della sua umanità. E poiché (devo supporre) per te è un uomo ciò che è biologicamente determinato in un certo modo, la questione del come è del tutto fuori causa. Lo sviluppo dell’embrione non aggiunge e non toglie nulla all’umanità dell’uomo, come nulla tolgono o aggiungono il mestiere o i gusti culinari o i regimi politici (i quali ultimi, invece, possono togliere e hanno tolto)
4. C’è sicuramente un motivo per cui non posso applicare all’astronave il concetto di uomo. Ma il punto è: qual è questo motivo? Nel caso dell’astronave i nostri giudizi non si dividono, nel caso dell’embrione sì. Ma se porti il tuo esempio come un argomento è perché tu ritieni impossibile per principio (cioè: ora e sempre) scambiare secondo verità per uomo qualunque cosa che non abbia la stessa dotazione biologica dell’uomo. Io no. Sia in negativo (stessa dotazione biologica, ma non uomo), sia in positivo (diversa dotazione biologica, o persino assenza di biologia, ma uomo).
Qui però stiamo ragionando ‘al limite’ (sul dubbio iperbolico, se l’astronave sia un uomo, io ho una posizione à la Wittgenstein seconda maniera). Tornando su terreni più vicini, tu dici: l’embrione è la prima manifestazione dell’umano: perché escluderla? Io direi anzitutto (per la precisione) che è la prima manifestazione biologica dell’umano; e, in secondo luogo, che visto che i casi limite di cui sopra sono ancora di là da venire, io riterrei di escluderla, tale manifestazione, proprio perché è la prima manifestazione biologica dell’umano. Per avere l’uomo non mi basta la manifestazione biologica; per avere l’uomo non mi basta la prima manifestazione: ne voglio almeno un paio (son sicuro che non c’è bisogno di citazioni filosofiche di Wittgenstein o Derrida per esplicitare questa battuta). Io trovo perfettamente sensato (e anzi ragionevole) dire: una sola manifestazione? Troppo poco (è chiaro che non è sensato in una prospettiva sì/no, di tipo essenzialistico).
5. Se l’uomo non è mai compiuto, non è vero che l’adulto non è più uomo del bambino. Lo è, invece. Sarebbe vero il contrario, di nuovo, solo rispetto a un concetto di uomo definito indipendentemente dalle sue manifestazioni. Si vede bene che giuridicamente uomo e bambino sono differenti (parlo en gros). Se l’uomo non è mai compiuto, debbo farmi attento alla differenze, perché non c’è un’unica, diritta linea di divisione tra uomo e non uomo (benché sia chiaro – ma non è detto per sempre – che l’astronave non appartenga alla prima regione). Non vedo perché, dal fatto che vi siano differenti forme dell’umano si debba concludere che dunque l’embrione è una di queste forme (o meglio, lo vedo: lo vedo in base a ragioni del tutto indipendenti dal fatto che l’umano si dà in molte forme). Né vedo perché, concesso che l’embrione è una forma dell’umano, essa forma non possa ricevere un trattamento differente da altre forme. (Ho sentito Severino fare l’esempio del soldato che muore in battaglia: forma dell’umano che viene obbligata a dare la vita – e aggiungo, con lo Hegel del diritto penale: viene obbligata non benché, ma proprio perché forma umana)
6. Qui hai ragione con riguardo all’immagine della circonferenza, che dunque ritiro, poiché dà l’impressione della conchiusività (mentre io pensavo, per dir così, all’abbraccio). Diciamo allora meglio: si tratta di quelle ‘aree non ben delineate’, non nettamente delimitate, di cui parla il Wittgenstein delle ricerche. Quanto al bambino, è solo un esempio (benché significativo). Ma, di nuovo, sia chiaro che ritengo con Wittgenstein che l’esempio non è certo il concetto, ma è sì il concetto una famiglia di esempi. (La scelta degli esempi, infatti, per quanto sorvegliata, non è mai neutrale)
7. La conclusione del punto 5 può essere richiamata qui. Siamo d’accordo su trattamenti differenti, ma tu ritieni che questa differenza non possa spingersi sino al punto di negare vita e sviluppo dell’embrione. Consentimi di farti osservare che i tuoi esempi, diritto all’asilo nido, ecc. non mi paiono molto centrati. Perché negare all’embrione il diritto all’asilo nido (nella tua prospettiva)? L’embrione avrebbe quel diritto, come chiunque come mio figlio di pochi mesi, a condizione di possedere i requisiti (per esempio anagrafici, che palesemente non possiede). Mi pare dunque che tu faccia qualche confusione quando dici che gli si può ben negare il diritto all’asilo nido. Ha il diritto, benché non ne goda attualmente. Di più. Se ad esempio si scoprisse che per la sopravvivenza di un certo embrione sarebbe necessario che la mamma vivesse i nove mesi della gravidanza in riposo assoluto in un ospizio, non vedo quale argomento potresti opporre a che la mamma venisse costretta a farlo, visto che si avrebbe in tal caso vita (dell’embrione) contro (mera) qualità della vita (della mamma).
Forse qui si vede perché si può negare qualcosa all’embrione: perché per esempio la sua vitalità non ha lo stesso valore della vitalità della mamma e la sua esistenza in vita non vale la qualità della vita della madre; o perché si potrebbe innalzare con il so ‘sacrificio’ la qualità della vita di altri uomini, ecc. Si può dire allora che questa che propongo è una spietata logica sacrificale, in cui l’embrione viene sacrificato per questo o per quello? Sì (non è l’unico caso, né l’ultimo), con l’aggiunta non insignificante che si sappia che cosa viene sacrificato qui.
8. Questo argomento, che nel tuo ordine di considerazione viene molto dopo la definizione biologica dell’umano, e che proponi solo per scendere sul mio terreno, io lo trovo invece serio e importante. Sicché non obietto nulla. Chiederei rigore fenomenologico, fornirei descrizioni alternative, ecc., ma non mi oppongo in linea di principio a un’argomentazione del genere.
9. Il criterio della sofferenza è evidentemente insufficiente (come quello ‘affettivo’ del punto precedente), qualora venisse portato come unico criterio. Ma il discorso sul ‘come’ ha proprio il senso di negare che esista un unico e definitivo criterio per discriminare uomini e non-uomini. Il che non toglie che esistono criteri e valutazioni più o meno pertinenti, più o meno incidenti sulla questione. Mettiamola così: se qualcuno mi dimostrasse che l’embrione soffre maledettamente, ci penserei su. (Nulla qui si fa o si dice a cuor leggero). Se invece mi si dicesse che al concepimento la materia biologicamente formata non possiede alcuna vita emotiva o intellettiva, beh, penserei che forse non siamo ancora alla prima manifestazione dell’umano (o siamo alla prima solo quando siamo giunti alla seconda: retroattivamente).
L'umanità dell'embrione umano (4)
Così io ho commentato il lunghissimo intervento:
Difficile risponderti, Massimo.
Un intervento così ricco di argomenti, ne ho individuati una trentina, meriterebbe una lunga trattazione.
Dovrò per forza concentrarmi su alcuni nodi concettuali, lasciandone molti irrisolti.
Accetto la tua impostazione, pur non condividendola e giudicandola inadeguata di fronte alla mole di problemi che la legislazione deve affrontare.
(Ragionare sul 'come' invece che sul 'che' è un ottimo modo per confutare il cosidetto 'matrimonio gay' ma questo è un altro discorso e, almeno per ora, lasciamolo da parte).
Tu dici:
1. non è la logica la sede in cui si possa decidere la questione.
Certo, ciò non toglie che Severino commette degli errori logici mentre il tuo sillogismo è corretto. Purtroppo però la prima premessa è ambigua e la seconda è falsa.
2. la praemissa prima era passata praticamente sotto silenzio.
Non è vero, anzi, se vai a leggere l'unico mio commento al sillogismo, dicevo è proprio lì il problema.
Perchè se non si capisce di cosa o chi stiamo parlando, non possiamo neppure affermare che qualcos'altro sia o non sia come questo o costui.
3. sulla secunda si appuntano le attenzioni:quando è che qualcosa è come un uomo?
Il problema del quando quel qualcosa comincia ad essere come un uomo sorge solo se non si vuole accettare il fatto che lo è sin dal principio. A me pare uno pseudoproblema. Se l'uomo è un essere che si sviluppa (difficile negarlo a meno che uno si chiami Severino), è uomo sin dal primo momento del proprio sviluppo e non quando ha acquisito determinate caratteristiche, che tu giustamente ti rifiuti di elencare. L'EMBRIONE SI SVILUPPA COME UN UOMO PERCHE' E' UN UOMO.
4. qualcosa è uomo quando è come un uomo significa accettare una prospettiva anti-essenzialistica (in senso classico).
Bene, eccetto la tua prospettiva, vediamo dove ti porta.
Il concetto di uomo, dici, è temporale e cambia. Bene, ma ciò non significa che quel concetto lo può applicare a qualsiasi cosa. Ci sarà un motivo per cui un'astronave non è un uomo. Perchè non si manifesta come un uomo, rispondi tu.
Benissimo, la questione è allora perchè escludere l'embrione dal quel concetto, visto che l'embrione umano è la prima manifestazione dell'umano, il suo primo 'come'?
5. l’uomo fatto e finito è uomo in potenza = è come un uomo.
Certo, l'uomo non è mai compiuto ma questo rafforza la tesi di chi difende non l'uomo compiuto ma l'uomo in tutte le sue manifestazioni, a cominciare da quella più primitiva, ossia l'embrione.
Se l'uomo non è mai compiuto, l'adulto non è più uomo del bambino e il feto non è più uomo dell'embrione. Sono tutte forme dell'umano, nessuna esclusa.
Io non affermo che l'embrione umano sia un uomo in potenza ma che sia un essere umano in sviluppo.
Come negarlo?
6. Si tratta solo di valutare la capacità della ‘circonferenza’ uomo di accogliere anche l’embrione, di farlo oggetto degli stessi investimenti emotivi di cui è oggetto un bambino, delle stesse premure, o degli stessi interventi legislativi.
A me questo pare un ritorno dell'essenzialismo che volevi evitare. Tu prendi il bambino come esemplare di uomo concreto rispetto al quale ci si deve adeguare e, ulteriore specificazione, adeguare emotivamente.
E perchè il bambino e non l'adolescente o l'adulto? E perchè solo emotivamente?
7. dare all’embrione la stessa protezione giuridica che è riconosciuta a un bambino non adegua il loro diverso modo di essere.
Verissimo, infatti io non chiedo la STESSA protezione giuridica ma quella che gli è propria.
Nessuno sta chiedendo per l'embrione il diritto di frequentare l'asilo nido, la patente di guida o il diritto di voto. I diritti (e doveri) vanno di pari passo con la capacità di goderne (e di esercitarli), ma visto che quell'embrione due cose sa fare bene, vivere e svilupparsi, chi lo difende chiede solo che gli siano assicurati questi due diritti: alla vita e allo sviluppo. Niente più. Perchè negarli?
8. La vita al suo concepimento non ‘entra’ nella comunità degli uomini al modo in cui vi entra un bambino (ma già, ovviamente, un feto che scalcia) oppure un altro uomo
Eppure io mi emoziono più alla notizia che un'amica è incinta che a quella che il feto che ha in grembo ha cominciato a scalcitare o che il suo bimbo ha smesso di fare la pipì al letto.
Un nuovo concepimento (un embrione) 'entra' nella comunità degli uomini con una forza che forse solo una nascita e una morte superano.
Pensa a quando hai saputo che tua moglie era incinta e tu eri padre, quale avvenimento più sconvolgente?
Proprio oggi ero ad una festa ed un'amica della mia ragazza ha annunciato la sua dolce attesa. Non puoi immaginare l'emozione, tutta la sera non si è parlato d'altro, eppure si trattava di un embrione, niente più. O sbaglio?
Un'ultima annotazione.
intervenire sull’embrione non procura sofferenza all’embrione.
Neppure fare a pezzi con la motosega un bambino anestetizzato gli procura sofferenza, e allora? Che criterio è questo?
Buonanotte.
Angelo
Difficile risponderti, Massimo.
Un intervento così ricco di argomenti, ne ho individuati una trentina, meriterebbe una lunga trattazione.
Dovrò per forza concentrarmi su alcuni nodi concettuali, lasciandone molti irrisolti.
Accetto la tua impostazione, pur non condividendola e giudicandola inadeguata di fronte alla mole di problemi che la legislazione deve affrontare.
(Ragionare sul 'come' invece che sul 'che' è un ottimo modo per confutare il cosidetto 'matrimonio gay' ma questo è un altro discorso e, almeno per ora, lasciamolo da parte).
Tu dici:
1. non è la logica la sede in cui si possa decidere la questione.
Certo, ciò non toglie che Severino commette degli errori logici mentre il tuo sillogismo è corretto. Purtroppo però la prima premessa è ambigua e la seconda è falsa.
2. la praemissa prima era passata praticamente sotto silenzio.
Non è vero, anzi, se vai a leggere l'unico mio commento al sillogismo, dicevo è proprio lì il problema.
Perchè se non si capisce di cosa o chi stiamo parlando, non possiamo neppure affermare che qualcos'altro sia o non sia come questo o costui.
