giovedì, marzo 11, 2004

Janne e Marianna, l'altra metà del papa
Sono una norvegese e un'americana. Entrambe consigliano il pontefice sui diritti umani

di Sandro Magister


Può una donna diventare cardinale? In teoria sì. Se appena lo volesse, Giovanni Paolo II ne farebbe subito due: un'americana, Mary Ann Glendon, e una norvegese, Janne Haaland Matlary.

In Vaticano, contano già più di molti cardinali veri. La prima, Glendon, fa parte della Pontificia accademia delle scienze sociali e del Pontificio consiglio per i laici; la seconda, Haaland, del Pontificio consiglio Iustitia et Pax. Ma più che le cariche, è la qualità a pesare. Sono le teste d'uovo del papa per tutto ciò che riguarda i diritti umani. Alla conferenza di Pechino del 1995 organizzata dall'Onu sul tema della donna, il papa le ha messe a capo dell'agguerrita delegazione vaticana. E da allora non se n'è più separato.

Vantano entrambe titoli di prim'ordine. Mary Ann Glendon insegna diritto all'università di Harvard. L'ultimo suo libro, "A World Made New", un mondo fatto nuovo, uscito in America quest'anno per i tipi di Random House, è la prima ricostruzione storica su fonti largamente inedite di come nacque tra il 1945 e il 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Un ruolo importante vi è attribuito, carte alla mano, a Eleonor Roosevelt, vedova dal 1945 del celebre presidente americano.

«È a Pechino, nel 1995, che mi è venuto in mente di scrivere questo libro», dice Glendon. «Come capo della delegazione vaticana, subito mi resi conto che soprattutto i delegati dell'Europa facevano di tutto per cancellare ogni riferimento a punti chiave della Dichiarazione universale dei diritti umani: quelli che riguardano la libertà religiosa, i diritti dei genitori, il matrimonio e la famiglia, la protezione della maternità e dei figli».

In effetti, il discorso ufficiale che Glendon tenne a Pechino, a nome della Santa Sede, fece colpo: «La conferenza vuole contrastare le violenze patite dalle donne? Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i programmi obbligatori di controllo delle nascite, le sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti femminili».

E ancora: «Molti che propongono l'aborto come un diritto della donna non hanno minimamente a cuore gli interessi veri delle donne. All'ombra del movimento per il diritto d'aborto si muovono uomini irresponsabili, traffici di prostituzione, industrie che traggono i loro profitti dai corpi delle donne».

Janne Haaland Matlary non è da meno. È stata viceministro degli Esteri di Norvegia tra il 1997 e il 2000, insegna politica internazionale all'università di Oslo e ha scritto libri tradotti in una dozzina di lingue. Uno è uscito anche in Italia, edito da Mondadori: "Il tempo della fioritura. Per un nuovo femminismo".

Entrambe sono in piena sintonia con Giovanni Paolo II e con il cardinale teologo Joseph Ratzinger. Ma non ne ripetono i ragionamenti. Né citano a man bassa le encicliche sulla dottrina sociale della Chiesa. No. Sia Glendon che Haaland espongono ragioni molto laiche. Si rifanno a Locke, Smith e Tocqueville piuttosto che ai tradizionali maître à penser del cattolicesimo militante. Anche le loro biografie sono fuori dal seminato. Haaland non è nemmeno nata cattolica. S'è convertita tardi, dopo una gioventù da agnostica. È passata attraverso il femminismo, che ha poi ripensato del tutto ispirandosi a una sua connazionale d'inizio secolo, anch'essa convertita al cattolicesimo e femminista a modo suo: la scrittrice Sigrid Undset, premio Nobel per la letteratura nel 1928.

Sul diritto d'aborto Haaland sostiene che «la sua legalizzazione è pura tirannia della maggioranza, l'inizio della fine della democrazia liberale». Non basta dire che spetta alle donne decidere del loro corpo: «perché neppure con uno sforzo di fantasia questo può includere il corpo del nascituro».

Sia Glendon che Haaland sono convinte che «in Occidente i cristiani non sono più cultura di maggioranza». Ma non sono pessimiste. Vedono in ciò un motivo in più perché la Chiesa non si adegui allo spirito del tempo ma dica forte le sue ragioni. «Perché è questo che i cittadini fanno in una democrazia».

Haaland è sposata e ha quattro figli. Sostiene con fervore la tesi che «la maternità è l'essenza del femminile». Anche grazie a lei e al suo partito, il Cristiano popolare, dall'anno scorso in Norvegia una mamma con bambini fino a tre anni può scegliere se lavorare e mandarli al nido oppure starsene a casa con loro. In questo caso ricevendo lei la somma che lo Stato spenderebbe per accudire a ogni suo bambino: un milione tondo al mese.


Janne e Mary Ann sono spadaccine nate. Ecco le loro ultime stoccate.

«I diritti dell'uomo sono un tutt'uno, non un menu à la carte. E il diritto alla vita non può essere scartato». Così Janne Haaland Matlary denuncia le strategie utilizzate dall'Occidente per promuovere in tutto il mondo l'aborto e l'eutanasia. Lo fa sull'ultimo numero di "Vita e Pensiero", la rivista dell'università Cattolica di Milano.

Mary Ann Glendon contesta invece «uno dei più insidiosi slogan mai inventati, quello che dice: "Io personalmente sono contro, ma non posso imporre la mia opinione". L'effetto è quello di un'anestesia morale». L'ha fatto in una recente conferenza a Roma, al Pontificio ateneo Regina Apostolorum.



Nessun commento: