Chi sarà il mio 10.000esimo visitatore?
mercoledì, marzo 31, 2004
martedì, marzo 30, 2004
Mi dipingo la faccia di un rosso vergogna
la menzogna che magistralmente hai saputo celare
e mai menzionare
piango segretamente le mie debolezze
mio malgrado, hai umiliato con malevolenza la mia buona fede, la mia buona fede...
Vorrei cadere, vorrei librarmi
e lasciare al destino la scelta
decisione che allevia la pena
vorrei cadere oltre il confine
perdere il lume della ragione
e lentamente lasciarmi sedurre
riesco ancora a stupirmi tanta è l'ingenuità
é incredibile come sia riuscita a prenderti gioco di me
I Miei Complimenti
I Miei Complimenti...
la menzogna che magistralmente hai saputo celare
e mai menzionare
piango segretamente le mie debolezze
mio malgrado, hai umiliato con malevolenza la mia buona fede, la mia buona fede...
Vorrei cadere, vorrei librarmi
e lasciare al destino la scelta
decisione che allevia la pena
vorrei cadere oltre il confine
perdere il lume della ragione
e lentamente lasciarmi sedurre
riesco ancora a stupirmi tanta è l'ingenuità
é incredibile come sia riuscita a prenderti gioco di me
I Miei Complimenti
I Miei Complimenti...
Meditazione su Gv 8,1-11 di Martino, monaco camaldolese
Nonostante l’attribuzione e la collocazione incerte, è impossibile dubitare della storicità del fatto narrato e non riconoscere il chiarore, l’intensità promananti da questo episodio che precede emblematicamente la dichiarazione di Gesù, al versetto 12, circa la propria identità di Messia: io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita. Solo la vera autentica luce può accogliere, ospitare ed infine vanificare ogni forza tenebrosa, di male.
E’ un racconto, il nostro, che viene a giusto titolo considerato una perla evangelica d’incomparabile bellezza e profondità dottrinale. Sant’Agostino lo esprime con una frase scultorea: “Relicti sunt duo, misera et misericordia” (PL 35,1650).
Nel suo attuale assetto, il testo sembra voler assumere il più scontato dei ruoli: collocandosi all’interno della diatriba di Gesù con gli scribi ed i farisei si fa testimonianza della volontà degli avversari di Gesù di porgli dinanzi dei problemi imbarazzanti mettendolo in contrasto con la legge del decalogo mosaico: nella Legge Mosé ci ha intimato di lapidare queste donne - asseriscono i farisei. E tu, cosa dici?
E noi, cosa diciamo? Concentriamoci su Gesù e sulla donna e cerchiamo di dare spessore a queste figure che vengono coinvolte drammaticamente nella situazione.
Gesù si chinò e cominciò a scrivere col dito sulla terra. Ad essere precisi, il testo greco usa un verbo, katagrapho, che non significa solo scrivo ma anche incido, traccio, disegno. Gesù, ci sentiamo di affermare, non faceva il conto dei peccati degli astanti, come asserivano alcuni moraleggianti commentatori. Di fatto, gli unici scritti di Gesù tramandati dai vangeli sono questi: disegni misteriosi, indecifrabili, tracciati sulla sabbia, facilmente cancellabili. Gesù si appella ad un’altra legge, non scritta, interiore, vergata sui cuori, alla quale si può obbedire senza appropriarsene.
Alcuni esegeti ipotizzano che Gesù si stia dedicando, in quel momento, ad un esercizio di meditazione tipicamente orientale. Ravvisano, nel suo gesto, come un assentarsi, uno spostarsi altrove, l’evadere dalla contesa per ritrarsi in un più profondo punto di concentrazione.
Gesù traccerebbe una sorta di mandala, una visione sincronica degli eventi, una riproduzione simbolica del cosmo e dell’accadere delle cose.
Incidendo sulla sabbia, ridipanerebbe a ritroso il filo di quanti lo hanno preceduto nella storia del suo popolo. Lo pensiamo allora mentre convoca a sé le donne della sua ascendenza e si inoltra nel loro mistero; Betzabea per prima, la madre di Salomone; Rut la moabita; la prostituta Rahab, la quale aveva facilitato agli ebrei la conquista di Gerico; Tamara, che audacemente inaugurava, attraverso la nascita del figlio Perez (Breccia), la dinastia davidica. Ciascuna con il proprio carico di ambiguità, trasgressione, spregiudicatezza e peccato, ma anche vittima del male e del cinismo degli uomini.
Maria infine, sua madre, probabilmente segnata a dito per quella sua gravidanza così soggetta a dubbi di legittimità.
Si delinea in questo modo un itinerario catartico, di illuminazione progressiva, che conduce Gesù a lasciare emergere il germe della redenzione nelle coscienze, facendo percorrere a tutti gli astanti il cammino della consapevolezza e della grazia.
La legge rimane scritta ma la salvezza è sommersa lì, nel profondo della memoria. Il problema è come farla affiorare con la sua potenza liberatoria... Ecco come: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei... Ma quelli, udito ciò, si dileguarono uno dopo l’altro, per primi gli anziani. Non necessariamente se ne saranno andati svergognati; incoraggiati,forse, a ricercare, nel profondo del proprio vissuto, sofferenza e gioia, peccato e grazia... il seme della redenzione seminato in loro.
La donna invece resta; per lei il seme della salvezza è già germogliato. Gesù l’ha già raggiunta; anch’essa si era chiusa a riccio perché stretta da un cerchio inesorabilmente serrato di sguardi curiosi e ostili che penetravano sotto il velo, indovinandone la carne e supponendo di conoscerne l’anima. Un sentimento di rabbia, di vergogna mista a dispetto la rendeva forse indifferente ed estranea a quella sceneggiata e preoccupata solo della sorte del suo uomo. Il desiderio, come principio delle passioni, induce a guardare molto più all’avvenire che non al presente o al passato (Cartesio, Le passioni dell’anima, § 57).
Era ovvio, Gesù lo avvertiva fortemente, che bisognava rompere il cerchio in cui la donna era confinata, altrimenti mai avrebbe trovato lo spazio per pensare a se stessa. Perciò Gesù evita di guardarla. Si mette a giocherellare, tracciando segni inutili o misteriosi sulla sabbia; la tentazione di alzare gli occhi forse è grande ma egli la respinge per creare un varco nel cerchio. Prioritario non era conoscere, nemmeno conoscere il pentimento della donna o la gradazione della sua consapevolezza ma spezzare l’assedio degli sguardi e delle accuse.
Non è la volontà di ignorare i fatti quella che muove Gesù. Egli acconsente alla liberazione della donna da una situazione in cui gli altri, accusatori o salvatori che fossero, le avrebbero assegnato una sentenza. Essa, invece, doveva essere messa in grado di giudicarsi da sé, di riesaminare anche dolorosamente la propria vita per trarne elementi preziosi, speranze di futuro, la riconciliazione con il proprio rimosso: un marito, un amante, una svolta nel tempo che scorre, ciò che spesso rimane sotto pelle e che anche noi non vogliamo o non possiamo riconoscere per le ragioni più disparate.
Solo che, rotto il cerchio, si frantuma, quasi per miracolo, anche la collocazione radiale dei presenti. E finalmente l’adultera è messa in grado di accorgersi che in quello spiazzo del tempio c’è un “tu”.
O donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Nessuno Signore. - Disse Gesù: “Nemmeno io ti condanno, va’ e d’ora innanzi non peccare più”.
Il passato immemorabile è ora in qualche modo sottoposto al presente della Rivelazione e al futuro dell’attesa del Regno (cf. Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare, p. 101). Mi pare che grazie a Gesù siano sovvertite anche le logiche del dono che, in qualche modo, rischia sempre di soggiacere al do ut des, l’aspettativa della reciprocità. Gesù non chiede nulla e sembra inaugurare, invece, l’ordine del dispendio, conferendo al dono fatto alla donna una misura folle! Ma nel rispetto della dignità dell’altra, senza schiacciarla sotto il peso insostenibile del dovere di corrispondere.
Poiché la pietra
è stata gettata
nello scosceso fiume
dell’eterno
posso alfine scordare.
Giungo al centro, alla chiave,
all’algebra,
allo specchio.
Julia Lang
Un finale liberante ma anche impegnativo e per nulla banalmente risolutorio: ogni uomo, ogni donna, cor-risponde e scrive con la propria vita il finale della storia, perché ciascuno porta le contraddizioni del proprio vissuto, di innamoramenti e disinnamoramenti, dei fallimenti e delle aperture dei cerchi che ci regalano una nuova possibilità di ritorno a noi stessi:
Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, per dissetare il mio eletto (Is. 43,18-20).
Il Signore ci conceda la grazia di saper ri-pensare alla nostra storia, al nostro futuro, di poter comprendere l’infinita libertà che è il Suo amore e la Sua misericordia, l’oceano senza sponde della Sua pietà.
Nonostante l’attribuzione e la collocazione incerte, è impossibile dubitare della storicità del fatto narrato e non riconoscere il chiarore, l’intensità promananti da questo episodio che precede emblematicamente la dichiarazione di Gesù, al versetto 12, circa la propria identità di Messia: io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita. Solo la vera autentica luce può accogliere, ospitare ed infine vanificare ogni forza tenebrosa, di male.
E’ un racconto, il nostro, che viene a giusto titolo considerato una perla evangelica d’incomparabile bellezza e profondità dottrinale. Sant’Agostino lo esprime con una frase scultorea: “Relicti sunt duo, misera et misericordia” (PL 35,1650).
Nel suo attuale assetto, il testo sembra voler assumere il più scontato dei ruoli: collocandosi all’interno della diatriba di Gesù con gli scribi ed i farisei si fa testimonianza della volontà degli avversari di Gesù di porgli dinanzi dei problemi imbarazzanti mettendolo in contrasto con la legge del decalogo mosaico: nella Legge Mosé ci ha intimato di lapidare queste donne - asseriscono i farisei. E tu, cosa dici?
E noi, cosa diciamo? Concentriamoci su Gesù e sulla donna e cerchiamo di dare spessore a queste figure che vengono coinvolte drammaticamente nella situazione.
Gesù si chinò e cominciò a scrivere col dito sulla terra. Ad essere precisi, il testo greco usa un verbo, katagrapho, che non significa solo scrivo ma anche incido, traccio, disegno. Gesù, ci sentiamo di affermare, non faceva il conto dei peccati degli astanti, come asserivano alcuni moraleggianti commentatori. Di fatto, gli unici scritti di Gesù tramandati dai vangeli sono questi: disegni misteriosi, indecifrabili, tracciati sulla sabbia, facilmente cancellabili. Gesù si appella ad un’altra legge, non scritta, interiore, vergata sui cuori, alla quale si può obbedire senza appropriarsene.