3. sulla secunda si appuntano le attenzioni:quando è che qualcosa è come un uomo?
Il problema del quando quel qualcosa comincia ad essere come un uomo sorge solo se non si vuole accettare il fatto che lo è sin dal principio. A me pare uno pseudoproblema. Se l'uomo è un essere che si sviluppa (difficile negarlo a meno che uno si chiami Severino), è uomo sin dal primo momento del proprio sviluppo e non quando ha acquisito determinate caratteristiche, che tu giustamente ti rifiuti di elencare. L'EMBRIONE SI SVILUPPA COME UN UOMO PERCHE' E' UN UOMO.
4. qualcosa è uomo quando è come un uomo significa accettare una prospettiva anti-essenzialistica (in senso classico).
Bene, eccetto la tua prospettiva, vediamo dove ti porta.
Il concetto di uomo, dici, è temporale e cambia. Bene, ma ciò non significa che quel concetto lo può applicare a qualsiasi cosa. Ci sarà un motivo per cui un'astronave non è un uomo. Perchè non si manifesta come un uomo, rispondi tu.
Benissimo, la questione è allora perchè escludere l'embrione dal quel concetto, visto che l'embrione umano è la prima manifestazione dell'umano, il suo primo 'come'?
5. l’uomo fatto e finito è uomo in potenza = è come un uomo.
Certo, l'uomo non è mai compiuto ma questo rafforza la tesi di chi difende non l'uomo compiuto ma l'uomo in tutte le sue manifestazioni, a cominciare da quella più primitiva, ossia l'embrione.
Se l'uomo non è mai compiuto, l'adulto non è più uomo del bambino e il feto non è più uomo dell'embrione. Sono tutte forme dell'umano, nessuna esclusa.
Io non affermo che l'embrione umano sia un uomo in potenza ma che sia un essere umano in sviluppo.
Come negarlo?
6. Si tratta solo di valutare la capacità della ‘circonferenza’ uomo di accogliere anche l’embrione, di farlo oggetto degli stessi investimenti emotivi di cui è oggetto un bambino, delle stesse premure, o degli stessi interventi legislativi.
A me questo pare un ritorno dell'essenzialismo che volevi evitare. Tu prendi il bambino come esemplare di uomo concreto rispetto al quale ci si deve adeguare e, ulteriore specificazione, adeguare emotivamente.
E perchè il bambino e non l'adolescente o l'adulto? E perchè solo emotivamente?
7. dare all’embrione la stessa protezione giuridica che è riconosciuta a un bambino non adegua il loro diverso modo di essere.
Verissimo, infatti io non chiedo la STESSA protezione giuridica ma quella che gli è propria.
Nessuno sta chiedendo per l'embrione il diritto di frequentare l'asilo nido, la patente di guida o il diritto di voto. I diritti (e doveri) vanno di pari passo con la capacità di goderne (e di esercitarli), ma visto che quell'embrione due cose sa fare bene, vivere e svilupparsi, chi lo difende chiede solo che gli siano assicurati questi due diritti: alla vita e allo sviluppo. Niente più. Perchè negarli?
8. La vita al suo concepimento non ‘entra’ nella comunità degli uomini al modo in cui vi entra un bambino (ma già, ovviamente, un feto che scalcia) oppure un altro uomo
Eppure io mi emoziono più alla notizia che un'amica è incinta che a quella che il feto che ha in grembo ha cominciato a scalcitare o che il suo bimbo ha smesso di fare la pipì al letto.
Un nuovo concepimento (un embrione) 'entra' nella comunità degli uomini con una forza che forse solo una nascita e una morte superano.
Pensa a quando hai saputo che tua moglie era incinta e tu eri padre, quale avvenimento più sconvolgente?
Proprio oggi ero ad una festa ed un'amica della mia ragazza ha annunciato la sua dolce attesa. Non puoi immaginare l'emozione, tutta la sera non si è parlato d'altro, eppure si trattava di un embrione, niente più. O sbaglio?
Un'ultima annotazione.
intervenire sull’embrione non procura sofferenza all’embrione.
Neppure fare a pezzi con la motosega un bambino anestetizzato gli procura sofferenza, e allora? Che criterio è questo?
Buonanotte.
Angelo
L'umanità dell'embrione umano (3)
Il 12 dicembre Massimo Adinolfi proseguiva la discussione con un suo lunghissimo intervento:
Severino scrive sul Corriere Aristotele e l’embrione. Più o meno tutti gli danno addosso, perché: o la premessa del suo ragionamento è sbagliata, oppure c’è un vizio logico nel suo argomento. Io scrivo il mio bravo articoletto, in cui svuoto del tutto l’argomento, con l’intenzione di mostrare (fra l’altro) che non è la logica la sede in cui si possa decidere la questione. Poi aggiungo: e non è nemmeno la natura, naturalisticamente intesa (che non è l’unico modo di intenderla). Poiché la cosa riesce a taluni elusiva, mi produco in un lungo autocommento in cui preciso ed esplicito ed aggiungo. Tra le altre cose, aggiungo pure che il concetto di uomo è un concetto ‘vago’ (il che non vuol dire necessariamente confuso), che ha componenti diverse le quali provengono, direbbe Wittgenstein, da giochi linguistici (e forme di vita) differenti. A questo punto, propongo il “mio argomento decisivo” (è bello dar sfoggio di sano orgoglio intellettuale). Formalmente corretto (e banale, ovviamente: perché il problema non è lì), l’argomento contiene due premesse. E sulla praemissa secunda si appuntano le vostre attenzioni: quando è che qualcosa è come un uomo?
Ora, prima di soffermarmi su questa domanda, vorrei far osservare che la praemissa prima è molto più interessante, ed è tutt’altro che ovvia e banale. Dire che qualcosa è uomo quando è come un uomo significa infatti accettare una prospettiva anti-essenzialistica (in senso classico). La domanda non è più: che cos’è un uomo, ma come si è quando si è come uomini? Che cosa significa o cosa comporta o come si manifesta l’essere uomini? Dal was al wie, dunque.
Ora potremo dividerci sulla risposta a questa domanda, ma avremo già fatto un bel passo insieme. Il passo è così grande, che la consueta osservazione (fatta propria, en passant, da Giulio Mozzi) secondo la quale la questione di principio uomo/non-uomo non può essere composta in alcuna sede, non ha più motivo di sbarrarci in principio la strada. Chi condivide la praemissa prima accetta di impegnarsi in una analitica descrittiva del ‘come’ dell’uomo
A causa di qualche fraintendimento nei commenti devo far notare ancora dell’altro. Primo. Il ‘come’ in questione non è ancora pregiudicato in alcun senso: non si è già deciso che per essere come un uomo è rilevante la somiglianza fisica o il patrimonio genetico. Non si è ancora stabilito proprio nulla, al riguardo. Secondo. Poiché il ‘come’ ha natura disposizionale, chi accetta la praemissa prima deve accettare non l’idea che l’embrione sia, a differenza dell’uomo fatto e finito, uomo in potenza, ma ben più radicalmente, l’idea che anche l’uomo fatto e finito sia uomo in potenza = sia come un uomo. Deve accettare cioè l’idea che un uomo (come qualunque altra cosa) ‘tutto in atto’ non vi sia (che non vi sia un’ousia uomo). Forse ora si vede meglio che la mia praemissa prima, passata praticamente sotto silenzio, era tutta meno che innocente, e che conviene che qualcuno si affretti a rifiutarla (oppure a continuare così: solo un uomo è come un uomo: ma un uomo è, ecc., con conseguente rientro nei ranghi di una definizione essenzialistica, metafisica o scientifica – dogmatiche entrambe – di ciò che è un uomo)
Se ad esempio, essere come un uomo è essere capace di parlare, non credo che nessuno intenda negare l’umanità dell’uomo muto, o del comportamento autistico, o di individui cerebrolesi. Non solo: ma non credo che nessuno voglia ora includere tra gli uomini computers dotati di sintetizzatori vocali, ecc. Dunque, quando scendiamo sul terreno della descrizione del wie, del come, dobbiamo accettare in principio l’idea che l’uomo adegui sempre imperfettamente il suo concetto. Anzi, a dir meglio: non che l’uomo adegui imperfettamente il suo concetto, ma che quel concetto è aperto, vago, in qualche punto indeterminato (e, in punti, che ancora non conosciamo – come un tempo ignoravano il punto sul quale siamo oggi, per decidere ‘se questo è un uomo’). Con un’immagine merlo-pontiana: quel concetto presenta una stoffa temporale, e dunque cambia. (Ancora un esempio: un tempo si sarebbe potuto considerare se non altro come criterio dell’umanità dell’uomo - e come indice del possesso di determinati requisiti intellettuali - la capacità di giocare a scacchi; oggi, quest’idea s’è fatta ahimé insostenibile).
Ora, a me pare che da questa conseguenza non ci si possa sottrarre neanche sulla base di considerazioni puramente biologiche. Si dica infatti che x,y,z...n sono le proprietà che l’uomo possiede dal punto di vista biologico. Cosa succede se modifico tramite manipolazione quel set di proprietà, sia pure in minima parte? Non credo che dobbiamo concludere che quest’uomo, geneticamente modificato, non sia più uomo (o sia un altro uomo). E che facciamo con i poli-trapiantati?
Si aggiunga a ciò che nessuno ci costringe a considerare che quello biologico sia il concetto di uomo meglio fondato. Né credo che, sul punto, stiamo messi meglio di Platone o Aristotele, che di simili conoscenze biologiche ne avevano pochine. Penso invece che il ‘fondamentalismo biologico’ sia solo una conseguenza di ritorno della possibilità di intervenire geneticamente sull’uomo, e che la questione embrione uomo/non-uomo sia in realtà superata (e cioè condizionata) dal timore che interventi tecnici ‘facciano’ a piacimento gli uomini, preselezionando le loro caratteristiche (fisiche, e non solo). Considero questa preoccupazione legittima, ma non ritengo che una simile preoccupazione possa costringermi a giudicare uomo l’embrione. Potrei benissimo non considerare l’embrione uomo, e ritenere di dover proibire qualunque genere di intervento di ingegneria genetica, per rispetto dell’uomo che sarà, e non dell’uomo che l’embrione è.
Torno così alla questione principale: essere come un uomo. Per corroborare la praemissa secunda dovrei ora fornire una mia ‘tipica’ dell’essere uomo. Mi piacerebbe esserne dispensato, se non altro per il carattere inevitabilmente aperto di una simile lista di predicati.. Potrei però dire, en gros, perlomeno qualcosa del genere: che è uomo chi è capace di parlare, o chi ha avuto questa capacità o chi può acquisirla, e chi prova affetti, o chi ne ha provati o potrà provarli; che uomo è chi ha un volto e può guardami negli occhi, o ha potuto farlo o potrà farlo. Potrei dire qualcosa del genere, potrei ovviamente affinare la mia descrizione, ma non per questa essa basterebbe (per principio). Non sto nemmeno a cercare contro-esempi, o a immaginare come, sulla base di una simile descrizione, possa mai discriminare uomini e computer (e cadaveri, visto che il mio abbozzo di descrizione li includerebbe, e non vi è dubbio che per i non-più uomini l’uomo ha sempre cercato di stabilire una forma di rispetto se non di venerazione che il taglio con l’accetta di uomo e non-uomo renderebbe incomprensibile). (Col che non si dice che l’embrione ha lo stesso valore etico di un cadavere, ma si dice che le cose sono complicate assai). Vorrei invece che si badasse al fatto che al fondo di quella descrizione sta insomma la considerazione, che è uomo ciò che la comunità degli uomini ‘decide’ che sia, e in cui ritiene di potersi riconoscere. Ho posto ‘decide’ tra virgolette perché non penso a una decisione arbitraria, positiva, legislativa, ma penso invece a una decisione che si modifica storicamente, socialmente, culturalmente, religiosamente, e che non è dunque imputabile a singoli individui. E che, la storia me ne rende ragione, non è e non può essere definitiva. (Torno ancora su un punto già considerato: di questo slittamento storico del concetto di uomo si ha di solito paura perché, allora, si può fare dell’uomo quel che si vuole. Di nuovo: capisco la paura, e in parte posso nutrirla anch’io, ma faccio notare che ad essa non c’è rimedio, se non con un salto fuori dalla storia – e tale è anche un salto nella natura. Aggiungo pure che decidendo cos’è un uomo, l’uomo decide su di sé: la qual cosa è ciò che si avvicina maggiormente ad una ‘definizione’ filosofica dell’uomo).
Tutto ciò posto, si tratta solo di valutare la capacità della ‘circonferenza’ uomo di accogliere anche l’embrione, di farlo oggetto degli stessi investimenti emotivi di cui è oggetto un bambino, delle stesse premure, o degli stessi interventi legislativi. Anche qui, mi ripeto: non mi pare che essere cattolici o cristiani o credenti possa esser fatto dipendere da valutazioni di questo tipo, e durerei fatica a trovare nel Vangelo la tesi che l’embrione è un uomo (o che la vita va difesa sin dal suo concepimento), e non mi pare dunque che ci sia qui un punto sul quale non si possa discutere. Io credo (ecco la certezza minore di cui parlo su Leftwing) che dare all’embrione la stessa protezione giuridica che è riconosciuta a un bambino non adegui il loro diverso modo di essere; che la vita al suo concepimento non ‘entri’ nella comunità degli uomini al modo in cui vi entra un bambino (ma già, ovviamente, un feto che scalcia) oppure un altro uomo; che intervenire sull’embrione non procuri sofferenza all’embrione; che intervenire sull’embrione o sulla procreazione può, al presente o in futuro, lenire altre sofferenze, eccetera. Lasciatemi questo eccetera.
È un eccetera pericoloso, lo so. So che il discorso che son venuto svolgendo può essere letto così: ma allora non può essere fissato alcun limite alla tracotanza tecnica dell’uomo. (Prego gli esprits philosophiques che mi hanno letto sin qui, di fare molta attenzione al punto). Io direi così: no, non può essere fissato IN ANTICIPO alcun limite alla tracotanza tecnica dell’uomo, il che non significa che l’uomo possa ora o domani fare qualunque cosa. Significa che bisognerà vedere, che gli uomini che saranno vedranno, di volta in volta: la mai troppo benedetta distinzione kantiana fra totalità distributiva e totalità collettiva deve sempre essere tenuta presente.
Coloro che dipingono scenari da fine del mondo sappiamo che alla fine del mondo non siamo ancora arrivati, e che il fatto che ci si possa arrivare in principio o in idea, e che una tal fine qualcuno pensi di potersela fin d’ora immaginare, non significa affatto che noi dobbiamo decidere ora sotto un tal schiacciamento e accorciamento di prospettive temporali. Di più: coloro che propongono di questi scenari sono le prime vittime di quell’ipertecnicismo nichilistico che dicono di voler scongiurare, se non altro perché ha colonizzato in maniera univoca la loro immaginazione. Sono loro che immaginano il tempo già interamente asservito ad un solo possibile corso, che intendono arrestare. Ed è solo loro la contrapposizione ‘mitica’ fra artificialismo non umano, e naturalismo umano (che è cosa abbastanza ossimorica, al mio orecchio). Non ci tocca di scongiurare ora quel che può accadere domani. Domani sarà troppo tardi? Vedremo domani.
Severino scrive sul Corriere Aristotele e l’embrione. Più o meno tutti gli danno addosso, perché: o la premessa del suo ragionamento è sbagliata, oppure c’è un vizio logico nel suo argomento. Io scrivo il mio bravo articoletto, in cui svuoto del tutto l’argomento, con l’intenzione di mostrare (fra l’altro) che non è la logica la sede in cui si possa decidere la questione. Poi aggiungo: e non è nemmeno la natura, naturalisticamente intesa (che non è l’unico modo di intenderla). Poiché la cosa riesce a taluni elusiva, mi produco in un lungo autocommento in cui preciso ed esplicito ed aggiungo. Tra le altre cose, aggiungo pure che il concetto di uomo è un concetto ‘vago’ (il che non vuol dire necessariamente confuso), che ha componenti diverse le quali provengono, direbbe Wittgenstein, da giochi linguistici (e forme di vita) differenti. A questo punto, propongo il “mio argomento decisivo” (è bello dar sfoggio di sano orgoglio intellettuale). Formalmente corretto (e banale, ovviamente: perché il problema non è lì), l’argomento contiene due premesse. E sulla praemissa secunda si appuntano le vostre attenzioni: quando è che qualcosa è come un uomo?
Ora, prima di soffermarmi su questa domanda, vorrei far osservare che la praemissa prima è molto più interessante, ed è tutt’altro che ovvia e banale. Dire che qualcosa è uomo quando è come un uomo significa infatti accettare una prospettiva anti-essenzialistica (in senso classico). La domanda non è più: che cos’è un uomo, ma come si è quando si è come uomini? Che cosa significa o cosa comporta o come si manifesta l’essere uomini? Dal was al wie, dunque.
Ora potremo dividerci sulla risposta a questa domanda, ma avremo già fatto un bel passo insieme. Il passo è così grande, che la consueta osservazione (fatta propria, en passant, da Giulio Mozzi) secondo la quale la questione di principio uomo/non-uomo non può essere composta in alcuna sede, non ha più motivo di sbarrarci in principio la strada. Chi condivide la praemissa prima accetta di impegnarsi in una analitica descrittiva del ‘come’ dell’uomo
A causa di qualche fraintendimento nei commenti devo far notare ancora dell’altro. Primo. Il ‘come’ in questione non è ancora pregiudicato in alcun senso: non si è già deciso che per essere come un uomo è rilevante la somiglianza fisica o il patrimonio genetico. Non si è ancora stabilito proprio nulla, al riguardo. Secondo. Poiché il ‘come’ ha natura disposizionale, chi accetta la praemissa prima deve accettare non l’idea che l’embrione sia, a differenza dell’uomo fatto e finito, uomo in potenza, ma ben più radicalmente, l’idea che anche l’uomo fatto e finito sia uomo in potenza = sia come un uomo. Deve accettare cioè l’idea che un uomo (come qualunque altra cosa) ‘tutto in atto’ non vi sia (che non vi sia un’ousia uomo). Forse ora si vede meglio che la mia praemissa prima, passata praticamente sotto silenzio, era tutta meno che innocente, e che conviene che qualcuno si affretti a rifiutarla (oppure a continuare così: solo un uomo è come un uomo: ma un uomo è, ecc., con conseguente rientro nei ranghi di una definizione essenzialistica, metafisica o scientifica – dogmatiche entrambe – di ciò che è un uomo)
Se ad esempio, essere come un uomo è essere capace di parlare, non credo che nessuno intenda negare l’umanità dell’uomo muto, o del comportamento autistico, o di individui cerebrolesi. Non solo: ma non credo che nessuno voglia ora includere tra gli uomini computers dotati di sintetizzatori vocali, ecc. Dunque, quando scendiamo sul terreno della descrizione del wie, del come, dobbiamo accettare in principio l’idea che l’uomo adegui sempre imperfettamente il suo concetto. Anzi, a dir meglio: non che l’uomo adegui imperfettamente il suo concetto, ma che quel concetto è aperto, vago, in qualche punto indeterminato (e, in punti, che ancora non conosciamo – come un tempo ignoravano il punto sul quale siamo oggi, per decidere ‘se questo è un uomo’). Con un’immagine merlo-pontiana: quel concetto presenta una stoffa temporale, e dunque cambia. (Ancora un esempio: un tempo si sarebbe potuto considerare se non altro come criterio dell’umanità dell’uomo - e come indice del possesso di determinati requisiti intellettuali - la capacità di giocare a scacchi; oggi, quest’idea s’è fatta ahimé insostenibile).
Ora, a me pare che da questa conseguenza non ci si possa sottrarre neanche sulla base di considerazioni puramente biologiche. Si dica infatti che x,y,z...n sono le proprietà che l’uomo possiede dal punto di vista biologico. Cosa succede se modifico tramite manipolazione quel set di proprietà, sia pure in minima parte? Non credo che dobbiamo concludere che quest’uomo, geneticamente modificato, non sia più uomo (o sia un altro uomo). E che facciamo con i poli-trapiantati?
Si aggiunga a ciò che nessuno ci costringe a considerare che quello biologico sia il concetto di uomo meglio fondato. Né credo che, sul punto, stiamo messi meglio di Platone o Aristotele, che di simili conoscenze biologiche ne avevano pochine. Penso invece che il ‘fondamentalismo biologico’ sia solo una conseguenza di ritorno della possibilità di intervenire geneticamente sull’uomo, e che la questione embrione uomo/non-uomo sia in realtà superata (e cioè condizionata) dal timore che interventi tecnici ‘facciano’ a piacimento gli uomini, preselezionando le loro caratteristiche (fisiche, e non solo). Considero questa preoccupazione legittima, ma non ritengo che una simile preoccupazione possa costringermi a giudicare uomo l’embrione. Potrei benissimo non considerare l’embrione uomo, e ritenere di dover proibire qualunque genere di intervento di ingegneria genetica, per rispetto dell’uomo che sarà, e non dell’uomo che l’embrione è.
Torno così alla questione principale: essere come un uomo. Per corroborare la praemissa secunda dovrei ora fornire una mia ‘tipica’ dell’essere uomo. Mi piacerebbe esserne dispensato, se non altro per il carattere inevitabilmente aperto di una simile lista di predicati.. Potrei però dire, en gros, perlomeno qualcosa del genere: che è uomo chi è capace di parlare, o chi ha avuto questa capacità o chi può acquisirla, e chi prova affetti, o chi ne ha provati o potrà provarli; che uomo è chi ha un volto e può guardami negli occhi, o ha potuto farlo o potrà farlo. Potrei dire qualcosa del genere, potrei ovviamente affinare la mia descrizione, ma non per questa essa basterebbe (per principio). Non sto nemmeno a cercare contro-esempi, o a immaginare come, sulla base di una simile descrizione, possa mai discriminare uomini e computer (e cadaveri, visto che il mio abbozzo di descrizione li includerebbe, e non vi è dubbio che per i non-più uomini l’uomo ha sempre cercato di stabilire una forma di rispetto se non di venerazione che il taglio con l’accetta di uomo e non-uomo renderebbe incomprensibile). (Col che non si dice che l’embrione ha lo stesso valore etico di un cadavere, ma si dice che le cose sono complicate assai). Vorrei invece che si badasse al fatto che al fondo di quella descrizione sta insomma la considerazione, che è uomo ciò che la comunità degli uomini ‘decide’ che sia, e in cui ritiene di potersi riconoscere. Ho posto ‘decide’ tra virgolette perché non penso a una decisione arbitraria, positiva, legislativa, ma penso invece a una decisione che si modifica storicamente, socialmente, culturalmente, religiosamente, e che non è dunque imputabile a singoli individui. E che, la storia me ne rende ragione, non è e non può essere definitiva. (Torno ancora su un punto già considerato: di questo slittamento storico del concetto di uomo si ha di solito paura perché, allora, si può fare dell’uomo quel che si vuole. Di nuovo: capisco la paura, e in parte posso nutrirla anch’io, ma faccio notare che ad essa non c’è rimedio, se non con un salto fuori dalla storia – e tale è anche un salto nella natura. Aggiungo pure che decidendo cos’è un uomo, l’uomo decide su di sé: la qual cosa è ciò che si avvicina maggiormente ad una ‘definizione’ filosofica dell’uomo).
Tutto ciò posto, si tratta solo di valutare la capacità della ‘circonferenza’ uomo di accogliere anche l’embrione, di farlo oggetto degli stessi investimenti emotivi di cui è oggetto un bambino, delle stesse premure, o degli stessi interventi legislativi. Anche qui, mi ripeto: non mi pare che essere cattolici o cristiani o credenti possa esser fatto dipendere da valutazioni di questo tipo, e durerei fatica a trovare nel Vangelo la tesi che l’embrione è un uomo (o che la vita va difesa sin dal suo concepimento), e non mi pare dunque che ci sia qui un punto sul quale non si possa discutere. Io credo (ecco la certezza minore di cui parlo su Leftwing) che dare all’embrione la stessa protezione giuridica che è riconosciuta a un bambino non adegui il loro diverso modo di essere; che la vita al suo concepimento non ‘entri’ nella comunità degli uomini al modo in cui vi entra un bambino (ma già, ovviamente, un feto che scalcia) oppure un altro uomo; che intervenire sull’embrione non procuri sofferenza all’embrione; che intervenire sull’embrione o sulla procreazione può, al presente o in futuro, lenire altre sofferenze, eccetera. Lasciatemi questo eccetera.
È un eccetera pericoloso, lo so. So che il discorso che son venuto svolgendo può essere letto così: ma allora non può essere fissato alcun limite alla tracotanza tecnica dell’uomo. (Prego gli esprits philosophiques che mi hanno letto sin qui, di fare molta attenzione al punto). Io direi così: no, non può essere fissato IN ANTICIPO alcun limite alla tracotanza tecnica dell’uomo, il che non significa che l’uomo possa ora o domani fare qualunque cosa. Significa che bisognerà vedere, che gli uomini che saranno vedranno, di volta in volta: la mai troppo benedetta distinzione kantiana fra totalità distributiva e totalità collettiva deve sempre essere tenuta presente.
Coloro che dipingono scenari da fine del mondo sappiamo che alla fine del mondo non siamo ancora arrivati, e che il fatto che ci si possa arrivare in principio o in idea, e che una tal fine qualcuno pensi di potersela fin d’ora immaginare, non significa affatto che noi dobbiamo decidere ora sotto un tal schiacciamento e accorciamento di prospettive temporali. Di più: coloro che propongono di questi scenari sono le prime vittime di quell’ipertecnicismo nichilistico che dicono di voler scongiurare, se non altro perché ha colonizzato in maniera univoca la loro immaginazione. Sono loro che immaginano il tempo già interamente asservito ad un solo possibile corso, che intendono arrestare. Ed è solo loro la contrapposizione ‘mitica’ fra artificialismo non umano, e naturalismo umano (che è cosa abbastanza ossimorica, al mio orecchio). Non ci tocca di scongiurare ora quel che può accadere domani. Domani sarà troppo tardi? Vedremo domani.
