sabato, luglio 04, 2009

Newman, classico e inattuale 1

Vi ripropongo, a puntate, un intervento su Newman che ho presentato presso l'Università di Salerno il 28 marzo 2003 e che è stato pubblicato sulla rivista Sintesi, n.3 (2003).
Nel mio intervento evidenzierò tre concetti fondamentali nel pensiero di Newman: il sapere è un bene in sé da non sacrificare a nessun utile, il sapere va ricondotto ad unità e l’università è un luogo di relazioni umane. Tenterò di mostrare come queste tre idee possano arricchire la discussione riguardante la riforma universitaria, presentando anche i limiti e l’inattualità di Newman.


Un fallimento

Le riflessioni di Newman sull’università hanno un che di paradossale perché nonostante il consenso di cui ancora godono sono legate ad un’impresa che è stata in gran parte fallimentare.
La vicenda è nota: fino al 1794 la stragrande maggioranza della popolazione irlandese, di confessione cattolica, non poteva accedere all’unica istituzione universitaria, il Trinity College di Dublino, riservata agli anglicani. Quando alla fine degli anni Quaranta dell’Ottocento il governo inglese propose l’istituzione di nuovi college, aperti a cattolici e protestanti, i vescovi cattolici ne vietarono la frequenza ai fedeli, promovendo una nuova università cattolica e chiamarono John Henry Newman a fondarla e a dirigerla. Prima dalla conversione al cattolicesimo avvenuta pochi anni prima, nel 1845, Newman aveva passato metà della sua vita ad Oxford, prima come studente e poi come membro dell’Oriel College e come cappellano della parrocchia universitaria di Saint Mary, era quindi un uomo profondamente addentro al mondo universitario e sicuramente l’intellettuale più brillante di lingua inglese del suo tempo.
Nel 1852, in vista della fondazione della nuova università cattolica, Newman pronunciò una serie di discorsi, poi raccolti insieme ad altri pronunciati in qualità di rettore nella celebre opera l’Idea di Università. A questi famosi discorsi andrebbero aggiunti gli articoli che scrisse sulle due riviste della sua università, ancora poco conosciuti e mai tradotti in italiano.
Le riflessioni di Newman riguardanti l’università nascono pertanto con un fine ben preciso e in una situazione storica molto particolare. Nell’opera si intrecciano quindi tre ordini di problemi: cos’è un’università, cos’è un’università cattolica e cosa significava un’università cattolica in Irlanda in quel preciso momento.
L’Università Cattolica d’Irlanda fu aperta il 4 giugno e cominciò le sue lezioni il 3 novembre 1854 ma ebbe una vita travagliata. Sopravvisse autonomamente fino al 1879; successivamente fu inglobata nella Royal University che poi prese il nome di University College Dublin.
I motivi del fallimento sono molteplici: la classe media irlandese era piuttosto povera, siamo infatti negli anni che seguirono la Grande Carestia; diversi vescovi erano scettici riguardo l’impresa; un’istituzione confessionale non era gradita a molti che la vedevano semplicemente come una reazione ecclesiastica ai Queen’s College e i nazionalisti non vedevano di buon occhio il coinvolgimento di insegnanti inglesi e dello stesso Newman. Fu quindi un’impresa fallimentare perché dopo pochi anni venne trasformata da università cattolica a un’università non confessionale, anche se di fatto frequentata principalmente da cattolici. Inoltre, doveva essere destinata a tutti i cattolici di lingua inglese, non solo irlandesi, eppure dei 1196 studenti che ebbe nei 25 anni delle sua esistenza, 7 provenivano dall’Inghilterra, uno solo dagli Stati Uniti e uno dall’Australia ma proprio qui risiede il paradosso di Newman; infatti nonostante l’apparente fallimento del progetto iniziale, le riflessioni nate intorno a quel progetto mantengono un vigore immutato, un interesse ed un valore costante.

(continua)

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