Alcuni esegeti ipotizzano che Gesù si stia dedicando, in quel momento, ad un esercizio di meditazione tipicamente orientale. Ravvisano, nel suo gesto, come un assentarsi, uno spostarsi altrove, l’evadere dalla contesa per ritrarsi in un più profondo punto di concentrazione.
Gesù traccerebbe una sorta di mandala, una visione sincronica degli eventi, una riproduzione simbolica del cosmo e dell’accadere delle cose.
Incidendo sulla sabbia, ridipanerebbe a ritroso il filo di quanti lo hanno preceduto nella storia del suo popolo. Lo pensiamo allora mentre convoca a sé le donne della sua ascendenza e si inoltra nel loro mistero; Betzabea per prima, la madre di Salomone; Rut la moabita; la prostituta Rahab, la quale aveva facilitato agli ebrei la conquista di Gerico; Tamara, che audacemente inaugurava, attraverso la nascita del figlio Perez (Breccia), la dinastia davidica. Ciascuna con il proprio carico di ambiguità, trasgressione, spregiudicatezza e peccato, ma anche vittima del male e del cinismo degli uomini.
Maria infine, sua madre, probabilmente segnata a dito per quella sua gravidanza così soggetta a dubbi di legittimità.
Si delinea in questo modo un itinerario catartico, di illuminazione progressiva, che conduce Gesù a lasciare emergere il germe della redenzione nelle coscienze, facendo percorrere a tutti gli astanti il cammino della consapevolezza e della grazia.
La legge rimane scritta ma la salvezza è sommersa lì, nel profondo della memoria. Il problema è come farla affiorare con la sua potenza liberatoria... Ecco come: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei... Ma quelli, udito ciò, si dileguarono uno dopo l’altro, per primi gli anziani. Non necessariamente se ne saranno andati svergognati; incoraggiati,forse, a ricercare, nel profondo del proprio vissuto, sofferenza e gioia, peccato e grazia... il seme della redenzione seminato in loro.
La donna invece resta; per lei il seme della salvezza è già germogliato. Gesù l’ha già raggiunta; anch’essa si era chiusa a riccio perché stretta da un cerchio inesorabilmente serrato di sguardi curiosi e ostili che penetravano sotto il velo, indovinandone la carne e supponendo di conoscerne l’anima. Un sentimento di rabbia, di vergogna mista a dispetto la rendeva forse indifferente ed estranea a quella sceneggiata e preoccupata solo della sorte del suo uomo. Il desiderio, come principio delle passioni, induce a guardare molto più all’avvenire che non al presente o al passato (Cartesio, Le passioni dell’anima, § 57).
Era ovvio, Gesù lo avvertiva fortemente, che bisognava rompere il cerchio in cui la donna era confinata, altrimenti mai avrebbe trovato lo spazio per pensare a se stessa. Perciò Gesù evita di guardarla. Si mette a giocherellare, tracciando segni inutili o misteriosi sulla sabbia; la tentazione di alzare gli occhi forse è grande ma egli la respinge per creare un varco nel cerchio. Prioritario non era conoscere, nemmeno conoscere il pentimento della donna o la gradazione della sua consapevolezza ma spezzare l’assedio degli sguardi e delle accuse.
Non è la volontà di ignorare i fatti quella che muove Gesù. Egli acconsente alla liberazione della donna da una situazione in cui gli altri, accusatori o salvatori che fossero, le avrebbero assegnato una sentenza. Essa, invece, doveva essere messa in grado di giudicarsi da sé, di riesaminare anche dolorosamente la propria vita per trarne elementi preziosi, speranze di futuro, la riconciliazione con il proprio rimosso: un marito, un amante, una svolta nel tempo che scorre, ciò che spesso rimane sotto pelle e che anche noi non vogliamo o non possiamo riconoscere per le ragioni più disparate.
Solo che, rotto il cerchio, si frantuma, quasi per miracolo, anche la collocazione radiale dei presenti. E finalmente l’adultera è messa in grado di accorgersi che in quello spiazzo del tempio c’è un “tu”.
O donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Nessuno Signore. - Disse Gesù: “Nemmeno io ti condanno, va’ e d’ora innanzi non peccare più”.
Il passato immemorabile è ora in qualche modo sottoposto al presente della Rivelazione e al futuro dell’attesa del Regno (cf. Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare, p. 101). Mi pare che grazie a Gesù siano sovvertite anche le logiche del dono che, in qualche modo, rischia sempre di soggiacere al do ut des, l’aspettativa della reciprocità. Gesù non chiede nulla e sembra inaugurare, invece, l’ordine del dispendio, conferendo al dono fatto alla donna una misura folle! Ma nel rispetto della dignità dell’altra, senza schiacciarla sotto il peso insostenibile del dovere di corrispondere.
Poiché la pietra
è stata gettata
nello scosceso fiume
dell’eterno
posso alfine scordare.
Giungo al centro, alla chiave,
all’algebra,
allo specchio.
Julia Lang
Un finale liberante ma anche impegnativo e per nulla banalmente risolutorio: ogni uomo, ogni donna, cor-risponde e scrive con la propria vita il finale della storia, perché ciascuno porta le contraddizioni del proprio vissuto, di innamoramenti e disinnamoramenti, dei fallimenti e delle aperture dei cerchi che ci regalano una nuova possibilità di ritorno a noi stessi:
Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, per dissetare il mio eletto (Is. 43,18-20).
Il Signore ci conceda la grazia di saper ri-pensare alla nostra storia, al nostro futuro, di poter comprendere l’infinita libertà che è il Suo amore e la Sua misericordia, l’oceano senza sponde della Sua pietà.
domenica, marzo 28, 2004
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.
Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Giovanni 8, 1-11
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.
Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Giovanni 8, 1-11
sabato, marzo 27, 2004
Sorry To Say
This is the sky before you, hope that you can see it.
Still miles to go before you hit the chill stars, start feeling the cold.
Feed your curiosity, this could be the start of something new.
Quiet fears in these darker years so we ask for quiet miracles.
Bored fool, ah you cry for the moon, then you lock yourself inside at night.
You want to die for all the lonely, this could be your last adventure,
One big heroic gesture.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Sorry to say we are not that ambitious cos we get scared.
And days can be long and the nights can be vicious when we get scared.
Now you lie there in your tv chair asleep among your memories,
I must speak fast before you're lost to the past and you are lost to me.
I'd say there are monsters beneath your bed
But there's an angel with a hand on your head.
Yeah there are monsters beneath your bed
But there's an angel with a hand on your head.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Sorry to say we are not that ambitious cos we get scared.
Days can be long and the nights can be vicious when we get scared.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Saturday in a small market town.
Saturday in a small market town.
Words by Juliet Turner, music by Juliet Turner and Gerard Kiely
This is the sky before you, hope that you can see it.
Still miles to go before you hit the chill stars, start feeling the cold.
Feed your curiosity, this could be the start of something new.
Quiet fears in these darker years so we ask for quiet miracles.
Bored fool, ah you cry for the moon, then you lock yourself inside at night.
You want to die for all the lonely, this could be your last adventure,
One big heroic gesture.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Sorry to say we are not that ambitious cos we get scared.
And days can be long and the nights can be vicious when we get scared.
Now you lie there in your tv chair asleep among your memories,
I must speak fast before you're lost to the past and you are lost to me.
I'd say there are monsters beneath your bed
But there's an angel with a hand on your head.
Yeah there are monsters beneath your bed
But there's an angel with a hand on your head.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Sorry to say we are not that ambitious cos we get scared.
Days can be long and the nights can be vicious when we get scared.
But you can't find a music lover and you can't tear the system down
And you couldn't save the school children on a Saturday in a small market town.
Saturday in a small market town.
Saturday in a small market town.
Words by Juliet Turner, music by Juliet Turner and Gerard Kiely
mercoledì, marzo 24, 2004
New tecnology. Anche questa primavera sono diminuite le rondini, che fanno fra le altre cose piu' fatica a migrare: ne sono arrivate meno dell'altr'anno e l'anno venturo ne arriveranno meno ancora. (Questo, veramente, con le nuove tecnologie non c'entra niente. C'entra invece con la nostra capacita' di godercele davvero. Le tecnologie, e tutto il resto).
Riccardo Orioles
Riccardo Orioles
lunedì, marzo 22, 2004
The first flush of youth was upon you when our eyes first met
And I knew that to you and into your life I had to get
I felt light-headed at the touch of this stranger's hand
An assault my defences systematically failed to withstand
'Cos you came at a time
When the pursuit of one true love in which to fall
Was the be all and end all
Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway
The state of elation that this unison of hearts achieved
I had seen, I had touched, I had tasted and I truly believed
That the light of my life
Would tear a hole right through each cloud that scudded by
Just to beam on you and I
Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway, anyway
And I knew that to you and into your life I had to get
I felt light-headed at the touch of this stranger's hand
An assault my defences systematically failed to withstand
'Cos you came at a time
When the pursuit of one true love in which to fall
Was the be all and end all
Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway
The state of elation that this unison of hearts achieved
I had seen, I had touched, I had tasted and I truly believed
That the light of my life
Would tear a hole right through each cloud that scudded by
Just to beam on you and I
Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway, anyway
sabato, marzo 20, 2004
From here to there to everywhere
And back to Union Square
Where do I get some sleep?
Anywhere the sleep dust lies
It decorates your eyes
Where do I get some sleep?
Stranded in June
Whistling the same old tune
But I do believe I might be having fun
I believe I might be having fun
Impeccably dressed in your second hand vest
We were waiting for the taxi to come
Putting on my daytime eyes
A good enough disguise
Until I get some sleep
Reading out the horoscopes
And using up our jokes
When do we get to sleep?
Stand on the moon
Find the light of my living room
Yes I do believe I might be having fun
I believe I might be having fun
Tune into the station
Make a dedication
This is going out to everyone
This is going out to everyone
This is going out to everyone
Something in the phrasing was quietly amazing
We were waiting for the chorus to come
This is going out to everyone
This is going out to everyone
And back to Union Square
Where do I get some sleep?
Anywhere the sleep dust lies
It decorates your eyes
Where do I get some sleep?
Stranded in June
Whistling the same old tune
But I do believe I might be having fun
I believe I might be having fun
Impeccably dressed in your second hand vest
We were waiting for the taxi to come
Putting on my daytime eyes
A good enough disguise
Until I get some sleep
Reading out the horoscopes
And using up our jokes
When do we get to sleep?
Stand on the moon
Find the light of my living room
Yes I do believe I might be having fun
I believe I might be having fun
Tune into the station
Make a dedication
This is going out to everyone
This is going out to everyone
This is going out to everyone
Something in the phrasing was quietly amazing
We were waiting for the chorus to come
This is going out to everyone
This is going out to everyone
giovedì, marzo 18, 2004
Un prete nelle Fosse
Prima dell’esecuzione, come per miracolo, riuscì a liberare la destra per benedire i compagni E il suo vicino fu l’unico a salvarsi dall’eccidio
di Roberto Beretta, Avvenire, 18 marzo 2004.
«Pane e Cipolla e Santa Libertà». È probabile che un buongustaio come Aldo Fabrizi non avrebbe sottoscritto facilmente ai primi due termini del trinomio; il prete corpulento che l'attore romano interpretò in Roma città aperta, invece, ne aveva fatto il motto di un'esistenza coraggiosamente libera e cristiana. Il don Pietro «partigiano» di Roberto Rossellini - e dell'aiuto sceneggiatore Federico Fellini - era infatti il calco di un personaggio realmente esistito (pur se la fine del sacerdote cinematografico si ispira piuttosto a un altro prete romano, don Morosini, fucilato a Forte Boccea): don Pietro Pappagallo, l'unico sacerdote ucciso alle Fosse Ardeatine. E forse il solo, fra le 335 vittime dell'allucinante eccidio del 24 marzo 1944, a cui fu offerta la possibilità di salvarsi e la rifiutò. Ora, a sessant'anni dall'episodio, il suo amico e biografo Antonio Lisi si appresta ad ampliare con nuovi documenti la sua raccolta di documenti e testimonianze Don Pietro Pappagallo, un eroe, un santo, uscita per la prima volta nel 1963 e in seconda edizione nel 1995; Lisi, psicologo a Rieti, è originario di Terlizzi, la cittadina del Barese che ha dato i natali a due vittime delle Ardeatine: l'intellettuale comunista Gioacchino Gesmundo e appunto don Pappagallo. Erano molto amici i due, s'incontravano quasi quotidianamente a Roma - dove si erano trasferiti per i rispettivi impegni - e insieme collaborarono attivamente al movimento partigiano; in particolare, il cinquantenne sacerdote (che aveva notevoli doti organizzative, ed era stato segretario di un cardinale nonché incaricato di regolare l'afflusso dei pellegrini per il Giubileo del 1933) si incaricava di produrre e fornire documenti falsi a perseguitati politici, ebrei, giovani renitenti alla leva di Salò, partigiani, che spesso ospitava anche nel suo appartamento. Nel quale il sacerdote fu arrestato il 29 gennaio 1944 in seguito alla «soffiata» di un infiltrato (che poi, scoperto e riconosciuto dalla perpetua di don P ietro, sarà giudicato e condannato dopo la guerra). Di lì Pappagallo viene condotto al famigerato carcere della Gestapo in via Tasso, il regno di Kappler, il teatro delle torture a molti membri della resistenza, e vi resterà tre mesi in cella con altri compagni, che ne hanno poi ricordato il comportamento addirittura ascetico: pregava molto, si mostrava sempre sereno e mai preoccupato di sé, spesso si privava delle razioni di acqua o di cibo a favore degli altri carcerati. I tedeschi lo interrogarono solo una volta, ma fu un italiano a colpirlo con due scudisciate al viso perché non rivelava i nomi dei suoi complici. Poi venne l'attentato in via Rasella e l'ordine - diretto da Hitler - della rappresaglia. Sembrava che avesse avuto un presentimento, quel 24 marzo, don Pappagallo: pregò più a lungo del solito, disse a uno dei compagni di averlo sognato uscire incolume da una fornace (e difatti quella persona sopravvisse), rinunciò a mangiare. Alle 14 vennero a prenderlo, insieme ad altri 4 della sua cella; pare che la scelta di unirlo al gruppo dei condannati sia dovuta al fatto che i tedeschi volevano salvare l'apparenza di aver munito i morituri dei conforti religiosi. Don Pappagallo capì la sua sorte già prima di salire sui furgoni che l'avrebbero portato verso la cava in periferia; i suoi compagni compresero allorché un secondino, qualche ora più tardi, venne a ritirare gli effetti del reverendo e indossò il suo cappello ecclesiastico inscenando una specie di pantomima. Ma prima della morte ci fu tempo per un altro atto straordinario. I prigionieri erano legati a due a due per i polsi e, in fila, attendevano di giungere laddove un colpo alla nuca li avrebbe uccisi; don Pappagallo fu unito a Joseph Reider, un medico austriaco pacifista che aveva disertato dalla Wehrmacht ed era stato arrestato sotto nome italiano. Gli altri predestinati alla morte presero a circondarli, almeno per chiedere una benedizione al prete; al che don Pappagallo, fosse per la sua corporatu ra robusta ovvero - come il credente Reider asserisce - per un evento inspiegabile, riuscì a liberare la destra e ad impartire l'assoluzione a tutti. L'atto è testimoniato in una memoria scritta dallo stesso Reider che, approfittando dello scioglimento dei legacci, riuscì subito dopo a gettarsi in un fossato ed a sfuggire (unico superstite delle Ardeatine) la morte. Avrebbe potuto forse scampare anche don Pietro, se è vero che - proprio in conseguenza del suo gesto sacerdotale - alcuni soldati tedeschi lo misero da parte per salvarlo; ma lui rifiutò, chiedendo di morire come gli altri.
Prima dell’esecuzione, come per miracolo, riuscì a liberare la destra per benedire i compagni E il suo vicino fu l’unico a salvarsi dall’eccidio
di Roberto Beretta, Avvenire, 18 marzo 2004.
«Pane e Cipolla e Santa Libertà». È probabile che un buongustaio come Aldo Fabrizi non avrebbe sottoscritto facilmente ai primi due termini del trinomio; il prete corpulento che l'attore romano interpretò in Roma città aperta, invece, ne aveva fatto il motto di un'esistenza coraggiosamente libera e cristiana. Il don Pietro «partigiano» di Roberto Rossellini - e dell'aiuto sceneggiatore Federico Fellini - era infatti il calco di un personaggio realmente esistito (pur se la fine del sacerdote cinematografico si ispira piuttosto a un altro prete romano, don Morosini, fucilato a Forte Boccea): don Pietro Pappagallo, l'unico sacerdote ucciso alle Fosse Ardeatine. E forse il solo, fra le 335 vittime dell'allucinante eccidio del 24 marzo 1944, a cui fu offerta la possibilità di salvarsi e la rifiutò. Ora, a sessant'anni dall'episodio, il suo amico e biografo Antonio Lisi si appresta ad ampliare con nuovi documenti la sua raccolta di documenti e testimonianze Don Pietro Pappagallo, un eroe, un santo, uscita per la prima volta nel 1963 e in seconda edizione nel 1995; Lisi, psicologo a Rieti, è originario di Terlizzi, la cittadina del Barese che ha dato i natali a due vittime delle Ardeatine: l'intellettuale comunista Gioacchino Gesmundo e appunto don Pappagallo. Erano molto amici i due, s'incontravano quasi quotidianamente a Roma - dove si erano trasferiti per i rispettivi impegni - e insieme collaborarono attivamente al movimento partigiano; in particolare, il cinquantenne sacerdote (che aveva notevoli doti organizzative, ed era stato segretario di un cardinale nonché incaricato di regolare l'afflusso dei pellegrini per il Giubileo del 1933) si incaricava di produrre e fornire documenti falsi a perseguitati politici, ebrei, giovani renitenti alla leva di Salò, partigiani, che spesso ospitava anche nel suo appartamento. Nel quale il sacerdote fu arrestato il 29 gennaio 1944 in seguito alla «soffiata» di un infiltrato (che poi, scoperto e riconosciuto dalla perpetua di don P ietro, sarà giudicato e condannato dopo la guerra). Di lì Pappagallo viene condotto al famigerato carcere della Gestapo in via Tasso, il regno di Kappler, il teatro delle torture a molti membri della resistenza, e vi resterà tre mesi in cella con altri compagni, che ne hanno poi ricordato il comportamento addirittura ascetico: pregava molto, si mostrava sempre sereno e mai preoccupato di sé, spesso si privava delle razioni di acqua o di cibo a favore degli altri carcerati. I tedeschi lo interrogarono solo una volta, ma fu un italiano a colpirlo con due scudisciate al viso perché non rivelava i nomi dei suoi complici. Poi venne l'attentato in via Rasella e l'ordine - diretto da Hitler - della rappresaglia. Sembrava che avesse avuto un presentimento, quel 24 marzo, don Pappagallo: pregò più a lungo del solito, disse a uno dei compagni di averlo sognato uscire incolume da una fornace (e difatti quella persona sopravvisse), rinunciò a mangiare. Alle 14 vennero a prenderlo, insieme ad altri 4 della sua cella; pare che la scelta di unirlo al gruppo dei condannati sia dovuta al fatto che i tedeschi volevano salvare l'apparenza di aver munito i morituri dei conforti religiosi. Don Pappagallo capì la sua sorte già prima di salire sui furgoni che l'avrebbero portato verso la cava in periferia; i suoi compagni compresero allorché un secondino, qualche ora più tardi, venne a ritirare gli effetti del reverendo e indossò il suo cappello ecclesiastico inscenando una specie di pantomima. Ma prima della morte ci fu tempo per un altro atto straordinario. I prigionieri erano legati a due a due per i polsi e, in fila, attendevano di giungere laddove un colpo alla nuca li avrebbe uccisi; don Pappagallo fu unito a Joseph Reider, un medico austriaco pacifista che aveva disertato dalla Wehrmacht ed era stato arrestato sotto nome italiano. Gli altri predestinati alla morte presero a circondarli, almeno per chiedere una benedizione al prete; al che don Pappagallo, fosse per la sua corporatu ra robusta ovvero - come il credente Reider asserisce - per un evento inspiegabile, riuscì a liberare la destra e ad impartire l'assoluzione a tutti. L'atto è testimoniato in una memoria scritta dallo stesso Reider che, approfittando dello scioglimento dei legacci, riuscì subito dopo a gettarsi in un fossato ed a sfuggire (unico superstite delle Ardeatine) la morte. Avrebbe potuto forse scampare anche don Pietro, se è vero che - proprio in conseguenza del suo gesto sacerdotale - alcuni soldati tedeschi lo misero da parte per salvarlo; ma lui rifiutò, chiedendo di morire come gli altri.
All'inizio dell'anno ho formulato i miei buoni propositi, ora dopo 3 mesi posso cominciare a tracciare qualche bilancio.
1) Assistere a più rappresentazioni teatrali. Obiettivo pienamente realizzato. A gennaio e febbraio ho visto mediamente due rappresentationi a settimana. A marzo la Drama Soc. è in vacanza ma spero ricomincino presto.
2) Guardare più film. Obiettivo parzialmente realizzato. Un miglioramento significativo si è avuto solo ultimamente, a marzo, con 21 grams, The Passion of the Christ, Leo, e Lost in Translation per la seconda volta. Il problema è che i cinema sono quasi tutti in centro e costano troppo per le mie tasche.
3) Leggere più narrativa. Obiettivo fallito. Ho letto pochissime pagine di un romanzetto e, ultimamente, con un po' più di passione, Wonderland Avenue di Danny Sugerman, ma solo perché me l'ha regalato Susan. Male, molto male.
4) Leggere meno possibile roba scritta in italiano. Obiettivo fallito. Anche se un po' meno di prima, continuo ad esagerare con la lettura di blog italiani. Inoltre do un'occhiata ad almeno 8 quotidiani italiani ogni giorno, ma questo è perdonabile. (Avevo cominciato a leggere quotidinamente anche Le Figaro ma non ci riesco, i francesi non li sopporto.)
5) Trovarmi una ragazza entro San Valentino. Beh, è successo esattamente alle prime ore del 14 febbraio. Appena in tempo, no?
(Per chi non l'ha ancora capito, si tratta di Susan)
Diciamo che 2 e mezzo su 5 non mi pare un gran risultato, saremmo sotto la sufficienza, ma c'è da dire che centrare l'obiettivo n. 5 da soddisfazioni inimmaginabili che compensano ogni altro fallimento. ;)
1) Assistere a più rappresentazioni teatrali. Obiettivo pienamente realizzato. A gennaio e febbraio ho visto mediamente due rappresentationi a settimana. A marzo la Drama Soc. è in vacanza ma spero ricomincino presto.
2) Guardare più film. Obiettivo parzialmente realizzato. Un miglioramento significativo si è avuto solo ultimamente, a marzo, con 21 grams, The Passion of the Christ, Leo, e Lost in Translation per la seconda volta. Il problema è che i cinema sono quasi tutti in centro e costano troppo per le mie tasche.
3) Leggere più narrativa. Obiettivo fallito. Ho letto pochissime pagine di un romanzetto e, ultimamente, con un po' più di passione, Wonderland Avenue di Danny Sugerman, ma solo perché me l'ha regalato Susan. Male, molto male.
4) Leggere meno possibile roba scritta in italiano. Obiettivo fallito. Anche se un po' meno di prima, continuo ad esagerare con la lettura di blog italiani. Inoltre do un'occhiata ad almeno 8 quotidiani italiani ogni giorno, ma questo è perdonabile. (Avevo cominciato a leggere quotidinamente anche Le Figaro ma non ci riesco, i francesi non li sopporto.)
5) Trovarmi una ragazza entro San Valentino. Beh, è successo esattamente alle prime ore del 14 febbraio. Appena in tempo, no?
(Per chi non l'ha ancora capito, si tratta di Susan)
Diciamo che 2 e mezzo su 5 non mi pare un gran risultato, saremmo sotto la sufficienza, ma c'è da dire che centrare l'obiettivo n. 5 da soddisfazioni inimmaginabili che compensano ogni altro fallimento. ;)
Anche quest'anno un San Patrizio indimenticabile.
Se non altro perché ho conosciuto la presidente della Repubblica!!
Passavo verso mezzogiorno vicino la cattedrale cattolica ed ho visto un po' di folla. Mary McAleese era stata a fare gli auguri al cardinale e si intratteneva con la gente. Che emozione! Era tranquilla, senza guardie del corpo, chicchierava di sport con le ragazzine, stringeva mani, si faceva fotografare.
Un'amabile donna, non c'è che dire.
As I was going over the Cork and Kerry mountains
I saw Captain Farrell and his money he was counting
I first produced my pistol and then produced my rapier
I said "stand and deliver or the devil he may take you"
I took all of his money and it was a pretty penny
I took all of his money, yeah, and I brought it home to Molly
She swore that she loved me, no, never would she leave me
But the devil take that woman, yeah, for you know she tricked me easy
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o
Being drunk and weary I went to Molly's chamber
Taking Molly with me, but I never knew the danger
For about six or maybe seven, yeah, in walked Captain Farrell
I jumped up, fired my pistols, and I shot him with both barrels, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah-yeah
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o
Now some men like the fishing and some men like the fowling
And some men like to hear, to hear the cannonball a-roaring
Me I like sleeping, especially in my Molly's chamber
But here I am in prison, here I am with a ball and chain, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah-yeah
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o, yeah
Whiskey in the jar-o, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, hey
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah
Se non altro perché ho conosciuto la presidente della Repubblica!!
Passavo verso mezzogiorno vicino la cattedrale cattolica ed ho visto un po' di folla. Mary McAleese era stata a fare gli auguri al cardinale e si intratteneva con la gente. Che emozione! Era tranquilla, senza guardie del corpo, chicchierava di sport con le ragazzine, stringeva mani, si faceva fotografare.
Un'amabile donna, non c'è che dire.
As I was going over the Cork and Kerry mountains
I saw Captain Farrell and his money he was counting
I first produced my pistol and then produced my rapier
I said "stand and deliver or the devil he may take you"
I took all of his money and it was a pretty penny
I took all of his money, yeah, and I brought it home to Molly
She swore that she loved me, no, never would she leave me
But the devil take that woman, yeah, for you know she tricked me easy
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o
Being drunk and weary I went to Molly's chamber
Taking Molly with me, but I never knew the danger
For about six or maybe seven, yeah, in walked Captain Farrell
I jumped up, fired my pistols, and I shot him with both barrels, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah-yeah
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o
Now some men like the fishing and some men like the fowling
And some men like to hear, to hear the cannonball a-roaring
Me I like sleeping, especially in my Molly's chamber
But here I am in prison, here I am with a ball and chain, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah-yeah
Whack for my daddy-o
Whack for my daddy-o
There's whiskey in the jar-o, yeah
Whiskey in the jar-o, yeah
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, hey
Musha rain dum-a-do-dum-a-da
Musha rain dum-a-do-dum-a-da, yeah
mercoledì, marzo 17, 2004
martedì, marzo 16, 2004
Ieri ho visto The Passion of the Christ.
Difficile da commentare; è un film crudo, come la storia che narra d'altronde, la storia di un'esecuzione capitale.
L'ambientazione e i costumi sono suggestivi, tutta la ricostruzione è perfetta e la scelta delle lingue antiche è geniale.
Le scene più belle sono quelle che non si riferiscono alla passione ma ai momenti della predicazione precedente;
la passione di Cristo infatti ha senso solo alla luce della sua Incarnazione e della sua Resurrezione.
Sono rimasto colpito dall'enfasi sulle figure femminili, che sono tutte positive. Non tradiscono, non condannano, non rinnegano, non deridono. Non ci avevo mai pensato ma nel racconto evangelico le donne sono l'elemento di umanità, di partecipazione, in una situazione di estrema ingiustizia e sofferenza.
Qualche particolare non m'è piaciuto ma evito di menzionarlo per non togliere la sorpresa. Non è un capolavoro ma bisogna vederlo se non altro per poterne parlare con cognizione.
I'm pushing an elephant up the stairs
I'm tossing up punchlines that were never there
Over my shoulder a piano falls
Crashing to the ground
I'm breaking through
I'm bending spoons
I'm keeping flowers in full bloom
I'm looking for answers from the great beyond
Difficile da commentare; è un film crudo, come la storia che narra d'altronde, la storia di un'esecuzione capitale.
L'ambientazione e i costumi sono suggestivi, tutta la ricostruzione è perfetta e la scelta delle lingue antiche è geniale.
Le scene più belle sono quelle che non si riferiscono alla passione ma ai momenti della predicazione precedente;
la passione di Cristo infatti ha senso solo alla luce della sua Incarnazione e della sua Resurrezione.
Sono rimasto colpito dall'enfasi sulle figure femminili, che sono tutte positive. Non tradiscono, non condannano, non rinnegano, non deridono. Non ci avevo mai pensato ma nel racconto evangelico le donne sono l'elemento di umanità, di partecipazione, in una situazione di estrema ingiustizia e sofferenza.
Qualche particolare non m'è piaciuto ma evito di menzionarlo per non togliere la sorpresa. Non è un capolavoro ma bisogna vederlo se non altro per poterne parlare con cognizione.
I'm pushing an elephant up the stairs
I'm tossing up punchlines that were never there
Over my shoulder a piano falls
Crashing to the ground
I'm breaking through
I'm bending spoons
I'm keeping flowers in full bloom
I'm looking for answers from the great beyond
lunedì, marzo 15, 2004
Stamattina ho visto in TV la storia di Dorina, una studentessa di Comunicazioni alla DCU che 5 anni fa ha improvvisamente contratto la meningite. Tra gli esiti della malattia ci sono state le amputazioni delle dita di entrambe le mani e delle gambe a partire dalle ginocchia. Amputazioni ora surrogate da protesi. Una storia commovente.
La cosa più impressionante però è il fatto che io Dorina la conosco perchè abbiamo ballato insieme!!!
Già, perchè nonostante tutto, ora conduce una vita normale e frequenta i miei locali preferiti, ossia il QBar ed il RedBox.
Credo di non averci mai parlato ma mi ricordo benissimo che una volta ho dato un fazzoletto di carta ad una sua amica.
Avevo notato che aveva problemi nel movimento delle gambe (mentre delle mani non me n'ero accorto) ma pensavo fosse lievemente spastica. Nonostante tutto balla ed è molto, molto carina.
Vederla in TV raccontare le sue vicissitudini mi ha colpito profondamente. Superare certe prove e tornare ad una vita normale, nei limiti del possibile, richiede una forza d'animo eccezionale.
La cosa più impressionante però è il fatto che io Dorina la conosco perchè abbiamo ballato insieme!!!
Già, perchè nonostante tutto, ora conduce una vita normale e frequenta i miei locali preferiti, ossia il QBar ed il RedBox.
Credo di non averci mai parlato ma mi ricordo benissimo che una volta ho dato un fazzoletto di carta ad una sua amica.
Avevo notato che aveva problemi nel movimento delle gambe (mentre delle mani non me n'ero accorto) ma pensavo fosse lievemente spastica. Nonostante tutto balla ed è molto, molto carina.
Vederla in TV raccontare le sue vicissitudini mi ha colpito profondamente. Superare certe prove e tornare ad una vita normale, nei limiti del possibile, richiede una forza d'animo eccezionale.
giovedì, marzo 11, 2004
Janne e Marianna, l'altra metà del papa
Sono una norvegese e un'americana. Entrambe consigliano il pontefice sui diritti umani
di Sandro Magister
Può una donna diventare cardinale? In teoria sì. Se appena lo volesse, Giovanni Paolo II ne farebbe subito due: un'americana, Mary Ann Glendon, e una norvegese, Janne Haaland Matlary.
In Vaticano, contano già più di molti cardinali veri. La prima, Glendon, fa parte della Pontificia accademia delle scienze sociali e del Pontificio consiglio per i laici; la seconda, Haaland, del Pontificio consiglio Iustitia et Pax. Ma più che le cariche, è la qualità a pesare. Sono le teste d'uovo del papa per tutto ciò che riguarda i diritti umani. Alla conferenza di Pechino del 1995 organizzata dall'Onu sul tema della donna, il papa le ha messe a capo dell'agguerrita delegazione vaticana. E da allora non se n'è più separato.