L'umanità dell'embrione umano (2)
Tutto è cominciato agli inizi di dicembre con l'articolo di Emanuele Severino, apparso su Il Corriere della Sera, nel quale di discuteva di embrioni, uomini, atto/potenza, etc.
Adinolfi, il 4 dicembre, ha commentato l'articolo su Leftwing e nei successivi commenti al suo intervento scriveva: "l’embrione non è un uomo, e non è omicidio sopprimerlo".
Da qui la mia richiesta di giustificare questa sua affermazione.
Rispondeva il 6 dicembre in questi termini:
A me Severino mi fa un baffo, e visto che si continua a dire che sono elusivo, metto anch'io il mio argomento decisivo al quale finora nessuno ha pensato contro la tesi che l'embrione è un uomo. Poiché lo posto qui per la prima volta, "con la speranza di farmi capire", prego tutti i miei lettori di darne la più ampia diffusione, pari almeno a quella del Corrierone. I blog cattolici sono pregati di confluire in massa (così aumentano gli accessi) per far fuori l'argomento. I blog laici mi sostengano nell'ardua tenzone. (I blog filosofici sono pregati di pensarci un po' su: intelligenti pauca). Tenetevi forte, insomma: sta per arrivare. Tre proposizioni dovrebbero bastarmi:
Premessa maggiore: E' uomo ciò che è come un uomo.
Premessa minore: L'embrione non è come un uomo.
Conclusione: L'embrione non è un uomo.
(Com'è noto, in un sillogismo non sono le premesse ad essere dimostrate. Faccio dunque osservare - così non mi si dice che sono intellettualmente disonesto - che entrambe le premesse possono essere discusse, ma c'è più sugo filosofico a discutere la maggiore della minore).
C'est tout (o: il resto alla prossima)
-----
Io rispondevo nei commenti:
Fin quando non ci dici cos'è un uomo, sarà difficile capire quando qualcosa è come uomo o quando non lo è.
Adinolfi, il 4 dicembre, ha commentato l'articolo su Leftwing e nei successivi commenti al suo intervento scriveva: "l’embrione non è un uomo, e non è omicidio sopprimerlo".
Da qui la mia richiesta di giustificare questa sua affermazione.
Rispondeva il 6 dicembre in questi termini:
A me Severino mi fa un baffo, e visto che si continua a dire che sono elusivo, metto anch'io il mio argomento decisivo al quale finora nessuno ha pensato contro la tesi che l'embrione è un uomo. Poiché lo posto qui per la prima volta, "con la speranza di farmi capire", prego tutti i miei lettori di darne la più ampia diffusione, pari almeno a quella del Corrierone. I blog cattolici sono pregati di confluire in massa (così aumentano gli accessi) per far fuori l'argomento. I blog laici mi sostengano nell'ardua tenzone. (I blog filosofici sono pregati di pensarci un po' su: intelligenti pauca). Tenetevi forte, insomma: sta per arrivare. Tre proposizioni dovrebbero bastarmi:
Premessa maggiore: E' uomo ciò che è come un uomo.
Premessa minore: L'embrione non è come un uomo.
Conclusione: L'embrione non è un uomo.
(Com'è noto, in un sillogismo non sono le premesse ad essere dimostrate. Faccio dunque osservare - così non mi si dice che sono intellettualmente disonesto - che entrambe le premesse possono essere discusse, ma c'è più sugo filosofico a discutere la maggiore della minore).
C'est tout (o: il resto alla prossima)
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Io rispondevo nei commenti:
Fin quando non ci dici cos'è un uomo, sarà difficile capire quando qualcosa è come uomo o quando non lo è.
L'umanità dell'embrione umano (1)
Consegnato il capitolo, visto che ho una mezza giornata di tempo, vado a riesumare una lunga discussione iniziata qualche tempo fa con Massimo Adinolfi, di Azioneparallela.
Adinolfi insegna filosofia presso l'Università di Cassino e sul suo blog intrattiene interessanti discussioni su argomenti vari con un gran numero di interlocutori.
Per chiarire i nodi della questione andrò a recuperare tutti gli interventi precedenti, apparsi non su questo blog ma su Azioneparallela, tralasciando i commenti degli altri partecipanti dalla discussione.
Il materiale è davvero tanto ma vale la pena trascriverlo completamente.
Durante il fine settimana sarò assente, ci risentiamo lunedì, con la speranza che qualche mio lettore lasci il suo commento.
Adinolfi insegna filosofia presso l'Università di Cassino e sul suo blog intrattiene interessanti discussioni su argomenti vari con un gran numero di interlocutori.
Per chiarire i nodi della questione andrò a recuperare tutti gli interventi precedenti, apparsi non su questo blog ma su Azioneparallela, tralasciando i commenti degli altri partecipanti dalla discussione.
Il materiale è davvero tanto ma vale la pena trascriverlo completamente.
Durante il fine settimana sarò assente, ci risentiamo lunedì, con la speranza che qualche mio lettore lasci il suo commento.
giovedì, gennaio 27, 2005
Ho trascurato un po' questo blog perché ultimamente sono stato impegnato nella scrittura di un capitoletto della tesi di dottorato. Una parte riguardante l'influenza di Aristotele su Newman, della quale sono moderatamente soddisfatto.
Oggi la consegno al mio supervisore e per due o tre giorni penserò ad altro.
Vi annuncio fin d'ora che tra oggi e domani riprenderò una vecchia discussione lasciata in sospeso sull'umanità dell'embrione, tema molto discusso in questi tempi.
See you later ...
Oggi la consegno al mio supervisore e per due o tre giorni penserò ad altro.
Vi annuncio fin d'ora che tra oggi e domani riprenderò una vecchia discussione lasciata in sospeso sull'umanità dell'embrione, tema molto discusso in questi tempi.
See you later ...
mercoledì, gennaio 26, 2005
Un ebreo salvato dalla Shoà donò per riconoscenza a Pio XII Villa Giorgina
Un ebreo salvato dalla Shoà donò per riconoscenza a Pio XII Villa Giorgina
Abramo Giacobbe Isaia Levi, Senatore del Regno fino alla promulgazione delle leggi razziali
ROMA, mercoledì, 26 gennaio 2005 (ZENIT.org).- Alla fine delle guerra ci sono state innumerevoli dimostrazioni di ringraziamento e gratitudine da parte degli ebrei che si erano salvati grazie all’opera di assistenza delle istituzioni ecclesiastiche.
Una delle storie più rilevanti è quella di Abramo Giacobbe Isaia Levi, uomo illustre e Senatore del Regno fino alla promulgazione delle leggi razziali, che durante l’occupazione nazista venne nascosto dalle suore di Maria Bambina nella casa da loro gestita a fianco dell’Istituto Patristico “Augustinianum”, adiacente al colonnato di destra di piazza San Pietro.
Per riconoscenza donò al pontefice Pio XII la Villa Giorgina, attuale sede della Nunziatura Apostolica in Italia, che venne istituita nell’11 febbraio del 1929, successivamente alla firma dei Patti Lateranensi.
Il proprietario era il Senatore del Regno (Abramo Giacobbe) Isaia Levi che fece costruire la Villa negli anni Venti con il nome di Villa Levi. Denominata in seguito Villa Giorgina in memoria della giovane figlia scomparsa prematuramente.
Il Senatore Levi morì il 6 maggio del 1949. Il suo testamento letto il 9 maggio del 1949 recitava: “Lascio al Pontefice regnante Pio XII Villa Levi attualmente villa Giorgina in ricordo della mia amata bambina”.
“Ventimila metri quadrati di superficie e un giardino con piante di valore. Nella villa ci sono frammenti antichi, e quanto di meglio esiste ai nostri tempi. L’architettura è di stile neoclassico con sontuosi soffitti in legno riportati da ville romane del 5/600”.
Nell’atto di donazione il Senatore Levi suggerì anche la finalità d’uso e propose di adibirla a sede della Pontificia Accademia per le Scienze o come Nunziatura Apostolica.
Volontà che venne esaudita da Papa Giovanni XXIII il quale nel 1959 decise che la Villa, situata in via Po n. 27, divenisse sede della Nunziatura a Roma.
Secondo le sue stesse parole il Senatore Levi donò questa villa per: “Essere stato preservato dai pericoli della iniqua persecuzione razziale sovvertitrice di ogni rapporto della vita umana e grato alla protezione concessagli in quel turbinoso periodo dalle Suore di Maria Bambina”, presso le quali trovò considerevole ospitalità nel peggior pericolo delle persecuzioni razziali.
Il Senatore Levi era un personaggio di notevole statura morale. Prima che le leggi razziali lo costringessero a nascondersi aveva creato la “Fondazione pane e case per tutti”. Il programma “pane per tutti” funzionò fino a quando non arrivarono i nazisti, mentre la parte relativa alle case per tutti non ebbe il tempo di diventare operativa.
Lasciò una parte considerevole delle sue fortune all’Ospedale Mauriziano di Torino. Era molto sensibile alla condizione della gioventù, battendosi perché venissero adottate misure per la protezione dell’infanzia che avrebbero portato ad un miglioramento sociale e morale della società.
Alla fine della guerra, grazie al sostegno amoroso della moglie, Nella Coen, il Senatore Levi si convertì alla religione cristiana ma non dimenticò mai i suoi correligionari. Donò, infatti, una ingente somma di denaro agli ebrei vecchi, disabili e che vivevano in stato di povertà.
ZI05012611
Abramo Giacobbe Isaia Levi, Senatore del Regno fino alla promulgazione delle leggi razziali
ROMA, mercoledì, 26 gennaio 2005 (ZENIT.org).- Alla fine delle guerra ci sono state innumerevoli dimostrazioni di ringraziamento e gratitudine da parte degli ebrei che si erano salvati grazie all’opera di assistenza delle istituzioni ecclesiastiche.
Una delle storie più rilevanti è quella di Abramo Giacobbe Isaia Levi, uomo illustre e Senatore del Regno fino alla promulgazione delle leggi razziali, che durante l’occupazione nazista venne nascosto dalle suore di Maria Bambina nella casa da loro gestita a fianco dell’Istituto Patristico “Augustinianum”, adiacente al colonnato di destra di piazza San Pietro.
Per riconoscenza donò al pontefice Pio XII la Villa Giorgina, attuale sede della Nunziatura Apostolica in Italia, che venne istituita nell’11 febbraio del 1929, successivamente alla firma dei Patti Lateranensi.
Il proprietario era il Senatore del Regno (Abramo Giacobbe) Isaia Levi che fece costruire la Villa negli anni Venti con il nome di Villa Levi. Denominata in seguito Villa Giorgina in memoria della giovane figlia scomparsa prematuramente.
Il Senatore Levi morì il 6 maggio del 1949. Il suo testamento letto il 9 maggio del 1949 recitava: “Lascio al Pontefice regnante Pio XII Villa Levi attualmente villa Giorgina in ricordo della mia amata bambina”.
“Ventimila metri quadrati di superficie e un giardino con piante di valore. Nella villa ci sono frammenti antichi, e quanto di meglio esiste ai nostri tempi. L’architettura è di stile neoclassico con sontuosi soffitti in legno riportati da ville romane del 5/600”.
Nell’atto di donazione il Senatore Levi suggerì anche la finalità d’uso e propose di adibirla a sede della Pontificia Accademia per le Scienze o come Nunziatura Apostolica.
Volontà che venne esaudita da Papa Giovanni XXIII il quale nel 1959 decise che la Villa, situata in via Po n. 27, divenisse sede della Nunziatura a Roma.
Secondo le sue stesse parole il Senatore Levi donò questa villa per: “Essere stato preservato dai pericoli della iniqua persecuzione razziale sovvertitrice di ogni rapporto della vita umana e grato alla protezione concessagli in quel turbinoso periodo dalle Suore di Maria Bambina”, presso le quali trovò considerevole ospitalità nel peggior pericolo delle persecuzioni razziali.
Il Senatore Levi era un personaggio di notevole statura morale. Prima che le leggi razziali lo costringessero a nascondersi aveva creato la “Fondazione pane e case per tutti”. Il programma “pane per tutti” funzionò fino a quando non arrivarono i nazisti, mentre la parte relativa alle case per tutti non ebbe il tempo di diventare operativa.
Lasciò una parte considerevole delle sue fortune all’Ospedale Mauriziano di Torino. Era molto sensibile alla condizione della gioventù, battendosi perché venissero adottate misure per la protezione dell’infanzia che avrebbero portato ad un miglioramento sociale e morale della società.
Alla fine della guerra, grazie al sostegno amoroso della moglie, Nella Coen, il Senatore Levi si convertì alla religione cristiana ma non dimenticò mai i suoi correligionari. Donò, infatti, una ingente somma di denaro agli ebrei vecchi, disabili e che vivevano in stato di povertà.
ZI05012611
martedì, gennaio 25, 2005
Certo, Cuffaro ha tutto il diritto di protestare contro Report perche' "diffama la Sicilia".
Sarebbe stato rimproverato dai mafiosi se non l'avesse fatto. Mica e' una novita'. Quando uccisero Giuseppe Fava il sindaco Munzone "Vi giuro sul mio onore - proclamo' commosso - che a Catania la mafia non esiste". Munzone, Cuffaro e gli altri sono semplicemente il personale politico di questo strano sistema di governo della Sicilia, basato parte sul clientelismo e parte sull'omicidio. Fanno il loro mestiere.
Non servirebbe a niente bruciare per tre volte di seguito lo stesso locale dello stesso commerciante che si rifiuta di pagare il pizzo, se poi la tv ne deve fare un eroe. Dunque bisogna ordinare ai politici di far casino contro la tv, non tanto per ottenere la "trasmissione riparatrice", quanto per lanciare chiaro e forte l'avvertimento: di mafia, nella televisione italiana, non se ne deve parlare.
L'avvertimento e' reso eloquente dal fatto che la Sicilia, a parte la Colombia e a parte le zone di guerra, e' il luogo dell'occidente in cui sono stati uccisi piu' giornalisti: almeno otto.
La gentilissima signora Gabanelli di Report e i suoi stimabili collaboratori - questo e' il messaggio - non vorranno certo essere il numero nove, dieci e cosi' via. Quando Claudio Fava risponde - col disprezzo che merita - al portalettere dell'apparato, non sono due politici in cortese dibattito: da un lato c'e' il giornalista sfuggito
a un attentato mafioso, figlio di un altro giornalista ucciso dagli imprenditori mafiosi. Dall'altro c'e' Cuffaro, Munzone, i vecchi e nuovi cavalieri, Ciancimino: tutto il sistema che governava, e governa, la Sicilia. Par condicio.
* * *
Questa e' la normalita', giu' in Sicilia, e tocca principalmente a noi siciliani fare i conti con essa. Con due note, che non riguardano piu' i politici ma ciascuno di noi direttamente.
Prima di tutto: non ho letto niente da parte di Veneziani, che rappresenta la destra "colta" nel comando Rai. La politica e' politica, non pretendo che si sia gentili, democratici e liberali. Pero' alcune cose stanno sopra la politica, la lotta alla mafia per esempio. La lotta alla mafia e' anche belle parole, "ideali politici" come gli altri. Ma e' anche gente concreta, carne e sangue, persone. Borsellino che fa il suo ultimo discorso in assemblea. Non lo dice, non e' il suo stile: ma a un certo punto questa percezione riempie la sala, palpabile come una cosa, e tutti a ciglia asciutte raccolgono il testamento del nostro giudice, dell'uomo dei siciliani, di Borsellino. Oppure il proprietario Piazzese fra le macerie del suo locale, con le cambiali da pagare e i figli da mandare a scuola; e la decisione da prendere - uomo
o quaquaracqua' - nel giro di dieci minuti. Sia Borsellino che Piazzese non hanno diritto di parola in Italia. Vengono censurati da Cosa Nostra - e dalla destra.
Ecco. Io, se un "compagno" Crisafulli parla con i mafiosi (parla soltanto: non si fa addirittura incriminare come Cuffaro), lo attacco pubblicamente, senza pieta'. E qui, della politica me ne fotto. Lo stesso, laggiu' a palazzo, Claudio Fava. Perche' noi abbiamo vissuto qualcosa di piu' della politica. Cazzate possiamo farne quanto gli
altri. Pero' di fronte a quel proprietario Piazzese, o a Borsellino, sappiamo qual e' il nostro dovere. E Veneziani?
E' un "nemico", politicamente. Ma e' anche un uomo che ha scritto, che ha lottato, che non e' stato sempre un uomo di potere. Gli chiedo: che cosa vuoi fare ora, tu personalmente?
Una dichiarazioncella in sostegno, meglio tardi che mai? Un "nenti sacciu", un silenzio comodo come tutti gli altri? Oppure un bel gesto, tipo cercare Cuffaro e schiaffeggiarlo? Vedi tu. Io, come siciliano, voglio sapere su chi sto contando ora. Ho avuto anche dei fascisti accanto, contro la mafia di vent'anni fa. Ora voglio sapere che palle ha la destra di ora, quanto conta per lei la politica e quanto il resto.
Riccardo Orioles
Sarebbe stato rimproverato dai mafiosi se non l'avesse fatto. Mica e' una novita'. Quando uccisero Giuseppe Fava il sindaco Munzone "Vi giuro sul mio onore - proclamo' commosso - che a Catania la mafia non esiste". Munzone, Cuffaro e gli altri sono semplicemente il personale politico di questo strano sistema di governo della Sicilia, basato parte sul clientelismo e parte sull'omicidio. Fanno il loro mestiere.
Non servirebbe a niente bruciare per tre volte di seguito lo stesso locale dello stesso commerciante che si rifiuta di pagare il pizzo, se poi la tv ne deve fare un eroe. Dunque bisogna ordinare ai politici di far casino contro la tv, non tanto per ottenere la "trasmissione riparatrice", quanto per lanciare chiaro e forte l'avvertimento: di mafia, nella televisione italiana, non se ne deve parlare.
L'avvertimento e' reso eloquente dal fatto che la Sicilia, a parte la Colombia e a parte le zone di guerra, e' il luogo dell'occidente in cui sono stati uccisi piu' giornalisti: almeno otto.
La gentilissima signora Gabanelli di Report e i suoi stimabili collaboratori - questo e' il messaggio - non vorranno certo essere il numero nove, dieci e cosi' via. Quando Claudio Fava risponde - col disprezzo che merita - al portalettere dell'apparato, non sono due politici in cortese dibattito: da un lato c'e' il giornalista sfuggito
a un attentato mafioso, figlio di un altro giornalista ucciso dagli imprenditori mafiosi. Dall'altro c'e' Cuffaro, Munzone, i vecchi e nuovi cavalieri, Ciancimino: tutto il sistema che governava, e governa, la Sicilia. Par condicio.
* * *
Questa e' la normalita', giu' in Sicilia, e tocca principalmente a noi siciliani fare i conti con essa. Con due note, che non riguardano piu' i politici ma ciascuno di noi direttamente.
Prima di tutto: non ho letto niente da parte di Veneziani, che rappresenta la destra "colta" nel comando Rai. La politica e' politica, non pretendo che si sia gentili, democratici e liberali. Pero' alcune cose stanno sopra la politica, la lotta alla mafia per esempio. La lotta alla mafia e' anche belle parole, "ideali politici" come gli altri. Ma e' anche gente concreta, carne e sangue, persone. Borsellino che fa il suo ultimo discorso in assemblea. Non lo dice, non e' il suo stile: ma a un certo punto questa percezione riempie la sala, palpabile come una cosa, e tutti a ciglia asciutte raccolgono il testamento del nostro giudice, dell'uomo dei siciliani, di Borsellino. Oppure il proprietario Piazzese fra le macerie del suo locale, con le cambiali da pagare e i figli da mandare a scuola; e la decisione da prendere - uomo
o quaquaracqua' - nel giro di dieci minuti. Sia Borsellino che Piazzese non hanno diritto di parola in Italia. Vengono censurati da Cosa Nostra - e dalla destra.
Ecco. Io, se un "compagno" Crisafulli parla con i mafiosi (parla soltanto: non si fa addirittura incriminare come Cuffaro), lo attacco pubblicamente, senza pieta'. E qui, della politica me ne fotto. Lo stesso, laggiu' a palazzo, Claudio Fava. Perche' noi abbiamo vissuto qualcosa di piu' della politica. Cazzate possiamo farne quanto gli
altri. Pero' di fronte a quel proprietario Piazzese, o a Borsellino, sappiamo qual e' il nostro dovere. E Veneziani?
E' un "nemico", politicamente. Ma e' anche un uomo che ha scritto, che ha lottato, che non e' stato sempre un uomo di potere. Gli chiedo: che cosa vuoi fare ora, tu personalmente?
Una dichiarazioncella in sostegno, meglio tardi che mai? Un "nenti sacciu", un silenzio comodo come tutti gli altri? Oppure un bel gesto, tipo cercare Cuffaro e schiaffeggiarlo? Vedi tu. Io, come siciliano, voglio sapere su chi sto contando ora. Ho avuto anche dei fascisti accanto, contro la mafia di vent'anni fa. Ora voglio sapere che palle ha la destra di ora, quanto conta per lei la politica e quanto il resto.
Riccardo Orioles
lunedì, gennaio 24, 2005
Per una stranissima congiunzione astrale, tre bloggatori (ahh, che brutta parola) si sono trovati a discutere con i propri alunni o figli studenti della medesima questione: le prove dell'esistenza di Dio nella Summa Teologica di San Tommaso D'Aquino. Farfintadiesseresani martedì, Lostranierodielea martedì e giovedì, ed io giovedì, ma lo farò nuovamente domani.
Ho ricominciato a fare lezioni private al mio studente preferito, il medico, che questo semestre deve studiare San Tommaso e Voegelin.
E' iscritto al terzo anno del corso BA, l'equivalente della laurea triennale italiana, presso il Milltown Institute ma poichè esercita la professione non ha molto tempo per lo studio individuale e così io l'aiuto nella lettura dei classici, gli correggo i saggi, e poi chiacchieriamo delle questioni che più gli interessano.
Il Milltown è un'istituzione di ispirazione cattolica, fondata nel 1968 ma che da quest'anno è affiliata, come il mio college, alla National University of Ireland. Rilascia titoli sia pontifici che statali in filosofia, teologia e spiritualità.
Così, giusto per darvi un'idea dei programmi, questi sono gli argomenti che il mio alunno deve trattare:
Aquinas topics are:
1.Proofs for the existence of God
2.Psychology
3.Truth
4.Natural Law
5.Knowledge through connaturality
Voegelin topics:
1. Voegelin's theory of the experience and symbolization of the 'community of' being.
2.Significant cosmological ('compact') textual experiences from Ancient Near Eastern cultures with their symbolisation in myth.
3.Selected "differentiated" textual experiences of being with their symbolisation eg. in revelation, classical philosophy and mysticism.
4.Sample truncated ('eclipsed') experiences of being with their symbolisation in modern ideologies.
5.The theory of equivalences of experience and symbolisation in being which grounds Voegelin's work.
Per San Tommaso in generale uso The Thought of Thomas Aquinas di Brian Davies e The Christian Philosophy of St. Thomas Aquinas di Etienne Gilson.
Per quanto riguarda le prove dell'esistenza di Dio, questi sono i testi consigliati:
Anthony Kenny, The Five Ways: St. Thomas Aquinas' Proofs of God's Existence;
Joseph Owens, St. Thomas Aquinas on the Existence of God;
John F. Wippel, The Metaphysical Thought of Thomas Aquinas: From Finite Being to Uncreated Being.
Ho ricominciato a fare lezioni private al mio studente preferito, il medico, che questo semestre deve studiare San Tommaso e Voegelin.
E' iscritto al terzo anno del corso BA, l'equivalente della laurea triennale italiana, presso il Milltown Institute ma poichè esercita la professione non ha molto tempo per lo studio individuale e così io l'aiuto nella lettura dei classici, gli correggo i saggi, e poi chiacchieriamo delle questioni che più gli interessano.
Il Milltown è un'istituzione di ispirazione cattolica, fondata nel 1968 ma che da quest'anno è affiliata, come il mio college, alla National University of Ireland. Rilascia titoli sia pontifici che statali in filosofia, teologia e spiritualità.
Così, giusto per darvi un'idea dei programmi, questi sono gli argomenti che il mio alunno deve trattare:
Aquinas topics are:
1.Proofs for the existence of God
2.Psychology
3.Truth
4.Natural Law
5.Knowledge through connaturality
Voegelin topics:
1. Voegelin's theory of the experience and symbolization of the 'community of' being.
2.Significant cosmological ('compact') textual experiences from Ancient Near Eastern cultures with their symbolisation in myth.
3.Selected "differentiated" textual experiences of being with their symbolisation eg. in revelation, classical philosophy and mysticism.
4.Sample truncated ('eclipsed') experiences of being with their symbolisation in modern ideologies.
5.The theory of equivalences of experience and symbolisation in being which grounds Voegelin's work.
Per San Tommaso in generale uso The Thought of Thomas Aquinas di Brian Davies e The Christian Philosophy of St. Thomas Aquinas di Etienne Gilson.
Per quanto riguarda le prove dell'esistenza di Dio, questi sono i testi consigliati:
Anthony Kenny, The Five Ways: St. Thomas Aquinas' Proofs of God's Existence;
Joseph Owens, St. Thomas Aquinas on the Existence of God;
John F. Wippel, The Metaphysical Thought of Thomas Aquinas: From Finite Being to Uncreated Being.
domenica, gennaio 23, 2005
Un breve commento all'articolo qui sotto riportato, tratto da Il Foglio.
La sperimentazione su di un essere umano allo stadio embrionico per curare di un altro essere umano è profondamente immorale nella misura in cui comporta la sua distruzione o un suo grave danneggiamento.
Anche se l'efficacia di tali sperimentazioni è per ora irreale, qualora fosse dimostrata non cambierebbe la questione dal punto di vista morale.
E ' profondamente immorale in base al semplice principio, laico, che ogni essere umano merita rispetto e non può essere sacrificato a vantaggio di un altro.
Per usare la formulazione di Kant: "Agisci in modo da trattare l'umanità , tanto nella tua persona quanto nella persona dell'altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo".
Provo a spiegarmi con un semplice esempio: con le conoscenze mediche odierne potremmo dissezionare il signor Angelo Bottone (ognuno metta qui il proprio nome) e utilizzare i suoi organi per salvare almeno 6 o 7 persone diverse in attesa di trapianto.
Qualcuno potrebbe chiedere: è più giusto far morire 6 persone o una sola?
La domanda nasconde la tentazione utilitaristica di giudicare la bontà di un atto in base calcolo delle sue conseguenze. Ma il valore di una vita umana non può essere calcolato!
Una coscienza ben formata non può che rispondere che, anche se il sacrificio di uno potrebbe salvare molti, questo sacrificio non può essere imposto perché ogni persona è unica e merita rispetto.
Qualcuno obietterà che un embrione non è un essere umano ma ci dovrà spiegare perchè non lo è. Oppure che gli esseri umani che non hanno sviluppato alcune potenzialità hanno meno valore di altri, ma anche questa affermazione è da giustificare e, se accettata, comporterebbe conseguenze devastanti sulla nostra civiltà.
Qualcun altro dirà che certi embrioni sono destinati ugualmente alla morte, tanto vale farne buon uso. Bene, anche un bimbo nato in povertà ha meno aspettative di vita di un ricco miliardario. Perchè fermare la ricerca scientifica che sperimentando sul povero bimbo potrebbe salvare un bel po' di ricchi? La risposta è una sola: perché ogni essere umano, anche il più piccolo, ha una dignità inviolabile.
Le battaglie pro-life sono battaglie per i diritti umani ed il primo diritto umano è il diritto alla vita. Chi crede nella uguaglianza, che in passato era un valore per la sinistra, riconosce la stessa dignità a tutti gli essere umani, in qualunque stadio del loro sviluppo.
La sperimentazione su di un essere umano allo stadio embrionico per curare di un altro essere umano è profondamente immorale nella misura in cui comporta la sua distruzione o un suo grave danneggiamento.
Anche se l'efficacia di tali sperimentazioni è per ora irreale, qualora fosse dimostrata non cambierebbe la questione dal punto di vista morale.
E ' profondamente immorale in base al semplice principio, laico, che ogni essere umano merita rispetto e non può essere sacrificato a vantaggio di un altro.
Per usare la formulazione di Kant: "Agisci in modo da trattare l'umanità , tanto nella tua persona quanto nella persona dell'altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo".
Provo a spiegarmi con un semplice esempio: con le conoscenze mediche odierne potremmo dissezionare il signor Angelo Bottone (ognuno metta qui il proprio nome) e utilizzare i suoi organi per salvare almeno 6 o 7 persone diverse in attesa di trapianto.
Qualcuno potrebbe chiedere: è più giusto far morire 6 persone o una sola?
La domanda nasconde la tentazione utilitaristica di giudicare la bontà di un atto in base calcolo delle sue conseguenze. Ma il valore di una vita umana non può essere calcolato!
Una coscienza ben formata non può che rispondere che, anche se il sacrificio di uno potrebbe salvare molti, questo sacrificio non può essere imposto perché ogni persona è unica e merita rispetto.
Qualcuno obietterà che un embrione non è un essere umano ma ci dovrà spiegare perchè non lo è. Oppure che gli esseri umani che non hanno sviluppato alcune potenzialità hanno meno valore di altri, ma anche questa affermazione è da giustificare e, se accettata, comporterebbe conseguenze devastanti sulla nostra civiltà.
Qualcun altro dirà che certi embrioni sono destinati ugualmente alla morte, tanto vale farne buon uso. Bene, anche un bimbo nato in povertà ha meno aspettative di vita di un ricco miliardario. Perchè fermare la ricerca scientifica che sperimentando sul povero bimbo potrebbe salvare un bel po' di ricchi? La risposta è una sola: perché ogni essere umano, anche il più piccolo, ha una dignità inviolabile.
Le battaglie pro-life sono battaglie per i diritti umani ed il primo diritto umano è il diritto alla vita. Chi crede nella uguaglianza, che in passato era un valore per la sinistra, riconosce la stessa dignità a tutti gli essere umani, in qualunque stadio del loro sviluppo.
Le falsità sulle staminali
Angelo L. Vescovi è uno dei più importanti studiosi del mondo nel campo delle cellule staminali. Pronuncerà questo intervento il 31 gennaio all’Accademia dei Lincei in occasione del convegno sui “problemi e le prospettive della procreazione assistita” organizzato dall’Isle.
***
Una delle ragioni alla base dello scontro sulla legge che regolamenta la produzione di embrioni umani riguarda la possibilità di utilizzarli al fine di isolare cellule staminali embrionali pluripotenti.
Essendo queste cellule in grado di produrre qualunque tipo di cellula matura dei tessuti del nostro organismo, esiste la possibilità che le cellule staminali embrionali possano essere utilizzate per lo sviluppo di numerose terapie rigenerative ad oggi incurabili, quali il diabete, il morbo di Alzheimer eccetera.
Questa tesi è sicuramente logica e sostenibile fintanto che si accetti il fatto che si sta parlando di prospettive future e non di terapie già esistenti o in rapido divenire, e che si sta parlando di una delle numerose vie percorribili.
Purtroppo, il messaggio che incautamente viene trasmesso al grande pubblico e al legislatore è di ben altra natura e diametralmente opposto a quello che la realtà dei fatti ci propone.
Ci viene infatti spesso spiegato il contrario del vero, e cioè che le cellule staminali embrionali rappresentano se non l’unica (concetto che comunque in molti propongono), sicuramente la via migliore per lo sviluppo di terapie cellulari salvavita. Si allude spesso, nemmeno troppo velatamente, al fatto che le terapie a base di cellule staminali embrionali sarebbero addirittura già disponibili.
Non posso mancare di notare come un tale approccio è totalmente infondato e pone il cittadino, presto chiamato a decidere sulla validità della legge sulla fecondazione assistita, di fronte ad un dubbio dilaniante: lasciare morire milioni di persone o permettere l’uso degli embrioni umani per generare cellule salvavita? Ovviamente, in un contesto simile la natura dell’embrione umano viene stravolta, negata e banalizzata fino a renderlo un semplice “grumo di cellule”, qualcosa di sacrificabile ignorando gli enormi problemi etici che questo sacrificio solleva. In realtà il sacrificio non è per nulla necessario.
Non ci sono terapie “embrionali”
A dispetto di un oggettivo, significativo potenziale terapeutico, non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di cellule staminali embrionali. Non è attualmente possibile prevedere se e quando questo diverrà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, che ci impediscono di produrre le cellule mature necessarie per i trapianti, e data la intrinseca tendenza delle staminali embrionali a produrre tumori.
Secondo, ma non meno importante, esistono numerose terapie salvavita che rappresentano realtà cliniche importanti, quali le cure per la leucemia, le grandi lesioni ossee, le grandi ustioni, il trapianto di cornea. Tutte queste si basano sull’utilizzo di cellule staminali adulte. Inoltre, sono in fase di avvio nuove sperimentazioni sul paziente che implicano l’utilizzo di cellule staminali cerebrali umane.
Terzo, le terapie cellulari per le malattie degenerative non si basano solo sul trapianto di cellule prodotte in laboratorio. Esistono tecniche altrettanto promettenti basate sull’attivazione delle cellule staminali nella loro sede di residenza. Saranno quindi le cellule del paziente stesso che si occuperanno di curare la malattia, una volta stimolate con opportuni farmaci. Ovviamente, trattandosi delle cellule staminali del paziente stesso, i problemi di rigetto che, ricordiamolo, possono esistere col trapianto di staminali sia embrionali che adulte, in questo caso non sussistono.
Quarto: la produzione di cellule staminali embrionali può avvenire senza passare attraverso la produzione di embrioni. Sono infatti in corso studi grazie ai quali è possibile deprogrammare le cellule adulte fino a renderle uguali alle staminali embrionali senza mai produrre embrioni. Si tratta di una procedura che ha la stessa probabilità di funzionare della clonazione umana, ma scevra da problemi etici e che produce cellule al riparo da rischi di rigetto.
Da quanto descritto sopra, emerge molto chiaramente la seguente conclusione: il dibattito riguardante la legge sulla fecondazione assistita deve avvenire in assenza delle pressioni emotive e psicologiche che, artatamente, vengono fatte scaturire dalla supposta inderogabile necessità di utilizzare gli embrioni umani per produrre cellule staminali embrionali che rappresenterebbero l’unica o la migliore via per la guarigione di molte malattie terribili e incurabili.
Questa affermazione è incauta non solo perché fondata su concetti facilmente questionabili ma anche in relazione all’esistenza di linee di ricerca, di sviluppo e di cure almeno altrettanto valide, molto più vicine alla messa in opera nella clinica corrente e prive di controindicazioni etiche.
Il dibattito sulla legge deve quindi incentrarsi sugli aspetti relativi alla dignità dell’embrione e al suo riconoscimento come vita umana a tutti gli effetti.
In questo contesto, mi permetto di concludere che, nella mia scala di valori di laico e agnostico, il diritto alla vita dell’embrione precede inequivocabilmente il diritto alla procreazione.
(Il Foglio, 22 gennaio)
***
Una delle ragioni alla base dello scontro sulla legge che regolamenta la produzione di embrioni umani riguarda la possibilità di utilizzarli al fine di isolare cellule staminali embrionali pluripotenti.
Essendo queste cellule in grado di produrre qualunque tipo di cellula matura dei tessuti del nostro organismo, esiste la possibilità che le cellule staminali embrionali possano essere utilizzate per lo sviluppo di numerose terapie rigenerative ad oggi incurabili, quali il diabete, il morbo di Alzheimer eccetera.
Questa tesi è sicuramente logica e sostenibile fintanto che si accetti il fatto che si sta parlando di prospettive future e non di terapie già esistenti o in rapido divenire, e che si sta parlando di una delle numerose vie percorribili.
Purtroppo, il messaggio che incautamente viene trasmesso al grande pubblico e al legislatore è di ben altra natura e diametralmente opposto a quello che la realtà dei fatti ci propone.
Ci viene infatti spesso spiegato il contrario del vero, e cioè che le cellule staminali embrionali rappresentano se non l’unica (concetto che comunque in molti propongono), sicuramente la via migliore per lo sviluppo di terapie cellulari salvavita. Si allude spesso, nemmeno troppo velatamente, al fatto che le terapie a base di cellule staminali embrionali sarebbero addirittura già disponibili.
Non posso mancare di notare come un tale approccio è totalmente infondato e pone il cittadino, presto chiamato a decidere sulla validità della legge sulla fecondazione assistita, di fronte ad un dubbio dilaniante: lasciare morire milioni di persone o permettere l’uso degli embrioni umani per generare cellule salvavita? Ovviamente, in un contesto simile la natura dell’embrione umano viene stravolta, negata e banalizzata fino a renderlo un semplice “grumo di cellule”, qualcosa di sacrificabile ignorando gli enormi problemi etici che questo sacrificio solleva. In realtà il sacrificio non è per nulla necessario.
Non ci sono terapie “embrionali”
A dispetto di un oggettivo, significativo potenziale terapeutico, non esistono terapie, nemmeno sperimentali, che implichino l’impiego di cellule staminali embrionali. Non è attualmente possibile prevedere se e quando questo diverrà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule, che ci impediscono di produrre le cellule mature necessarie per i trapianti, e data la intrinseca tendenza delle staminali embrionali a produrre tumori.
Secondo, ma non meno importante, esistono numerose terapie salvavita che rappresentano realtà cliniche importanti, quali le cure per la leucemia, le grandi lesioni ossee, le grandi ustioni, il trapianto di cornea. Tutte queste si basano sull’utilizzo di cellule staminali adulte. Inoltre, sono in fase di avvio nuove sperimentazioni sul paziente che implicano l’utilizzo di cellule staminali cerebrali umane.
Terzo, le terapie cellulari per le malattie degenerative non si basano solo sul trapianto di cellule prodotte in laboratorio. Esistono tecniche altrettanto promettenti basate sull’attivazione delle cellule staminali nella loro sede di residenza. Saranno quindi le cellule del paziente stesso che si occuperanno di curare la malattia, una volta stimolate con opportuni farmaci. Ovviamente, trattandosi delle cellule staminali del paziente stesso, i problemi di rigetto che, ricordiamolo, possono esistere col trapianto di staminali sia embrionali che adulte, in questo caso non sussistono.
Quarto: la produzione di cellule staminali embrionali può avvenire senza passare attraverso la produzione di embrioni. Sono infatti in corso studi grazie ai quali è possibile deprogrammare le cellule adulte fino a renderle uguali alle staminali embrionali senza mai produrre embrioni. Si tratta di una procedura che ha la stessa probabilità di funzionare della clonazione umana, ma scevra da problemi etici e che produce cellule al riparo da rischi di rigetto.
Da quanto descritto sopra, emerge molto chiaramente la seguente conclusione: il dibattito riguardante la legge sulla fecondazione assistita deve avvenire in assenza delle pressioni emotive e psicologiche che, artatamente, vengono fatte scaturire dalla supposta inderogabile necessità di utilizzare gli embrioni umani per produrre cellule staminali embrionali che rappresenterebbero l’unica o la migliore via per la guarigione di molte malattie terribili e incurabili.
