martedì, giugno 30, 2020

6666 abortions performed in Ireland last year

We now know how many women had an abortion in Ireland last year; 6666. If you add in the 375 women who went to England for an abortion in 2019, despite our new law, it adds up to 7,041, a horrible figure. The official figures were published today.

If we allow for (a high estimate) that about 5000 Irish women had abortions in 2018, the last year before the liberal new law was introduced, it means that there has been a 40 pc increase in the number of Irish women opting to terminate their pregnancies. The number is almost 20 per day.

In 2019 there were 59,796 live births in Ireland. This means that 10.5 % of known pregnancies (66,837) ended with an abortion.

Those tragic figures go well beyond any previous estimation. In 2018, about 8 Irish women per day went to England for abortion, and according to the pro-choice side, about three per day were taking the abortion pill illegally here, adding up to slightly more than 4,000 per year. If we assume six rather than three women per day were taking the abortion pill illegally, it comes to slightly more than 5,000 abortions performed on Irish women in 2018. Seven thousand still represents a big increase.

The abortion rate is 6.9 per 1,000 women aged 15-44. This is a lot lower than the UK (18 per 1,000) but higher than Italy (6 per 1,000). The abortion ratio (per 100 live births) is 11.7.

Compared to reports produced by other countries, the Irish report gives no details about the mother and the child. There is no mention of age, marital status, ethnicity, number of previous abortions, etc.
This is deliberate. When the abortion law was discussed in the Dáil, the amendments presented by some pro-life TDs to have more demographics details in the report were rejected. How can we prevent abortions if we don’t know more details about who has them and why?

The report only tells us that 98.2 pc of abortion were carried out within the 12 weeks of pregnancy period, when no reason for the termination is recorded.

Only in 0.3 pc of terminations there was a risk to the life or the health of the mother.

In 1.5 pc of cases there was a condition likely to lead to the death of the foetus at birth or within 28 days from birth. Those kinds of abortions can be performed at any point of the pregnancy, with no statutory limit.

Apart from this, the report only tells us in which county women resided and it gives the breakdown of abortion per each month of the year, which is not something particularly important to know.

If we look at the official reports from England, we know much more about the Irish women who had abortion there in the past.

In 2018, 48pc of those resident in the Republic were single with a partner, 28 pc single with no partner and 4 pc single not stated. So, 80 pc were single while 18 pc were married and the rest separated, widowed or divorced. This shows once again how marriage hugely reduces the chances of someone having an abortion.

17.9 pc had had a previous abortion. 78.6 pc declared themselves to be “White Irish” while the rest belonged to other ethnicities.

96.8 pc of abortions on Irish women were undertaken under Ground C (physical and mental health of the mother). A further 2.9 pc were carried out under ground E (physical or mental abnormalities of the foetus), and the rest under Ground D (physical and mental health of other children in the family).

We may never again have details of who exactly is accessing abortion in Ireland, and why. The Irish State doesn’t want to know.

One of the slogans of abortion campaigners down the years has been that abortion should be ‘safe, legal and rare’. Does 7,041 strike you as rare?

sabato, giugno 27, 2020

L'analisi dei dati. Le verità (scomode) sulla 194 tra obiettori, pillole e "punti Ivg"

L'analisi dei dati. Le verità (scomode) sulla 194 tra obiettori, pillole e "punti Ivg"



 venerdì 26 giugno 2020
La "mancanza di medici non obiettori"? In realtà sono anche troppi. Meno aborti? Per il boom dei "contraccettivi d'emergenza". Pochi ospedali dove si abortisce? Sono anche più di quelli dove si nasce
Le verità (scomode) sulla 194 tra obiettori, pillole e "punti Ivg"

E’ impressionante il contrasto fra il silenzio indifferente con cui è stata accolta la relazione al parlamento sull’applicazione della legge 194 che regolamenta l’aborto in Italia, e il rumore di certe manifestazioni vintage sull’aborto, stile anni ’70, che si sono materializzate recentemente, a Perugia per esempio, con cartelli “a tema” del tipo «L’unica chiesa che illumina è una chiesa che brucia».Eppure dovrebbero leggerla tutti, quella relazione, per scoprire dati bellamente ignorati da chi per esempio si straccia le vesti perché una amministrazione regionale – l’Umbria, in questo caso – ribadisce la volontà di seguire correttamente la legge e le indicazioni del Ministero della Salute.

Entrando nel merito, spiccano i dati sull’obiezione di coscienza: «Il 15% dei ginecologi non obiettori nel 2018 è assegnato ad altri servizi e non a quello Ivg, cioè non effettua Ivg pur non avvalendosi del diritto all’obiezione di coscienza. Si tratta di una quota rilevata in 175 strutture di undici regioni: Piemonte, P.A. Bolzano, Liguria, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna». In altre parole: mentre nelle piazze e in tanti giornaloni c’è ancora chi ripete ossessivamente la filastrocca contro gli obiettori di coscienza, in ben 175 strutture ospedaliere italiane ci sono decine di ginecologi – 230 – che hanno dato la loro disponibilità a effettuare aborti ma ai quali le rispettive amministrazioni hanno risposto “no, grazie, è meglio che facciate altro”. Questo accade anche nel Lazio, dove invece il governatore Zingaretti ha voluto e rivendicato bandi di concorso e assunzioni solo per medici non obiettori, protestando l’assoluta necessità di personale per effettuare aborti: tanta era l’urgenza che adesso neppure li utilizza. Tutto pretestuoso, dunque: ma c’è qualcuno a cui interessa?

Quello dei non obiettori che non sono impegnati per aborti è un dato in aumento rispetto agli anni scorsi: nel 2017 erano il 9,8%, pari a 146 ginecologi, mentre nel 2015 erano l’8%, pari a 98. Guardando i dati, insomma, emerge che ogni anno ci sono sempre più medici non obiettori rispetto a quelli necessari per fare aborti.

D’altra parte gli aborti sono diminuiti dai 234.801 nel 1983, anno record, ai 76.328 di quest’anno, cioè meno di un terzo, mentre i non obiettori sono restati praticamente costanti: da 1.607 a 1.538. E’ evidente che il carico di lavoro personale per ogni non obiettore è calato di conseguenza: attualmente, se tutti i non obiettori fossero impiegati nei servizi Ivg ognuno effettuerebbe 1,2 aborti a settimana, considerando 44 settimane lavorative. Un dato che si ripete nelle singole regioni, come si può vedere dalle tabelle nella relazione al Parlamento, da cui risulta che si contano sulle dita di una mano le situazioni in cui ci si discosta da questi valori: si tratta di due strutture in particolare, una in Puglia dove gli interventi a settimana sono 14,6 (e dove risultano al tempo stesso non obiettori inutilizzati per Ivg), e una in Calabria, dove sono 9,5.

Sono informazioni accessibili a chiunque: eppure continua la leggenda secondo la quale gli obiettori di coscienza sono un problema per l’accesso all’aborto. E’ evidente, leggendo i dati, la motivazione ideologica di questi attacchi, che mirano a colpire gli obiettori nelle loro legittime scelte, stabilite per legge e fondate sulla Costituzione. E’ anche evidente che se si dimostrasse l’insufficienza del servizio pubblico si aprirebbe la strada alle organizzazioni profit che da anni cercano di entrare in Italia con le loro catene di cliniche private. Niente di nuovo: ideologia e interessi economici spesso vanno di pari passo.

La relazione al Parlamento firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza, inoltre, conferma quanto già dichiarato dai ministri che lo hanno preceduto: il servizio Ivg appare sovradimensionato rispetto a quello dei punti nascita, considerando i numeri di aborti e di nascite. Per ogni punto Ivg ci sono 1,1 punti nascita: il numero di strutture in cui si possono effettuare aborti è quindi quasi pari a quello in cui nascono i bambini. Ma il rapporto fra nascite e aborti non è lo stesso: nel 2018 le nascite sono state 439.747 e gli aborti 76.328. In altre parole, per ogni aborto sono nati 5,8 bambini, ma l’offerta del servizio è quasi pari. Addirittura in diverse regioni i punti aborto superano i punti nascita: in Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Sardegna. E soprattutto in Umbria.


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mercoledì, giugno 24, 2020

Marriage in Ireland continues its decline

Marriage continues to change and decline in Ireland as the latest figures from the Central Statistics Office show. Fewer marriages are taking place, fewer are taking place in churches, more are taking place between people who were married before and are now divorced, and couples are older when they marry. Same-sex "marriage" is now permitted.

In 2019, there were 19,673 opposite-sex marriages in Ireland. This was down from 20,389 the previous year.

Just over 60% of the all opposite-sex marriages took place in religious ceremonies, while this is the case only for 22.2% in same-sex marriages.

Half of first marriages were celebrated in a Catholic Church. If we include also marriages involving someone who has been married before, this figure drops to 45.1%. The second most popular religious ceremonies are performed by the Spiritualist Union of Ireland (7.7%), followed by the Church of Ireland (1.5%), and then Presbyterian (0.3%).

Civil marriages were the most popular form for non-religious ceremonies accounting for 30.6% of the total.  In recent years, Humanist Association marriages have also risen in popularity accounting for 9.2% of such marriages in 2019, compared to 8.7% in 2018.

The average age of grooms was at its highest to date at 36.8 years, while the average age of brides was 34.8 years.

The crude marriage rate (number of marriages per 1,000 persons per annum) for Ireland was 4.1 in 2019. This is the lowest level on record and is below the EU average of 4.4. In the 1970s our figure was above 6 or 7 per thousand. This means that less and less people get married proportionate to the population, and at a later stage.

Just over 12% of opposite-sex marriages involved at least one divorced person.

According to the latest available data, in 2018 there were 5,157 divorces or separations.

This means that today there are about 20,000 marriages per annum and about 5,000 marital breakdowns, which is equivalent to one breakdown every four new marriages. This is not good news, although it is still a lot lower than in countries like Britain, or France, or Sweden.  (See here for a more detailed analysis https://ionainstitute.ie/marriage-breakdown-in-ireland-higher-than-we-think/)

Last year, the Irish Times wrote that “the institution of marriage in Ireland is in pretty good health.”

Quite the opposite, all those figures show that the institution of marriage is in constant decline and deep crisis. As previous Iona Institute reports have shown, the situation is far worse the lower down the socio-economic ladder you go.

The social consequences of this phenomenon need to be considered in depth. For instance, fewer children are born and raised in committed relationships between a man and a woman. Will we ever take stock and attempt to arrest the decline of marriage in Ireland?

giovedì, giugno 18, 2020

Augusto Del Noce e il problema dell'ateismo

Timido, mite, ma grande e indomito combattente contro lo storico processo di secolarizzazione che investe l’Occidente, trascinandolo sulla via della crisi. Questo è stato Augusto Del Noce, voce terribilmente “inattuale” e fastidiosa per una parte della cultura italiana, essenzialmente di matrice marxista e materialistica. Del Noce, però, è voce soprattutto invisa a quella parte del mondo cattolico, che, in preda agli “esperimenti teorici” tipici della moda imperante degli anni caldi della storia della nostra Repubblica, propone un’originale sintesi di due visioni antitetiche del mondo, ben presto ribattezzata, dalla critica, “cattolico-comunista”.

Ecco, Del Noce è pensatore particolarmente attento alle dottrine, ai nuclei fondanti delle dottrine e ai percorsi speculativi – senza esitazione giudicati fuorvianti – che, aggregando più sistemi, sono destinati a produrre un doloroso quanto inevitabile fallimento: il fallimento della rivoluzione. E proprio sulle tematiche del fallimento della rivoluzione e del problema dell’ateismo che il filosofo, molto pazientemente, tesse la sua tela. Le riflessioni del filosofo di Pistoia prendono le mosse dalla secolarizzazione dell’Europa e, in generale, di tutto il mondo occidentale; un processo, questo, che, per una parte della critica storica, rappresenta un significativo avanzamento, ma che, per il filosofo, è insanabilmente viziato da un’intrinseca contraddizione: l’idea di un uomo capace di autoredimersi, ossia l’idea del Salvatore-Salvato. Ed è proprio questa l’essenza “viziata” dell’ateismo, che, contrariamente a ciò che si crede non è esclusivo appannaggio del marxismo o delle filosofie materialistiche, bensì elemento fondante della società opulenta, a sua volta devastante e drammatico corollario di un lungo percorso storico e speculativo che affonda le proprie radici nel razionalismo moderno. 

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mercoledì, giugno 17, 2020

Programme for Government will ban pro-life vigils outside hospitals

The newly agreed Programme for Government includes a commitment to impose ‘exclusion zones’ which would stop even silent pro-life vigils outside hospitals and GP surgeries where abortions take place or are facilitated. This is an extreme measure and, as a national law, would be unique in Europe.

The Programme includes other measures of concern (see below). For example, it promises yet another Citizens’ Assembly, this time on the future of schools. Will this have denominational education in its sights? It wants to strengthen ‘hate crime’ legislation. Will this overreach and attack free speech, including that of religious believers?

Perhaps the negotiators have forgotten that Taoiseach Leo Varadkar himself indicated that such a move might be unconstitutional, and the Garda Commissioner said he saw no evidence an exclusion zone law is needed.

Leo Varadkar told the Dáil in April of last year: “We are running into real difficulties around restricting peaceful protest and restricting free speech.” The Taoiseach also conceded that in placing a ban on peaceful protest “we do enter a difficult space in a democracy when you decide that certain opinions can’t be held, certain types of protests can’t happen. In a democracy, if you’re going to restrict free speech and if you’re going to restrict the right to protest, you need to be on very solid ground.”

Last September, Garda Commissioner Drew Harris told the Minister for Health that there was no evidence to suggest that there is threatening, abusive or insulting behaviour directed towards persons utilising abortion services. “I re-confirm my views expressed at our recent meeting that protests to date at such centres have not contravened the law and are peaceful”, he said. The Garda Commissioner was of the opinion that existing laws against harassment and intimidation are more than adequate to deal with whatever issues may arise.

In other words, the exclusion zone plan has no justification and is possibly unconstitutional. It is certainly draconian.

The new Programme contains other worrying proposals.
  • The Government plans to enact the Assisted Reproduction Bill, which will allow surrogacy, gamete “donations”, experimentation on embryos, etc.
  • The new Government wants to remove the need for someone aged 16 and 17 years to have two specialist reports before they can apply for changing their legal gender. A simple self-declaration would be considered sufficient. They are also commencing research to examine similar arrangements for children under 16.
  • They aim at offering the legal recognition of “non-binary people” (those who don’t consider themselves to be a man or a woman) and also want to amend the equality legislation with a new form of discrimination on the basis of “gender identity”.
  • They will revise the sex education at primary and post-primary level. What will this mean? Will it clash with school ethos?
  • The new Government plans to introduce hate crime legislation, which would limit freedom of speech. 
  • They will establish a Citizens’ Assembly on the future of education. Will this be an attack to denominational education?
  • They are committed to increase funding to political parties to support gender and diversity programmes.

A review of the abortion legislation is due in 2021. The Programme does not give details of what changes the Government will make but during the negotiations the Green party asked for the removal of the three-day waiting period before a woman obtains an abortion.

martedì, giugno 16, 2020

David Hume razzista? Come tutti gli illuministi…

di Spartaco Pupo

Durante le proteste inscenate dal movimento Black Lives Matter lo scorso 7 giugno a Edimburgo, i manifestanti hanno pensato bene di “decorare” la statua di David Hume, posta in posizione prominente nella Royal Mile, nel cuore del centro storico della capitale scozzese, con un cartello recante un pensiero del grande filosofo: “Sono incline a ritenere che i neri siano naturalmente inferiori ai bianchi” (vedi foto).

La statua di Hume a Edimburgo oltraggiata dai manifestanti del “Black Lives Matter”

Si tratta di una estrapolazione decontestualizzata da una nota a piè di pagina contenuta nel saggio I caratteri nazionali, pubblicato da Hume nel 1748, che qui riporto per intero: “Sono incline a ritenere che i neri, e in genere tutte le altre specie umane (ce ne sono altre quattro o cinque), siano naturalmente inferiori ai bianchi. Non c’è mai stata una nazione civile che non fosse di colore bianco, né alcun individuo eminente nell’azione come nella speculazione. Tra i neri non esistono ingegnose manifatture, né arti né scienze. D’altra parte, i popoli più rozzi e barbari tra i bianchi, come gli antichi Germani o gli attuali Tartari, hanno pur sempre qualcosa in cui eccellono: valore, forma di governo, ecc.; una differenza così costante e uniforme non avrebbe potuto esserci in così tanti paesi ed età se la natura non avesse fatto una distinzione originaria fra queste due razze. Per non parlare delle nostre colonie: ci sono schiavi neri in tutta Europa nei quali nessuno è mai stato ancora in grado di scoprire qualche traccia di ingegno, mentre dalle nostre parti la bassa plebe priva di educazione emerge e si distingue in molte professioni. In Giamaica, a dire il vero, si parla del nero come di un uomo di parte e di apprendimento; ma è probabile che sia ammirato per alcune doti sottili, come un pappagallo, che pronuncia in modo chiaro poche parole”.

Il contenuto di questa nota, contrariamente a quanto è accaduto a vari brani di altre opere, da Hume spesso rivisti o rielaborati, è stato riportato integralmente in tutte le edizioni successive della raccolta dei suoi saggi morali, politici e letterari, fino all’ultima, risalente al 1777 e contenente le revisioni finali dell’autore. Ciò testimonia che Hume non cambiò mai punto di vista. Il che ha indotto l’americano Richard Popkin a parlare per primo di “razzismo scioccante” di Hume. Correva l’anno 1973 quando Popkin, le cui ricerche sullo scetticismo occidentale ebbero grande risonanza in tutta Europa, si espresse in quel modo nei riguardi della presunta superiorità riconosciuta ai bianchi da Hume. Da allora, il saggio humiano è fatto a più riprese oggetto di maldicenze, pettegolezzi e censure.

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domenica, giugno 14, 2020

Selective abortion of Down Syndrome babies rises in UK

Vengo citato in questo articolo che fa riferimento al fatto che nel 2019, dopo la legalizzazione dell'aborto in Irlanda, è cresciuto il numero di donne irlandesi che sono andate in Inghilterra ad abortire dopo una diagnosi di Sindrome di Down. Ne parlavo proprio nell'ultimo blog che potete leggere qui sotto.




sabato, giugno 13, 2020

venerdì, giugno 12, 2020

Number of babies with Down Syndrome being aborted goes up

Abortion has been legal in Ireland since January of last year so we would expect a dramatic decline in the number of women travelling from here to Britain in order to obtain an abortion. This has indeed happened. Official figures, just released, show that 375 Irish residents had an abortion in England and Wales in 2019. The number was 2,879 in 2018. It remains to be seen how many abortions were conducted in Ireland last year.

In spite of this drastic decline the number of Irish babies with Down Syndrome aborted in England went from 17 in 2018 to 27 in 2019. This a big increase.

The new figures show that 64 pc of Irish women who terminated their pregnancies in England and Wales in 2019 were single  – a long-term trend – and 17.3 pc had had a previous abortion. 77.2 pc declared themselves to be “White Irish” while the rest belonged to other ethnicities.

The percentage of abortions performed at less than 10 weeks dropped from 69 in 2018 to 17 in 2019, almost certainly because abortion can now be obtained here for any reason up to 12 weeks.

Abortions performed on Irish women based on Ground C (‘physical or mental health’ of the mother) decreased from 97 pc of the total to 83 pc, while ground E abortions (child seriously handicapped) increased from 3 pc to 17 pc. This stands to reason. If it is discovered later than 12 weeks into a pregnancy that the unborn child has a serious, but non-life-threatening condition (such as Down Syndrome), then abortion for such a reason remains illegal under Irish law, but not under British law.

Northern Ireland residents travelling to England and Wales for an abortion declined very slightly from 1,053 in 2018 to 1,014 in 2019. Maybe it is a bit surprising that there wasn’t a bigger drop given the availability of abortion in the South.

Leaving aside the number of abortions performed on Irish women, the figures for England and Wales residents are shocking.

Last year 207,384 abortions were performed on residents of England and Wales, the highest number since the Abortion Act was introduced in 1967.

The age-standardised abortion rate is 18.0 per 1,000 women, the highest rate ever, despite the fact that the conception rate among teenagers, particularly under 16, has declined over the last two decades.

It means one out of four viable pregnancies end in abortion. To put it another way, for every three babies born, one is aborted.

These figures disprove, once again, the claim often repeated by pro-choice advocates that once legalized, abortion numbers and rates go down.

For instance, Dr Peter Boylan told the Joint Oireachtas Committee that “all the evidence is that the rate of termination comes down once more liberalised legislation is introduced.”

We also learn from the new report that 40pc of British women who had an abortion in 2019 had at least one previous termination. This figure was 34 pc in 2009, and is almost half for women over 30.  This shows that repeated abortions have become more frequent. Ground C (physical or mental health of the mother) is the most common (98 pc).

To use Pope John Paul’s term, the ‘culture of death’ is strengthening its grip both in Britain and Ireland.

See also:

Official figures badly underestimate number of Down Syndrome abortions

Down Syndrome and abortion; the facts


martedì, giugno 09, 2020

More light thrown on religious practice in a lockdown

Prayer and online religious practice have increased in the island of Ireland during the Covid-19 pandemic, according to a new report.

“Many faith leaders described an increase in religious practice, linked to moving online. They observed surprising numbers of people tuning in for worship services and other events, noting that people who would not have entered their church building were accessing online services. Some from evangelical traditions wrote of people being ‘saved’ or converting to Christianity during the pandemic.”, said the principal investigator of the survey, Dr Gladys Glaniel from Queen’s University Belfast, in the report.

The survey was carried out between May 6th and 22nd. Faith leaders sent 439 usable responses, from every county on the island. Thirty-five pc of respondents were Catholic (23pc diocesan priests or deacons and 12 pc religious), 18 pc Church of Ireland, 14 pc Presbyterian, 9 pc Methodist, 23 pc ‘Other’ Christian, and 1 pc from ‘Other’ religions.

55 pc of the responses came from the Republic of Ireland while 45 pc were from Northern Ireland. (This means that a greater proportional response came from Northern Ireland and from non-Catholics).

Many faith leaders were surprised by the number of people tuning in for worship services and other events.

“As a scattered, small church it is a pleasure how many people are glad about our online services: we reach significantly more people than before. It is obvious that physical meetings and services are more appreciated, but the new online paths will remain in addition to the physical ones. Another aspect is the increased sense of being responsible for each other.” Wrote a Lutheran representative from the Republic of Ireland.

Before the restrictions, 44pc of respondents did not provide online services or resources, 24pc offered livestreaming and 20pc recorded sermons or services. Protestant churches were much less likely to have online worship opportunities, while Catholics offered mostly Mass livestreaming.

All this changed dramatically in March and now only 13pc of faith communities do not offer online worship, according to the respondents.

Catholics are more likely to provide opportunities once a day or several times per day, while Protestants are more likely to provide once a week or several times per week. This reflects the different kind of worship (daily Mass and rosaries vs Sunday service) of those Christians denominations.

Some faith leaders commented that moving online had sometimes improved interactions within their faith communities and created new opportunities for pastoral care.

Others noted an increased interest in religious practice during the pandemic and a renewed respect for churches and their own ministries:

“Knowing that having gone through the terrible years of abuse within the church globally and feeling slightly irrelevant, that the Church matters more than we fully really realised. Given great hope for the future.” Said a Catholic diocesan priest from Northern Ireland.

Before the pandemic, 31pc of faith communities had no one responsible for online worship while now it is only 7pc. It will be interesting to see how this will continue when the pandemic will be over.

The most common source for guidance about providing online resources was “personal research”. This shows that the churches were not prepared for this drastic change and leaders had to rely on their own initiative rather than proper training and planning. (Methodists were an exception as 93pc said that had received advice or guidance from their denomination).

With regard to the impact of stress on those who were somehow working on the frontline, 46pc said that their ministry had been more stressful than usual, 33pc said it had been the same, and 21 pc responded that it had been less stressful than usual. The difference between the denominations was significant. Methodists (58pc) were most likely to say their ministry had been more stressful than usual, while Catholic Religious (34pc), which includes male and female religious, were most likely to say their ministry had been less stressful than usual. Probably most of the religious are over 70 and were cocooning.

The most stressful experiences were “comforting the bereaved” and “conducting funerals”. 51pc of the respondents said they have conducted a funeral during the pandemic. It should be noted that in the Republic, the Church of Ireland prohibited funeral services in the churches. This element and the limitation in the number of people allowed to attend, were probably the cause of much stress for faith ministers.

When asked how people in their communities have experienced mental health difficulties during the pandemic, 40pc replied that they had experienced mental health difficulties ‘more than usual’.

Some Catholic priests complained about the insufficient pastoral care for clergy. “My Parish is very supportive – my diocesan leadership is not – only two phone calls in two months. Letters were written to school Principals and students – but none to clergy. Sense of value diminished.”, said a Catholic priest.

The results of this survey are in line with a similar one commissioned by the Iona Institute in April, which found that during the pandemic many pray more and value family more.

“When these observations are taken together and set alongside earlier examples of an increase in prayer, it could be argued that there is evidence of a renewal of faith during the pandemic. At the same time, the depth of interest in faith and commitment to greater service and involvement is not clear. In particular, some aspects of online faith could be quite superficial and ephemeral, fading as the pandemic subsides.”, commented Dr Gladys Glaniel in her report.

sabato, giugno 06, 2020

Why sex is binary


Questo video, realizzato da un gruppo di scienziati, andrebbe tradotto in italiano e fatto circolare. Ben fatto graficamente, efficace, spiega perché in natura il sesso non è uno spettro, come ora spesso si sente dire. Esistono solo gameti femminili o maschili, il resto è ideologia.

venerdì, giugno 05, 2020

Riflessione di politica non violenta sulla pandemia del coronavirus

Un amico mi ha sollecitato una riflessione sul disrupt sociale che stiamo vivendo. Oggi c’è una pandemia, cioè è stata globalizzata anche una malattia mortale. Ingenuamente si pensava che la scienza e la tecnica ci avessero assicurato il paradiso in terra, che il sistema sanitario (ormai stabilmente organizzato anche a livello mondiale, l’OMS) controllasse fino all’ultimo malato e che le malattie fosse in ritirata a causa dell’avanzamento di un esercito di ricercatori che avanzava su tutti i fronti. E invece la pandemia del CV ci ha svegliati con un formidabile sconvolgimento della vita sociale e delle sicurezze sociali accumulate; ci dice anche de nel futuro ci dovremo abituare a subire su scala mondiale anche altre malattie di questo tipo per inefficienza di controllo sanitario sull’umanità da parte di questa scienza, in maniera non molto diversa (negli effetti) da quello che avveniva secoli fa.

A quasi tutti questo disrupt è giunto del tutto imprevedibile. Per me lo è stato nella modalità, ma non per la drammaticità, né per i tempi.

E’ da un secolo che Gandhi aveva scritto: “Questa civiltà [occidentale] è tale che con un po’ di pazienza si distruggerà da sola.” (Gandhi, Hind Swaraji, 1909 (Vi insegno i mali della civiltà occidentale, Ed. Gandhi, Pisa, 2009, p. 53)

Nel dopoguerra Capitini chiamava la civiltà americana “pompeiana”, cioè tipica della decadenza dell’impero romano.

Nel 1959 Lanza del Vasto ha previsto la “tragedia dell’eroe occidentale”, il quale è così tanto forte che può essere sconfitto solo per opera delle sue stesse mani. (I Quattro flagelli, SEI, Torino, 1996, cap. V, parr. 17-24)[1]

All’inizio del 2000 Johan Galtung ha previsto la caduta dell’impero USA, dandone la data precisa, 2020, e scrivendoci un libro per spiegare i 16 parametri macroeconomici e sociali sui quali egli ha basato la sua previsione (The Fall of U.S. Empire – And Then What?, Transcend Univ. Press, 2009).

Avevo già fatto eco a questi maestri nel 2002 su Satyagraha ( “I maestri della non violenza e il crollo delle due superpotenze”, 1, n. 2, pp. 21-29). E il mese scorso l’avevo ricordato in un articolo che commentava le recenti elezioni in Emilia e Calabria (http://serenoregis.org/2020/02/06/ritorno-al-bipolarismo-o-ritorno-alla-fatalita-del-giogo-della-finanza-lavorare-antonino-drago/).

Tutto ciò prova che la non violenza, se approfondita e sviluppata come teoria, può avere piena coscienza della storia, così tanto da prevederla.

Di fatto il disrupt è avvenuto per logica interna all’oppressore, che, essendo stato liberato dall’antagonista politico secolare nel 1989, per mania di potenza si è slanciato ciecamente all’infinito su tutto (dalle armi, ai cibi, alle comunicazioni, alla finanza, alla innovazione biologica su tutti gli esseri, compresi quelli umani).


Continua quihttp://serenoregis.org/2020/03/23/riflessione-di-politica-non-violenta-sulla-pandemia-del-coronavirus-antonino-drago.

giovedì, giugno 04, 2020

Safety above all things is not a Christian virtue

Too much or too little are two ways of doing something wrong. A well-meant action can go bad because of an excess of it or a lack of it. Courageous gestures, for instance, lie between excessive fear and recklessness.

If we consider risk, which is a common and inevitable element of life, what is too much or too little risk? The answer depends on the circumstances, it is not something fixed that can established in theory but only in practice.

For instance, public worship is not permitted in Ireland at the moment, because there is some risk of spreading the Corona virus. Proper measures could be established to limit the risk we can afford but a total ban, which is an extreme approach, has been enforced instead. At what point does this become unbalanced, especially in view of the fact that all European countries – bar the UK – have already restored public worship, albeit with limits on number attending? Ireland does not propose to do this until July 20th.

We haven’t seen cases of reckless imprudence, where dozens of worshippers have crammed into a church currently open for private prayer, thereby defying the rules of social distance. This wrecked behavior has happened at some recent political rallies.

What we have seen in Ireland, instead, is probably an excess of fear when compared to other European countries, where the Christians – lay and cleric – have often lobbied, successfully, for a restoration of a full celebrations, with the due precautions. Ireland is an exception.

The Christian world view never equates the good life with self-preservation and excessive risk aversion. Obviously, in the face of a real threat, we have to respond with prudence and respect the gift of life but, on the other hand, the accomplishment of the good requires a certain inevitable risk taking.

We would have no Christianity if those living under persecution, from the first centuries until now, put their own health and safety before preaching the Gospel.

If we let fear lead us to narrow the scope of our vision, ignoring what is normally happening in other countries, and assume a posture of self-preservation, we would betray our Christian call.

“Normal fear protects us; abnormal fear paralyzes us. Normal fear is a friend that motivates us to improve our individual and collective welfare; abnormal fear is an enemy that constantly poisons and distorts our inner lives. So, our problem is not to get rid of fear but to harness and master it”, wrote Rev. Martin Luther King in one of his most famous sermons.

An ethics of security that trumps other goods has never inspired saints.

During this epidemic we have seen many acts of heroism, particularly by those who were taking care of others. In Italy, for instance, many of the priests and nuns who have died, were infected while ministering the sick.

Clearly, not everyone is required such an extraordinary level of self-sacrifice and, more important, there is no heroism in putting other people’s life in danger.

While we appreciate self-sacrifice, we also have a duty to protect others. Nonetheless, there is no Christian life, or life in general, without risk and all personal decisions have unavoidable consequences on others. Those who professed the faith during the persecutions also exposed their own families or communities to a certain level of hazard. The concern of hostile consequences should never stop us from doing good.

It might also be said that it is one thing for a person to take a risk for themselves by attending church in a pandemic, but then they risk others if they become infected. Nonetheless, again, this calculation will have been made by the Church in every other part of Europe, and they have decided the risk of catching the virus at a public Mass which has limited numbers and has proper hygiene measures is very small and is worth taking.

Someone might distinguish between moral and natural evil, where moral evil is the one voluntarily produced by human beings, while the natural one follows from the events of nature outside human control, such as diseases, calamities, etc.

They could claim that risks taken in defiance of a moral evil might be virtuous – think of the martyrs – while risks taken in defiance of a natural evil are mere foolishness.

I honestly don’t find this distinction between moral and natural evil significant when we consider those who suffer from these evils. Enduring the most difficult circumstances, including natural evils, is a form of strength not less praiseworthy than suffering from human misdemeanours.

“Not the injury but the cause makes martyrs”, says St Augustine. Similarly, not the origin of evil but our resistance to its many manifestations, makes us virtuous.

Courage stands between excessive fear and insensitive fearlessness. Following St Augustine, St Thomas Aquinas teaches that “fear is born of love, since man fears the loss of what he loves.” Courage takes fear into account and surmounts it, avoiding both excess and defect.

Sacramental grace is currently denied in Ireland, when we need it most. “‘Twas grace that taught my heart to fear and grace my fears relieved”, we sing.  Sooner than July 20th we should return to public worship and let grace relieve our fears so that we can safely worship God.

mercoledì, giugno 03, 2020

Notre Dame: Il cuore di luce dell'Europa

Notre-Dame, la (nostra) Signora d’Europa nel nuovo libro di Cardini

Esce il 4 giugno il saggio (Solferino) dello storico fiorentino. È un viaggio nell’Occidente attraverso uno dei suoi simboli, la Cattedrale che bruciò nell’aprile 2019

di Roberta Scorranese

Era poco più di un anno fa, il 15 aprile 2019. Il mondo intero si fermò e rimase senza parole a guardare l’incendio che svettava su Parigi, “un immenso fiammifero gotico puntato verso il cielo”, come Franco Cardini ha definito il rogo che distrusse parte della cattedrale di Notre-Dame. L’eco immediata dei fatti fu, inaspettatamente, più di commozione che di polemica spicciola. Milioni di persone, da New York a Roma fino a Sydney, affidarono ai social network la partecipazione a quello che assomigliò subito a un dolore condiviso, laico, la lacerazione di un tessuto comune dove l’arte è una forma di identità.

È stato questo l’aspetto che più ha colpito Cardini, esperto medievista che passa buona parte dell’anno a Parigi. Il suo ultimo libro si intitola semplicemente Notre-Dame (Solferino) ed è un libro complesso, non privo di un carico emotivo che conduce il racconto verso traiettorie diverse, dalla storia alla letteratura fino all’arte e alla fede. Proprio come nella natura delle cattedrali, che non sono semplici luoghi di culto: sono gigantesche operazioni architettoniche, cantieri d’ingegneria che durano decenni e che cambiano l’economia e le leggi di un Paese, centri irradiatori della fede e, soprattutto, organismi vivi, in continua trasformazione. Come delle persone in carne ed ossa, le cui ferite commuovono ad ogni latitudine.

Nei giorni successivi all’incendio in tanti associarono Notre-Dame ad un simbolo dell’identità europea o, più vagamente, “occidentale”. In fondo quella cattedrale ha attraversato buona parte della storia del Vecchio Continente, dalle guerre di religione alle distruzioni giacobine, dall’incoronazione di Napoleone fino alla breve visita di Hitler nel 1940. Ma l’operazione di Cardini è più sottile, più emozionale, forse proprio perché parte dal presupposto che dei veri simboli europei, riconoscibili e accettati da tutti non ci sono. O sono mutevoli, somiglianti a quelli che i Gesuiti del Seicento definivano “esempi predicabili”: i bistrot di Parigi? Un vino italiano? Il Patanegra andaluso? Wagner? Michelangelo? Ma è evidente che più che rappresentare una coscienza europea questi simboli riconducono inevitabilmente a particolarismi nazionali.

A meno che non si accetti che la storia europea è una storia in divenire, che si nutre del suo stesso racconto e di un confronto a tratti aspro, a tratti più disteso. È una storia dove si litiga sulla nazionalità di Leonardo ma poi si arriva a un accordo scambiandosi i quadri di Raffaello. È una storia di Paesi “frugali” e Paesi a vocazione “espansiva”, ma dove i nostri ragazzi, da decenni, passano dagli uni agli altri con una naturalezza che se solo la osservassimo con un po’ di attenzione ci stupirebbe. Insomma, Cardini sembra suggerire una cosa: e se guardassimo all’Europa come una cattedrale mai conclusa?

Sì, proprio come Notre-Dame. Ed è qui che parte un racconto affascinante che intreccia storia, arte e letteratura con scioltezza. Affiora un sentire naturale, forse perché ci somiglia. Perché noi siamo tutto questo. Noi siamo il Medioevo cupo e rutilante inventato proprio lì, tra quelle guglie, da Victor Hugo, ma siamo anche il Medioevo che “fa luce”, come nelle vetrate di Saint-Denis e nella chiesa ideale dell’abate Sugerio o nel Paradiso dantesco. Noi siamo allo stesso tempo il gotico severo di Chartres e quello leggero del veneziano Palazzo Ducale.

Studiando le vicende di Notre-Dame scopriamo poi altre radici comuni, per esempio che l’Europa tutta ha una straordinaria capacità di reinventarsi: quale migliore soluzione per tornare al Medioevo che inventarne uno nuovo come fece Eugène Viollet-le-Duc, l’architetto che a metà Ottocento rifece la cattedrale? E così come il nostro Palladio fu capace di creare un codice architettonico riprodotto in tutto il mondo nei secoli, anche il gotico di Hugo e di Viollet-le-Duc conquistò i magnati americani, come si vede a Boston, per esempio.

Ci sono fili sottili che legano l’inglese Ruskin al francese Proust e all’italiano Eco: tutti e tre hanno concepito le proprie opere come cattedrali, dove il gusto di perdersi ha una qualità superiore, dove la vertigine vince sull’equilibrio. “La cattedrale – scrive Cardini – era molto grande anche perché era adibita a vero e proprio ‘edificio pubblico’, in cui tutta la cittadinanza avrebbe potuto essere contenuta”. Quale migliore viatico per una ricerca dell’identità europea, che ascolti tutti e non lasci “nessuno indietro”, come abbiamo sentito spesso dire in questi ultimi, terribili, mesi?

Perché il cuore di una cattedrale non è chiaro e definito, ma si fa cercare. Lo aveva intuito un grande artista, Claude Monet, che decise di dipingere la cattedrale di Rouen osservandola in giorni diversi e in diverse ore della giornata. Cercate la luce, sembra dire quella celebre serie di quadri. Cercate la luce, sembra dire la nostra storia comune.

Corriere della Sera, 2 giugno 2020

lunedì, giugno 01, 2020

Piattaforme digitali sono come editori ma senza responsabilità editoriale, basta immunità

Di Francesco Posteraro


Lo scontro fra Donald Trump e Twitter obbliga a riflettere su temi la cui importanza travalica di molto quella dei motivi contingenti che hanno dato luogo all’accesa contrapposizione fra i protagonisti della vicenda. I fatti sono noti. In nome di una policy aziendale volta a contrastare la disinformazione politica, il social network ha sottoposto a fact-checking alcuni cinguettii del Presidente americano, segnalando come controverse le affermazioni in essi contenute. Trump ha reagito impugnando la bandiera della libertà di espressione e ha emanato un ordine esecutivo inteso a far venire meno l’immunità che la legge garantisce alle piattaforme digitali per i contenuti pubblicati da terze parti. La decisione di Trump è stata duramente contestata, tra gli altri, da Amnesty International, che ha definito l’ordine esecutivo «pericoloso e irresponsabile». In senso critico nei confronti di Twitter si è espresso invece Mark Zuckerberg, il quale ha quasi evocato fantasmi di orwelliana memoria, sostenendo che un social network non può e non deve ergersi ad arbitro della verità.

Dico subito che sarebbe fuorviante interpretare la vicenda soltanto alla luce dei nobili principi invocati dai contendenti a sostegno delle loro rispettive posizioni: da un lato, la libertà di manifestazione del pensiero; dall’altro, la lotta alla disinformazione in rete. Come pure sarebbe fuorviante farsi influenzare da pregiudizi di carattere politico, e cedere all’impulso di schierarsi contro un Presidente degli Stati Uniti del quale è quasi sempre difficile, almeno per chi scrive, condividere le iniziative. La posta in gioco, in realtà, è un’altra. E niente aiuta a comprenderne la portata quanto l’intervento del fondatore di Facebook. Diversamente da ciò che potrebbero far pensare le non velate critiche rivolte da Zuckerberg al concorrente Twitter, anche Facebook esercita una forma di controllo sui contenuti postati dagli utenti, ad esempio bloccando quelli che incitano all’odio e alla violenza.


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