giovedì, ottobre 17, 2002


Dal Corriere della Sera di oggi


Il leader degli U2

SONO CAMBIATO MA RESTO UN PACIFISTA
di BONO*

Caro direttore, le scrivo in risposta all’articolo di Giuliano Zincone («Le armi di Bono», 15 ottobre) che faceva riferimento ad alcune mie dichiarazioni sulla pace e sulla guerra. Ho rilasciato un'intervista al giornale irlandese Hot Press subito dopo l'11 settembre 2001, parti della quale sono state ora ristampate dalla rivista Rockstar .
Le mie affermazioni sono state cambiate, portate fuori contesto e, cosa ancor più sconcertante, abbinate a domande nuove. E' pazzesco insinuare che starei aiutando a mobilitare il nostro pubblico a favore di una guerra contro l'Iraq perché sono amico degli americani: l'Iraq non era neppure un argomento di discussione all'epoca in cui rilasciai quell'intervista. Sono d’accordo con la maggior parte dell’opinione pubblica convinta che si dovrebbe far sì che Saddam Hussein consenta agli ispettori Onu di tornare e che a questi venga garantito accesso completo ai siti da controllare. Se non ha nulla da nascondere, Saddam non dovrebbe sottrarsi a questa richiesta. Se ha qualcosa da nascondere, allora l'Onu dovrebbe permettere che gli Stati Uniti lo inducano a obbedire. Tutte le armi per la distruzione di massa mi fanno orrore, comprese quelle di cui gli stessi Stati Uniti sono in possesso.
E' vero, ritenevo che la campagna contro i talebani in Afghanistan si stesse svolgendo con una certa moderazione che forse non ci si attendeva da un’America ancora impegnata a cercare i suoi morti tra le macerie delle Torri Gemelle. Nell'intervista originale per Hot Press avevo puntualizzato che «qualsiasi vittima civile è inaccettabile». Questa riga è stata tagliata da Rockstar . E' pure scorretto suggerire che io abbia in qualche modo cambiato idea riguardo alla «rappresaglia» che seguì l’11 settembre... E’ vero che non sono un pacifista in senso letterale, così come ero negli anni Ottanta.
*Musicista,
Il mio cambiamento interiore si deve a un’incapacità personale di vivere la vita secondo le aspirazioni più alte e si deve anche, in verità, avendo oggi dei figli, alla responsabilità e alla volontà di proteggerli.
Infine, la cosa che più mi ha irritato nell’articolo pubblicato su Rockstar non è stata l’idea, palesemente scellerata, che io sia diventato un sostenitore della guerra, ma l’insinuazione che io veda i miei bambini per «due settimane ogni tanto»: mi ha fatto davvero male. Questa è una citazione a sproposito: le mie parole erano legate al tour, in cui eravamo impegnati un anno fa, quando ci rifiutammo di bloccare i concerti già prenotati per andare a casa e vedere le nostre famiglie. Ma questo non è affatto il mio modo di vivere.
Mi spiace occupare spazio sui giornali per spiegare queste piccole cose, ma queste piccole cose hanno per me grosse implicazioni. Le mie energie trovano un impiego assai migliore in un altro tipo di guerra: la guerra contro la povertà globale e l’Aids. Dovremmo essere molto preoccupati di vivere in un mondo nel quale 2 milioni e mezzo d’africani moriranno l’anno prossimo, benché ci siano i farmaci che potrebbero salvarli. Un mondo dove la gente muore di fame, benché il pianeta sia ricco di cibo per sfamarli. La guerra contro il terrore può dominare i mass media, sì, ma non potrà essere vinta senza vincere anche la guerra contro la povertà.

(traduzione di Laura Toschi)


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