Questa affermazione è incauta non solo perché fondata su concetti facilmente questionabili ma anche in relazione all’esistenza di linee di ricerca, di sviluppo e di cure almeno altrettanto valide, molto più vicine alla messa in opera nella clinica corrente e prive di controindicazioni etiche.
Il dibattito sulla legge deve quindi incentrarsi sugli aspetti relativi alla dignità dell’embrione e al suo riconoscimento come vita umana a tutti gli effetti.
In questo contesto, mi permetto di concludere che, nella mia scala di valori di laico e agnostico, il diritto alla vita dell’embrione precede inequivocabilmente il diritto alla procreazione.
(Il Foglio, 22 gennaio)
venerdì, gennaio 21, 2005
Il postmoderno spiegato ai parroci
La FUCI ha un nuovo assistente nazionale, si tratta di don Armando Matteo, laureato in Filosofia alla Cattolica, docente di Storia della Filosofia all'istituto teologico di Catanzaro e di Metodologia della ricerca scientifica presso l'Istituto Teologico Calabro.
Non lo conosco di persona, o almeno non mi ricordo di lui, ma ho trovato in rete, sul sito della diocesi di Crotone Santa Severina, un suo scritto dal titolo Il postmoderno spiegato ai parroci.
Auguri.
Non lo conosco di persona, o almeno non mi ricordo di lui, ma ho trovato in rete, sul sito della diocesi di Crotone Santa Severina, un suo scritto dal titolo Il postmoderno spiegato ai parroci.
Auguri.
Tom, get your plane right on time.
I know your part'll go fine.
Fly down to Mexico.
Da-n-da-da-n-da-n-da-da and here I am,
The only living boy in New York.
I get the news I need on the weather report.
I can gather all the news I need on the weather report.
Hey, I've got nothing to do today but smile.
Da-n-da-da-n-da-da-n-da-da here I am
The only living boy in New York
Half of the time we're gone but we don't know where,
And we don't know here.
Tom, get your plane right on time.
I know you've been eager to fly now.
Hey let your honesty shine, shine, shine
Da-n-da-da-n-da-da-n-da-da
Like it shines on me
The only living boy in New York,
The only living boy in New York.
mercoledì, gennaio 19, 2005
Sul sito della diocesi di Chieti-Vasto, la mia diocesi in Italia, ci sono un po' di interventi del vescovo, il carissimo Bruno Forte.
L'ultimo è un'intervista alla Radio Vaticana su Le indulgenze viste nella logica dell’“eccesso” della misericordia di Dio.
Segnalo anche ildiscorso del Cardinale Martino presentato in occasione del Convegno sul Compendio della Dottrina Sociale.
L'ultimo è un'intervista alla Radio Vaticana su Le indulgenze viste nella logica dell’“eccesso” della misericordia di Dio.
Segnalo anche ildiscorso del Cardinale Martino presentato in occasione del Convegno sul Compendio della Dottrina Sociale.
martedì, gennaio 18, 2005
Donato
Mi fa piacere che quanto scrivevo sui referendum qualche giorno fa ha provocato un po' di dibattito nei commenti, che sono solitamente poco utilizzati.
In particolare è stata sollevata la questione dell'eterologa.
Non ho il tempo di entrare nel merito ma è un aspetto della fecondazione artificiale che mi sta particolarmente a cuore anche perchè, non l'ho mai detto, ma sto scrivendo un pezzo per teatro incentrato proprio sul problema della donazione genetica.
Vi accenno la trama.
Si tratta di un uomo che dopo esser stato lasciato dalla moglie scopre che lei sta cercando un donatore per avere un figlio da sola (pratica in Italia vietata). Lui fa di tutto per essere il padre, senza naturalmente esser sicuro di esserci riuscito.
Dopo diversi anni la figlia della donna e l'uomo di incontrano ....
Mi fermo qui, altrimenti non verrete mai a vederlo. :)
Scherzo, ho timore che qualcuno mi copi ma tanto difficilmente riuscirò a portarlo a termine e a farlo rappresentare.
La storia è piuttosto semplice ma si presta a profonde riflessioni sulla maternità e la paternità, sui rapporti di coppia, sulle tecnologie riproduttive, sui diritti dei figli e così via.
Comunque, di figli concepiti da donatori, sulla loro ricerca dei propri padri genetici e si discute spesso su questo blog americano: Family Scholars.
E' interessante leggere le loro testimonianze.
Donorsiblingsregistry invece è un sito dedicato a quanti, nati da donazione, cercano i loro fratelli e sorelle concepiti in altre coppie.
In particolare è stata sollevata la questione dell'eterologa.
Non ho il tempo di entrare nel merito ma è un aspetto della fecondazione artificiale che mi sta particolarmente a cuore anche perchè, non l'ho mai detto, ma sto scrivendo un pezzo per teatro incentrato proprio sul problema della donazione genetica.
Vi accenno la trama.
Si tratta di un uomo che dopo esser stato lasciato dalla moglie scopre che lei sta cercando un donatore per avere un figlio da sola (pratica in Italia vietata). Lui fa di tutto per essere il padre, senza naturalmente esser sicuro di esserci riuscito.
Dopo diversi anni la figlia della donna e l'uomo di incontrano ....
Mi fermo qui, altrimenti non verrete mai a vederlo. :)
Scherzo, ho timore che qualcuno mi copi ma tanto difficilmente riuscirò a portarlo a termine e a farlo rappresentare.
La storia è piuttosto semplice ma si presta a profonde riflessioni sulla maternità e la paternità, sui rapporti di coppia, sulle tecnologie riproduttive, sui diritti dei figli e così via.
Comunque, di figli concepiti da donatori, sulla loro ricerca dei propri padri genetici e si discute spesso su questo blog americano: Family Scholars.
E' interessante leggere le loro testimonianze.
Donorsiblingsregistry invece è un sito dedicato a quanti, nati da donazione, cercano i loro fratelli e sorelle concepiti in altre coppie.
domenica, gennaio 16, 2005
Aste
Segnalo su Ebay due aste di particolare importanza per chi, come me, ama J. H. Newman.
La prima, in prossima scadenza, riguarda una sua lettera autografa del 1879. Attualmente ha raggiunto 600 dollari.
La seconda è una reliquia del beato Domenico Barberi, il passionista che ha accolto Newman nella Chiesa Cattolica. Io non comprerei mai reliquie, comunque a 7 giorni dalla scadenza dell'asta la quotazione è di 152 dollari.
Qualche giorno fa invece è apparso, solo per poche ore, un eccezionale lotto di 11 volumi originali di Isaac Williams, grande amico di Newman, e di due lettere di Pusey nelle quali lo difendeva durante la contestata nomina a professore di poesia ad Oxford nel 1841. La base d'asta era 200 dollari e stavo per puntare quando qualcuno ha comprato il tutto per 500 dollari senza lasciarci nemmeno un po' di emozione nel gareggiare. :(
La prima, in prossima scadenza, riguarda una sua lettera autografa del 1879. Attualmente ha raggiunto 600 dollari.
La seconda è una reliquia del beato Domenico Barberi, il passionista che ha accolto Newman nella Chiesa Cattolica. Io non comprerei mai reliquie, comunque a 7 giorni dalla scadenza dell'asta la quotazione è di 152 dollari.
Qualche giorno fa invece è apparso, solo per poche ore, un eccezionale lotto di 11 volumi originali di Isaac Williams, grande amico di Newman, e di due lettere di Pusey nelle quali lo difendeva durante la contestata nomina a professore di poesia ad Oxford nel 1841. La base d'asta era 200 dollari e stavo per puntare quando qualcuno ha comprato il tutto per 500 dollari senza lasciarci nemmeno un po' di emozione nel gareggiare. :(
Meteor Music Award
E' possibile votare on line gli artisti per i Meteor Music Award.
Ecco le mie scelte
Best Irish Radio DJ: Tom Dunne
Best Irish Band: The Frames
Best Irish Male: Damien Rice
Best Irish Female: Juliet Turner
Best Irish Pop: The Coors
Ecco le mie scelte
Best Irish Radio DJ: Tom Dunne
Best Irish Band: The Frames
Best Irish Male: Damien Rice
Best Irish Female: Juliet Turner
Best Irish Pop: The Coors
sabato, gennaio 15, 2005
Referenda
Sul sito del Movimento per la Vita una ricca rassegna stampa dedicata ai referendum sulla legge 40.
Io propongo un coordinamento tra i blog antireferendum, magari con un logo chiaramente visibile.
Sarebbe non tanto un campagna per il NO, perchè forse è meglio puntare all'astensione, quanto un impegno a combattere le posizioni espresse dai promotori.
Vista la situazione attuale io preferirei che la consultazione abbia luogo, invece dei 'ritocchi' del Parlamento, ritocchi in peggio si intende.
Sono convinto che se i referendum non verranno accorpati alle regionali non raggiungeranno il quorum.
Inoltre sarebbe una grande occasione di dibattito e anche se la stampa è ormai schierata a favore del SI, per par condicio le televisioni dovrebbero dare spazio anche agli altri.
Intanto Berlusconi, come Prodi, ha dichiarato libertà di coscienza per i propri elettori, ossia ha deciso di non schierare il partito. Forse questa mossa è legata
alle continue attenzioni nella Casa delle Libertà per i radicali? Vedremo ...
Io propongo un coordinamento tra i blog antireferendum, magari con un logo chiaramente visibile.
Sarebbe non tanto un campagna per il NO, perchè forse è meglio puntare all'astensione, quanto un impegno a combattere le posizioni espresse dai promotori.
Vista la situazione attuale io preferirei che la consultazione abbia luogo, invece dei 'ritocchi' del Parlamento, ritocchi in peggio si intende.
Sono convinto che se i referendum non verranno accorpati alle regionali non raggiungeranno il quorum.
Inoltre sarebbe una grande occasione di dibattito e anche se la stampa è ormai schierata a favore del SI, per par condicio le televisioni dovrebbero dare spazio anche agli altri.
Intanto Berlusconi, come Prodi, ha dichiarato libertà di coscienza per i propri elettori, ossia ha deciso di non schierare il partito. Forse questa mossa è legata
alle continue attenzioni nella Casa delle Libertà per i radicali? Vedremo ...
Lille
Sul blog di Simona alcune foto scattate a Lille durante le Settimane Sociali di Francia.
Il sottoscritto è quello con la cravatta blu.
Il sottoscritto è quello con la cravatta blu.
venerdì, gennaio 14, 2005
New Blackfriars
E' finalmente uscito il mio articolo su Newman e Wittgenstein.
Lo trovate qui se avete l'abbonamento a New Blackfriars, altrimenti a chi me lo chiede lo spedirò tramite posta elettronica.
Questo l'indice dell'intero numero:
1 In memoriam Jacques Derrida
Fergus Kerr
3 A Contradiction: The Structure of Christian Thought. A response to Daphne Hampson's Christian Contradictions: The Structures of Lutheran and Catholic Thought and After Christianity.
Laurence Paul Hemming
24 Reply to Laurence Hemming
Daphne Hampson
48 God, Angels and Us
Robert Ombres
62 Newman and Wittgenstein after Foundationalism
Angelo Bottone
76 The Apostolic Succession: A Reply to Francis A. Sullivan
Michael C. McGuckian
94 Death Part I
Hayden Ramsay
101 Faith as Thinking with Assent
Stephen Theron
Lo trovate qui se avete l'abbonamento a New Blackfriars, altrimenti a chi me lo chiede lo spedirò tramite posta elettronica.
Questo l'indice dell'intero numero:
1 In memoriam Jacques Derrida
Fergus Kerr
3 A Contradiction: The Structure of Christian Thought. A response to Daphne Hampson's Christian Contradictions: The Structures of Lutheran and Catholic Thought and After Christianity.
Laurence Paul Hemming
24 Reply to Laurence Hemming
Daphne Hampson
48 God, Angels and Us
Robert Ombres
62 Newman and Wittgenstein after Foundationalism
Angelo Bottone
76 The Apostolic Succession: A Reply to Francis A. Sullivan
Michael C. McGuckian
94 Death Part I
Hayden Ramsay
101 Faith as Thinking with Assent
Stephen Theron
martedì, gennaio 11, 2005
Closer
Silence is a ghost
a friend that comes in waves
From a storm over someplace
A friend I love the most
And never changing face
Like any should
Closer to my girl
Feeling like I'm on
Another place in time
I feel it in my bones
A fragrant dizzy mile
Crazy like I'm stoned
But true as if I've grown
Crawl under my skin
Swim into my veins
From a place where
the sun wakes
Read it in a face
sent in an embrace
Like any should
Closer to my girl
Feeling like I'm on
Another place in time
I feel it in my bones
A hazy dizzy mile
Crazy like I'm stoned
But true as if I've grown
a friend that comes in waves
From a storm over someplace
A friend I love the most
And never changing face
Like any should
Closer to my girl
Feeling like I'm on
Another place in time
I feel it in my bones
A fragrant dizzy mile
Crazy like I'm stoned
But true as if I've grown
Crawl under my skin
Swim into my veins
From a place where
the sun wakes
Read it in a face
sent in an embrace
Like any should
Closer to my girl
Feeling like I'm on
Another place in time
I feel it in my bones
A hazy dizzy mile
Crazy like I'm stoned
But true as if I've grown
Varie
Un po' di curiosità e cose interessanti che ho trovato in rete.
E' nata la Biblioteca Husserliana, ricco sito che raccoglie articoli su Husserl e la fenomenologia.
Sul Chronicle of Higher Education un articolo di Stanley Fish, uno dei più famosi decostruzionisti, sul crescente interesse per la religione nelle università americane.
Si conclude così:
Announce a course with "religion" in the title, and you will have an overflow population. Announce a lecture or panel on "religion in our time" and you will have to hire a larger hall.
And those who come will not only be seeking knowledge; they will be seeking guidance and inspiration, and many of them will believe that religion -- one religion, many religions, religion in general -- will provide them.
Are we ready?
We had better be, because that is now where the action is. When Jacques Derrida died I was called by a reporter who wanted know what would succeed high theory and the triumvirate of race, gender, and class as the center of intellectual energy in the academy. I answered like a shot: religion.
A proposito di Derrida, il blog seminario a lui dedicato è miseramente fallito. Se, come recitava la didascalia, volevano sfuggire al controllo, ci sono riusciti egregiamente.
Parlando sempre di religione, la notizia più curiosa che ho letto quest'anno riguarda l'usanza, a Taiwan, di coinvolgere delle spogliarelliste nelle veglie funebri.
Se ne discute un po' qui.
Chiederò al mio coinquilino Barry, che di Taiwan è un esperto.
L'American Dialect Society, l'organizzazione che studia l'evoluzione dell'inglese americano, ha annunciato le parole dell'anno 2004.
Il primo premio assoluto è stato assegnato a "red state, blu state, purple state" dove i colori stanno ad indicare la prevalenza repubblicana o democratica in uno Stato americano.
Stranamente per noi italiani, rosso indica la destra e blu la sinistra.
Tutte le altre categorie le trovate qui.
E' nata la Biblioteca Husserliana, ricco sito che raccoglie articoli su Husserl e la fenomenologia.
Sul Chronicle of Higher Education un articolo di Stanley Fish, uno dei più famosi decostruzionisti, sul crescente interesse per la religione nelle università americane.
Si conclude così:
Announce a course with "religion" in the title, and you will have an overflow population. Announce a lecture or panel on "religion in our time" and you will have to hire a larger hall.
And those who come will not only be seeking knowledge; they will be seeking guidance and inspiration, and many of them will believe that religion -- one religion, many religions, religion in general -- will provide them.
Are we ready?
We had better be, because that is now where the action is. When Jacques Derrida died I was called by a reporter who wanted know what would succeed high theory and the triumvirate of race, gender, and class as the center of intellectual energy in the academy. I answered like a shot: religion.
A proposito di Derrida, il blog seminario a lui dedicato è miseramente fallito. Se, come recitava la didascalia, volevano sfuggire al controllo, ci sono riusciti egregiamente.
Parlando sempre di religione, la notizia più curiosa che ho letto quest'anno riguarda l'usanza, a Taiwan, di coinvolgere delle spogliarelliste nelle veglie funebri.
Se ne discute un po' qui.
Chiederò al mio coinquilino Barry, che di Taiwan è un esperto.
L'American Dialect Society, l'organizzazione che studia l'evoluzione dell'inglese americano, ha annunciato le parole dell'anno 2004.
Il primo premio assoluto è stato assegnato a "red state, blu state, purple state" dove i colori stanno ad indicare la prevalenza repubblicana o democratica in uno Stato americano.
Stranamente per noi italiani, rosso indica la destra e blu la sinistra.
Tutte le altre categorie le trovate qui.
lunedì, gennaio 10, 2005
Kearney
Sono di nuovo a Dublino.
Oggi inizia la prima settimana di lezioni di Richard Kearney, il più famoso dei miei professori.
'Miami Vice' Kearney mi piace molto. Non è particolarmente originale ma ha un'ampia conoscenza della filosofia continentale contemporanea che riesce a presentare sempre in maniera chiara.
Da un po' di tempo insegna stabilmente al Boston College e da noi fa solo dei corsi intensivi, concentrati in due settimane. Quest'anno si parlerà di religione.
ps. Kearney ha cambiato idea, il corso non sarà più di fenomenologia della religione ma riguarderà la 'phenomenology of fiction'. Una lettura ricoeuriana di Proust e Joyce.
Oggi inizia la prima settimana di lezioni di Richard Kearney, il più famoso dei miei professori.
'Miami Vice' Kearney mi piace molto. Non è particolarmente originale ma ha un'ampia conoscenza della filosofia continentale contemporanea che riesce a presentare sempre in maniera chiara.
Da un po' di tempo insegna stabilmente al Boston College e da noi fa solo dei corsi intensivi, concentrati in due settimane. Quest'anno si parlerà di religione.
ps. Kearney ha cambiato idea, il corso non sarà più di fenomenologia della religione ma riguarderà la 'phenomenology of fiction'. Una lettura ricoeuriana di Proust e Joyce.
giovedì, gennaio 06, 2005
Dogs save the Queen
Durante la cena di Natale in casa Windsor un valletto maldestro ha spostato la sedia della Regina ed Elisabetta II è finita a terra sopra i suoi inseparabili cagnolini corgi. A raccontare l'episodio è oggi il domenicale Mail on Sunday. Il responsabile, Fraser Marlton Thomas, 25 anni, da soli otto mesi a servizio nella residenza reale di Sandringham, in altri tempi probabilmente ci avrebbe rimesso la testa. Invece non ha neppure perso il posto di lavoro, visto che la sovrana l'ha presa con umorismo. La Regina si era sollevata dalla sedia forse per porgere qualcosa ad un commensale, invece il valletto ha pensato che stesse alzandosi e prontamente ha allontanato la sedia. Così quando qualche secondo dopo sua Maestà si è risieduta ha trovato il vuoto. Ha perso l'equilibrio ed è caduta sopra i cani che come sempre erano accucciati ai suoi piedi. Sia Elisabetta che i corgi sono usciti illesi dall'incidente.
Giovanni Papini
Grazie a wxre vengo a conoscenza di www.giovannipapini.it, un sito dedicato interamente a Giovanni Papini.
Vale la pena visitarlo.
Ho scoperto questo intellettuale, famosissimo durante la prima metà del Novecento e poi dimenticato, quando trovai in soffitta il primo, e purtroppo unico, volume del Dizionario dell'Omo Salvatico (1923), scritto insieme a Domenico Giuliotti.
Da allora ho cominciato a collezionare vecchie edizioni delle sue molte opere.
L'ultimo mio acquisto è proprio un gioiellino. Si tratta della Storia di Cristo (1932) in edizione gran lusso numerata, con una grande firma autografa. Rilegata in cuoio rosso, con incisioni in oro, illustrata da xilografie del Bramanti.
La potete vedere qui:
http://cgi.ebay.com/ws/eBayISAPI.dll?ViewItem&rd=1&item=6939312698&ssPageName=STRK:MEWA:IT
Si tratta forse del libro di maggior valore tra quelli in mio possesso.
ps.
Ho trovato lo stesso libro da questo antiquario per 1594 dollari!! Quasi 10 volte quanto l'ho pagato io.
Vale la pena visitarlo.
Ho scoperto questo intellettuale, famosissimo durante la prima metà del Novecento e poi dimenticato, quando trovai in soffitta il primo, e purtroppo unico, volume del Dizionario dell'Omo Salvatico (1923), scritto insieme a Domenico Giuliotti.
Da allora ho cominciato a collezionare vecchie edizioni delle sue molte opere.
L'ultimo mio acquisto è proprio un gioiellino. Si tratta della Storia di Cristo (1932) in edizione gran lusso numerata, con una grande firma autografa. Rilegata in cuoio rosso, con incisioni in oro, illustrata da xilografie del Bramanti.
La potete vedere qui:
http://cgi.ebay.com/ws/eBayISAPI.dll?ViewItem&rd=1&item=6939312698&ssPageName=STRK:MEWA:IT
Si tratta forse del libro di maggior valore tra quelli in mio possesso.
ps.
Ho trovato lo stesso libro da questo antiquario per 1594 dollari!! Quasi 10 volte quanto l'ho pagato io.
martedì, gennaio 04, 2005
IN CERCA DI GESU'
Comunicazioni ai fedeli dalle bacheche parrocchiali.
Ricordate nella preghiera tutti quanti sono stanchi e sfiduciati della nostra parrocchia.
Per tutti quanti tra voi hanno figli e non lo sanno, abbiamo un’area attrezzata per i bambini.
Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del Gruppo Mamme. Tutte coloro che vogliono entrare a far parte delle Mamme sono pregate di rivolgersi al parroco nel suo ufficio.
Il gruppo dei volontari ha deposto tutti gli indumenti. Ora li potrete vedere nel salone parrocchiale.
Martedì sera, cena a base di fagioli nel salone parrocchiale. Seguirà concerto.
Il gruppo di recupero della fiducia in se stessi si riunisce giovedì sera alle 7. Per cortesia usate la porta sul retro.
Venerdì sera alle 8 i bambini dell’oratorio presenteranno l’«Amleto» di Shakespeare nel salone della chiesa. La comunità è invitata a prendere parte a questa tragedia.
Un nuovo impianto di altoparlanti è stato installato in chiesa. È stato donato da uno dei nostri fedeli, in memoria di sua moglie.
Care signore, non dimenticate la vendita di beneficenza! È un buon modo per liberarvi di quelle cose inutili che vi ingombrano la casa. Portate i vostri mariti.
Tema della catechesi di oggi: «Gesù cammina sulle acque». Catechesi di domani: «In cerca di Gesù».
Maria è ancora in ospedale e ha bisogno di donatori di sangue per trasfusioni. Ha anche problemi di insonnia e richiede le registrazioni delle catechesi del parroco.
Il coro degli ultrasessantenni verrà sciolto per tutta l’estate, con ringraziamenti di tutta la parrocchia.
Il torneo di basket delle parrocchie prosegue con la partita di mercoledì sera. Venite a fare il tifo per noi mentre cercheremo di sconfiggere il Cristo Re!
Il costo per la partecipazione al convegno «Preghiera e digiuno» è comprensivo dei pasti.
Il concerto parrocchiale è stato un grande successo. Un ringraziamento speciale va alla figlia del diacono, che si è data da fare per tutta la sera al pianoforte, che come al solito è caduto sulle sue spalle.
Per favore mettete le vostre offerte nella busta assieme ai defunti che volete far ricordare.
Ringraziamo quanti hanno pulito il giardino della chiesa e il parroco.
Il parroco accenderà la sua candela da quella dell'altare. Il diacono accenderà la sua candela da quella del parroco e voltandosi accenderà uno a uno i fedeli della prima fila.
Amen.
Ricordate nella preghiera tutti quanti sono stanchi e sfiduciati della nostra parrocchia.
Per tutti quanti tra voi hanno figli e non lo sanno, abbiamo un’area attrezzata per i bambini.
Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del Gruppo Mamme. Tutte coloro che vogliono entrare a far parte delle Mamme sono pregate di rivolgersi al parroco nel suo ufficio.
Il gruppo dei volontari ha deposto tutti gli indumenti. Ora li potrete vedere nel salone parrocchiale.
Martedì sera, cena a base di fagioli nel salone parrocchiale. Seguirà concerto.
Il gruppo di recupero della fiducia in se stessi si riunisce giovedì sera alle 7. Per cortesia usate la porta sul retro.
Venerdì sera alle 8 i bambini dell’oratorio presenteranno l’«Amleto» di Shakespeare nel salone della chiesa. La comunità è invitata a prendere parte a questa tragedia.
Un nuovo impianto di altoparlanti è stato installato in chiesa. È stato donato da uno dei nostri fedeli, in memoria di sua moglie.
Care signore, non dimenticate la vendita di beneficenza! È un buon modo per liberarvi di quelle cose inutili che vi ingombrano la casa. Portate i vostri mariti.
Tema della catechesi di oggi: «Gesù cammina sulle acque». Catechesi di domani: «In cerca di Gesù».
Maria è ancora in ospedale e ha bisogno di donatori di sangue per trasfusioni. Ha anche problemi di insonnia e richiede le registrazioni delle catechesi del parroco.
Il coro degli ultrasessantenni verrà sciolto per tutta l’estate, con ringraziamenti di tutta la parrocchia.
Il torneo di basket delle parrocchie prosegue con la partita di mercoledì sera. Venite a fare il tifo per noi mentre cercheremo di sconfiggere il Cristo Re!
Il costo per la partecipazione al convegno «Preghiera e digiuno» è comprensivo dei pasti.
Il concerto parrocchiale è stato un grande successo. Un ringraziamento speciale va alla figlia del diacono, che si è data da fare per tutta la sera al pianoforte, che come al solito è caduto sulle sue spalle.
Per favore mettete le vostre offerte nella busta assieme ai defunti che volete far ricordare.
Ringraziamo quanti hanno pulito il giardino della chiesa e il parroco.
Il parroco accenderà la sua candela da quella dell'altare. Il diacono accenderà la sua candela da quella del parroco e voltandosi accenderà uno a uno i fedeli della prima fila.
Amen.
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