Vantano entrambe titoli di prim'ordine. Mary Ann Glendon insegna diritto all'università di Harvard. L'ultimo suo libro, "A World Made New", un mondo fatto nuovo, uscito in America quest'anno per i tipi di Random House, è la prima ricostruzione storica su fonti largamente inedite di come nacque tra il 1945 e il 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Un ruolo importante vi è attribuito, carte alla mano, a Eleonor Roosevelt, vedova dal 1945 del celebre presidente americano.
«È a Pechino, nel 1995, che mi è venuto in mente di scrivere questo libro», dice Glendon. «Come capo della delegazione vaticana, subito mi resi conto che soprattutto i delegati dell'Europa facevano di tutto per cancellare ogni riferimento a punti chiave della Dichiarazione universale dei diritti umani: quelli che riguardano la libertà religiosa, i diritti dei genitori, il matrimonio e la famiglia, la protezione della maternità e dei figli».
In effetti, il discorso ufficiale che Glendon tenne a Pechino, a nome della Santa Sede, fece colpo: «La conferenza vuole contrastare le violenze patite dalle donne? Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i programmi obbligatori di controllo delle nascite, le sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti femminili».
E ancora: «Molti che propongono l'aborto come un diritto della donna non hanno minimamente a cuore gli interessi veri delle donne. All'ombra del movimento per il diritto d'aborto si muovono uomini irresponsabili, traffici di prostituzione, industrie che traggono i loro profitti dai corpi delle donne».
Janne Haaland Matlary non è da meno. È stata viceministro degli Esteri di Norvegia tra il 1997 e il 2000, insegna politica internazionale all'università di Oslo e ha scritto libri tradotti in una dozzina di lingue. Uno è uscito anche in Italia, edito da Mondadori: "Il tempo della fioritura. Per un nuovo femminismo".
Entrambe sono in piena sintonia con Giovanni Paolo II e con il cardinale teologo Joseph Ratzinger. Ma non ne ripetono i ragionamenti. Né citano a man bassa le encicliche sulla dottrina sociale della Chiesa. No. Sia Glendon che Haaland espongono ragioni molto laiche. Si rifanno a Locke, Smith e Tocqueville piuttosto che ai tradizionali maître à penser del cattolicesimo militante. Anche le loro biografie sono fuori dal seminato. Haaland non è nemmeno nata cattolica. S'è convertita tardi, dopo una gioventù da agnostica. È passata attraverso il femminismo, che ha poi ripensato del tutto ispirandosi a una sua connazionale d'inizio secolo, anch'essa convertita al cattolicesimo e femminista a modo suo: la scrittrice Sigrid Undset, premio Nobel per la letteratura nel 1928.
Sul diritto d'aborto Haaland sostiene che «la sua legalizzazione è pura tirannia della maggioranza, l'inizio della fine della democrazia liberale». Non basta dire che spetta alle donne decidere del loro corpo: «perché neppure con uno sforzo di fantasia questo può includere il corpo del nascituro».
Sia Glendon che Haaland sono convinte che «in Occidente i cristiani non sono più cultura di maggioranza». Ma non sono pessimiste. Vedono in ciò un motivo in più perché la Chiesa non si adegui allo spirito del tempo ma dica forte le sue ragioni. «Perché è questo che i cittadini fanno in una democrazia».
Haaland è sposata e ha quattro figli. Sostiene con fervore la tesi che «la maternità è l'essenza del femminile». Anche grazie a lei e al suo partito, il Cristiano popolare, dall'anno scorso in Norvegia una mamma con bambini fino a tre anni può scegliere se lavorare e mandarli al nido oppure starsene a casa con loro. In questo caso ricevendo lei la somma che lo Stato spenderebbe per accudire a ogni suo bambino: un milione tondo al mese.
Janne e Mary Ann sono spadaccine nate. Ecco le loro ultime stoccate.
«I diritti dell'uomo sono un tutt'uno, non un menu à la carte. E il diritto alla vita non può essere scartato». Così Janne Haaland Matlary denuncia le strategie utilizzate dall'Occidente per promuovere in tutto il mondo l'aborto e l'eutanasia. Lo fa sull'ultimo numero di "Vita e Pensiero", la rivista dell'università Cattolica di Milano.
Mary Ann Glendon contesta invece «uno dei più insidiosi slogan mai inventati, quello che dice: "Io personalmente sono contro, ma non posso imporre la mia opinione". L'effetto è quello di un'anestesia morale». L'ha fatto in una recente conferenza a Roma, al Pontificio ateneo Regina Apostolorum.
Sono una norvegese e un'americana. Entrambe consigliano il pontefice sui diritti umani
di Sandro Magister
Può una donna diventare cardinale? In teoria sì. Se appena lo volesse, Giovanni Paolo II ne farebbe subito due: un'americana, Mary Ann Glendon, e una norvegese, Janne Haaland Matlary.
In Vaticano, contano già più di molti cardinali veri. La prima, Glendon, fa parte della Pontificia accademia delle scienze sociali e del Pontificio consiglio per i laici; la seconda, Haaland, del Pontificio consiglio Iustitia et Pax. Ma più che le cariche, è la qualità a pesare. Sono le teste d'uovo del papa per tutto ciò che riguarda i diritti umani. Alla conferenza di Pechino del 1995 organizzata dall'Onu sul tema della donna, il papa le ha messe a capo dell'agguerrita delegazione vaticana. E da allora non se n'è più separato.
Vantano entrambe titoli di prim'ordine. Mary Ann Glendon insegna diritto all'università di Harvard. L'ultimo suo libro, "A World Made New", un mondo fatto nuovo, uscito in America quest'anno per i tipi di Random House, è la prima ricostruzione storica su fonti largamente inedite di come nacque tra il 1945 e il 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Un ruolo importante vi è attribuito, carte alla mano, a Eleonor Roosevelt, vedova dal 1945 del celebre presidente americano.
«È a Pechino, nel 1995, che mi è venuto in mente di scrivere questo libro», dice Glendon. «Come capo della delegazione vaticana, subito mi resi conto che soprattutto i delegati dell'Europa facevano di tutto per cancellare ogni riferimento a punti chiave della Dichiarazione universale dei diritti umani: quelli che riguardano la libertà religiosa, i diritti dei genitori, il matrimonio e la famiglia, la protezione della maternità e dei figli».
In effetti, il discorso ufficiale che Glendon tenne a Pechino, a nome della Santa Sede, fece colpo: «La conferenza vuole contrastare le violenze patite dalle donne? Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i programmi obbligatori di controllo delle nascite, le sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti femminili».
E ancora: «Molti che propongono l'aborto come un diritto della donna non hanno minimamente a cuore gli interessi veri delle donne. All'ombra del movimento per il diritto d'aborto si muovono uomini irresponsabili, traffici di prostituzione, industrie che traggono i loro profitti dai corpi delle donne».
Janne Haaland Matlary non è da meno. È stata viceministro degli Esteri di Norvegia tra il 1997 e il 2000, insegna politica internazionale all'università di Oslo e ha scritto libri tradotti in una dozzina di lingue. Uno è uscito anche in Italia, edito da Mondadori: "Il tempo della fioritura. Per un nuovo femminismo".
Entrambe sono in piena sintonia con Giovanni Paolo II e con il cardinale teologo Joseph Ratzinger. Ma non ne ripetono i ragionamenti. Né citano a man bassa le encicliche sulla dottrina sociale della Chiesa. No. Sia Glendon che Haaland espongono ragioni molto laiche. Si rifanno a Locke, Smith e Tocqueville piuttosto che ai tradizionali maître à penser del cattolicesimo militante. Anche le loro biografie sono fuori dal seminato. Haaland non è nemmeno nata cattolica. S'è convertita tardi, dopo una gioventù da agnostica. È passata attraverso il femminismo, che ha poi ripensato del tutto ispirandosi a una sua connazionale d'inizio secolo, anch'essa convertita al cattolicesimo e femminista a modo suo: la scrittrice Sigrid Undset, premio Nobel per la letteratura nel 1928.
Sul diritto d'aborto Haaland sostiene che «la sua legalizzazione è pura tirannia della maggioranza, l'inizio della fine della democrazia liberale». Non basta dire che spetta alle donne decidere del loro corpo: «perché neppure con uno sforzo di fantasia questo può includere il corpo del nascituro».
Sia Glendon che Haaland sono convinte che «in Occidente i cristiani non sono più cultura di maggioranza». Ma non sono pessimiste. Vedono in ciò un motivo in più perché la Chiesa non si adegui allo spirito del tempo ma dica forte le sue ragioni. «Perché è questo che i cittadini fanno in una democrazia».
Haaland è sposata e ha quattro figli. Sostiene con fervore la tesi che «la maternità è l'essenza del femminile». Anche grazie a lei e al suo partito, il Cristiano popolare, dall'anno scorso in Norvegia una mamma con bambini fino a tre anni può scegliere se lavorare e mandarli al nido oppure starsene a casa con loro. In questo caso ricevendo lei la somma che lo Stato spenderebbe per accudire a ogni suo bambino: un milione tondo al mese.
Janne e Mary Ann sono spadaccine nate. Ecco le loro ultime stoccate.
«I diritti dell'uomo sono un tutt'uno, non un menu à la carte. E il diritto alla vita non può essere scartato». Così Janne Haaland Matlary denuncia le strategie utilizzate dall'Occidente per promuovere in tutto il mondo l'aborto e l'eutanasia. Lo fa sull'ultimo numero di "Vita e Pensiero", la rivista dell'università Cattolica di Milano.
Mary Ann Glendon contesta invece «uno dei più insidiosi slogan mai inventati, quello che dice: "Io personalmente sono contro, ma non posso imporre la mia opinione". L'effetto è quello di un'anestesia morale». L'ha fatto in una recente conferenza a Roma, al Pontificio ateneo Regina Apostolorum.
mercoledì, marzo 10, 2004
Azioneparallela è un blog filosofico, anzi è un blog, l'unico che conosco in italiano, scritto da un filosofo: Massimo Adinolfi.
Lo leggo da poco a dire la verità ma mi piace perché comprende riflessioni personali, appunti delle lezioni, comunicazioni, citazioni, articoli. Un po' come questo blog.
99 Kriegsminister - Streichholz und Benzinkanister,
hielten sich fuer schlaue Leute,
witterten schon fette Beute,
riefen Krieg und wollten Macht,
Mann wer hatte das gedacht,
dass es einmal soweit kommt,
wegen 99 Luftballons
99 dreams I have had In every one a red balloon
It's all over and I'm standing pretty
In this dust that was a city
If I could find a souvenir
Just to prove the world was here
And here it is a red balloon
I think of you, and let it go...
Lo leggo da poco a dire la verità ma mi piace perché comprende riflessioni personali, appunti delle lezioni, comunicazioni, citazioni, articoli. Un po' come questo blog.
99 Kriegsminister - Streichholz und Benzinkanister,
hielten sich fuer schlaue Leute,
witterten schon fette Beute,
riefen Krieg und wollten Macht,
Mann wer hatte das gedacht,
dass es einmal soweit kommt,
wegen 99 Luftballons
99 dreams I have had In every one a red balloon
It's all over and I'm standing pretty
In this dust that was a city
If I could find a souvenir
Just to prove the world was here
And here it is a red balloon
I think of you, and let it go...
Cococo' e Cococa'. Il lavoro interinale e' una cosa bellissima, se fai il cococo' sei un ragazzo felice, piantiamola di cercare il pelo nell'uovo e basta con queste accuse assurde di "precarieta'". Non e' Tremonti a dirlo e neppure D'Alema: e' proprio quel che penso io e credo che nel giro d'un paio d'anni lo penserai anche tu. Qua nella vecchia Europa facciamo ancora gli schizzinosi: in America invece hanno superato da un pezzo lo stadio del lavoro temporaneo e stanno gia'
applicando su larga scala i "nuovi" contratti a tempo lungo: minimo tre anni, ma puoi arrivare anche a venti.
L'unico particolare e' che, per ottenere un contratto del genere, devi stare in galera. Gia', perche' il lavoro dei carcerati ("jail job") e' il nuovo trend negli Stati Uniti: e' stato gia' adottato da dieci Stati su cinquanta e, dove lo e' stato, va dando ottimi risultati. Il che e' logico, tenuto conto che la popolazione carceraria globale in quel Paese e' vicina ai due milioni d'individui e che, tolti i vecchi, le donne, i white collars, i militari e i bambini, non si capisce dove le aziende dovrebbero andare a cercare i lavoratori di cui hanno bisogno, se non nei penitenziari. I quali ultimi, in buona parte gia'
privatizzati, costituiscono gia' di per se' un bel giro d'affari.
Qualche anno fa desto' sensazione (s'era all'inizio della new economy) l'outsourcing spinto di parecchie multinazionali che cominciarono a spostare non solo gli stabilimenti industriali ma anche gli uffici amministrativi, i call-center ecc. in paesi in cui la manodopera anche impiegatizia costava meno. La prima a spostare gli uffici prenotazione a Delhi fu la Swissair (poi fallita); quanto ai call-center, a un certo punto divento' uso abbastanza comune quello di trasferirli aumma aumma in India, non senza pero' aver sottoposto le ragazze ad accurati corsi di dizione (dovevano parlare non solo in inglese, ma anche con uno specifico accento West Coast o New England, secondo i casi) e ordinar loro di presentarsi ai tele-clienti con nomi anglosassoni e false localita' di chiamata.
Adesso cominciano a spuntare i primi call-center fisicamente ubicati non a Bangalore o a Delhi ma nel cuore dell'Oregon, dentro un penitenziario statale. I clienti, naturalmente, non lo sanno (come non sapevano che Nancy o Paulette in realta' chiamavano da Bangalore): risponde una cortese voce da funzionario, da' le informazione richieste, rimane educatamente in attesa, e quando non hai piu' niente da chiedergli, prima di riattaccare, ti saluta. Rispetto ai call-center
normali (che gia' costano un quarto dei lavoratori di prima) il cococo' carcerario costa un niente: Insides Oregon, societa' di lavoro "da dentro", ai suoi dipendenti fattura a partire da 0,15 dollari l'ora; e non c'e' sindacato.
Non c'e' il minimo dubbio che questa bellissima riforma prima o poi sbarchera', come le rimanenti, anche in Italia. Verranno istituiti i Cococa' (Contratti di Collaborazione Carceraria) rispetto ai quali i vecchi Cococo' sembreranno dei privilegiati, con la fortuna di poter essere in qualunque momento rispediti con un calcio nel sedere in mezzo
alla strada. Mentre i poveri Cococa', per riveder la strada, dovranno aspettare il fine-contratto, cioe' il fine-pena.
Riccardo Orioles
applicando su larga scala i "nuovi" contratti a tempo lungo: minimo tre anni, ma puoi arrivare anche a venti.
L'unico particolare e' che, per ottenere un contratto del genere, devi stare in galera. Gia', perche' il lavoro dei carcerati ("jail job") e' il nuovo trend negli Stati Uniti: e' stato gia' adottato da dieci Stati su cinquanta e, dove lo e' stato, va dando ottimi risultati. Il che e' logico, tenuto conto che la popolazione carceraria globale in quel Paese e' vicina ai due milioni d'individui e che, tolti i vecchi, le donne, i white collars, i militari e i bambini, non si capisce dove le aziende dovrebbero andare a cercare i lavoratori di cui hanno bisogno, se non nei penitenziari. I quali ultimi, in buona parte gia'
privatizzati, costituiscono gia' di per se' un bel giro d'affari.
Qualche anno fa desto' sensazione (s'era all'inizio della new economy) l'outsourcing spinto di parecchie multinazionali che cominciarono a spostare non solo gli stabilimenti industriali ma anche gli uffici amministrativi, i call-center ecc. in paesi in cui la manodopera anche impiegatizia costava meno. La prima a spostare gli uffici prenotazione a Delhi fu la Swissair (poi fallita); quanto ai call-center, a un certo punto divento' uso abbastanza comune quello di trasferirli aumma aumma in India, non senza pero' aver sottoposto le ragazze ad accurati corsi di dizione (dovevano parlare non solo in inglese, ma anche con uno specifico accento West Coast o New England, secondo i casi) e ordinar loro di presentarsi ai tele-clienti con nomi anglosassoni e false localita' di chiamata.
Adesso cominciano a spuntare i primi call-center fisicamente ubicati non a Bangalore o a Delhi ma nel cuore dell'Oregon, dentro un penitenziario statale. I clienti, naturalmente, non lo sanno (come non sapevano che Nancy o Paulette in realta' chiamavano da Bangalore): risponde una cortese voce da funzionario, da' le informazione richieste, rimane educatamente in attesa, e quando non hai piu' niente da chiedergli, prima di riattaccare, ti saluta. Rispetto ai call-center
normali (che gia' costano un quarto dei lavoratori di prima) il cococo' carcerario costa un niente: Insides Oregon, societa' di lavoro "da dentro", ai suoi dipendenti fattura a partire da 0,15 dollari l'ora; e non c'e' sindacato.
Non c'e' il minimo dubbio che questa bellissima riforma prima o poi sbarchera', come le rimanenti, anche in Italia. Verranno istituiti i Cococa' (Contratti di Collaborazione Carceraria) rispetto ai quali i vecchi Cococo' sembreranno dei privilegiati, con la fortuna di poter essere in qualunque momento rispediti con un calcio nel sedere in mezzo
alla strada. Mentre i poveri Cococa', per riveder la strada, dovranno aspettare il fine-contratto, cioe' il fine-pena.
Riccardo Orioles
You keep me in a glass jar sealed with a label
You think you know my world
Wake up young girl, you've got a lot to learn
My love, my life, my work, my time
I give them all to you
Your hand in mine
We walk, we talk in ryhme
We go the whole night through
I'm not a grain of sand
I don't care what's written in your hand
It's bound to change
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Wrap it up, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you
Just wanna be with you
But you tease me
And it shows in the way that you play
You think you know my love
Wake up young girl
And take a taste
Not a bite, not a bite of a life now
Can tell you never come, yeah well
My will, my mind
My lips, my lines
I've got them all over you
Your taste combined
With all the years of wasting time
I've got a hold on something new
I'm not a grain of sand
I don't care what's written in your hand
Cause it's bound to change
So I'm bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Buy the book, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you
Just wanna be with you
I don't wanna pray for what is not right
And I don't wanna beg for what is not mine
I don't wanna rock the road between dreams and worldly things
I could charge, and I could really try
But I don't wanna be the brave one
In a senseless fight
I, I, I just wanna be here tonight
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Wrap it up, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you Just wanna be with you
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Buy the book, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
Any more, any more, any more, any more...
Any more, any more, any more, any more...
You keep me in a glass jar sealed with a label You think you know my world
Wake up young girl
You think you know my world
Wake up young girl, you've got a lot to learn
My love, my life, my work, my time
I give them all to you
Your hand in mine
We walk, we talk in ryhme
We go the whole night through
I'm not a grain of sand
I don't care what's written in your hand
It's bound to change
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Wrap it up, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you
Just wanna be with you
But you tease me
And it shows in the way that you play
You think you know my love
Wake up young girl
And take a taste
Not a bite, not a bite of a life now
Can tell you never come, yeah well
My will, my mind
My lips, my lines
I've got them all over you
Your taste combined
With all the years of wasting time
I've got a hold on something new
I'm not a grain of sand
I don't care what's written in your hand
Cause it's bound to change
So I'm bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Buy the book, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you
Just wanna be with you
I don't wanna pray for what is not right
And I don't wanna beg for what is not mine
I don't wanna rock the road between dreams and worldly things
I could charge, and I could really try
But I don't wanna be the brave one
In a senseless fight
I, I, I just wanna be here tonight
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Wrap it up, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
I wanna be with you Just wanna be with you
Sore, bored, and I'm lost, cost, cold
Getting older
Buy the book, rip it up now
Have it sold
I'm a grower
Any more, any more, any more, any more...
Any more, any more, any more, any more...
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Wake up young girl
martedì, marzo 09, 2004
La conferenza ad Edimburgo è andata benissimo, meglio di quanto potevo sperare. Sono stato il secondo a parlare, quando l'attenzione era ancora alta.
I partecipanti erano una cinquantina, divisi in due sessioni parallele. Tutti giovani ricercatori della mia età, qualcuno già insegna.
Era organizzata dal dipartimento di Inglese con contributi che andavano dalla letteratura alla linguistica, con la solita enfasi per i queer e i gender studies, critical theory e postcolonialism.
Ero l'unico con formazione filosofica e questo mi faceva un po' temere. Eppure ho avuto una positiva reazione, specialmente da alcune studentesse di Translation Studies, che rincontrero' qui a Dublino a fine mese per un'altra conferenza.
La citta' e' affascinante, pregna di storia. L'ho girata a lungo questi tre giorni, cercando di coglierne le peculiarità.
Il centro storico ha un andamento sinuoso, con ponti e sottopassaggi.
Sarà stata la luna piena tra le guglie gotiche, o i percorsi guidati horror per turisti, ma ho notato un'aria macabra, un gusto per il mistero che si esprimeva anche nell'abbigliamento giovanile, decisamente piu' dark di quello a cui sono abituato.
Alcune differenze con Dublino: innanzitutto i taxi, bombati neri, deliziosi. Poi i negozi notturni, che sono una rarita', mentre a Dublino puoi fare la spesa fino alle 4 di notte, specialmente il finesettimana. La moda femminile e' simile, mentre quella maschile, specialmente nelle acconciature, e' molto piu' ricercata. (Per non parlare dei kilt)
E poi la vita notturna, che a Dublino finisce piu' tardi. Certo con Temple Bar e dintorni non c'e' proprio paragone, pero' mi sono divertito.
Ho girato un po', ovunque trovavi irlandesi. Sabato l'ho passato principalmente al Frankstein, locale horror, e poi in un posto che credo si chiami 75, sembrava un labirinto, 5 piani ognuno con il suo club, musica ed atmosfere diverse. Domenica invece all'Opium, alternative music, piu' che altro per giovani studenti.
La scena musicale è deludente, molto meglio Glasgow.
Trovare una chiesa cattolica per la messa domenicale e' stata una mezza impresa. La cattedrale St. Mary non si trova esattamente dove e' indicata nell'elenco che avevo avuto dall'ufficio informazioni, mentre da quelle parti c'e' un'altra St. Mary, della Church of Scotland.
Tanto per cambiare ho perso il cappello, il quarto per l'esattezza quest'anno. Sono sempre piu' convinto che sia colpa di uno spiritello che si diverte a perseguitarmi.
Ho avuto anche modo di andare al cinema. Obbligato dagli orari sono stato costretto a scegliere 21 grammi e non me ne sono pentito.
Sapevo vagamente che parlava di morte, 21 grammi e' il peso dell'anima, o meglio, dell'ultimo respiro.
E' un ottimo film, tra i migliori che abbia visto, sia per la storia in se' che per la narrazione. Vita, morte, destino, fede, tragedia, sofferenza, vendetta, redenzione; un film da vedere in Quaresima.
(Venerdì qui esce The Passion, ho visto il trailer sul grande schermo, impressionante.)
I partecipanti erano una cinquantina, divisi in due sessioni parallele. Tutti giovani ricercatori della mia età, qualcuno già insegna.
Era organizzata dal dipartimento di Inglese con contributi che andavano dalla letteratura alla linguistica, con la solita enfasi per i queer e i gender studies, critical theory e postcolonialism.
Ero l'unico con formazione filosofica e questo mi faceva un po' temere. Eppure ho avuto una positiva reazione, specialmente da alcune studentesse di Translation Studies, che rincontrero' qui a Dublino a fine mese per un'altra conferenza.
La citta' e' affascinante, pregna di storia. L'ho girata a lungo questi tre giorni, cercando di coglierne le peculiarità.
Il centro storico ha un andamento sinuoso, con ponti e sottopassaggi.
Sarà stata la luna piena tra le guglie gotiche, o i percorsi guidati horror per turisti, ma ho notato un'aria macabra, un gusto per il mistero che si esprimeva anche nell'abbigliamento giovanile, decisamente piu' dark di quello a cui sono abituato.
Alcune differenze con Dublino: innanzitutto i taxi, bombati neri, deliziosi. Poi i negozi notturni, che sono una rarita', mentre a Dublino puoi fare la spesa fino alle 4 di notte, specialmente il finesettimana. La moda femminile e' simile, mentre quella maschile, specialmente nelle acconciature, e' molto piu' ricercata. (Per non parlare dei kilt)
E poi la vita notturna, che a Dublino finisce piu' tardi. Certo con Temple Bar e dintorni non c'e' proprio paragone, pero' mi sono divertito.
Ho girato un po', ovunque trovavi irlandesi. Sabato l'ho passato principalmente al Frankstein, locale horror, e poi in un posto che credo si chiami 75, sembrava un labirinto, 5 piani ognuno con il suo club, musica ed atmosfere diverse. Domenica invece all'Opium, alternative music, piu' che altro per giovani studenti.
La scena musicale è deludente, molto meglio Glasgow.
Trovare una chiesa cattolica per la messa domenicale e' stata una mezza impresa. La cattedrale St. Mary non si trova esattamente dove e' indicata nell'elenco che avevo avuto dall'ufficio informazioni, mentre da quelle parti c'e' un'altra St. Mary, della Church of Scotland.
Tanto per cambiare ho perso il cappello, il quarto per l'esattezza quest'anno. Sono sempre piu' convinto che sia colpa di uno spiritello che si diverte a perseguitarmi.
Ho avuto anche modo di andare al cinema. Obbligato dagli orari sono stato costretto a scegliere 21 grammi e non me ne sono pentito.
Sapevo vagamente che parlava di morte, 21 grammi e' il peso dell'anima, o meglio, dell'ultimo respiro.
E' un ottimo film, tra i migliori che abbia visto, sia per la storia in se' che per la narrazione. Vita, morte, destino, fede, tragedia, sofferenza, vendetta, redenzione; un film da vedere in Quaresima.
(Venerdì qui esce The Passion, ho visto il trailer sul grande schermo, impressionante.)
Teorie false e crimini veri
Parigi, la « gauche » e il terrorista da estradare
di PIERO OSTELLINO
[dal Corriere della Sera]
Che gli intellettuali, i politici e i giornali francesi di sinistra, che si battono contro l'estradizione in Italia di Cesare Battisti, condannato da un nostro tribunale a due ergastoli per quattro omicidi, si battano per il diritto d'asilo, secondo tradizione e prassi della République terre d'asile, è comprensibile.
Anche se discutibile sotto il profilo della ragionevolezza politica e contraddittorio e devastante da quello dello « spazio giuridico europeo » che si vorrebbe costruire e che dovrebbe uniformare gli ordinamenti giudiziari dei Paesi dell'Ue. Che ce lo vogliano spacciare per l'improbabile combattente di una « guerra civile » è, invece, moralmente, oltre che storicamente e politicamente, inaccettabile.
La posizione degli intellettuali, dei politici e dei giornali francesi, così come quella di chi, Oltralpe e da noi, è favorevole a un’amnistia generale per i reati di terrorismo, si fonda su una tesi insostenibile sia dal punto di vista storico e politico sia da quello teorico, in punto di filosofia del diritto. Secondo questa tesi, anche lo Stato dovrebbe, infatti, riconoscere che gli anni di piombo — come sostengono i terroristi — sono stati una rivoluzione che ha avuto due protagonisti ugualmente legittimi, sia pure da concezioni filosofiche opposte: la Repubblica italiana e coloro i quali la combattevano armi in pugno. Ma la tesi non è storicamente, politicamente e moralmente sostenibile per una ragione molto semplice: perché l'Italia non era una dittatura, ma una democrazia. Con un Parlamento eletto dal popolo attraverso libere elezioni, un governo che rispondeva al Parlamento, un sistema giudiziario che ha processato i terroristi con tutte le garanzie legali previste dalla Costituzione. Cesare Battisti e gli altri affiliati a organizzazioni terroristiche fuggiti in Francia per sottrarsi alla giustizia dell'Italia democratica non sono equiparabili agli antifascisti che vi erano riparati per sfuggire alla repressione fascista.
Né la tesi è sostenibile dal punto di vista teorico, in punto di filosofia del diritto, per ragioni più complesse, ma non meno importanti.
Che attengono alla natura dello Stato come solo titolare del monopolio della violenza ( legale), e che anche gli intellettuali, i politici e i giornali francesi di sinistra, eredi della Grande Révolution, dovrebbero ben conoscere. Se l’Italia riconoscesse che i terroristi erano dei rivoluzionari e gli anni di piombo sono stati una rivoluzione dovrebbe, infatti, riconoscere anche ciò che nessuno Stato può contemplare: che la rivoluzione sia un atto giuridicamente prevedibile e legittimo.
Ma la rivoluzione non è un « fatto giuridico » , cioè un diritto previsto e legittimato dallo stesso ordinamento che essa vuole sovvertire, bensì è un « fatto normativo » , cioè un tentativo di sovvertire con la violenza l'ordinamento giuridico esistente per sostituirlo con un altro.
Detto in parole povere: la rivoluzione è legittima per chi la fa; non lo è, non può esserlo per la contraddizione che non lo consente, per chi la subisce. In punto di filosofia del diritto, essa è, per lo Stato che la subisce — quale ne sia la sua natura, democratica o tirannica — un crimine. E, a maggior ragione, criminali sono quelli che la fanno contro uno Stato democratico.
Che direbbero gli amici francesi se l'Italia rifiutasse di estradare un terrorista corso che, in nome dell'indipendenza della sua terra, si fosse macchiato degli stessi delitti comuni commessi dal Battisti? Siamo seri.
Il ne faut pas exagérer, quand même.
Comunque.
postellino@ corriere. it
Parigi, la « gauche » e il terrorista da estradare
di PIERO OSTELLINO
[dal Corriere della Sera]
Che gli intellettuali, i politici e i giornali francesi di sinistra, che si battono contro l'estradizione in Italia di Cesare Battisti, condannato da un nostro tribunale a due ergastoli per quattro omicidi, si battano per il diritto d'asilo, secondo tradizione e prassi della République terre d'asile, è comprensibile.
Anche se discutibile sotto il profilo della ragionevolezza politica e contraddittorio e devastante da quello dello « spazio giuridico europeo » che si vorrebbe costruire e che dovrebbe uniformare gli ordinamenti giudiziari dei Paesi dell'Ue. Che ce lo vogliano spacciare per l'improbabile combattente di una « guerra civile » è, invece, moralmente, oltre che storicamente e politicamente, inaccettabile.
La posizione degli intellettuali, dei politici e dei giornali francesi, così come quella di chi, Oltralpe e da noi, è favorevole a un’amnistia generale per i reati di terrorismo, si fonda su una tesi insostenibile sia dal punto di vista storico e politico sia da quello teorico, in punto di filosofia del diritto. Secondo questa tesi, anche lo Stato dovrebbe, infatti, riconoscere che gli anni di piombo — come sostengono i terroristi — sono stati una rivoluzione che ha avuto due protagonisti ugualmente legittimi, sia pure da concezioni filosofiche opposte: la Repubblica italiana e coloro i quali la combattevano armi in pugno. Ma la tesi non è storicamente, politicamente e moralmente sostenibile per una ragione molto semplice: perché l'Italia non era una dittatura, ma una democrazia. Con un Parlamento eletto dal popolo attraverso libere elezioni, un governo che rispondeva al Parlamento, un sistema giudiziario che ha processato i terroristi con tutte le garanzie legali previste dalla Costituzione. Cesare Battisti e gli altri affiliati a organizzazioni terroristiche fuggiti in Francia per sottrarsi alla giustizia dell'Italia democratica non sono equiparabili agli antifascisti che vi erano riparati per sfuggire alla repressione fascista.
Né la tesi è sostenibile dal punto di vista teorico, in punto di filosofia del diritto, per ragioni più complesse, ma non meno importanti.
Che attengono alla natura dello Stato come solo titolare del monopolio della violenza ( legale), e che anche gli intellettuali, i politici e i giornali francesi di sinistra, eredi della Grande Révolution, dovrebbero ben conoscere. Se l’Italia riconoscesse che i terroristi erano dei rivoluzionari e gli anni di piombo sono stati una rivoluzione dovrebbe, infatti, riconoscere anche ciò che nessuno Stato può contemplare: che la rivoluzione sia un atto giuridicamente prevedibile e legittimo.
Ma la rivoluzione non è un « fatto giuridico » , cioè un diritto previsto e legittimato dallo stesso ordinamento che essa vuole sovvertire, bensì è un « fatto normativo » , cioè un tentativo di sovvertire con la violenza l'ordinamento giuridico esistente per sostituirlo con un altro.
Detto in parole povere: la rivoluzione è legittima per chi la fa; non lo è, non può esserlo per la contraddizione che non lo consente, per chi la subisce. In punto di filosofia del diritto, essa è, per lo Stato che la subisce — quale ne sia la sua natura, democratica o tirannica — un crimine. E, a maggior ragione, criminali sono quelli che la fanno contro uno Stato democratico.
Che direbbero gli amici francesi se l'Italia rifiutasse di estradare un terrorista corso che, in nome dell'indipendenza della sua terra, si fosse macchiato degli stessi delitti comuni commessi dal Battisti? Siamo seri.
Il ne faut pas exagérer, quand même.
Comunque.
postellino@ corriere. it
Sono appena tornato da Edimburgo, presto una cronaca dettagliata.
(E' morta pure Susan Okin, solo i filosofi italiani campano inesorabilmente.)
(E' morta pure Susan Okin, solo i filosofi italiani campano inesorabilmente.)
venerdì, marzo 05, 2004
Ho la fortuna di avere molti amici, senza meritarli a dire la verità visto che mi faccio sentire raramente, dimentico date importanti, li trascuro.
Qualcuno di questi è anche importante ma me ne dimentico. Stamattina ad esempio ho scritto a don Bruno, parlandogli un po' dei miei impegni, della visita di mia sorella, chiedendogli di estendere i saluti al gruppo di ragazzi che lui segue e che frequento anch'io quando sono a Napoli. Don Bruno Forte possiede cordialità e affetto immensi quanto il suo talento e la sua intelligenza.
Mi ha risposto subito, scrivendo tra le altre cose: ... Ti scrivo dal Vaticano dove sto predicando gli esercizi spirituali al Papa e alla Curia. ...
Quando l'ho letto m'è preso un colpo, lo sapevo ma me n'ero dimenticato! Quasi quasi volevo dirgli: allora già che ci sei salutami pure Karol e tutta la compagnia, appena passo per Roma faccio un salto.
;)
Qualcuno di questi è anche importante ma me ne dimentico. Stamattina ad esempio ho scritto a don Bruno, parlandogli un po' dei miei impegni, della visita di mia sorella, chiedendogli di estendere i saluti al gruppo di ragazzi che lui segue e che frequento anch'io quando sono a Napoli. Don Bruno Forte possiede cordialità e affetto immensi quanto il suo talento e la sua intelligenza.
Mi ha risposto subito, scrivendo tra le altre cose: ... Ti scrivo dal Vaticano dove sto predicando gli esercizi spirituali al Papa e alla Curia. ...
Quando l'ho letto m'è preso un colpo, lo sapevo ma me n'ero dimenticato! Quasi quasi volevo dirgli: allora già che ci sei salutami pure Karol e tutta la compagnia, appena passo per Roma faccio un salto.
;)
giovedì, marzo 04, 2004
Continuano ad accavallarsi giornate impegnatissime e felici.
Dot è venuta a farmi visita e abbiamo passato 5 giorni memorabili.
Nonostante sia in Irlanda da un anno e mezzo non l'ho girata molto e la visita di un parente o di un amico è sempre l'occasione per uscire da Dublino.
Così questa volta siamo andati a Galway. Si trova esattamente dall'altro lato dell'isola, a due ore e mezza di treno da qui. (Non avevo mai provato i treni irlandesi e l'unica cosa che posso dire è che mi hanno fatto rimpiangere gli intercity italiani.)
La locazione è incantevole, sull'oceano. La città non ha particolari attrazioni, se non l'atmosfera veramente 'irlandese'. Sono sempre più convinto che l'Irlanda sia composta di due entità separate: la città di Dublino e tutto il resto, ossia l'Irlanda vera.
C'è una buona vita notturna, un cospicuo numero di pub, 176 pare, e per le strade e nei locali è facile ascoltare musica tradizionale.
Abbiamo fatto anche un giro per la contea di Clare, visitando le scogliere di Hover. Che spettacolo! Un'emozione unica affacciarsi sull'abisso.
(L'ultimo video dei Darkness mi ricorda un po' quelle sensazioni, anche se è girato in Australia.)
Lunedì volevamo andare a sentire Jesse Malin ma s'è fatto tardi e così abbiamo ripiegato per un giro a Temple Bar, da veri turisti italiani. Siamo stati fortunati perché, nonostante fosse un giorno di quasi riposo, abbiamo trovato un ottimo quartetto di musica tradizionale.
Ora Dot si trova in Danimarca, e ieri è andata a Copenhagen ad ascoltare Damien Rice, tanto per cambiare.
A quanto pare due ore dopo il concerto l'ha anche ricontrato casualmente e conosciuto. Si attendono altri particolari.
Per quel che mi riguarda c'è da dire che ieri Susan è partita per l'Australia, andrà a godersi il gran premio di Formula 1 e poi farà un giretto di 4 settimane. (Chi è Susan lo scoprirete la prossima puntata)
Io sto ritoccando l'intervento che leggerò sabato ad Edimburgo. L'ho già presentato giovedì scorso in dipartimento. Ad ascoltarmi non erano in molti, una diecina, ma con mia sorpresa ed imbarazzo, c'erano due professori che non conoscevo, una francesista ed uno psicoterapeuta. Molto interessati, mi hanno fatto domande stimolanti.
Rimarrò in Scozia fino a martedì, non so ancora cosa farò e dove dormirò. Mi spiace solo che mi perdo i 2 concerti dublinesi di Bic Runga, l'ultima mio amore musicale.
Dot è venuta a farmi visita e abbiamo passato 5 giorni memorabili.
Nonostante sia in Irlanda da un anno e mezzo non l'ho girata molto e la visita di un parente o di un amico è sempre l'occasione per uscire da Dublino.
Così questa volta siamo andati a Galway. Si trova esattamente dall'altro lato dell'isola, a due ore e mezza di treno da qui. (Non avevo mai provato i treni irlandesi e l'unica cosa che posso dire è che mi hanno fatto rimpiangere gli intercity italiani.)
La locazione è incantevole, sull'oceano. La città non ha particolari attrazioni, se non l'atmosfera veramente 'irlandese'. Sono sempre più convinto che l'Irlanda sia composta di due entità separate: la città di Dublino e tutto il resto, ossia l'Irlanda vera.
C'è una buona vita notturna, un cospicuo numero di pub, 176 pare, e per le strade e nei locali è facile ascoltare musica tradizionale.
Abbiamo fatto anche un giro per la contea di Clare, visitando le scogliere di Hover. Che spettacolo! Un'emozione unica affacciarsi sull'abisso.
(L'ultimo video dei Darkness mi ricorda un po' quelle sensazioni, anche se è girato in Australia.)
Lunedì volevamo andare a sentire Jesse Malin ma s'è fatto tardi e così abbiamo ripiegato per un giro a Temple Bar, da veri turisti italiani. Siamo stati fortunati perché, nonostante fosse un giorno di quasi riposo, abbiamo trovato un ottimo quartetto di musica tradizionale.
Ora Dot si trova in Danimarca, e ieri è andata a Copenhagen ad ascoltare Damien Rice, tanto per cambiare.
A quanto pare due ore dopo il concerto l'ha anche ricontrato casualmente e conosciuto. Si attendono altri particolari.
Per quel che mi riguarda c'è da dire che ieri Susan è partita per l'Australia, andrà a godersi il gran premio di Formula 1 e poi farà un giretto di 4 settimane. (Chi è Susan lo scoprirete la prossima puntata)
Io sto ritoccando l'intervento che leggerò sabato ad Edimburgo. L'ho già presentato giovedì scorso in dipartimento. Ad ascoltarmi non erano in molti, una diecina, ma con mia sorpresa ed imbarazzo, c'erano due professori che non conoscevo, una francesista ed uno psicoterapeuta. Molto interessati, mi hanno fatto domande stimolanti.
Rimarrò in Scozia fino a martedì, non so ancora cosa farò e dove dormirò. Mi spiace solo che mi perdo i 2 concerti dublinesi di Bic Runga, l'ultima mio amore musicale.
martedì, marzo 02, 2004
E se ancora vi state chiedendo dove ci troviamo, beh alzate la testa e guardate un punto nel cielo. Noi siamo ancora più in alto. Schifosamente felici.
Don't stray, don't ever go away
I should be much too smart for this
You know it gets the better of me
Sometimes, when you and I collide
I fall into an ocean of you, pull me out in time
Don't let me drown, let me down
I say it's all because of you
And here I go, losing my control
I'm practicing your name so I can say it to your face
It doesn't seem right, to look you in the eye
Let all the things you mean to me
Come tumbling out my mouth
Indeed it's time to tell you why
I say it's infinitely true
Say you'll stay, don't come and go
Like you do
Sway my way, yeah I need to know
All about you
And there's no cure, and no way to be sure
Why everything's turned inside out
Instilling so much doubt
It makes me so tired - I feel so uninspired
My head is battling with my heart
My logic has been torn apart
And now it all turns sour
Come sweeten every afternoon
It's all because of you
It's all because of you
Now it all turns sour, come sweeten every afternoon
It's time to tell you why, I say it's infinitely true
It's all because of you
It's all because of you
It's all because of you
I should be much too smart for this
You know it gets the better of me
Sometimes, when you and I collide
I fall into an ocean of you, pull me out in time
Don't let me drown, let me down
I say it's all because of you
And here I go, losing my control
I'm practicing your name so I can say it to your face
It doesn't seem right, to look you in the eye
Let all the things you mean to me
Come tumbling out my mouth
Indeed it's time to tell you why
I say it's infinitely true
Say you'll stay, don't come and go
Like you do
Sway my way, yeah I need to know
All about you
And there's no cure, and no way to be sure
Why everything's turned inside out
Instilling so much doubt
It makes me so tired - I feel so uninspired
My head is battling with my heart
My logic has been torn apart
And now it all turns sour
Come sweeten every afternoon
It's all because of you
It's all because of you
Now it all turns sour, come sweeten every afternoon
It's time to tell you why, I say it's infinitely true
It's all because of you
It's all because of you
It's all because of you
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