sabato, ottobre 19, 2002

Soldati. Esattamente un anno fa e' stato definitivamente archiviato il caso di Emanuele Scieri, il giovane paracadutista siciliano morto in
circostanze misteriose in caserma, forse per nonnismo. Il giudice ha espresso il suo rammarico per non aver potuto scoprire la verita': "Non
credo che la morte di Scieri sia accidentale". L'inchiesta, ha aggiunto il magistrato, e' stata fermata da "oggettive carenze investigative che
non ci consentono di pronunciarci in un modo o nell'altro". Fra i commilitoni di Scieri l'omerta' e' stata praticamente totale. E' una
"piccola" storia, che i giornali hanno dimenticato da tempo. Noi invece abbiamo il dovere di ricordare.
* * *
E' auspicabile che le operazioni cui dovranno partecipare le forze armate italiane abbiano sempre un carattere di polizia coloniale e non
di vera e propria guerra fra eserciti pari, e che le nostre forze armate debbano affrontare limitate resistenze locali e non offensive e
controffensive su vasta scala. E' auspicabile anche (e soprattutto) che tutte queste operazioni si svolgano sempre in paesi lontani, con
l'integrita' del Paese non direttamente correlata al successo delle operazioni militari.
Tutto cio' auspicato, c'e' da dire che si tratta di auspici molto fragili. Non e' affatto da escludere che prima o poi una guerra
convenzionale possa scoppiare anche nella nostra parte di mondo. E in questo caso alle nostre forze armate verrebbe richieste non l'azione
brillante e "professionale" a cui sono orientate oggi ma la guerra di fango e logoramento contro un nemico piu' o meno pari. La guerra vera,
insomma.
Sono le nostre forze armate preparate oggi ad affrontare una situazione del genere? Sull'aspetto tecnico non mi pronuncio. Su quello
psicologico ho i miei dubbi. Gli episodi di indisciplina, spesso ai danni di civili, fra le truppe italiane all'estero non sono stati pochi
in questi anni. Somalia, Mozambico, Macedonia - tanti piccoli casi limitati e "individuali", spesso legati al tempo libero dei militari,
che nel complesso dimostrano pero' una cosa precisa: nell'esercito italiano, in un certo numero di situazioni, c'e' uno scarso controllo
della truppa da parte degli ufficiali. Nelle "operazioni di polizia" cio' non ha importanza. In una guerra vera metterebbe in pericolo il
Paese.
* * *
L'esercito italiano non ha mai brillato per la qualita' dei generali (vedi l'otto settembre), ma puo' vantare episodi di tenuta saldissima
da parte della truppa. Gli alpini nella ritirata di Russia, i fanti di Cefalonia, i granatieri a Porta San Paolo, sono tutti esempi di questa
tenuta: in condizioni disperate, malissimo armati, con le comunicazioni e la catena di comando in pezzi, i nostri militari sono rimasti
aggregati, hanno costituito centri di resistenza e hanno tenuto duro.
Questo spirito di resistenza individuale e' stato tipico (insieme al ribrezzo per le atrocita') del soldato italiano; e possiamo esserne
orgogliosi, almeno per il passato.
Quanto alla Folgore, che adesso e' un corpo - come si dice - d'elite e molto propagandato, non era affatto d'elite quand'era la Folgore vera.
La Folgore, nel Quarantadue, era un reparto arruolato in fretta (mio padre, sorridendo: "Qualcuno veniva dai riformatori"), addestrato alla
meglio e spedito nel deserto senza armi pesanti, teoricamente come paracadutisti ma in pratica come fanteria.
Laggiu', questi ragazzi non fecero molti alzabandiera, grida di "Folgore!" e scenografia truculenta (quella si fa in tempo di pace, al
sicuro). Fecero quel che ha sempre fatto tutta la buona fanteria di questo mondo, e cioe' si schierarono sulle posizioni assegnate e si
prepararono a difenderla con i mezzi che avevano. In particolare, mancando quasi del tutto i cannoni anticarro, usarono bottiglie molotov
per contenere gli attacchi dei corazzati nemici. Ad Alamein si sacrificarono fin quasi all'ultimo, senza tante parole e senza eroiche
canzoni. Furono comandati di tenere una posizione espostissima, mandati consapevolmente come carne da cannone (il comando tedesco di solito
affidava questo ruolo alla fanteria italiana) ad assorbire per qualche tempo l'attacco dell'avversario; essi non solo lo contennero ma
addirittura, nel loro settore, lo respinsero del tutto anche se alla fine solo un velo di uomini vivi difendeva ancora la linea italiana.
Churchill, alla Camera dei Comuni, rese omaggio al loro valore.
La Folgore di oggi e' un'altra cosa. Si e' parlato di scioglierla, in passato, a seguito di vari episodi. Io non vorrei affatto che fosse
sciolta. Vorrei semplicemente che le fosse cambiato il nome, per rispetto alla Folgore vera. Non per le torture in Somalia o
quell'imbecille libretto del colonnello: quelle sono cose cui si poteva ovviare con una buona pulizia (che non e' stata fatta). Ma proprio per
la storia di Scieri. In guerra, il primo comandamento di un soldato e' di non lasciar mai abbandonato un compagno ferito. Ma in quella
caserma, Emanuele Scieri ha agonizzato da solo.

Riccardo Orioles

Nessun commento: