Leggo su Repubblica
Roma, 18:49
Savoia, la Consulta del regno sabaudo sceglie Amedeo
La Consulta dei senatori del regno sabaudo, organismo creato negli anni '50 dall'ex re italiano Umberto II, ha oggi "spodestato" Vittorio Emanuele di Savoia, preferendogli il cugino e avversario dinastico Amedeo di Savoia, duca d'Aosta.
Un anno fa Vittorio Emanuele aveva formalmente sciolto la consulta con un "decreto reale". Ma i membri non ne hanno voluto sapere. Si sono riuniti oggi hanno respinto il decreto e hanno indicato nel duca d'Aosta il "continuatore della tradizione sabauda". (red)
Ma dico io, siamo nel 2002!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
E' primavera, svegliatevi bambini.
lunedì, settembre 30, 2002
As she falls down and hurts her head
She's lying still but she's not dead
Awakens slowly, sees a picture of herself
On the wall as she gets up
Straightens her dress and calls me up
She says: 'I know now, I am whole now. Can you come?'
In your room
Where both of you are talking
Your good side and your bad
Discussing who has better hair
In your space
I hear four feet walking
And there are two more knocking
In case you're wondering
I'm still on your side
As she embraces all of me
I want her only to need me
It doesn't matter what I tell her because she changes
Her mind before she speaks
And tends to talk before she thinks
But how I love her
I know there's truth for you somewhere
If I were wise I'd take you there
But I'm not, at least not yet
So I'll be watching you instead
In your room, in your room
In your room
I can wander around forever
And I recognize the color of the walls that we painted
In your chair
That I broke because I was careless
I can sit and watch you dance around
My words are spoken
I am on your side
My words are spoken I am on your side
In your room...
K's Choice
She's lying still but she's not dead
Awakens slowly, sees a picture of herself
On the wall as she gets up
Straightens her dress and calls me up
She says: 'I know now, I am whole now. Can you come?'
In your room
Where both of you are talking
Your good side and your bad
Discussing who has better hair
In your space
I hear four feet walking
And there are two more knocking
In case you're wondering
I'm still on your side
As she embraces all of me
I want her only to need me
It doesn't matter what I tell her because she changes
Her mind before she speaks
And tends to talk before she thinks
But how I love her
I know there's truth for you somewhere
If I were wise I'd take you there
But I'm not, at least not yet
So I'll be watching you instead
In your room, in your room
In your room
I can wander around forever
And I recognize the color of the walls that we painted
In your chair
That I broke because I was careless
I can sit and watch you dance around
My words are spoken
I am on your side
My words are spoken I am on your side
In your room...
K's Choice
Crocefissi. Anche sul crocefisso nelle scuole il governo ha fatto marcia indietro: nonostante l'appoggio dei dalemiani ("Vedere un
crocifisso in una scuola non mi ha mai dato fastidio" ha detto una loro esponente) i soliti cavourriani hanno tirato fuori quella baggianata
della separazione fra stato e chiesa.
Ma forse, dopo tutto, non era un'idea tanto male. In un paesino della Sicilia, due bande rivali di fedeli di padre Pio si sono affrontate
ostilmente, ciascuna brandendo la propria statua esclusiva del santo.
C'e' un'ondata di totemismo di ritorno: le statue che lacrimano, i padri Pii miracolosi ecc. non hanno nulla a che fare con la religione
cristiana, e a dire il vero con nessun'altra religione: sono semplicemente il passaggio successivo all'adorazione del tronco
bruciato dal fulmine, o del sasso isolato in mezzo ai campi, o dell'eroe taumaturgo e dunque sacro. Un culto primordiale, coerente con
la deculturizzazione del paese e perfettamente omogenea con l'attribuzione di poteri miracolosi ai governanti (i re che guariscono
la scrofola imponendo le mani agli ammalati, i presidenti che portano prosperita' al paese sorridendo benignamente dalla tivvu').
Il culto del crocefisso, in confronto, e' molto piu' civile. Anche perche', filologicamente, il crocefisso di oggi potrebbe benissimo
essere rappresentato disteso a braccia aperte non piu' su un "patibulum" romano ma - la posizione e' la medesima - sul letto
esecutorio dell'iniezione letale.
E' un'esecuzione regolamentare, in entrambi i casi. La morte del delinquente, o del sovversivo, e' una morte "normale" in un impero; ne'
Tacito ne' il New York Times le dedicano infatti mai piu' di qualche riga. Una morte non nobile, vergognosa; sono infatti pochissimi, e
tipicamente emarginati, coloro che osano - a fatica - mostrare solidarieta' con l'ucciso: le donne del villaggio, i pescatori, le
puttane; o gli scippatori di Harlem, i disoccupati, i gay. Qualcuno di costoro arriva addirittura a rivendicare con orgoglio l'amicizia col
delinquente o l'agitatore ucciso: "Era un tipo tosto - raccontano spavaldamente nei McDonald - e noi gli volevamo bene".
Un giorno dopo l'altro, clandestinamente, comincia a diffondersi la storia del ragazzo fatto fuori perche' era dalla parte dei poveracci,
uno con piu' testa degli altri ma un gran cuore, uno di noialtri insomma. E sempre piu' di frequente, nei cessi del metro', nei bar
d'infimo ordine, al collo dei ragazzini, tatuato sulla spalla d'una ragazza di vita, appare lo strano logo del letto delle esecuzioni
(oppure, duemila anni fa, della croce) di cui la polizia non riesce a capire il significato. E a poco poco la storia esce dalla citta' in cui
e' avvenuta (una citta' del terzo mondo, una delle tante) e arriva, portata dagli emigranti, fino nelle metropoli dell'impero. Un giorno
diventera' una delle tante storie perbene che gli studenti middle-class studiano nelle loro scuole. Ma per ora vive come una fiammella, nel
quotidiano orrore della vita immigrata. "Da noi, giu' in Palestina, un giorno salto' fuori un tizio a dirci che noi e i vip siamo tutti
uguali. Stammi a sentire, brother: e' una buona novella...".
Riccardo Orioles
crocifisso in una scuola non mi ha mai dato fastidio" ha detto una loro esponente) i soliti cavourriani hanno tirato fuori quella baggianata
della separazione fra stato e chiesa.
Ma forse, dopo tutto, non era un'idea tanto male. In un paesino della Sicilia, due bande rivali di fedeli di padre Pio si sono affrontate
ostilmente, ciascuna brandendo la propria statua esclusiva del santo.
C'e' un'ondata di totemismo di ritorno: le statue che lacrimano, i padri Pii miracolosi ecc. non hanno nulla a che fare con la religione
cristiana, e a dire il vero con nessun'altra religione: sono semplicemente il passaggio successivo all'adorazione del tronco
bruciato dal fulmine, o del sasso isolato in mezzo ai campi, o dell'eroe taumaturgo e dunque sacro. Un culto primordiale, coerente con
la deculturizzazione del paese e perfettamente omogenea con l'attribuzione di poteri miracolosi ai governanti (i re che guariscono
la scrofola imponendo le mani agli ammalati, i presidenti che portano prosperita' al paese sorridendo benignamente dalla tivvu').
Il culto del crocefisso, in confronto, e' molto piu' civile. Anche perche', filologicamente, il crocefisso di oggi potrebbe benissimo
essere rappresentato disteso a braccia aperte non piu' su un "patibulum" romano ma - la posizione e' la medesima - sul letto
esecutorio dell'iniezione letale.
E' un'esecuzione regolamentare, in entrambi i casi. La morte del delinquente, o del sovversivo, e' una morte "normale" in un impero; ne'
Tacito ne' il New York Times le dedicano infatti mai piu' di qualche riga. Una morte non nobile, vergognosa; sono infatti pochissimi, e
tipicamente emarginati, coloro che osano - a fatica - mostrare solidarieta' con l'ucciso: le donne del villaggio, i pescatori, le
puttane; o gli scippatori di Harlem, i disoccupati, i gay. Qualcuno di costoro arriva addirittura a rivendicare con orgoglio l'amicizia col
delinquente o l'agitatore ucciso: "Era un tipo tosto - raccontano spavaldamente nei McDonald - e noi gli volevamo bene".
Un giorno dopo l'altro, clandestinamente, comincia a diffondersi la storia del ragazzo fatto fuori perche' era dalla parte dei poveracci,
uno con piu' testa degli altri ma un gran cuore, uno di noialtri insomma. E sempre piu' di frequente, nei cessi del metro', nei bar
d'infimo ordine, al collo dei ragazzini, tatuato sulla spalla d'una ragazza di vita, appare lo strano logo del letto delle esecuzioni
(oppure, duemila anni fa, della croce) di cui la polizia non riesce a capire il significato. E a poco poco la storia esce dalla citta' in cui
e' avvenuta (una citta' del terzo mondo, una delle tante) e arriva, portata dagli emigranti, fino nelle metropoli dell'impero. Un giorno
diventera' una delle tante storie perbene che gli studenti middle-class studiano nelle loro scuole. Ma per ora vive come una fiammella, nel
quotidiano orrore della vita immigrata. "Da noi, giu' in Palestina, un giorno salto' fuori un tizio a dirci che noi e i vip siamo tutti
uguali. Stammi a sentire, brother: e' una buona novella...".
Riccardo Orioles
Sabato siamo andati a Maynooth.
In macchina all'andata eravano io, Teresa, Bettie e il dott. Tierney, che guidava.
Il dott. Tierney è il presidente della Newman Association in Ireland, è un medico in pensione, che ha lavorato come altofunzionario nel
Ministero della Sanità. Suo padre, professore di greco, è stato un famoso presidente dell'università, ed è stato quello che ha fatto
costruire il campus e la nuova sede.
Bettie invece è una ragazza della mia età che ha iniziato quest'anno un master in informatica al Trinity College.
Maynooth è sede della Pontificia Facoltà di Teologia. E' stata la prima istituzione universitaria per cattolici, quando non potevano iscriversi
al Trinity College. Hanno una bellissima chiesa, neogotica.
Il ritiro era basato sul commento di tre poesie di Newman, seguite da una meditazione personale.
Uno dei tre professori che ha guidato le riflessioni e' Thomas Norris, che avevo conosciuto ad Oxford.
Un'altra relatrice, che gia' conoscevo, e' tedesca ed insegna a Roma, all'Urbaniana.
Eravamo una quarantina, di tutte le età. E' incredibile come Newman attiri persone di ogni genere.
Molti erano membri della Newman Society of Ireland.
Ho mangiato a fianco ad una signora che ha lavorato negli uffici ministeriali che si occupano delle traduzioni dei documenti in
irlandese.
E' un'esperta della lingua irlandese, o gaelico, che e' ancora parlata in molte regioni, specialmente sulla costa ovest.
C'e' anche un canale televisivo nazionale in gaelico, diversi giornali locali e tutte le insegne pubbliche, anche a Dublino, sono bilingue.
L'irlandese e' una lingua indoeuropea, molto antica, vicina al Gallese e al Bretone, con dei caratteri propri, anche se da qualche anno hanno
adottato i caratteri latini. Esiste anche una liturgia in gaelico.
Mi ha consigliato di studiarlo, ma ora ho altro da fare.
Tra le persone interessanti che ho conosciuto c'e' una ragazza francese di origini portoghesi, Lucie, che a 22 anni, dopo la laurea, e' stata
lettrice di lingua francese ad Oxford, poi ha fatto lì un master in letteratura inglese ed ora inizia il dottorato al Trinity College di
Dublino.
Al ritorno Teresa mi ha portato, insieme a Bettie a vedere il porto di Dublino.
Dublino ha in realta' due porti, uno all'interno della citta' ed uno molto piu' grande in periferia, da dove partono le navi passeggeri per
l'Inghilterra, la Francia e la Spagna.
Stranamente non si sentiva odore di mare. Teresa va spesso a passeggiare sulla banchina e dice che c'e' sempre un uomo con un banjo che suona malinconiche melodie.
Ieri sono andato a Messa, mi sono riposato e ho studiato un po'.
Oggi lezione e forse vedo un film alle 18 (Gosford Park).
Questa settimana danno due film al giorno, gratis!
Sicuramente mi vedro': Lola corre, Clerks, Pulp Fiction e il grande Lebowski.
In macchina all'andata eravano io, Teresa, Bettie e il dott. Tierney, che guidava.
Il dott. Tierney è il presidente della Newman Association in Ireland, è un medico in pensione, che ha lavorato come altofunzionario nel
Ministero della Sanità. Suo padre, professore di greco, è stato un famoso presidente dell'università, ed è stato quello che ha fatto
costruire il campus e la nuova sede.
Bettie invece è una ragazza della mia età che ha iniziato quest'anno un master in informatica al Trinity College.
Maynooth è sede della Pontificia Facoltà di Teologia. E' stata la prima istituzione universitaria per cattolici, quando non potevano iscriversi
al Trinity College. Hanno una bellissima chiesa, neogotica.
Il ritiro era basato sul commento di tre poesie di Newman, seguite da una meditazione personale.
Uno dei tre professori che ha guidato le riflessioni e' Thomas Norris, che avevo conosciuto ad Oxford.
Un'altra relatrice, che gia' conoscevo, e' tedesca ed insegna a Roma, all'Urbaniana.
Eravamo una quarantina, di tutte le età. E' incredibile come Newman attiri persone di ogni genere.
Molti erano membri della Newman Society of Ireland.
Ho mangiato a fianco ad una signora che ha lavorato negli uffici ministeriali che si occupano delle traduzioni dei documenti in
irlandese.
E' un'esperta della lingua irlandese, o gaelico, che e' ancora parlata in molte regioni, specialmente sulla costa ovest.
C'e' anche un canale televisivo nazionale in gaelico, diversi giornali locali e tutte le insegne pubbliche, anche a Dublino, sono bilingue.
L'irlandese e' una lingua indoeuropea, molto antica, vicina al Gallese e al Bretone, con dei caratteri propri, anche se da qualche anno hanno
adottato i caratteri latini. Esiste anche una liturgia in gaelico.
Mi ha consigliato di studiarlo, ma ora ho altro da fare.
Tra le persone interessanti che ho conosciuto c'e' una ragazza francese di origini portoghesi, Lucie, che a 22 anni, dopo la laurea, e' stata
lettrice di lingua francese ad Oxford, poi ha fatto lì un master in letteratura inglese ed ora inizia il dottorato al Trinity College di
Dublino.
Al ritorno Teresa mi ha portato, insieme a Bettie a vedere il porto di Dublino.
Dublino ha in realta' due porti, uno all'interno della citta' ed uno molto piu' grande in periferia, da dove partono le navi passeggeri per
l'Inghilterra, la Francia e la Spagna.
Stranamente non si sentiva odore di mare. Teresa va spesso a passeggiare sulla banchina e dice che c'e' sempre un uomo con un banjo che suona malinconiche melodie.
Ieri sono andato a Messa, mi sono riposato e ho studiato un po'.
Oggi lezione e forse vedo un film alle 18 (Gosford Park).
Questa settimana danno due film al giorno, gratis!
Sicuramente mi vedro': Lola corre, Clerks, Pulp Fiction e il grande Lebowski.
venerdì, settembre 27, 2002
Tornano in circolazione per decreto ministeriale i crocifissi di Stato, di nuovo il simbolo della Nonviolenza e' impugnato come corpo contundente per affermare un diritto politico di Dio, o rilanciare una religione dell'utile, all'insegna del vecchio motto della borghesia volterriana: "Ciascuno per se' e Dio per tutti".
Era spaventosa l'immagine del Crocifisso brandito sui carri della porte dei Franchisti durante la guerra civile spagnola. E' ripugnante l'uso politico del Crocifisso per verniciare di una ipocrita patina di cristianesimo culturale l'ateismo pratico di una politica basata sul culto dell'Oro, sull'individualismo esasperato, sulla caccia feroce agli immigrati in cerca di pane alle mense dei nostri Epuloni. Il crocifisso viene di nuovo crocifisso da quegli stessi che lo vogliono appeso sui muri pubblici: una mistificazione. Ci sono stati vari progetti nella storia di abrogazione del cristianesimo. Oggi il progetto diventa piu' che mai astuto: si tenta di abrogare il cristianesimo usando il Crocifisso di Stato. Faust e' passato un'altra volta a Villa Casati ad Arcore. Ed ha imparato qualcosa.
In questa discussione, si e' ricordato che non serve essere liberalcattolici, basta essere semplicemente liberali per decidere come schierarsi nella polemica sul crocifisso nelle scuole:perche' il crocifisso e' si' il simbolo di una fede, ma anche della civilta' giudaicocristiana che ha improntato di se' l'Occidente. Qualche esponente del centro destra ne ha fatto una questione di identita'.
Ormai siamo alla paranoia delle impronte: il crocifisso sarebbe l'impronta dell'Occidente, anzi "il simbolo della nazione", come il chador - dice Ferdinando Adornato - e' un diritto delle donne afghane. Non si scopre ora l'ignoranza in cultura religiosa di certa "intellighentzia" laica: trascura che il crocifisso e' per i cristiani l'immagine del corpo di Dio, comprensibile solo nell'ordine della fede, non in quello dell'abbigliamento, e neanche in quello di una cultura particolare.
Ignora che per i musulmani Dio non puo' essere rappresentato,in alcun modo. E che anche per gli Ebrei vige l'interdetto mosaico: "Non nominare il nome di Dio invano". I cristiani hanno sempre qualcosa da imparare dagli Altri: meglio un crocifisso praticato che giocato ai dadi tra partiti politici e messo al muro. La sua croce doveva essere scandalo e follia, diceva san Paolo, noi lo abbiamo ridotto a un tranquillante "culturale" e a un portafortuna per i calciatori che entrano in campo.Doveva essere un segno di salvezza per tutti, ora qualcuno tenta di renderlo segno di salvezza per alcuni, e di perdizione per gli altri.
Nasce tardi il crocifisso nell'iconografia cristiana. I primi crocifissi sono del VI secolo. Per sei secoli le comunita' cristiane ne hanno fatto a meno. In ogni caso, li dipingevano con gli occhi aperti, come ancora viventi, e vicino alla tomba vuota, tanto era prevalente nella cultura il paradigma della resurrezione. La quale non a caso e' tornata in forze ad emergere nella riflessione teologica con la riscoperta "moderna" dell'escatologia.
In qualunque tempo il crocifisso significa questo: la potenza divina si e' fatta inerme, rifiuta la spada non solo per la conquista ma anche per l'autodifesa e sceglie di morire su un patibolo infame. Un simbolo per la nonviolenza come fonte di storia. Come dunque si puo' pretendere che sia il simbolo dell'Occidente? Anche il nazismo ornava le sue armate messianiche con la croce, per quanto uncinata. La Chiesa firmava concordati con Hitler, con Mussolini e con Franco, ma la croce era al suo posto nell'immoralismo politico delle dittature e sulle stragi del fascismo in Etiopia?
Padre Turoldo mi raccontava di quando vide un crocifisso sulla scrivania d'un banchiere a Ginevra. Era un pezzo d'antiquariato .Si tirava l'asta verticale e dal crocifisso si estraeva un pugnale. Era usato dai crociati per offrirlo al bacio dei prigionieri musulmani.Se non lo baciavano venivano infilzati. E commentava che l'offesa piu' grave che si possa fare al Nonviolento Crocifisso e' proprio di brandirlo come un emblema di parte, di usarlo come collante dell'etnocentrismo, di mistificarlo e bestemmiarlo come ingrediente dello "scontro di civilta'" per giustificare la guerra.
Non sono iconoclasta ma mi oppongo a questa spericolata, simoniaca e oltraggiosa offensiva anticristiana che usa il crocifisso per liquidare le ultime, fragili resistenze della religione della carita' in questo paese. Vorrei solo che il crocifisso esistesse nei cuori prima che sui muri pubblici, nelle coscienze prima che negli apparati statali. Sono convinto che non sono i crocifissi esibiti a fare cristiana una societa', ma i cristiani, se sono capaci di pace e di giustizia, di adorazione e di rivolta di fronte all'oppressione e al massacro dei piu' deboli. Di questo anzitutto i dirigenti ecclesiastici dovrebbero preoccuparsi: di rifare i cristiani,di rifarli dall'interno, in modo che non pieghino la loro coscienza di fronte ai tiranni.
Confesso di non comprendere le ansie per la segnaletica esterna, se non come sintomo della vetusta' intellettuale dei nostri integralisti cattolici, pallida eco di Maurras, ma come lui indaffarati "a togliere dal Vangelo il suo veleno rivoluzionario". A loro non gli par vero che il segno della croce sia divenuto, almeno nei media, il ghiribizzo scaramantico dei calciatori all'ingresso in campo. Un amuleto calma l'ansia. E intanto mettono tutto l'impegno possibile nell'accelerare il processo di secolarizzazione in chiave neoliberista, facendo strame della verita' e della giustizia, e segando il ramo dei valori cristiani sui quali si regge l'ordine democratico.
Chiedono ai vescovi di allargare la cruna dell'ago, ma offendono pubblicamente quelli che non accettano di farci passare i loro cammelli da nababbi. Pretendono il crocifisso nelle scuole, ma diseducano con mezzi potenti e su tutte le reti le nuove generazioni. Vorrebbero una Chiesa ridotta al foro interno e al culto, privarla della carita' e dei poveri, cioe' dei "segni dei chiodi" per i quali puo' fluire ad essa la luce del Cristo.
Questa vecchia Chiesa madre, grazie all'armatura che ci irrita talora e che consideriamo vetusta, ha preservato grazie alla carita' il mistero della vita divina. Essa ha mantenuto contro tutte le eresie, e continua a mantenerla anche contro la gnosi anticristiana di oggi, la parola del Cristo che ha cambiato il destino dell'umanita': "Questo e' il mio corpo, offerto per tutti voi". E' il corpo vivente di Colui che ha dato il proprio sangue perche' il sangue dell'uomo non sia piu' versato.
Il cristianesimo ha imparato a proprie spese cosa ha significato per 1500 anni preferire i crocifissi "di stato" a questo altro tipo di icona. La societa' si e' fatta profana e multireligiosa, nemmeno il Cardinale Ratzinger accetta che il cristianesimo torni ad essere una "religione della societa'", nella quale i crocifissi siano esibiti come emblemi di una nuova alleanza tra trono e altare, messi sui muri e abrogati dalla vita.
E' soltanto allontanandosi da quei muri pubblici e dalla loro ambiguita' che il crocifisso potrebbe tornare ad essere significativo per mobilitare le forze spirituali, nell'ora in cui il mondo agonizza,e ri-spiritualizzare l'uomo. Questa rimozione puo' apparire traumatica e "laicistica",ma forse e' necessaria per purificare il senso del Dio crocifisso dalle immagini ereditate della religione utilitaria. Molto a ragione Jurgen Moltmann ha affermato che "cogliere Dio nel Crocifisso abbandonato esige una rivoluzione dell'idea di Dio". Cio' che era scandalo e follia per i contemporanei di Paolo resta tale anche per molti nostri contemporanei. E' difficile abituarsi a questa figura di Dio inutile e impotente. Essa non funziona come utensile del dominio. E' questo cui richiamava François Verillon quando avvertiva: "Noi cerchiamo Dio nella luna mentre lui sta lavandoci i piedi".
Per quanti riconoscono nel crocifisso il Cristo di Dio e continuano a credere in lui quella croce significa che colui che ha subito la piu' profonda umiliazione da parte del potere politico diventa portatore della massima dignita' e che la gloria di Dio non illumina piu' le corone dei potenti. Come notava Hegel, se colui che e' morto impotente, esautorato e inutile sulla croce diventa per i credenti la massima e unica fonte di autorita', allora svanisce per essi la base religiosa del vincolo con il potere politico, che postula in ogni caso un rapporto di scambio delle utilita', un do ut des.
Da queste poche osservazioni diventa chiaro che una teologia politica della croce e' qualcosa che non ha nulla da spartire con la teologia politica delle religioni di stato. Essa si presenta anzi come l'avversaria irriducibile delle religioni politiche, e contesta a partire da un punto cardinale la possibile omologazione della fede cristiana a funzioni utilitarie nell'ambito degli interessi del sistema dominante. Al contrario, essa si traduce in una forza critica di liberazione dell'uomo dal giogo delle religioni politiche e dell'alienazione.
Di qui il significato anti-idolatrico della teologia della Croce nel senso in cui essa si costituisce in fattore critico delle pretese dell'assolutismo. Non sarebbe impropria, da questo punto di vista, una lettura teologica delle Beatitudini nelle quali il rovesciamento introdotto dal Cristo manifesta il divino nelle figure dei poveri, dei semplici, degli umili, dei deboli e dei sofferenti, dei pacifici e dei diseredati. Il divino si costituisce nel mondo come scarto e non piu' nelle tradizionali categorie della potenza trionfale. In un mondo senza compassione, la mitezza di Gesu' di Nazareth non puo' essere presentata in modi schiaccianti e trionfanti: Gesu' non schiaccia nessuno, anzi "e' il Dio che si e' fatto schiacciare per l'amore verso l'uomo" ci ha insegnato il Cardinale Carlo Maria Martini.
Il Dio crocifisso e' dunque un Dio dello scarto. Il Totalmente Altro e' per eccellenza il Non Potente. Egli non si arruola nelle file dell'idolatria politica e non puo' funzionare come utensile del potere, ne' ordinare a Pietro di impugnare la spada del potere per difendere lui e una civilta', come ancora tentano di fare i nostri mammalucchi cristiani che aspirano a conquistare il mondo all'arma bianca. Perfino il papa polacco preferi' consigliare le carmelitane del convento di Auschwitz a togliere la grande croce che avevano installato nel lager e trasferirle altrove. Ed e' proprio ripensando alla Shoah che Emmanuel Levinas ha scritto una pagina su cui giova soffermarsi nella triste ora presente: "L'idea di una verita' che si manifesta nell'umilta', l'idea di una verita' perseguitata, e' l'unica modalita' possibile della trascendenza. Manifestarsi come umile, come alleato del vinto, del povero, del perseguitato significa proprio non rientrare nell'ordine. L'umilta' disturba totalmente. La
persecuzione e l'umiliazione a cui essa espone sono modalita' del vero".
Giancarlo Zizola
Era spaventosa l'immagine del Crocifisso brandito sui carri della porte dei Franchisti durante la guerra civile spagnola. E' ripugnante l'uso politico del Crocifisso per verniciare di una ipocrita patina di cristianesimo culturale l'ateismo pratico di una politica basata sul culto dell'Oro, sull'individualismo esasperato, sulla caccia feroce agli immigrati in cerca di pane alle mense dei nostri Epuloni. Il crocifisso viene di nuovo crocifisso da quegli stessi che lo vogliono appeso sui muri pubblici: una mistificazione. Ci sono stati vari progetti nella storia di abrogazione del cristianesimo. Oggi il progetto diventa piu' che mai astuto: si tenta di abrogare il cristianesimo usando il Crocifisso di Stato. Faust e' passato un'altra volta a Villa Casati ad Arcore. Ed ha imparato qualcosa.
In questa discussione, si e' ricordato che non serve essere liberalcattolici, basta essere semplicemente liberali per decidere come schierarsi nella polemica sul crocifisso nelle scuole:perche' il crocifisso e' si' il simbolo di una fede, ma anche della civilta' giudaicocristiana che ha improntato di se' l'Occidente. Qualche esponente del centro destra ne ha fatto una questione di identita'.
Ormai siamo alla paranoia delle impronte: il crocifisso sarebbe l'impronta dell'Occidente, anzi "il simbolo della nazione", come il chador - dice Ferdinando Adornato - e' un diritto delle donne afghane. Non si scopre ora l'ignoranza in cultura religiosa di certa "intellighentzia" laica: trascura che il crocifisso e' per i cristiani l'immagine del corpo di Dio, comprensibile solo nell'ordine della fede, non in quello dell'abbigliamento, e neanche in quello di una cultura particolare.
Ignora che per i musulmani Dio non puo' essere rappresentato,in alcun modo. E che anche per gli Ebrei vige l'interdetto mosaico: "Non nominare il nome di Dio invano". I cristiani hanno sempre qualcosa da imparare dagli Altri: meglio un crocifisso praticato che giocato ai dadi tra partiti politici e messo al muro. La sua croce doveva essere scandalo e follia, diceva san Paolo, noi lo abbiamo ridotto a un tranquillante "culturale" e a un portafortuna per i calciatori che entrano in campo.Doveva essere un segno di salvezza per tutti, ora qualcuno tenta di renderlo segno di salvezza per alcuni, e di perdizione per gli altri.
Nasce tardi il crocifisso nell'iconografia cristiana. I primi crocifissi sono del VI secolo. Per sei secoli le comunita' cristiane ne hanno fatto a meno. In ogni caso, li dipingevano con gli occhi aperti, come ancora viventi, e vicino alla tomba vuota, tanto era prevalente nella cultura il paradigma della resurrezione. La quale non a caso e' tornata in forze ad emergere nella riflessione teologica con la riscoperta "moderna" dell'escatologia.
In qualunque tempo il crocifisso significa questo: la potenza divina si e' fatta inerme, rifiuta la spada non solo per la conquista ma anche per l'autodifesa e sceglie di morire su un patibolo infame. Un simbolo per la nonviolenza come fonte di storia. Come dunque si puo' pretendere che sia il simbolo dell'Occidente? Anche il nazismo ornava le sue armate messianiche con la croce, per quanto uncinata. La Chiesa firmava concordati con Hitler, con Mussolini e con Franco, ma la croce era al suo posto nell'immoralismo politico delle dittature e sulle stragi del fascismo in Etiopia?
Padre Turoldo mi raccontava di quando vide un crocifisso sulla scrivania d'un banchiere a Ginevra. Era un pezzo d'antiquariato .Si tirava l'asta verticale e dal crocifisso si estraeva un pugnale. Era usato dai crociati per offrirlo al bacio dei prigionieri musulmani.Se non lo baciavano venivano infilzati. E commentava che l'offesa piu' grave che si possa fare al Nonviolento Crocifisso e' proprio di brandirlo come un emblema di parte, di usarlo come collante dell'etnocentrismo, di mistificarlo e bestemmiarlo come ingrediente dello "scontro di civilta'" per giustificare la guerra.
Non sono iconoclasta ma mi oppongo a questa spericolata, simoniaca e oltraggiosa offensiva anticristiana che usa il crocifisso per liquidare le ultime, fragili resistenze della religione della carita' in questo paese. Vorrei solo che il crocifisso esistesse nei cuori prima che sui muri pubblici, nelle coscienze prima che negli apparati statali. Sono convinto che non sono i crocifissi esibiti a fare cristiana una societa', ma i cristiani, se sono capaci di pace e di giustizia, di adorazione e di rivolta di fronte all'oppressione e al massacro dei piu' deboli. Di questo anzitutto i dirigenti ecclesiastici dovrebbero preoccuparsi: di rifare i cristiani,di rifarli dall'interno, in modo che non pieghino la loro coscienza di fronte ai tiranni.
Confesso di non comprendere le ansie per la segnaletica esterna, se non come sintomo della vetusta' intellettuale dei nostri integralisti cattolici, pallida eco di Maurras, ma come lui indaffarati "a togliere dal Vangelo il suo veleno rivoluzionario". A loro non gli par vero che il segno della croce sia divenuto, almeno nei media, il ghiribizzo scaramantico dei calciatori all'ingresso in campo. Un amuleto calma l'ansia. E intanto mettono tutto l'impegno possibile nell'accelerare il processo di secolarizzazione in chiave neoliberista, facendo strame della verita' e della giustizia, e segando il ramo dei valori cristiani sui quali si regge l'ordine democratico.
Chiedono ai vescovi di allargare la cruna dell'ago, ma offendono pubblicamente quelli che non accettano di farci passare i loro cammelli da nababbi. Pretendono il crocifisso nelle scuole, ma diseducano con mezzi potenti e su tutte le reti le nuove generazioni. Vorrebbero una Chiesa ridotta al foro interno e al culto, privarla della carita' e dei poveri, cioe' dei "segni dei chiodi" per i quali puo' fluire ad essa la luce del Cristo.
Questa vecchia Chiesa madre, grazie all'armatura che ci irrita talora e che consideriamo vetusta, ha preservato grazie alla carita' il mistero della vita divina. Essa ha mantenuto contro tutte le eresie, e continua a mantenerla anche contro la gnosi anticristiana di oggi, la parola del Cristo che ha cambiato il destino dell'umanita': "Questo e' il mio corpo, offerto per tutti voi". E' il corpo vivente di Colui che ha dato il proprio sangue perche' il sangue dell'uomo non sia piu' versato.
Il cristianesimo ha imparato a proprie spese cosa ha significato per 1500 anni preferire i crocifissi "di stato" a questo altro tipo di icona. La societa' si e' fatta profana e multireligiosa, nemmeno il Cardinale Ratzinger accetta che il cristianesimo torni ad essere una "religione della societa'", nella quale i crocifissi siano esibiti come emblemi di una nuova alleanza tra trono e altare, messi sui muri e abrogati dalla vita.
E' soltanto allontanandosi da quei muri pubblici e dalla loro ambiguita' che il crocifisso potrebbe tornare ad essere significativo per mobilitare le forze spirituali, nell'ora in cui il mondo agonizza,e ri-spiritualizzare l'uomo. Questa rimozione puo' apparire traumatica e "laicistica",ma forse e' necessaria per purificare il senso del Dio crocifisso dalle immagini ereditate della religione utilitaria. Molto a ragione Jurgen Moltmann ha affermato che "cogliere Dio nel Crocifisso abbandonato esige una rivoluzione dell'idea di Dio". Cio' che era scandalo e follia per i contemporanei di Paolo resta tale anche per molti nostri contemporanei. E' difficile abituarsi a questa figura di Dio inutile e impotente. Essa non funziona come utensile del dominio. E' questo cui richiamava François Verillon quando avvertiva: "Noi cerchiamo Dio nella luna mentre lui sta lavandoci i piedi".
Per quanti riconoscono nel crocifisso il Cristo di Dio e continuano a credere in lui quella croce significa che colui che ha subito la piu' profonda umiliazione da parte del potere politico diventa portatore della massima dignita' e che la gloria di Dio non illumina piu' le corone dei potenti. Come notava Hegel, se colui che e' morto impotente, esautorato e inutile sulla croce diventa per i credenti la massima e unica fonte di autorita', allora svanisce per essi la base religiosa del vincolo con il potere politico, che postula in ogni caso un rapporto di scambio delle utilita', un do ut des.
Da queste poche osservazioni diventa chiaro che una teologia politica della croce e' qualcosa che non ha nulla da spartire con la teologia politica delle religioni di stato. Essa si presenta anzi come l'avversaria irriducibile delle religioni politiche, e contesta a partire da un punto cardinale la possibile omologazione della fede cristiana a funzioni utilitarie nell'ambito degli interessi del sistema dominante. Al contrario, essa si traduce in una forza critica di liberazione dell'uomo dal giogo delle religioni politiche e dell'alienazione.
Di qui il significato anti-idolatrico della teologia della Croce nel senso in cui essa si costituisce in fattore critico delle pretese dell'assolutismo. Non sarebbe impropria, da questo punto di vista, una lettura teologica delle Beatitudini nelle quali il rovesciamento introdotto dal Cristo manifesta il divino nelle figure dei poveri, dei semplici, degli umili, dei deboli e dei sofferenti, dei pacifici e dei diseredati. Il divino si costituisce nel mondo come scarto e non piu' nelle tradizionali categorie della potenza trionfale. In un mondo senza compassione, la mitezza di Gesu' di Nazareth non puo' essere presentata in modi schiaccianti e trionfanti: Gesu' non schiaccia nessuno, anzi "e' il Dio che si e' fatto schiacciare per l'amore verso l'uomo" ci ha insegnato il Cardinale Carlo Maria Martini.
Il Dio crocifisso e' dunque un Dio dello scarto. Il Totalmente Altro e' per eccellenza il Non Potente. Egli non si arruola nelle file dell'idolatria politica e non puo' funzionare come utensile del potere, ne' ordinare a Pietro di impugnare la spada del potere per difendere lui e una civilta', come ancora tentano di fare i nostri mammalucchi cristiani che aspirano a conquistare il mondo all'arma bianca. Perfino il papa polacco preferi' consigliare le carmelitane del convento di Auschwitz a togliere la grande croce che avevano installato nel lager e trasferirle altrove. Ed e' proprio ripensando alla Shoah che Emmanuel Levinas ha scritto una pagina su cui giova soffermarsi nella triste ora presente: "L'idea di una verita' che si manifesta nell'umilta', l'idea di una verita' perseguitata, e' l'unica modalita' possibile della trascendenza. Manifestarsi come umile, come alleato del vinto, del povero, del perseguitato significa proprio non rientrare nell'ordine. L'umilta' disturba totalmente. La
persecuzione e l'umiliazione a cui essa espone sono modalita' del vero".
Giancarlo Zizola
giovedì, settembre 26, 2002
Il fondatore di Emergency, l'associazione che ha lanciato un appello contro l'intervento in Iraq, spiega le sue ragioni
Perché non esistono le guerre necessarie
di GINO STRADA
Caro direttore, ieri Miriam Mafai scriveva su La Repubblica: "E tuttavia c'è qualcosa che non mi convince in quell'appello, che io non firmerò". L'appello in questione è quello di Emergency, "Fuori l'Italia dalla guerra" (www.emergency.it). Sarebbe utile discuterne a fondo, prima di passare alle "dichiarazioni di firma", perché Miriam Mafai, per la quale ho stima e rispetto, espone ragioni molto serie e opinioni diffuse sulla guerra e sulla pace. "Non mi convince il pacifismo assoluto, di tipo ideologico che lo ispira".
Non credo sia così, almeno per quanto riguarda Emergency: la scelta della non violenza e della pace deriva, al contrario, dall'aver avuto a che fare, negli otto anni di vita della associazione, con più di trecentomila vittime di guerra che abbiamo operato, curato, conosciuto. Non dall'ideologia, ma dal vedere sui tavoli operatori dei nostri ospedali migliaia di esseri umani straziati da bombe e mine il trenta per cento bambini - nasce il nostro rifiuto e disgusto per la guerra. Siamo convinti, perché lo vediamo ogni giorno, che le vittime siano la prima e forse l'unica verità della guerra, e che l'alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto, questi sì, effetti collaterali.
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"La libertà di cui godiamo è nata dal bagno di sangue che si è consumato attorno a Stalingrado e sulle spiagge di Normandia", ha scritto Miriam Mafai. È vero, è andata così. Ma è indispensabile che quel bagno di sangue non si ripeta, perché ci lascia molto amaro in bocca, per usare un eufemismo, una libertà conquistata e goduta al prezzo di milioni di morti.
Il mondo non è più lo stesso dopo l'11 settembre, si sente ripetere da molte parti. Il mondo e la guerra sono cambiati ben prima. Il 6 agosto 1945, il fungo atomico su Hiroshima ha fatto svanire centomila esseri umani in un minuto e ne ha uccisi molti di più nei decenni successivi. E' stato allora, nello stesso periodo in cui in Europa le città venivano rase al suolo dai bombardamenti e si consumava l'Olocausto, che il mondo e la guerra sono cambiati per sempre.
Per quanto mi sforzi di trovare altre parole per definire quel momento, una sola mi ritorna in mente, mi pare adeguata: terrorismo. Da allora, tutte le guerre hanno assunto sempre più un carattere terrorista. Tremila esseri umani, tra le macerie del World Trade Center, hanno tragicamente sperimentato un atto di terrore. Prima di loro, altri milioni di esseri umani per il 90 per cento civili ne avevano sperimentati altri, ciascuno il suo.
Chi è stato bombardato, chi bruciato dal napalm o soffocato dai gas, chi è finito nei gulag o nei campi di sterminio, chi è stato fatto a pezzi da un'autobomba e chi è sparito senza lasciare traccia. Nella lista infinita delle vittime del terrorismo ci sono anche lo capiamo bene, se pensiamo a loro come se fossero figli nostri anche le centinaia di migliaia di bambini iracheni uccisi dall'embargo nell'ultimo decennio. Il negare loro la possibilità di essere curati non permettendo l'arrivo di medicinali è stato, ne siamo convinti, un atto di terrorismo.
"Non mi convince in primo luogo il discorso di che mette sullo stesso piano Bin Laden e Bush". Mi sembra una semplificazione ad effetto, e nulla ha a che vedere con il testo dell'appello di Emergency. Ma forse è il caso di fare una precisazione. Resto convinto che le vittime, cioè gli esseri umani morti e mutilati, non si possano dividere in cittadini di prima e di seconda categoria. Credo che un bambino che sparisce nelle Torri Gemelle valga quanto un bambino afgano che resta ucciso sotto le bombe. Non vale di meno, ma neanche di più. E siccome quei bambini mi interessano, entrambi, ho anche la stessa opinione su chi li ha fatti fuori, l'uno e l'altro.
"Un pacifismo assoluto (...) se può essere proposto come valore da uomini di Chiesa, può non reggere alla dura prova della politica". Questo, mi sembra, è un altro punto importante della discussione. Mi verrebbe da dire, da laico quale sono, che forse è proprio il fatto che i valori e l'etica siano andati da una parte e la politica da tutt'altra, la causa prima del mondo ingiusto e violento che è davanti ai nostri occhi, un mondo dove per molti è "11 settembre" tutto l'anno.
La tesi della "guerra necessaria" per porre fine a feroci dittature è anche la critica più comune al movimento per la pace. Anche di ciò si dovrebbe discutere a lungo. Può darsi che il movimento per la pace non sia in grado di far cadere un dittatore, ma una cosa è assolutamente certa, che il movimento per la pace non ne ha mai creati né aiutati ad imporsi con armi e fiumi di denaro. Mi piacerebbe, e non credo di essere il solo, che ci fosse un ampio dibattito su questi temi, ed è una della ragioni dell'appello di Emergency e delle iniziative che prenderemo nei prossimi mesi.
Senza dimenticare tuttavia, quando si scrive di "guerre necessarie" e si fanno paralleli storici, che ci troviamo una nuova guerra all'orizzonte, oggi, contro l'Iraq. E che la nuova guerra, più che di libertà, ha una maledetta puzza di petrolio.
L'autore è il fondatore dell'associazione umanitaria Emergency
(Repubblica 26 settembre 2002)
Cercate il dossier del governo inglese sulle armi dell'Iraq?
Are you looking for the Iraq weapons dossier?
Lo trovate qui
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"Naturally the common people don't want war ... but after all it is the leaders of a country who determine policy, and it is always a simple matter to drag the people along, whether it is a democracy, or a fascist dictatorship, or parliament or a communist dictatorship. All you have to do is tell them they are being attacked, and denounce the pacifists for lack of patriotism and exposing the country to danger. It works the same in every country."
Hermann Goering (1893-1945) Nazi Reichsmarschall
Hermann Goering (1893-1945) Nazi Reichsmarschall
Oggi proiezione gratuita di Michael Collins epoi lungo dibattito con il regista Neil Jordan.
Veramente emozionante.
Veramente emozionante.
Outside it's raining, still you shine
How I've missed your trembling hands inside of mine
I've been away for ages, still you care
Do you count the Sundays when I'm there
Teach me how to watch this game
The way you see it through your magical frame
Time is ticking, try to see
That I am you and you are me
Don't deny that you're afraid to go
Don't deny that you want to cry
Look around and watch your children grow
I feel love in every sigh
If you're not scared, then why am I
Tell me stories, tell me more
Make me feel guilty for being bored
Tell me how to pick up things I've dropped
Please keep talking, never stop
Don't deny that you're afraid to go
Don't deny that you want to cry
Look around and watch your children grow
I feel love in every sigh
Pray for eternity to fly
Don't understand but how I try
If you're not scared, then why am I I feel love in every sigh
Pray for eternity to fly
Don't understand but how I try
If you're not scared, then why am I...
K's Choice
How I've missed your trembling hands inside of mine
I've been away for ages, still you care
Do you count the Sundays when I'm there
Teach me how to watch this game
The way you see it through your magical frame
Time is ticking, try to see
That I am you and you are me
Don't deny that you're afraid to go
Don't deny that you want to cry
Look around and watch your children grow
I feel love in every sigh
If you're not scared, then why am I
Tell me stories, tell me more
Make me feel guilty for being bored
Tell me how to pick up things I've dropped
Please keep talking, never stop
Don't deny that you're afraid to go
Don't deny that you want to cry
Look around and watch your children grow
I feel love in every sigh
Pray for eternity to fly
Don't understand but how I try
If you're not scared, then why am I I feel love in every sigh
Pray for eternity to fly
Don't understand but how I try
If you're not scared, then why am I...
K's Choice
mercoledì, settembre 25, 2002
"Contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con le proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai
fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali, semplicemente non si deve credere - in questi casi lo stupido diventa addirittura
scettico - e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a
differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente
all'attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere con
argomentazioni lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa. Se vogliamo trovare il modo si spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di
conoscerne l'essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che interessa non l'intelletto ma l'umanità di una persona".
D. Bonhoeffer
fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali, semplicemente non si deve credere - in questi casi lo stupido diventa addirittura
scettico - e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a
differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente
all'attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere con
argomentazioni lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa. Se vogliamo trovare il modo si spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di
conoscerne l'essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che interessa non l'intelletto ma l'umanità di una persona".
D. Bonhoeffer
martedì, settembre 24, 2002
No, non e' possibile, non ci credo.
Leggetevi questo annuncio di un poligamo italiano che cerca 39 mogli!
Leggetevi questo annuncio di un poligamo italiano che cerca 39 mogli!
Continua la settimana delle matricole.
Oggi, davanti ad almeno 400 persone, si e' svolta la Iron Stomach Competition cioe': vediamo chi ce la fa a mangiare e a bere queste schifezze.
I poveri campioni hanno bevuto litri di strani intrugli, divorato panini in pochissimi secondi e adesso saranno su qualche letto a lamentarsi o a vomitare.
Poco piu' in la c'era la banda della polizia che suonava colonne sonore televisive e cinamatografiche degli anni 70.
Io sono andato al free banquet della Newman Society dove ho conosciuto un pode' di studenti. Il prossimo dibattito sara', manco a farlo apposta, sui disturbi alimentari.
Ho trovato altre interessanti associazioni studentesche: gli amici della campagna, i backpackers, quelli cioe' che si incontrano e si raccontano le vacanze, gli amanti del trampolino, i jugglers cioe' i giocolieri. Ma c'e' ne una che ho visto solo sulle bacheche ma non ancora tra gli stand, si chiamano Pioneer The total abstinence.
Non ho capito se si riferisce all'astinenza totale dall'alcool o dal sesso.
Oggi, davanti ad almeno 400 persone, si e' svolta la Iron Stomach Competition cioe': vediamo chi ce la fa a mangiare e a bere queste schifezze.
I poveri campioni hanno bevuto litri di strani intrugli, divorato panini in pochissimi secondi e adesso saranno su qualche letto a lamentarsi o a vomitare.
Poco piu' in la c'era la banda della polizia che suonava colonne sonore televisive e cinamatografiche degli anni 70.
Io sono andato al free banquet della Newman Society dove ho conosciuto un pode' di studenti. Il prossimo dibattito sara', manco a farlo apposta, sui disturbi alimentari.
Ho trovato altre interessanti associazioni studentesche: gli amici della campagna, i backpackers, quelli cioe' che si incontrano e si raccontano le vacanze, gli amanti del trampolino, i jugglers cioe' i giocolieri. Ma c'e' ne una che ho visto solo sulle bacheche ma non ancora tra gli stand, si chiamano Pioneer The total abstinence.
Non ho capito se si riferisce all'astinenza totale dall'alcool o dal sesso.
Da La catena di San Libero n. 145.
E io pago. La Rai perde trecentocinquantamila spettatori e Mediaset ne guadagna trecentomila. Forse tutto questo casino serviva soltanto a
rimettere in sesto la ditta. Un'abile campagna promozionale durata dieci anni.
Russia. Riportata al centro di piazza Lubjanka, a Mosca, la statua in bronzo del fondatore del Kgb (un tempo Ceka), Dzerzinskij. La piazza
ospita da sempre la sede centrale del terribile servizio segreto. La statua era stata tolta ai tempi di Gorbaciov, che era comunista ma non
aveva mai fatto parte del Kgb, e viene rimessa ora per ordine di Putin, che e' anticomunista ma ha fatto la sua carriera nel Kgb.
America. Il pazzo continua a sbraitare che se non ci pensa la legge ci pensa lui, che e' un bandito, e che se lo leva davanti a costo di
sparargli in testa. Al momento in cui scriviamo i vicini stanno ancora cercando di calmarlo. Qualcuno ha proposto di chiamare la polizia, ma purtroppo la polizia e'
lui.
E io pago. La Rai perde trecentocinquantamila spettatori e Mediaset ne guadagna trecentomila. Forse tutto questo casino serviva soltanto a
rimettere in sesto la ditta. Un'abile campagna promozionale durata dieci anni.
Russia. Riportata al centro di piazza Lubjanka, a Mosca, la statua in bronzo del fondatore del Kgb (un tempo Ceka), Dzerzinskij. La piazza
ospita da sempre la sede centrale del terribile servizio segreto. La statua era stata tolta ai tempi di Gorbaciov, che era comunista ma non
aveva mai fatto parte del Kgb, e viene rimessa ora per ordine di Putin, che e' anticomunista ma ha fatto la sua carriera nel Kgb.
America. Il pazzo continua a sbraitare che se non ci pensa la legge ci pensa lui, che e' un bandito, e che se lo leva davanti a costo di
sparargli in testa. Al momento in cui scriviamo i vicini stanno ancora cercando di calmarlo. Qualcuno ha proposto di chiamare la polizia, ma purtroppo la polizia e'
lui.
lunedì, settembre 23, 2002
Ieri c'e' stata la finale del campionato di calcio irlandese.
Armagh contro Kerry.
Il calcio irlandese e' a meta' strada tra il rugby ed il nostro calcio.
Infatti si possono usare le mani ma la palla e' rotonda e puo' essere passata in avanti.
Si fa goal sia nella porta, e quindi c'e' un portiere, ma anche nello spazio superiore, ma vale un po' meno.
Anche la telecronaca e' in gaelico.
Inizialmente mi facevano proprio ridere, perche' mi ricordavo quando da bambino giochi a calcio e c'e' qualcuno che prende la palla in mano e comincia a correre.
Beh, e' la stessa cosa, solo che qui sono proprio appassionati.
Persino il prete alla fine della messa ha ricordato la partita!
Ha vinto Armagh, per la prima volta, e non vi dico cosa e' successo!
Armagh contro Kerry.
Il calcio irlandese e' a meta' strada tra il rugby ed il nostro calcio.
Infatti si possono usare le mani ma la palla e' rotonda e puo' essere passata in avanti.
Si fa goal sia nella porta, e quindi c'e' un portiere, ma anche nello spazio superiore, ma vale un po' meno.
Anche la telecronaca e' in gaelico.
Inizialmente mi facevano proprio ridere, perche' mi ricordavo quando da bambino giochi a calcio e c'e' qualcuno che prende la palla in mano e comincia a correre.
Beh, e' la stessa cosa, solo che qui sono proprio appassionati.
Persino il prete alla fine della messa ha ricordato la partita!
Ha vinto Armagh, per la prima volta, e non vi dico cosa e' successo!
Ieri sera abbiamo mangiato all'asiatica. Lara, la canadese che c'e' in casa mia, ha origini filippine. (Mentre il padre e' un prete cattolico di origine irlandese)
In un unico piatto c'erano: pasta cinese, broccoli, noccioline, cipolle, pezzetti di polli, uova e verdure varie.
Non era male, tranne i broccoli.
In un unico piatto c'erano: pasta cinese, broccoli, noccioline, cipolle, pezzetti di polli, uova e verdure varie.
Non era male, tranne i broccoli.
Oggi e' iniziata la settimana delle matricole, che qui chiamano freshers. La maggior parte degli studenti fa gli esami solo alla fine dell'anno e quindi i primi mesi pensa solo a divertirsi. (Quelli come me che fanno una ricerca devono invece studiare sempre).
Ci sono tantissime iniziative.
Dietro la sede dalla Student Union, la rappresentanza studentesca, c'è una grande tenda dove per tutta la settimana le associazioni studentesche si fanno pubblicità e raccolgono adesioni.
Ce ne sono un centinaio, di tutti i tipi. Quelle politiche, quelle sportive, quelle culturali, ricreative o religiose.
C'è veramente di tutto, dagli amanti della matematica al calcio femminile, dai giocatori di poker agli speleologi.
Pagando 1 o 2 euro si puo' partecipare alle tante iniziative proposte.
Io mi sono iscritto a 9 associazioni: alla Literary and Historical Society, la piu' antica e anche la piu' grande, fondata da Newman nel 1855! organizza piu' che altro dibattiti e feste, alla Newman Society, alla Italian Society per gli amanti della lingua e della cultura italiana (il modo piu' semplice per conoscere le irlandesi che amano l'Italia e gli italiani), alla Cinema Society per assistere gratis alle proiezioni di film, alla San Vincenzo De Paoli, alla Pro Life Society (il movimento per la vita), alla Philosophy Society e poi alla Livingstone e Youth 2000 che sono due organizzazioni religiose.
Con l'iscrizione, oltre alla tessera, ti danno bibite, dolci, giornali e biglietti per avere sconti nei negozi.
I dibattiti sono molto partecipati, riguardano principalmente argomenti di attualità e si svolgono durante le ore di lezione, di solito all'una, o nel primo pomeriggio. Prevedono la presenza di esperti ma alcuni, i comedy debates, sono fatti semplicemente per divertirsi.
La scorsa settimana ce n'era uno sulla legalizzazione della cannabis. Ci saranno stati almeno duecento studenti, con molti interventi interessanti.
Il problema e' che i comedy debates sono praticamente impossibili da seguire, perche' il linguaggio usato e' pieno di doppi sensi, giochi di parole.
Pero' e' una ibniziativa lodevole, spinge a parlare in pubblico, a formulare correttamente i propri argomenti e anche a competere.
Ci sono tantissime iniziative.
Dietro la sede dalla Student Union, la rappresentanza studentesca, c'è una grande tenda dove per tutta la settimana le associazioni studentesche si fanno pubblicità e raccolgono adesioni.
Ce ne sono un centinaio, di tutti i tipi. Quelle politiche, quelle sportive, quelle culturali, ricreative o religiose.
C'è veramente di tutto, dagli amanti della matematica al calcio femminile, dai giocatori di poker agli speleologi.
Pagando 1 o 2 euro si puo' partecipare alle tante iniziative proposte.
Io mi sono iscritto a 9 associazioni: alla Literary and Historical Society, la piu' antica e anche la piu' grande, fondata da Newman nel 1855! organizza piu' che altro dibattiti e feste, alla Newman Society, alla Italian Society per gli amanti della lingua e della cultura italiana (il modo piu' semplice per conoscere le irlandesi che amano l'Italia e gli italiani), alla Cinema Society per assistere gratis alle proiezioni di film, alla San Vincenzo De Paoli, alla Pro Life Society (il movimento per la vita), alla Philosophy Society e poi alla Livingstone e Youth 2000 che sono due organizzazioni religiose.
Con l'iscrizione, oltre alla tessera, ti danno bibite, dolci, giornali e biglietti per avere sconti nei negozi.
I dibattiti sono molto partecipati, riguardano principalmente argomenti di attualità e si svolgono durante le ore di lezione, di solito all'una, o nel primo pomeriggio. Prevedono la presenza di esperti ma alcuni, i comedy debates, sono fatti semplicemente per divertirsi.
La scorsa settimana ce n'era uno sulla legalizzazione della cannabis. Ci saranno stati almeno duecento studenti, con molti interventi interessanti.
Il problema e' che i comedy debates sono praticamente impossibili da seguire, perche' il linguaggio usato e' pieno di doppi sensi, giochi di parole.
Pero' e' una ibniziativa lodevole, spinge a parlare in pubblico, a formulare correttamente i propri argomenti e anche a competere.
Ermeneutica e traduzione 2 . Il dono delle lingue
Napoli 21 22 ottobre 2002
Palazzo san Giacomo sala giunta lunedì 21 ore 9.30
Palazzo Serra di Cassano lunedì 21 ore 16 martedì 22 ore 9.30
La filosofia contemporanea ha in vari modi e seguendo vie diverse affermato la centralità del linguaggio.
Ma il linguaggio, discorso vivente nel quale vengono alla luce contemporaneamente l’essere detto o dicibile delle cose e il poter dire dell’uomo, non esiste al di fuori di una pluralità di lingue, che si presenta a prima vista come dispersione disarmante e irrimediabile. Migliaia di lingue (circa seimila, secondo una classificazione accreditata), ancor più numerose se si contano, oltre le lingue oggi viventi e le loro varianti, le lingue morte e tra le morte, oltre le lingue illustri ancora oggi oggetto di studio, quelle scomparse senza lasciare tracce o solo tracce minime della loro esistenza passata.
E’ qui, in questo iato fra linguaggio e lingue che s’inserisce la pratica e la problematica (e anche la problematicità) della traduzione, che negli ultimi decenni è diventata campo di ricerca di un vasto arco di discipline.
La polverizzazione linguistica sembra un enigma tale da rendere in qualche misura plausibile il ricorso a spiegazioni mitiche, come quella della biblica Babele, e nello stesso tempo da indurre allo scetticismo circa le possibilità di una traduzione adeguata e di un’effettiva comunicazione interumana.
Ma la pluralità delle lingue può essere letta diversamente a partire da una lettura diversa dello stesso racconto biblico: il pluralismo linguistico non sarebbe una condanna e una maledizione, ma significherebbe la rinuncia al sogno totalizzante di una lingua perfetta (e di una traduzione globale e, per così dire, senza residui). La parzialità e la finitezza delle singole lingue diverrebbe, allora, non un ostacolo insormontabile, ma la condizione stessa del comunicare possibile fra gli umani.
In tale direzione si è già svolto a Napoli nel maggio 1999 un primo convegno su “Ermeneutica e traduzione. La benedizione di Babele” Il titolo era debitore a quello del bel libro di François Marty, La bénédiction de Babel, Beauchesne, Paris 1990.
Il nuovo appuntamento previsto per il 21 e 22 ottobre 2002 è ancora una volta inaugurato da un intervento di Paul Ricoeur, i cui testi sulla traduzione, alcuni dei quali presentati in passato proprio a Napoli, sono raccolti nel volume La traduzione. Una sfida etica, a cura di D. Jervolino, Morcelliana, Brescia 2002.
Con questo nuovo convegno il tema della traduzione viene accostato a quello del dono, tema che ritorna nella filosofia più recente sia nei suoi risvolti più rigorosamente fenomenologici (come “fenomenologia della donation”) sia in quelli più specificamente etici ed etico-politici, in relazione ai motivi della gratuità, dell’ospitalità, della convivialità. Nel titolo di questo nuovo convegno non manca un’allusione, che viene lasciato volutamente sullo sfondo, al kerygma pentecostale del dono delle lingue.
Il fenomeno si dà…, si dona…, ma quale ruolo gioca nel suo donarsi il linguaggio e quali difficoltà e prospettive introduce la pluralità delle lingue? Quest’ultima e lo sforzo di traduzione che essa comporta entra quindi nel cuore stesso della costituzione del senso.
Il linguaggio come aspetto imprescindibile della condizione finita e corporea dell’uomo, la costituzione del senso nel nesso fenomeno-linguaggio, la tensione fra universalità e finitudine che risulta da questa duplicità costitutiva dell’umano, e infine la tra-duzione come momento di scioglimento possibile di quella tensione nella pratica traducente e come paradigma delle molteplici forme di interazione e di comunicazione fra le persone: questi sono i temi che reinseriscono la problematica linguistica e antropologica della traduzione nel contesto di un dibattito filosofico a tutto campo.
La traduzione diventa così momento privilegiato di una ricostruzione dell’unità plurale del discorso umano che apre la strada a un’etica della ospitalità linguistica e della convivialità. Il dono della lingua e delle lingue diventa paradigma di un elemento di gratuità che corregge l’ossessione contemporanea verso la mercificazione generalizzata dei mondi vitali e lascia intravedere un possibile fondamento del legame sociale in una prospettiva di solidarietà e di sollecitudine per le persone nella loro concretezza.
Il convegno si propone pertanto di offrire un’occasione d’incontro e di confronto a filosofi e a studiosi delle diverse discipline concernenti il linguaggio, le lingue, la comunicazione e l’interpretazione, conformemente a un’idea di filosofia che non si chiude in se stessa ma che vive nel dialogo costante con tutto l’arco dei saperi e delle esperienze, filosofia che riesce a diventare così a pieno titolo “ermeneutica della condizione umana”.
Dopo i saluti delle autorità accademiche, l’introduzione di Domenico Jervolino e l’intervento inaugurale di Paul Ricoeur, il convegno assumerà la forma di un grande dibattito seminariale nel quale si alterneranno interventi predisposti e interventi liberi.
Organizzano o patrocinano il convegno il Polo delle scienze umane, la Facoltà di Lettere e filosofia e il Dipartimento di filosofia dell’Università di Napoli Federico II, la Facoltà di Lingue dell’Orientale, la Facoltà di Scienze della formazione del Suor Orsola, l’Istituto italiano per gli studi filosofici, l’Istituto culturale francese, il Centro napoletano di semiotica, il Dipartimento di filosofia di Roma 3 …
Il convegno ha il patrocinio del Comune di Napoli, che ha recentemente conferito a Paul Ricoeur la cittadinanza onoraria (come già in passato a Hans Georg Gadamer), come ulteriore testimonianza della vocazione filosofica della città e anche come comune che ha avviato negli ultimi anni, nel quadro dell’educazione permanente, alcune significative esperienze di educazione alla multiculturalità e alla cittadinanza europea.
Il nucleo responsabile dell’organizzazione del Convegno è costituito dai due docenti di Filosofia del linguaggio dell’Università di Napoli Federico II Domenico Jervolino djervol@tin.iy e Rocco Pititto pititto@unina.it .
Tra i docenti non napoletani che hanno finora comunicato la loro adesione: Paolo Fabbri, Massimo Baldini, Donatella Di Cesare, Francesca Brezzi, Onay Sözer, Bertand Bouckaert, Ivanka Rainova, Gianfranco Dal masso, Franco Lo Piparo, Giampaolo Caprettini, Emilio Mattioli…
Napoli 21 22 ottobre 2002
Palazzo san Giacomo sala giunta lunedì 21 ore 9.30
Palazzo Serra di Cassano lunedì 21 ore 16 martedì 22 ore 9.30
La filosofia contemporanea ha in vari modi e seguendo vie diverse affermato la centralità del linguaggio.
Ma il linguaggio, discorso vivente nel quale vengono alla luce contemporaneamente l’essere detto o dicibile delle cose e il poter dire dell’uomo, non esiste al di fuori di una pluralità di lingue, che si presenta a prima vista come dispersione disarmante e irrimediabile. Migliaia di lingue (circa seimila, secondo una classificazione accreditata), ancor più numerose se si contano, oltre le lingue oggi viventi e le loro varianti, le lingue morte e tra le morte, oltre le lingue illustri ancora oggi oggetto di studio, quelle scomparse senza lasciare tracce o solo tracce minime della loro esistenza passata.
E’ qui, in questo iato fra linguaggio e lingue che s’inserisce la pratica e la problematica (e anche la problematicità) della traduzione, che negli ultimi decenni è diventata campo di ricerca di un vasto arco di discipline.
La polverizzazione linguistica sembra un enigma tale da rendere in qualche misura plausibile il ricorso a spiegazioni mitiche, come quella della biblica Babele, e nello stesso tempo da indurre allo scetticismo circa le possibilità di una traduzione adeguata e di un’effettiva comunicazione interumana.
Ma la pluralità delle lingue può essere letta diversamente a partire da una lettura diversa dello stesso racconto biblico: il pluralismo linguistico non sarebbe una condanna e una maledizione, ma significherebbe la rinuncia al sogno totalizzante di una lingua perfetta (e di una traduzione globale e, per così dire, senza residui). La parzialità e la finitezza delle singole lingue diverrebbe, allora, non un ostacolo insormontabile, ma la condizione stessa del comunicare possibile fra gli umani.
In tale direzione si è già svolto a Napoli nel maggio 1999 un primo convegno su “Ermeneutica e traduzione. La benedizione di Babele” Il titolo era debitore a quello del bel libro di François Marty, La bénédiction de Babel, Beauchesne, Paris 1990.
Il nuovo appuntamento previsto per il 21 e 22 ottobre 2002 è ancora una volta inaugurato da un intervento di Paul Ricoeur, i cui testi sulla traduzione, alcuni dei quali presentati in passato proprio a Napoli, sono raccolti nel volume La traduzione. Una sfida etica, a cura di D. Jervolino, Morcelliana, Brescia 2002.
Con questo nuovo convegno il tema della traduzione viene accostato a quello del dono, tema che ritorna nella filosofia più recente sia nei suoi risvolti più rigorosamente fenomenologici (come “fenomenologia della donation”) sia in quelli più specificamente etici ed etico-politici, in relazione ai motivi della gratuità, dell’ospitalità, della convivialità. Nel titolo di questo nuovo convegno non manca un’allusione, che viene lasciato volutamente sullo sfondo, al kerygma pentecostale del dono delle lingue.
Il fenomeno si dà…, si dona…, ma quale ruolo gioca nel suo donarsi il linguaggio e quali difficoltà e prospettive introduce la pluralità delle lingue? Quest’ultima e lo sforzo di traduzione che essa comporta entra quindi nel cuore stesso della costituzione del senso.
Il linguaggio come aspetto imprescindibile della condizione finita e corporea dell’uomo, la costituzione del senso nel nesso fenomeno-linguaggio, la tensione fra universalità e finitudine che risulta da questa duplicità costitutiva dell’umano, e infine la tra-duzione come momento di scioglimento possibile di quella tensione nella pratica traducente e come paradigma delle molteplici forme di interazione e di comunicazione fra le persone: questi sono i temi che reinseriscono la problematica linguistica e antropologica della traduzione nel contesto di un dibattito filosofico a tutto campo.
La traduzione diventa così momento privilegiato di una ricostruzione dell’unità plurale del discorso umano che apre la strada a un’etica della ospitalità linguistica e della convivialità. Il dono della lingua e delle lingue diventa paradigma di un elemento di gratuità che corregge l’ossessione contemporanea verso la mercificazione generalizzata dei mondi vitali e lascia intravedere un possibile fondamento del legame sociale in una prospettiva di solidarietà e di sollecitudine per le persone nella loro concretezza.
Il convegno si propone pertanto di offrire un’occasione d’incontro e di confronto a filosofi e a studiosi delle diverse discipline concernenti il linguaggio, le lingue, la comunicazione e l’interpretazione, conformemente a un’idea di filosofia che non si chiude in se stessa ma che vive nel dialogo costante con tutto l’arco dei saperi e delle esperienze, filosofia che riesce a diventare così a pieno titolo “ermeneutica della condizione umana”.
Dopo i saluti delle autorità accademiche, l’introduzione di Domenico Jervolino e l’intervento inaugurale di Paul Ricoeur, il convegno assumerà la forma di un grande dibattito seminariale nel quale si alterneranno interventi predisposti e interventi liberi.
Organizzano o patrocinano il convegno il Polo delle scienze umane, la Facoltà di Lettere e filosofia e il Dipartimento di filosofia dell’Università di Napoli Federico II, la Facoltà di Lingue dell’Orientale, la Facoltà di Scienze della formazione del Suor Orsola, l’Istituto italiano per gli studi filosofici, l’Istituto culturale francese, il Centro napoletano di semiotica, il Dipartimento di filosofia di Roma 3 …
Il convegno ha il patrocinio del Comune di Napoli, che ha recentemente conferito a Paul Ricoeur la cittadinanza onoraria (come già in passato a Hans Georg Gadamer), come ulteriore testimonianza della vocazione filosofica della città e anche come comune che ha avviato negli ultimi anni, nel quadro dell’educazione permanente, alcune significative esperienze di educazione alla multiculturalità e alla cittadinanza europea.
Il nucleo responsabile dell’organizzazione del Convegno è costituito dai due docenti di Filosofia del linguaggio dell’Università di Napoli Federico II Domenico Jervolino djervol@tin.iy e Rocco Pititto pititto@unina.it .
Tra i docenti non napoletani che hanno finora comunicato la loro adesione: Paolo Fabbri, Massimo Baldini, Donatella Di Cesare, Francesca Brezzi, Onay Sözer, Bertand Bouckaert, Ivanka Rainova, Gianfranco Dal masso, Franco Lo Piparo, Giampaolo Caprettini, Emilio Mattioli…
sabato, settembre 21, 2002
Oggi a Dublino fa un caldo incredibile. Meglio cosi'.
Sono giorni di feste, festini, party, balli, lazzi, intrallazzi e sparapazzi.
Qui gli esami si danno solo a fine anno e qundi i primi tempi nessuno studia.
(Tranne quelli come me che fanno ricerca, e che quindi devono produre settimanalmente, se non giornalmente.)
Ricordo il primo mese a Leuven dove le cose funzionavano piu' o meno allo stesso modo, ed in piu' io non avevo esami da dare.
Non sono mai tornato a casa prima delle 2 e chi mi conosce sa cosa vuol dire per uno come me.
La settimana prossima e' piena di iniziative, le associazioni studentesche voglio farsi conoscere, raccogliere adesioni.
Vi faro' sapere.
Sono giorni di feste, festini, party, balli, lazzi, intrallazzi e sparapazzi.
Qui gli esami si danno solo a fine anno e qundi i primi tempi nessuno studia.
(Tranne quelli come me che fanno ricerca, e che quindi devono produre settimanalmente, se non giornalmente.)
Ricordo il primo mese a Leuven dove le cose funzionavano piu' o meno allo stesso modo, ed in piu' io non avevo esami da dare.
Non sono mai tornato a casa prima delle 2 e chi mi conosce sa cosa vuol dire per uno come me.
La settimana prossima e' piena di iniziative, le associazioni studentesche voglio farsi conoscere, raccogliere adesioni.
Vi faro' sapere.
Cos'e' Articolo3.it?
E' un piccolo portale, una 'comunita' indipendente di informazione e discussione politica'. E' mantenuta, in maniera assolutamente amatoriale, da una rete di giovani
collaboratori e simpatizzanti in tutta Italia, da Trento a Catania. (Gran parte miei amici)
Vogliono promuovere l'informazione e il dibattito sui temi che stanno loro particolarmente a cuore.
Ne cito solo alcuni: i cambiamenti nel mondo del lavoro, lo stato sociale e l'uguaglianza nei diritti, le nuove forme di partecipazione politica, i temi
della societa' dell'informazione e la formazione alla democrazia, in particolare delle nuove generazioni.
A partire da oggi, e sempre piu' nel prossimo futuro, su articolo3.ittroverai news, articoli, riflessioni e interventi su questi e molti altri temi.
E' un piccolo portale, una 'comunita' indipendente di informazione e discussione politica'. E' mantenuta, in maniera assolutamente amatoriale, da una rete di giovani
collaboratori e simpatizzanti in tutta Italia, da Trento a Catania. (Gran parte miei amici)
Vogliono promuovere l'informazione e il dibattito sui temi che stanno loro particolarmente a cuore.
Ne cito solo alcuni: i cambiamenti nel mondo del lavoro, lo stato sociale e l'uguaglianza nei diritti, le nuove forme di partecipazione politica, i temi
della societa' dell'informazione e la formazione alla democrazia, in particolare delle nuove generazioni.
A partire da oggi, e sempre piu' nel prossimo futuro, su articolo3.ittroverai news, articoli, riflessioni e interventi su questi e molti altri temi.
Segnalo un ampio dibattito molto interessante sui crocifissi, tra esperti di diritto costituzionale, nel forum internet di Quaderni costituzionali
Sentite questa.
John Clarke, 24 anni, e Sinead Duffy, 23 anni, sono stati trovati 'svestiti' sul terreno del Croke Park di Dublino la notte che precedeva la finale dei giochi celtici.
Il tempestivo intervento di due poliziotti, che qui chiamano gardai, ha impedito che il match amoroso arrivasse a conclusione.
I due sono stati arrestati perche' erano entrati nello stadio senza permesso e subito processati.
Il bello e' che l'Irish Indipendent dell'altro ieri mostrava in prima pagina una grande foto a colori di lei che esce dal tribunale, visibilmente imbarazzata ma anche divertita.
Nelle pagine interne si possono trovare tutti i particolari e, alla faccia della privacy, anche i loro indirizzi di casa.
Gli avvocati per difenderli hanno citato George Bush: When I was young and irresponsable, I was young and irresponsable.
I due sono stati condannati ad una multa di 1000 euro da pagare ad un'associazione per bambini senza casa.
John Clarke, 24 anni, e Sinead Duffy, 23 anni, sono stati trovati 'svestiti' sul terreno del Croke Park di Dublino la notte che precedeva la finale dei giochi celtici.
Il tempestivo intervento di due poliziotti, che qui chiamano gardai, ha impedito che il match amoroso arrivasse a conclusione.
I due sono stati arrestati perche' erano entrati nello stadio senza permesso e subito processati.
Il bello e' che l'Irish Indipendent dell'altro ieri mostrava in prima pagina una grande foto a colori di lei che esce dal tribunale, visibilmente imbarazzata ma anche divertita.
Nelle pagine interne si possono trovare tutti i particolari e, alla faccia della privacy, anche i loro indirizzi di casa.
Gli avvocati per difenderli hanno citato George Bush: When I was young and irresponsable, I was young and irresponsable.
I due sono stati condannati ad una multa di 1000 euro da pagare ad un'associazione per bambini senza casa.
venerdì, settembre 20, 2002
Per quanto mi riguarda io i crocifissi li metterei non solo a scuola ma dovunque: nei vagoni dei treni, nelle cabine telefoniche, nelle celle carcerarie, negli ascensori dei
ministeri, nelle sale studio dell'universita', nella mensa scolastica, all'imbocco dell'autostrada, nelle aree di servizio, sulle macchine della polizia, sulla porta
dell'esattoria comunale, sulla fascia del sindaco e anche sulla banconote.
Ovunque, anzi proporrei che nelle notti di mezza luna un fascio laser a forma di croce venga proiettato in cielo in tutti i comuni d'Italia, a ricordo delle radici cristiane
dell'Europa.
Non solo, a tutti gli stranieri che entrano in Italia sia regalato un crocifisso, per ricordare su quali basi si fonda la nostra civilta' e la nostra identita'. (o in allegato al
foglio di via per i clandestini espulsi)
E a quelli che muoiono prima di arrivare sul nostro suolo, venga assicurata una bara con sopra un crocifisso ben visibile.
Mettiamoli dovunque questi crocifissi, saranno la nostra condanna quando alla fine dei tempi il Signore ci chiedera': ero forestiero, mi hai ospitato?
E noi risponderemo: veramente pensavo a difendere l'identita' cristiana appendendo crocifissi.
Ci mancava solo questa storia dei crocifissi!
Per favore, finiamola con le crociate, lo dico ai credenti e ai non credenti (che sono altrettanto fanatici).
Mentre scrivo la mia leggetevi cosa scrive oggi Scoppola, che condivido pienamente.
Il crocifisso non si impone per decreto
PIETRO SCOPPOLA (Repubblica, 20-09-2002)
IL CROCIFISSO non è un simbolo di identità nazionale, è molto di più: ha un significato universale che scavalca ogni
confine. Per il credente è il simbolo della condivisione da parte di un Dio fatto Uomo della condizione umana, con le sue
sofferenze, con i suoi limiti, fino a quel limite estremo che è la morte; di una condivisione che è riscatto, motivo di speranza.
La croce è segno di libertà e di speranza, ha detto Giovanni Paolo II. Il non credente, il laico può, io credo, non solo
riconoscere nella croce il segno di una civiltà e di una storia che è anche la sua, ma può condividere i valori che essa implica
di solidarietà al dolore umano e di speranza di liberazione.
Non c'è nel nostro Paese una legge che disciplini la presenza del crocifisso nei locali pubblici: di fatto la sua presenza in
molti locali, e nelle scuole in particolare, ha dato luogo nel corso della storia repubblicana solo a sporadiche contestazioni;
vi è stata quasi una tacita intesa fra credenti e laici; i primi non hanno preteso che la presenza del crocifisso implicasse una
affermazione del carattere confessionale dello Stato.
I secondi, nonostante che il crocifisso fosse stato reintrodotto nelle scuole da Mussolini, dopo la sua ascesa al potere, per
propiziarsi il consenso della Chiesa, hanno accettato la sua presenza nella più o meno esplicita consapevolezza di quel suo
richiamo al valore di una solidarietà umana che è elemento costitutivo di una civile convivenza.
In questa prassi, affidata alla tradizione, singoli episodi di contestazione della presenza del crocifisso nelle scuole potevano
essere risolti, di volta in volta, e sono stati risolti con equilibrio e buon senso e nei casi estremi con il ricorso al giudice.
Ma ecco che l'improvvida iniziativa leghista di rendere obbligatoria per legge la presenza del crocifisso in tutti i locali
pubblici, cui il ministro dell'Istruzione si è accodato, turba questo equilibrio che andava invece sapientemente custodito. Lo
Stato può imporre per legge la presenza nei locali pubblici dei simboli della identità nazionale italiana, anche nei comuni a
maggioranza leghista; può imporre la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica che
"rappresenta - come la Costituzione stabilisce - l´unità nazionale"; ma non può imporre la presenza di un simbolo religioso
senza contraddire la sua laicità; può accettarne la presenza quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno
rispettato anche dal non credente, o dal credente di altra fede religiosa, non può imporla per legge.
Dunque questa iniziativa leghista servirà solo a riaccendere polemiche, a dividere e non ad unire il paese nel sentimento
della sua identità, del legame con la sua storia e con le sue tradizioni, farà del crocifisso un motivo di polemiche e di
fratture: è una iniziativa, in definitiva, che offende il crocefisso perché se ne serve per obiettivi che sono contro tutto ciò che
il crocefisso rappresenta.
Proprio quella forza politica, la Lega appunto, che in questi giorni stessi si è fatta sostenitrice di una interpretazione più
restrittiva, di una legge già di per sé ostile agli immigrati, oltre che inefficiente, si propone a paladino della presenza nella
scuola del simbolo più alto della condivisione del dolore umano, della solidarietà verso gli indigenti e gli emarginati. E
ancora: si propone di imporre il crocifisso nelle scuole all'indomani di quella squallida manifestazione dell'ampolla di acque
del Po, trasportata dalle fonti a Venezia, che assunse nella sua prima edizione, e conserva, risonanze paganeggianti che tutti
ricordano!
E perché mai il ministro della Istruzione, la signora Moratti, che appare persona fine e sensibile, si associa a questa brutta
iniziativa? Vi sono anche qui logiche di solidarietà di una maggioranza piena ormai di crepe? Ma si può fare del crocifisso
lo strumento per operazioni del genere? Oppure dobbiamo vedere qui un altro segno di quella leggerezza e improvvisazione
che sembra caratterizzare troppi atti di quel ministero?
Come accetterà la Chiesa questa iniziativa? Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinal Ruini, ha di recente
messo in guardia contro orientamenti presenti nella Lega di insensibilità e chiusura verso esigenze di solidarietà nei
confronti degli immigrati; vi è nel Paese un razzismo strisciante che i più autorevoli uomini di Chiesa hanno denunciato e
deprecato. Come cattolico vorrei esprimere la speranza che la Chiesa italiana non cada nel laccio di questa iniziativa sul
crocefisso che, a mio avviso, è solo una plateale strumentalizzazione del più alto simbolo cristiano per obiettivi che con il
cristianesimo non hanno nulla a che fare. Il simbolo della condivisione del dolore umano non può diventare strumento di
chiusura versi i diversi da noi. Non serve a nulla difendere per legge il crocefisso nelle scuole se si dà spazio a culture a
mentalità e a politiche che contraddicono i valori che esso rappresenta.
Ma vorrei esprimere anche la speranza che i laici e la sinistra italiana non si associno a una possibile campagna contro il
crocefisso nella scuole, che si oppongano al disegno di legge leghista, con lo sperabile concorso di molti parlamentari
cattolici, ma contribuiscano a custodire un equilibrio coerente con i valori della laicità e con le tradizioni del Paese.
Per favore, finiamola con le crociate, lo dico ai credenti e ai non credenti (che sono altrettanto fanatici).
Mentre scrivo la mia leggetevi cosa scrive oggi Scoppola, che condivido pienamente.
Il crocifisso non si impone per decreto
PIETRO SCOPPOLA (Repubblica, 20-09-2002)
IL CROCIFISSO non è un simbolo di identità nazionale, è molto di più: ha un significato universale che scavalca ogni
confine. Per il credente è il simbolo della condivisione da parte di un Dio fatto Uomo della condizione umana, con le sue
sofferenze, con i suoi limiti, fino a quel limite estremo che è la morte; di una condivisione che è riscatto, motivo di speranza.
La croce è segno di libertà e di speranza, ha detto Giovanni Paolo II. Il non credente, il laico può, io credo, non solo
riconoscere nella croce il segno di una civiltà e di una storia che è anche la sua, ma può condividere i valori che essa implica
di solidarietà al dolore umano e di speranza di liberazione.
Non c'è nel nostro Paese una legge che disciplini la presenza del crocifisso nei locali pubblici: di fatto la sua presenza in
molti locali, e nelle scuole in particolare, ha dato luogo nel corso della storia repubblicana solo a sporadiche contestazioni;
vi è stata quasi una tacita intesa fra credenti e laici; i primi non hanno preteso che la presenza del crocifisso implicasse una
affermazione del carattere confessionale dello Stato.
I secondi, nonostante che il crocifisso fosse stato reintrodotto nelle scuole da Mussolini, dopo la sua ascesa al potere, per
propiziarsi il consenso della Chiesa, hanno accettato la sua presenza nella più o meno esplicita consapevolezza di quel suo
richiamo al valore di una solidarietà umana che è elemento costitutivo di una civile convivenza.
In questa prassi, affidata alla tradizione, singoli episodi di contestazione della presenza del crocifisso nelle scuole potevano
essere risolti, di volta in volta, e sono stati risolti con equilibrio e buon senso e nei casi estremi con il ricorso al giudice.
Ma ecco che l'improvvida iniziativa leghista di rendere obbligatoria per legge la presenza del crocifisso in tutti i locali
pubblici, cui il ministro dell'Istruzione si è accodato, turba questo equilibrio che andava invece sapientemente custodito. Lo
Stato può imporre per legge la presenza nei locali pubblici dei simboli della identità nazionale italiana, anche nei comuni a
maggioranza leghista; può imporre la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica che
"rappresenta - come la Costituzione stabilisce - l´unità nazionale"; ma non può imporre la presenza di un simbolo religioso
senza contraddire la sua laicità; può accettarne la presenza quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno
rispettato anche dal non credente, o dal credente di altra fede religiosa, non può imporla per legge.
Dunque questa iniziativa leghista servirà solo a riaccendere polemiche, a dividere e non ad unire il paese nel sentimento
della sua identità, del legame con la sua storia e con le sue tradizioni, farà del crocifisso un motivo di polemiche e di
fratture: è una iniziativa, in definitiva, che offende il crocefisso perché se ne serve per obiettivi che sono contro tutto ciò che
il crocefisso rappresenta.
Proprio quella forza politica, la Lega appunto, che in questi giorni stessi si è fatta sostenitrice di una interpretazione più
restrittiva, di una legge già di per sé ostile agli immigrati, oltre che inefficiente, si propone a paladino della presenza nella
scuola del simbolo più alto della condivisione del dolore umano, della solidarietà verso gli indigenti e gli emarginati. E
ancora: si propone di imporre il crocifisso nelle scuole all'indomani di quella squallida manifestazione dell'ampolla di acque
del Po, trasportata dalle fonti a Venezia, che assunse nella sua prima edizione, e conserva, risonanze paganeggianti che tutti
ricordano!
E perché mai il ministro della Istruzione, la signora Moratti, che appare persona fine e sensibile, si associa a questa brutta
iniziativa? Vi sono anche qui logiche di solidarietà di una maggioranza piena ormai di crepe? Ma si può fare del crocifisso
lo strumento per operazioni del genere? Oppure dobbiamo vedere qui un altro segno di quella leggerezza e improvvisazione
che sembra caratterizzare troppi atti di quel ministero?
Come accetterà la Chiesa questa iniziativa? Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinal Ruini, ha di recente
messo in guardia contro orientamenti presenti nella Lega di insensibilità e chiusura verso esigenze di solidarietà nei
confronti degli immigrati; vi è nel Paese un razzismo strisciante che i più autorevoli uomini di Chiesa hanno denunciato e
deprecato. Come cattolico vorrei esprimere la speranza che la Chiesa italiana non cada nel laccio di questa iniziativa sul
crocefisso che, a mio avviso, è solo una plateale strumentalizzazione del più alto simbolo cristiano per obiettivi che con il
cristianesimo non hanno nulla a che fare. Il simbolo della condivisione del dolore umano non può diventare strumento di
chiusura versi i diversi da noi. Non serve a nulla difendere per legge il crocefisso nelle scuole se si dà spazio a culture a
mentalità e a politiche che contraddicono i valori che esso rappresenta.
Ma vorrei esprimere anche la speranza che i laici e la sinistra italiana non si associno a una possibile campagna contro il
crocefisso nella scuole, che si oppongano al disegno di legge leghista, con lo sperabile concorso di molti parlamentari
cattolici, ma contribuiscano a custodire un equilibrio coerente con i valori della laicità e con le tradizioni del Paese.
giovedì, settembre 19, 2002
Ho passato tutta la giornata davanti al computer, in biblioteca.
Navigando e mettendo giu' un po' di titoli per la bibliografia.
E cosi' (ma queste tastiere irlandesi non hanno la i con l'accento!!!) tra un blog e l'altro mi son dimenticato che la mensa chiude alle 19.
Beh, stasera ceno a casa, sperando nelle mie coinquiline.
Statv buon
Navigando e mettendo giu' un po' di titoli per la bibliografia.
E cosi' (ma queste tastiere irlandesi non hanno la i con l'accento!!!) tra un blog e l'altro mi son dimenticato che la mensa chiude alle 19.
Beh, stasera ceno a casa, sperando nelle mie coinquiline.
Statv buon
San Gennaro ha fatto il miracolo e i disoccupati la loro protesta quotidiana.
Napoli e' Napoli, eternamente.
Napoli e' Napoli, eternamente.
Il testo seguente e' una dichiarazione che il Superiore Provinciale dei Comboniani ha fatto alla conclusione della Carovana della Pace che ha attraversato dieci citta' di tutta la penisola ed e' terminata a Bologna domenica 15 settembre.
La Carovana della Pace 2002 riprende e rilancia i temi delle ingiustizie e dei divari lungo l'asse Nord-Sud del mondo, temi gia' denunciati dal Giubileo degli Oppressi 2000 che si era concluso con un forte appello dal titolo "Noi ci impegniamo".
Quegli impegni, per molte associazioni ecclesiali e laiche, sono stati una vera pista per costruire la pace tramite la difesa della dignita' dell'uomo, la denuncia delle ingiustizie, la promozione della nonviolenza attiva, la proposta di una vita sobria, la costituzione di piccole comunita' alternative...
Purtroppo in questi due anni non si e' arrestata una deriva politica e sociale che vede una crescente corsa alle armi (specialmente dopo l'11 settembre), la militarizzazione dell'economia, la frammentazione delle comunita' e l'isolamento delle persone. Una deriva che il sistema dei mass media - dedicato in gran parte ad intrattenere il consumatore piu' che a informare il cittadino - tenta, e spesso riesce, a mascherare.
Le migliaia di persone e le tante esperienze territoriali di base che questa Carovana della Pace ha incontrato, sono qui a dirci che in giro c'e' voglia e bisogno di mettersi in gioco per cambiare questo stato di cose. Per questo, raccogliendo le sollecitazioni delle diverse realta' locali incontrate, facciamo delle proposte orientative.
*
1) Superare la logica della guerra e del nemico.
Dinanzi ad una logica di guerra ormai imperante, denunciamo che le guerre programmate hanno solo una finalita' economica, funzionale ai potenti della Terra.
Percio':
- Proponiamo di riflettere per far emergere tutte le possibili forme di resistenza - come l'obiezione di coscienza e l'obiezione fiscale - agli interventi armati.
- Incoraggiamo gli enti locali a dedicare parte delle loro risorse alla diffusione di una cultura di pace e di opposizione alla guerra.
- Chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana di solidalizzare con il Papa nel dichiarare, in modo inequivocabile, che "con la guerra tutto e' perduto". Riteniamo, infatti, che la comunita' cattolica e la stessa societa' civile abbiano bisogno di una direttiva magisteriale chiara, che condanni la guerra che sta per cominciare e la "logica di guerra" che la dichiara inevitabile. Noi questo bisogno lo sentiamo.
- Proponiamo a tutte le componenti della societa' civile che aspirano ad un mondo diverso di ritirare il proprio denaro dalle banche armate, colluse con le fabbriche che lavorano per la guerra, e di indirizzarsi verso realta' alternative di risparmio sociale.
- Proponiamo inoltre di boicottare tutti i prodotti delle aziende compromesse con operazioni ingiuste e lo sfruttamento dei paesi poveri e deboli.
- Proponiamo che la comunita' cattolica, in dialogo con la societa' civile, si impegni con maggior decisione per una legislazione sulla immigrazione che sia rispettosa delle persone e delle famiglie immigrate, e non accetti politiche discriminatorie nei confronti di nessuna persona che cerca condizioni di vita piu' umane. Chiediamo a questa societa' civile di non usare piu' la parola extracomunitario: serve a perpetuare logiche di esclusione e a creare nemici.
- Proclamiamo forte la eguale dignita' di ogni essere umano di cui nessuno puo' determinare il diritto di esserci o di non esserci.
- Richiamiamo alla memoria la Dichiarazione universale dei diritti umani.
*
2) Recuperare il senso della comunita'
Come popolo in cammino, in cerca di pace e giustizia, sentiamo la necessita' di recuperare una spiritualita' profonda che ci riporti alle radici del nostro essere, e motivi e illumini la nostra azione, perche' sia azione di fratelli, figli dello stesso Padre. Una spiritualita' che si sviluppa nelle comunita' e nei gruppi e conduce al recupero delle relazioni tra le persone, con Dio e con l'ambiente.
Proponiamo, percio', che ognuno si ritagli nella giornata spazi di silenzio, di preghiera e di riflessione sulla situazione del paese e del mondo intero; che si costituiscano gruppi di spiritualita', riflessione e convivialita' per migliorare i rapporti e ridare gioia e fiducia alle persone.
Essere comunita' non e' un elemento accessorio, ma un carattere fondante di una societa' civile organizzata che sappia ridare senso e progetto ai tanti "dispersi" di oggi.
Proponiamo il dialogo come norma di comportamento con tutte le componenti della societa' civile e con tutti i gruppi religiosi. No ai fondamentalismi e agli arroccamenti sulle proprie verita'. No alle guerre di religione. Si' al confronto, magari con l'aiuto di un saluto e di un sorriso.
Proponiamo a tutte le associazioni che vogliono costruire una societa' fraterna e attenta agli ultimi, di incontrarsi, di condividere e di mettersi in rete per denunciare con piu' efficacia le ingiustizie e farsi sentire. Insieme si puo' di piu'.
*
3) Prendersi cura dell'informazione e della formazione
Il sistema dei mass media e' sempre piu' una macchina che serve a mantenere l'opinione pubblica incatenata allo stile di vita e ai modelli di consumo occidentali. La tivu', in particolare, fa piu' intrattenimento che informazione. "Con questo tipo di televisione non puo' esserci nessuna democrazia" (K. Popper).
Proponiamo, percio', ai singoli, alle famiglie e alle associazioni di essere critici e dedicare tempo all'analisi e alla selezione dei mass media, cosi' da poter scegliere con cognizione le fonti informative cui attingere e da contrastare. Il digiuno televisivo, ad esempio, e' una delle forme di lotta piu' efficaci.
Incoraggiamo le associazioni e i gruppi ad incalzare i media del loro territorio, ad essere interlocutori delle redazioni dei giornali e delle tivu'.
Chiediamo ai giornalisti di non lasciarsi fuorviare dalle logiche del potere del denaro, ma di farsi invece guidare dalla ricerca della verita'.
Proponiamo che le scuole e le universita' siano luoghi di educazione alla pace, e cioe' alla legalita', alla giustizia, alla capacita' di vivere insieme nel rispetto delle differenze.
Chiediamo, percio', agli insegnanti e ai responsabili degli istituti scolastici di riflettere sulle loro responsabilita' e di non lasciarsi appiattire nei valori, accontentandosi semplicemente di servire il sistema del momento.
*
Infine vogliamo ricordare:
- alla nostra Chiesa che Gesu' e' la vera pace e il suo vangelo non ammette la guerra;
- a tutta la societa' che la strada da seguire e' quella della nonviolenza impegnata, presente, attiva, lucida e informata.
Allora la fraternita' sara' piu' importante del guadagno.
Allora la pace non sara' piu' una utopia.
La Carovana della Pace 2002 riprende e rilancia i temi delle ingiustizie e dei divari lungo l'asse Nord-Sud del mondo, temi gia' denunciati dal Giubileo degli Oppressi 2000 che si era concluso con un forte appello dal titolo "Noi ci impegniamo".
Quegli impegni, per molte associazioni ecclesiali e laiche, sono stati una vera pista per costruire la pace tramite la difesa della dignita' dell'uomo, la denuncia delle ingiustizie, la promozione della nonviolenza attiva, la proposta di una vita sobria, la costituzione di piccole comunita' alternative...
Purtroppo in questi due anni non si e' arrestata una deriva politica e sociale che vede una crescente corsa alle armi (specialmente dopo l'11 settembre), la militarizzazione dell'economia, la frammentazione delle comunita' e l'isolamento delle persone. Una deriva che il sistema dei mass media - dedicato in gran parte ad intrattenere il consumatore piu' che a informare il cittadino - tenta, e spesso riesce, a mascherare.
Le migliaia di persone e le tante esperienze territoriali di base che questa Carovana della Pace ha incontrato, sono qui a dirci che in giro c'e' voglia e bisogno di mettersi in gioco per cambiare questo stato di cose. Per questo, raccogliendo le sollecitazioni delle diverse realta' locali incontrate, facciamo delle proposte orientative.
*
1) Superare la logica della guerra e del nemico.
Dinanzi ad una logica di guerra ormai imperante, denunciamo che le guerre programmate hanno solo una finalita' economica, funzionale ai potenti della Terra.
Percio':
- Proponiamo di riflettere per far emergere tutte le possibili forme di resistenza - come l'obiezione di coscienza e l'obiezione fiscale - agli interventi armati.
- Incoraggiamo gli enti locali a dedicare parte delle loro risorse alla diffusione di una cultura di pace e di opposizione alla guerra.
- Chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana di solidalizzare con il Papa nel dichiarare, in modo inequivocabile, che "con la guerra tutto e' perduto". Riteniamo, infatti, che la comunita' cattolica e la stessa societa' civile abbiano bisogno di una direttiva magisteriale chiara, che condanni la guerra che sta per cominciare e la "logica di guerra" che la dichiara inevitabile. Noi questo bisogno lo sentiamo.
- Proponiamo a tutte le componenti della societa' civile che aspirano ad un mondo diverso di ritirare il proprio denaro dalle banche armate, colluse con le fabbriche che lavorano per la guerra, e di indirizzarsi verso realta' alternative di risparmio sociale.
- Proponiamo inoltre di boicottare tutti i prodotti delle aziende compromesse con operazioni ingiuste e lo sfruttamento dei paesi poveri e deboli.
- Proponiamo che la comunita' cattolica, in dialogo con la societa' civile, si impegni con maggior decisione per una legislazione sulla immigrazione che sia rispettosa delle persone e delle famiglie immigrate, e non accetti politiche discriminatorie nei confronti di nessuna persona che cerca condizioni di vita piu' umane. Chiediamo a questa societa' civile di non usare piu' la parola extracomunitario: serve a perpetuare logiche di esclusione e a creare nemici.
- Proclamiamo forte la eguale dignita' di ogni essere umano di cui nessuno puo' determinare il diritto di esserci o di non esserci.
- Richiamiamo alla memoria la Dichiarazione universale dei diritti umani.
*
2) Recuperare il senso della comunita'
Come popolo in cammino, in cerca di pace e giustizia, sentiamo la necessita' di recuperare una spiritualita' profonda che ci riporti alle radici del nostro essere, e motivi e illumini la nostra azione, perche' sia azione di fratelli, figli dello stesso Padre. Una spiritualita' che si sviluppa nelle comunita' e nei gruppi e conduce al recupero delle relazioni tra le persone, con Dio e con l'ambiente.
Proponiamo, percio', che ognuno si ritagli nella giornata spazi di silenzio, di preghiera e di riflessione sulla situazione del paese e del mondo intero; che si costituiscano gruppi di spiritualita', riflessione e convivialita' per migliorare i rapporti e ridare gioia e fiducia alle persone.
Essere comunita' non e' un elemento accessorio, ma un carattere fondante di una societa' civile organizzata che sappia ridare senso e progetto ai tanti "dispersi" di oggi.
Proponiamo il dialogo come norma di comportamento con tutte le componenti della societa' civile e con tutti i gruppi religiosi. No ai fondamentalismi e agli arroccamenti sulle proprie verita'. No alle guerre di religione. Si' al confronto, magari con l'aiuto di un saluto e di un sorriso.
Proponiamo a tutte le associazioni che vogliono costruire una societa' fraterna e attenta agli ultimi, di incontrarsi, di condividere e di mettersi in rete per denunciare con piu' efficacia le ingiustizie e farsi sentire. Insieme si puo' di piu'.
*
3) Prendersi cura dell'informazione e della formazione
Il sistema dei mass media e' sempre piu' una macchina che serve a mantenere l'opinione pubblica incatenata allo stile di vita e ai modelli di consumo occidentali. La tivu', in particolare, fa piu' intrattenimento che informazione. "Con questo tipo di televisione non puo' esserci nessuna democrazia" (K. Popper).
Proponiamo, percio', ai singoli, alle famiglie e alle associazioni di essere critici e dedicare tempo all'analisi e alla selezione dei mass media, cosi' da poter scegliere con cognizione le fonti informative cui attingere e da contrastare. Il digiuno televisivo, ad esempio, e' una delle forme di lotta piu' efficaci.
Incoraggiamo le associazioni e i gruppi ad incalzare i media del loro territorio, ad essere interlocutori delle redazioni dei giornali e delle tivu'.
Chiediamo ai giornalisti di non lasciarsi fuorviare dalle logiche del potere del denaro, ma di farsi invece guidare dalla ricerca della verita'.
Proponiamo che le scuole e le universita' siano luoghi di educazione alla pace, e cioe' alla legalita', alla giustizia, alla capacita' di vivere insieme nel rispetto delle differenze.
Chiediamo, percio', agli insegnanti e ai responsabili degli istituti scolastici di riflettere sulle loro responsabilita' e di non lasciarsi appiattire nei valori, accontentandosi semplicemente di servire il sistema del momento.
*
Infine vogliamo ricordare:
- alla nostra Chiesa che Gesu' e' la vera pace e il suo vangelo non ammette la guerra;
- a tutta la societa' che la strada da seguire e' quella della nonviolenza impegnata, presente, attiva, lucida e informata.
Allora la fraternita' sara' piu' importante del guadagno.
Allora la pace non sara' piu' una utopia.
Ieri mattina sono stato in biblioteca e ho cominciato la ricerca bibliografica. Poi sono andato a lezione di greco, poi nuovamente in biblioteca.
Alle 14 lezione di filosofia con il prof. Brendan Purcell su Voegelin. Purcell e' un prete, sulla sessantina, parla moltissimo e velocemente ma e' chiaro e comprensibile. E' un esperto di Voegelin ed il corso riguarda in particolare un suo libro sulla politica nella grecia antica. Per la prossima settimana io dovro' fare una relazione orale di mezz'ora sul capitolo riguardante Omero e i micenei. Le lezioni MA (Master) durano un'ora e mezza mentre quelle BA (Bachelor), come quella di greco, un'ora.
Eravamo sei studenti: io, due irlandesi, uno spagnolo, una svedese e un pakistano.
Nel pomeriggio sono stato a casa di Teresa Iglesias, molto vicina al campus. Abbiamo pranzato velocemente: riso lessato e spezzatino di carne al sugo e siamo andati in centro.
La riunione della Newman Association of Ireland si e' svolta nella Newman House, la prima sede dell'universita', un elegante palazzo ottocentesco di due piani dove hanno studiato anche il poeta Hopkins e James Joyce.
Eravamo nella Sala dei Vescovi dove c'è una piccola biblioteca specializzata e alcuni quadri antichi, tra i quali un ritratto di Newman da vecchio. Il luogo era molto evocativo e anche la partecipazione alla riunione assai emozionante anche se il clima era cordiale ed affettuoso, come sono generalmente gli irlandesi. Eravamo una ventina. La riunione seguiva un cerimoniale ben preciso. Prima il saluto del Presidente, che ha introdotto i nuovi partecipanti, poi lettura comune di un breve brano di Newman sulla propria missione personale. Quindi un volontario ha letto un brano ritenuto particolarmente significativo. Dopo un momento di preghiera e' stato approvato il verbale della seduta precedente, presentata la corrispondenza arrivata, data notizia di avvenimenti ed appuntamenti interessanti e letta la relazione del tesoriere. Tutto in dieci minuti.
Quindi il presidente ha introdotto il testo, distribuito con l'invito, che di lì a poco avremmo discusso. In questo caso si trattava di un discorso di Boyce, vescovo di Raphoe, sulla speranza in Newman. Durante tutto l'anno associativo invece verrano analizzati 9 sermoni predicati nella University Church, la chiesa dell'universita', di Dublino.
La discussione e' durata mezz'ora.
Alla fine e' stata programmata la prossima riunione, assegnate le letture facoltative e l'introduzione alla discussione e abbiamo concluso con una preghiera.
Verso le 20 io e Teresa siamo andati a cena con un uomo di affari che aveva partecipato alla riunione. E' un giovane manager di una compagnia aerea, appassionato di Newman, proveniente dalla costa occidentale. Ha una casa non distante dal campus, dove vive con la figlia che ha cominciato quest'anno a studiare Fisica e Matematica al Trinity College e pianoforte all'Accademia.
Jennifer ha cucinato per noi gamberetti in salsa, salmone affumicato e un altro pesce, forse la trota, secco e freddo.
Poi insalata e formaggi.
E' stata una piacevole serata, tutta dedicata a Newman. Alle 22 Teresa mi ha riaccompagnato a casa.
Alle 14 lezione di filosofia con il prof. Brendan Purcell su Voegelin. Purcell e' un prete, sulla sessantina, parla moltissimo e velocemente ma e' chiaro e comprensibile. E' un esperto di Voegelin ed il corso riguarda in particolare un suo libro sulla politica nella grecia antica. Per la prossima settimana io dovro' fare una relazione orale di mezz'ora sul capitolo riguardante Omero e i micenei. Le lezioni MA (Master) durano un'ora e mezza mentre quelle BA (Bachelor), come quella di greco, un'ora.
Eravamo sei studenti: io, due irlandesi, uno spagnolo, una svedese e un pakistano.
Nel pomeriggio sono stato a casa di Teresa Iglesias, molto vicina al campus. Abbiamo pranzato velocemente: riso lessato e spezzatino di carne al sugo e siamo andati in centro.
La riunione della Newman Association of Ireland si e' svolta nella Newman House, la prima sede dell'universita', un elegante palazzo ottocentesco di due piani dove hanno studiato anche il poeta Hopkins e James Joyce.
Eravamo nella Sala dei Vescovi dove c'è una piccola biblioteca specializzata e alcuni quadri antichi, tra i quali un ritratto di Newman da vecchio. Il luogo era molto evocativo e anche la partecipazione alla riunione assai emozionante anche se il clima era cordiale ed affettuoso, come sono generalmente gli irlandesi. Eravamo una ventina. La riunione seguiva un cerimoniale ben preciso. Prima il saluto del Presidente, che ha introdotto i nuovi partecipanti, poi lettura comune di un breve brano di Newman sulla propria missione personale. Quindi un volontario ha letto un brano ritenuto particolarmente significativo. Dopo un momento di preghiera e' stato approvato il verbale della seduta precedente, presentata la corrispondenza arrivata, data notizia di avvenimenti ed appuntamenti interessanti e letta la relazione del tesoriere. Tutto in dieci minuti.
Quindi il presidente ha introdotto il testo, distribuito con l'invito, che di lì a poco avremmo discusso. In questo caso si trattava di un discorso di Boyce, vescovo di Raphoe, sulla speranza in Newman. Durante tutto l'anno associativo invece verrano analizzati 9 sermoni predicati nella University Church, la chiesa dell'universita', di Dublino.
La discussione e' durata mezz'ora.
Alla fine e' stata programmata la prossima riunione, assegnate le letture facoltative e l'introduzione alla discussione e abbiamo concluso con una preghiera.
Verso le 20 io e Teresa siamo andati a cena con un uomo di affari che aveva partecipato alla riunione. E' un giovane manager di una compagnia aerea, appassionato di Newman, proveniente dalla costa occidentale. Ha una casa non distante dal campus, dove vive con la figlia che ha cominciato quest'anno a studiare Fisica e Matematica al Trinity College e pianoforte all'Accademia.
Jennifer ha cucinato per noi gamberetti in salsa, salmone affumicato e un altro pesce, forse la trota, secco e freddo.
Poi insalata e formaggi.
E' stata una piacevole serata, tutta dedicata a Newman. Alle 22 Teresa mi ha riaccompagnato a casa.
mercoledì, settembre 18, 2002
Ho scoperto questo blog, non l'avevo mai notato.
A parte il nome, abusato e fuori luogo, mi sembra molto interessante.
A parte il nome, abusato e fuori luogo, mi sembra molto interessante.
Ho visitato la biblioteca, molto ampia e fornita.
C'e' uno spazio speciale per i postgraduated come me della facolta' umanistica (che qui si chiama Arts, cioe' arti liberali) con 34 postazioni, molto grandi, dove si puo' studiare ed ognuno ha un computer personalizzato a disposizione.
Ieri ho fatto la prima lezione di greco, siamo in 6, 4 ore a settimana, con compiti a casa ogni giorno.
Poi ho fatto una lunghissima chiacchierata con Teresa Iglesias, piu' di 2 ore e mezza, sul progetto di ricerca.
Abbiamo cominciato ad impostarlo. Lei e' molto esigente.
La prossima settimana devo portarle una bibliografia dettagliata, una scheda su Aristotele e due schede su dei libri di metodologia (How to get a PhD e How to make a research).
Questo pomeriggio vado a mangiare da lei, alle 17 (gli orari sono molto diversi qui) e poi andiamo in centro alla riunione mensile della Newman Association.
Oggi ho anche la prima lezione di un corso MA, cioe' livello master, su Eric Voegelin.
C'e' uno spazio speciale per i postgraduated come me della facolta' umanistica (che qui si chiama Arts, cioe' arti liberali) con 34 postazioni, molto grandi, dove si puo' studiare ed ognuno ha un computer personalizzato a disposizione.
Ieri ho fatto la prima lezione di greco, siamo in 6, 4 ore a settimana, con compiti a casa ogni giorno.
Poi ho fatto una lunghissima chiacchierata con Teresa Iglesias, piu' di 2 ore e mezza, sul progetto di ricerca.
Abbiamo cominciato ad impostarlo. Lei e' molto esigente.
La prossima settimana devo portarle una bibliografia dettagliata, una scheda su Aristotele e due schede su dei libri di metodologia (How to get a PhD e How to make a research).
Questo pomeriggio vado a mangiare da lei, alle 17 (gli orari sono molto diversi qui) e poi andiamo in centro alla riunione mensile della Newman Association.
Oggi ho anche la prima lezione di un corso MA, cioe' livello master, su Eric Voegelin.
Background. Nel 1820 il divario di reddito fra i paesi piu' ricchi e quelli piu' poveri del mondo era di circa tre a uno; nel 1913 - dopo le
espansioni coloniali della seconda meta' dell'Ottocento - era diventato di undici a uno. Due guerre mondiali dopo, nel 1950, il divario fra
ricchi e poveri era gia' triplicato: trentacinque a uno.
Negli anni Cinquanta e Sessanta numerosi paesi del Terzo mondo ottennero l'indipendenza politica, ma non quella economica: cosi' nel
1973 (un momento peraltro alto del ciclo economico internazionale) il divario era aumentato ancora: quarantaquattro ad uno. Nel 1992, ai
primordi della globalizzazione, il rapporto fra i redditi dei paesi piu' ricchi e quelli dei paesi piu' poveri aveva raggiunto la seguente
proporzione: settantadue ad uno.
E' l'ultimo dato ufficiale disponibile: l'Agenzia Onu per lo Sviluppo (a cui si debbono queste cifre) non ha ancora estrapolato gli indici di
divario per il decennio in corso. L'Islam e l'anti-Islam, in tutto questo, non c'entrano per niente: e' la nuda aritmetica che infiamma le popolazioni.
espansioni coloniali della seconda meta' dell'Ottocento - era diventato di undici a uno. Due guerre mondiali dopo, nel 1950, il divario fra
ricchi e poveri era gia' triplicato: trentacinque a uno.
Negli anni Cinquanta e Sessanta numerosi paesi del Terzo mondo ottennero l'indipendenza politica, ma non quella economica: cosi' nel
1973 (un momento peraltro alto del ciclo economico internazionale) il divario era aumentato ancora: quarantaquattro ad uno. Nel 1992, ai
primordi della globalizzazione, il rapporto fra i redditi dei paesi piu' ricchi e quelli dei paesi piu' poveri aveva raggiunto la seguente
proporzione: settantadue ad uno.
E' l'ultimo dato ufficiale disponibile: l'Agenzia Onu per lo Sviluppo (a cui si debbono queste cifre) non ha ancora estrapolato gli indici di
divario per il decennio in corso. L'Islam e l'anti-Islam, in tutto questo, non c'entrano per niente: e' la nuda aritmetica che infiamma le popolazioni.
martedì, settembre 17, 2002
AMNESTY INTERNATIONAL: USA-IRAQ: NON NEL NOME DEI DIRITTI UMANI
[Riceviamo e diffondiamo questo comunicato dell'ufficio stampa della sezione italiana di Amnesty International (per contatti: press@amnesty.it)]
Nel discorso tenuto ieri presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente Gorge Bush ha citato le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo iracheno nei confronti della popolazione. Il documento informativo distribuito alla stampa contiene vari riferimenti ai rapporti sulla situazione dei diritti umani in Iraq pubblicati negli anni da Amnesty International.
"Ancora una volta, la situazione dei diritti umani di un paese e' usata selettivamente per legittimare azioni militari", ha dichiarato Amnesty International.
"Gli Stati Uniti e altri governi occidentali non hanno preso in considerazione i rapporti di Amnesty International sulle diffuse violazioni dei diritti umani in Iraq durante la guerra Iran-Iraq e hanno ignorato la campagna di Amnesty International per le migliaia di civili curdi uccisi negli attacchi a Halabja nel 1988".
"I diritti umani della popolazione irachena, come diretta conseguenza di ogni potenziale azione militare, non sono al centro del crescente dibattito sull'eventualita' di usare la forza militare contro l'Iraq".
"La vita, la sicurezza e l'incolumita' della popolazione civile devono rappresentare il primo obiettivo in ogni azione intrapresa per risolvere l'attuale crisi umanitaria e dei diritti umani. L'esperienza del precedente intervento militare nel Golfo ha mostrato come i civili divengano, troppo spesso, le vittime accettabili di un conflitto".
"Nell'eventualita' di un'azione militare, c'e' la seria possibilita' di causare migliaia di rifugiati e sfollati. Una crisi umanitaria puo' scaturire dalla difficolta' o impossibilita' di trasportare i generi di sussistenza minimi causando carenza di cibo, di medicinali e distruzione di infrastrutture civili e istituzioni".
Roma, 13 settembre 2002
Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Ufficio Stampa, tel. 064490224, cell. 3486974361, e-mail: press@amnesty.it
[Riceviamo e diffondiamo questo comunicato dell'ufficio stampa della sezione italiana di Amnesty International (per contatti: press@amnesty.it)]
Nel discorso tenuto ieri presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente Gorge Bush ha citato le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo iracheno nei confronti della popolazione. Il documento informativo distribuito alla stampa contiene vari riferimenti ai rapporti sulla situazione dei diritti umani in Iraq pubblicati negli anni da Amnesty International.
"Ancora una volta, la situazione dei diritti umani di un paese e' usata selettivamente per legittimare azioni militari", ha dichiarato Amnesty International.
"Gli Stati Uniti e altri governi occidentali non hanno preso in considerazione i rapporti di Amnesty International sulle diffuse violazioni dei diritti umani in Iraq durante la guerra Iran-Iraq e hanno ignorato la campagna di Amnesty International per le migliaia di civili curdi uccisi negli attacchi a Halabja nel 1988".
"I diritti umani della popolazione irachena, come diretta conseguenza di ogni potenziale azione militare, non sono al centro del crescente dibattito sull'eventualita' di usare la forza militare contro l'Iraq".
"La vita, la sicurezza e l'incolumita' della popolazione civile devono rappresentare il primo obiettivo in ogni azione intrapresa per risolvere l'attuale crisi umanitaria e dei diritti umani. L'esperienza del precedente intervento militare nel Golfo ha mostrato come i civili divengano, troppo spesso, le vittime accettabili di un conflitto".
"Nell'eventualita' di un'azione militare, c'e' la seria possibilita' di causare migliaia di rifugiati e sfollati. Una crisi umanitaria puo' scaturire dalla difficolta' o impossibilita' di trasportare i generi di sussistenza minimi causando carenza di cibo, di medicinali e distruzione di infrastrutture civili e istituzioni".
Roma, 13 settembre 2002
Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Ufficio Stampa, tel. 064490224, cell. 3486974361, e-mail: press@amnesty.it
lunedì, settembre 16, 2002
sabato, settembre 14, 2002
Qualche curiosità su questo simpatico Paese.
Qui le lampadine non si svitano, ne' di avvitano, semplicemente si inseriscono.
La spina dell'energia ha tre buchi, come nel Regno Unito.
Si guida a sinistra e devo ancora abituarmi, attraversare la strada non è semplice,
E' possibile pagare il biglietto sull'autobus ma il conducente non da' resto.
Così capita che, poichè il biglietto che faccio più spesso è quello per il centro della città ( 1,60 euro), se non ho la somma esatta e sono fortunato gli do 2 euro, altrimenti mi tocca dargli la moneta da 5!
In questo momento in cima alla classifica dei dischi ci sono i Coldplay, che in Italia non hanno avuto un grande successo.
Sarà felice mia sorella che lo scorso mese li ha intervistati.
Qui le lampadine non si svitano, ne' di avvitano, semplicemente si inseriscono.
La spina dell'energia ha tre buchi, come nel Regno Unito.
Si guida a sinistra e devo ancora abituarmi, attraversare la strada non è semplice,
E' possibile pagare il biglietto sull'autobus ma il conducente non da' resto.
Così capita che, poichè il biglietto che faccio più spesso è quello per il centro della città ( 1,60 euro), se non ho la somma esatta e sono fortunato gli do 2 euro, altrimenti mi tocca dargli la moneta da 5!
In questo momento in cima alla classifica dei dischi ci sono i Coldplay, che in Italia non hanno avuto un grande successo.
Sarà felice mia sorella che lo scorso mese li ha intervistati.
Anche se lontano, sto seguendo la manifestazione di S. Giovanni.
Qualche battuta di Moretti:
"E se domani, quest'uomo che ogni giorno offende metà degli italiani, dovesse diventare presidente della Repubblica, se Berlusconi andasse al Quirinale e io mi rendessi conto di non aver fatto nulla per impedirlo, quel giorno mi vergognerei di mestesso".
"mi ero rassegnato a una lunga attesa di cinque anni di tranquillo e terribile governo di centrodestra... Pensavo che fossero diventati più politici, più democratici, più moderati. Invece li ho trovati ancora più
sfacciati nell'assecondare gli interessi di Berlusconi e dei suoi uomini. Arroganti e incapaci".
"Nella mia ingenuità io pensavo che Fini avrebbe detto una cosa autonoma da Berlusconi...
Almeno lui, pensavo, il senso dello Stato ce l'ha. Non avevo capito niente. Fini ha solo sfruttato Berlusconi: io l'avevo sottovalutato politicamente perché l'avevo sopravvalutato umanamente".
"Valeva la pena di dedicare tutta la vita a diventare democratico: con strappi, fatica e discussioni per finire
nemmeno l'unico, ma uno dei tanti 'signorsì' di Berlusconi?"
Qualche battuta di Moretti:
"E se domani, quest'uomo che ogni giorno offende metà degli italiani, dovesse diventare presidente della Repubblica, se Berlusconi andasse al Quirinale e io mi rendessi conto di non aver fatto nulla per impedirlo, quel giorno mi vergognerei di mestesso".
"mi ero rassegnato a una lunga attesa di cinque anni di tranquillo e terribile governo di centrodestra... Pensavo che fossero diventati più politici, più democratici, più moderati. Invece li ho trovati ancora più
sfacciati nell'assecondare gli interessi di Berlusconi e dei suoi uomini. Arroganti e incapaci".
"Nella mia ingenuità io pensavo che Fini avrebbe detto una cosa autonoma da Berlusconi...
Almeno lui, pensavo, il senso dello Stato ce l'ha. Non avevo capito niente. Fini ha solo sfruttato Berlusconi: io l'avevo sottovalutato politicamente perché l'avevo sopravvalutato umanamente".
"Valeva la pena di dedicare tutta la vita a diventare democratico: con strappi, fatica e discussioni per finire
nemmeno l'unico, ma uno dei tanti 'signorsì' di Berlusconi?"
Ho comprato la wireless card, oggi la montero', cosi' potro' usare internet in camera.
Trovare un negozio di computer e' stato un'impresa.
Oggi l'universita' era chiusa e quindi sono stato tutto il giorno in centro, che e' molto piu' vasto di quanto pensavo.
Ho fatto la spesa per il finesettimana, perche' anche la mensa e' chiusa.
Stasera mangero' mached fresh Irish potatos with scallion and sausage ed un pezzo di chocolate chip cake.
Ho notato, con estremo piacere, che i cinema aprono molto presto. Ne ho trovato uno che ha il primo spettacolo alle 13.40!
A modena alcuni giorni della settimana dovevo aspettare le 20.30.
Peccato che About a boy non sia piu' in programmazione.
Trovare un negozio di computer e' stato un'impresa.
Oggi l'universita' era chiusa e quindi sono stato tutto il giorno in centro, che e' molto piu' vasto di quanto pensavo.
Ho fatto la spesa per il finesettimana, perche' anche la mensa e' chiusa.
Stasera mangero' mached fresh Irish potatos with scallion and sausage ed un pezzo di chocolate chip cake.
Ho notato, con estremo piacere, che i cinema aprono molto presto. Ne ho trovato uno che ha il primo spettacolo alle 13.40!
A modena alcuni giorni della settimana dovevo aspettare le 20.30.
Peccato che About a boy non sia piu' in programmazione.
venerdì, settembre 13, 2002
Sono di nuovo al centro, di fronte al Trinity College.
Sto facendo delle lunghe passeggiate per conoscere la citta', che oggi si presenta particolarmente radiosa.
Questa mattina sono stato nuovamente dalla professoressa ed ho conosciuto il capo del dipartimento.
Teresa Iglesias, che e' ufficalmente la mia supervisor, ha tantissimi progetti, per ora siamo rimasti d'accordo che ci vediamo almeno una volta a settimana.
Devo portare ogni volta una relazione scritta, dice che glie l'ha insegnato Pears, su quello che ho fatto.
Ottimo, ho pensato, cosi' non va perso nulla.
Lei fa parte della Newman Association in Ireland e organizzano ogni mese un incontro pubblico. Il prossimo sara' il 18. Quest'anno verranno discussi i sermoni che Newman ha pronunciato nella chiesa dell'Universita' di Dublino, quella che ho visitato ieri.
Sto decidendo quali corsi seguire, solo uno e' obbligatorio, in filosofia. In realta' l'unica cosa importante e' la ricerca, il corso serve solo per entrare in contatto con i membri del dipartimento.
Molto probabilmente, su consiglio di Teresa, seguiro' anche un corso introduttivo di greco classico.
La camera ha, oltre al letto, un comodino e una scrivania con una piccola libreria di due piani. Poi c'e' uno spazio per appendere i vestiti e dei ripiani per maglioni e camicie.
Tra qualche giorno potro' usare internet in camera.
Tutta la casa rientra in una wireless area, cioe' abbiamo accesso tramite un sistema a raggi infrarossi, senza cavi, ma devo comprare la scheda e configurare il computer.
Che figata!
Ieri sera una ragazza italoamericana, Elena, ha cucinato gli spaghetti (Agnesi).
Anche se ha usato il ragu' gia' pronto, e' venuta buona.
Se volete mandare pacchi sotto il mio nome dovete scrivere:
room n. 01-01-01
giovedì, settembre 12, 2002
L'appello di Emergency: Fuori l’Italia dalla guerra
Vogliamo un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà.
Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati.
Chiediamo che l’Italia, di fronte alla minaccia di un attacco militare contro l’Iraq, non partecipi ad alcun atto di guerra, nel rispetto della Costituzione.
Non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti, né vogliamo alimentare la spirale del terrore.
Basta guerre, basta morti, basta vittime.
per aderire: emergency
hanno sottoscritto l'appello:
Aldo, Giovanni e Giacomo, Diego Abbatantuono, Daniele Adani, Giuliana Berlinguer, Enrico Bertolino, Enzo Biagi, Irene Bignardi, Claudio Bisio, Giorgio Bocca, Clarissa Burt, Fabio Cannavaro, Candido Cannavò, Maurizio Chierici, Giulietto Chiesa, Luigi Ciotti, Sergio Cofferati, Virginio Colmegna, Nico Colonna, Paolo Conte, Lella Costa, Maurizio Costanzo, Roberto Denti, Teresa De Sio, ElleKappa, Fabio Fazio, Carlo e Inge Feltrinelli, Eugenio Finardi, Carla Fracci, Carlo Garbagnati, Dori Ghezzi, Ricky Gianco, Daniela Grazioli, Beppe Grillo, Monica Guerritore, Francesco Guccini, Riccardo Iacona, Enzo Iacchetti, Lorenzo Jovanotti, Luciano Ligabue, Gianfranco Manfredi, Maurizio Maggiani, Alessia Marcuzzi, Marco Materazzi, Marco Melandri, Beppe Menegatti, Rita Levi Montalcini, Milly e Massimo Moratti, Michele Mozzati, Paola e Gianni Mura, Maso Notarianni, Carlo Ossola, Moni Ovadia, Mauro Pagani, Gino Paoli, Marco Paolini, Piero Pelù, Fernanda Pivano, Alessandro Portelli, Ennio Remondino, Guido Rossi, Paolo Rossi, Sand
ro Ruotolo, Claudio Sabattini, Gabriele Salvatores, Michele Santoro, Teresa Sarti, Piero Scaramucci, Vauro Senesi, Michele Serra, Bebo Storti , Gino Strada, Tiziano Terzani, Francesco Toldo, Massimo Toschi, Lucia Vasini, Christian Vieri, Gino Vignali , Gianna Vitali, Roberto Zaccaria, Javier Zanetti, Alex Zanotelli.
Vogliamo un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà.
Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati.
Chiediamo che l’Italia, di fronte alla minaccia di un attacco militare contro l’Iraq, non partecipi ad alcun atto di guerra, nel rispetto della Costituzione.
Non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti, né vogliamo alimentare la spirale del terrore.
Basta guerre, basta morti, basta vittime.
per aderire: emergency
hanno sottoscritto l'appello:
Aldo, Giovanni e Giacomo, Diego Abbatantuono, Daniele Adani, Giuliana Berlinguer, Enrico Bertolino, Enzo Biagi, Irene Bignardi, Claudio Bisio, Giorgio Bocca, Clarissa Burt, Fabio Cannavaro, Candido Cannavò, Maurizio Chierici, Giulietto Chiesa, Luigi Ciotti, Sergio Cofferati, Virginio Colmegna, Nico Colonna, Paolo Conte, Lella Costa, Maurizio Costanzo, Roberto Denti, Teresa De Sio, ElleKappa, Fabio Fazio, Carlo e Inge Feltrinelli, Eugenio Finardi, Carla Fracci, Carlo Garbagnati, Dori Ghezzi, Ricky Gianco, Daniela Grazioli, Beppe Grillo, Monica Guerritore, Francesco Guccini, Riccardo Iacona, Enzo Iacchetti, Lorenzo Jovanotti, Luciano Ligabue, Gianfranco Manfredi, Maurizio Maggiani, Alessia Marcuzzi, Marco Materazzi, Marco Melandri, Beppe Menegatti, Rita Levi Montalcini, Milly e Massimo Moratti, Michele Mozzati, Paola e Gianni Mura, Maso Notarianni, Carlo Ossola, Moni Ovadia, Mauro Pagani, Gino Paoli, Marco Paolini, Piero Pelù, Fernanda Pivano, Alessandro Portelli, Ennio Remondino, Guido Rossi, Paolo Rossi, Sand
ro Ruotolo, Claudio Sabattini, Gabriele Salvatores, Michele Santoro, Teresa Sarti, Piero Scaramucci, Vauro Senesi, Michele Serra, Bebo Storti , Gino Strada, Tiziano Terzani, Francesco Toldo, Massimo Toschi, Lucia Vasini, Christian Vieri, Gino Vignali , Gianna Vitali, Roberto Zaccaria, Javier Zanetti, Alex Zanotelli.
(per i pochi interessati, scusandomi per il tono dismesso)
Sono a Dublino.
Il viaggio e' andato bene, senza nessun problema, nonostante la mia paura.
L'areoporto di Milano era mezzo vuoto ma pieno di polizia.
Siamo arrivati in orario arrivato in tempo e, subito dopo aver preso la valigia, erano le 14,36 tutti si sono fermati per un minuto in ricordo delle vittime di New York.
Ho la stanza 1 dell'appartamento 1 dell'edificio 1, praticamente sono stato il primo assegnatario in assoluto del nuovo Glenomena Residence.
Sono quindi al piano terra, vicino all'entrata e come a Roma, nella Domus Pacis, vedo tutti quelli che passano.
Con me ci sono gia' 4 persone, un'erasmus spagnolo di Murcia, che studia Economia, un'americana di Seattle, molto simpatica, che studia European Studies, un'elegante canadese e un tedesco che studia ingegneria chimica. Un'altra persona dovrebbe arrivare presto.
La camera e' grande grandicella, con il bagno e doccia. In comune abbiamo la cucina e il salotto (senza tv).
Il residence e' formato da una ventina di palazzine, la meta' ancora in costruzione.
Appena arrivato sono andato subito dalla professoressa che era molto contenta di vedermi. Mi ha presentato due professori e la segretaria del dipartimento e poi abbiamo fatto un lungo giro nel campus. Ci sono molte facolta', diversi bar e la mensa. Alcuni negozi, una libreria, la banca, la cappella, l'agenzia turistica, l'ufficio postale, la polizia, e tante altre cose che devo ancora scoprire.
Oggi e' coperto mentre ieri ha fatto caldo. Ieri sera si poteva stare con un maglioncino.
Oggi sono stato in giro per Dublino. Sono sceso proprio dove Newman ha fondato l'universita' e poi ho visitato la chiesa che aveva fatto costruire.
Quindi sono stato in un grande centro commerciale a fare un po' di spesa.
Ho comprato il copripiumino, l'adattatore per la spina del computer e diverse altre cose.
Ieri primo party per gli studenti internazionali. Sembra di essere tornato ai tempi dell'erasmus.
Anche stavolta, oltre all'inglese, perfezionero' il mio spagnolo!
(sono molto, molto stanco. Ho il bioritmo sfasato e gia' comincio ad avere problemi con lo scrivere in italiano.)
Sono a Dublino.
Il viaggio e' andato bene, senza nessun problema, nonostante la mia paura.
L'areoporto di Milano era mezzo vuoto ma pieno di polizia.
Siamo arrivati in orario arrivato in tempo e, subito dopo aver preso la valigia, erano le 14,36 tutti si sono fermati per un minuto in ricordo delle vittime di New York.
Ho la stanza 1 dell'appartamento 1 dell'edificio 1, praticamente sono stato il primo assegnatario in assoluto del nuovo Glenomena Residence.
Sono quindi al piano terra, vicino all'entrata e come a Roma, nella Domus Pacis, vedo tutti quelli che passano.
Con me ci sono gia' 4 persone, un'erasmus spagnolo di Murcia, che studia Economia, un'americana di Seattle, molto simpatica, che studia European Studies, un'elegante canadese e un tedesco che studia ingegneria chimica. Un'altra persona dovrebbe arrivare presto.
La camera e' grande grandicella, con il bagno e doccia. In comune abbiamo la cucina e il salotto (senza tv).
Il residence e' formato da una ventina di palazzine, la meta' ancora in costruzione.
Appena arrivato sono andato subito dalla professoressa che era molto contenta di vedermi. Mi ha presentato due professori e la segretaria del dipartimento e poi abbiamo fatto un lungo giro nel campus. Ci sono molte facolta', diversi bar e la mensa. Alcuni negozi, una libreria, la banca, la cappella, l'agenzia turistica, l'ufficio postale, la polizia, e tante altre cose che devo ancora scoprire.
Oggi e' coperto mentre ieri ha fatto caldo. Ieri sera si poteva stare con un maglioncino.
Oggi sono stato in giro per Dublino. Sono sceso proprio dove Newman ha fondato l'universita' e poi ho visitato la chiesa che aveva fatto costruire.
Quindi sono stato in un grande centro commerciale a fare un po' di spesa.
Ho comprato il copripiumino, l'adattatore per la spina del computer e diverse altre cose.
Ieri primo party per gli studenti internazionali. Sembra di essere tornato ai tempi dell'erasmus.
Anche stavolta, oltre all'inglese, perfezionero' il mio spagnolo!
(sono molto, molto stanco. Ho il bioritmo sfasato e gia' comincio ad avere problemi con lo scrivere in italiano.)
martedì, settembre 10, 2002
Si avvicina l’11 settembre e le parole si sprecano. Ho notato in aeroporto che tutti i settimanali, di tutti i paesi, dedicano la copertina a quest’anniversario. Forse il modo migliore per onorare le vittime sarebbe il silenzio ma neanche io non so trattenermi dal dire la mia.
Mi sembra che la retorica celebrativa sia spesso eccessiva. Mi ha colpito un articolo di fondo del Financial Times, se non sbaglio, che ho letto in aereo. Si discuteva se era il caso di chiamare eroi tutte le vittime o solo i pompieri o i passeggeri del volo che si è schiantato a Shanksville. Evidentemente l’enfasi patriottica fa perdere il senso della realtà.
Per quanto mi riguarda le vittime dei bombardamenti americani in Afganistan hanno la stessa dignità di quelle newyorkesi, eppure non le ricorderà nessuno con solenni cerimonie, non saranno eroi per nessuno.
O l’11 settembre diventa il simbolo di tutte le vittime della violenza umana o corre il rischio di apparire come la celebrazione della sofferenza ricca che si dimentica di quella povera, che è poi quella quotidiana per milioni di persone.
Vorrei ricordare l'anniversario attraverso la voce di un pacifista americano, si tratta di Kevin Ahern.
Vive a New York, studia teologia alla Fordham University e rappresenta il MIEC, l’organizzazione che raccoglie le associazioni universitarie cattoliche, presso le Nazioni Unite. E’ un caro amico, con lui ho vissuto la Giornata Mondiale della Gioventù a Roma durante il Giubileo.
Questa è la lettera che mi ha scritto un anno fa.
Dear friends:
May I first say this my deepest prayer go to any of you who know of anyone who may have been hurt in the bombings. Let me know if I could do anything.
Thank you all for showing your concern and prayer for me and all those who have been effected by the terrible incidents of the past few days. I know a number of you expressed concern over my well being and safety and that means so much to me. I would like to let you know the reason why I have not been able to respond is that I have been busy with my volunteer ambulance corps, of which I am an emergency medical technician (EMT). On Tuesday I was on my way to the UN to speak about Youth and the UN to the UN DPI/NGO Conference when I became aware of the disaster. After attending Mass on campus I quickly went home to staff the ambulance that was covering the town while the other one went down to New York City. On Wednesday at 9 am I went with an ambulance down to NYC to stand by in case of any injury. I can never describe the emotions that we had to deal with going to the scene of this disaster. It looked as if our jobs would be very grim in not working injured patients but with the after effects of the incident. When we arrived at the area we were amazed to see the numbers of ambulances not only from all over NY but some as afar away as Texas and Canada. We were also amazed at seeing the people who gave of themselves. We (my crew and about 100 other ambulance) spent the day from 11 am to midnight near the scene waiting to be called when needed. There people kept coming to us giving us food asking to help. Two women cooked enough food for 80 people and stayed with us all night as they served it out of a car. A biker bar opened its doors to us for use of the bathrooms and they also bought for us 50 pizzas, and a few hundred bottles of water. For me the scene in lower Manhattan was one that was out of the "Inferno" because it was so devastating. I could never describe it. What I could perhaps show is within this terrible situation there were beacons of hope. Men and women who sacrificed to help. Please pray for them.
Sadly, however, the situation in the US, shows people more set on vengeance than justice. I was shocked to hear top level US statesmen say that mothers and wives are equally responsible as the terrorist. We must not allow one act of violence and death that resulted in terrible situations lead to more. It could be argued that perhaps this act is a result of other violent acts (situation in Mid east, Iraq) so we need to pray that this cycle stops here. We need Justice, we need forgiveness, we need peace, healing, love and prayer. What we do not need is vengeance, or more violence or hate.
Please continue to pray for the victim but also pray for those who want to act out violently. Pray that there is not a massive war in the future.
Here is a reading I find helpful from the Gospel of Matthew.
"You have heard that it was said, 'You shall love your neighbor and hate your enemy.' But I say to you, love your enemies, and pray for those who persecute you, that you may be children of your heavenly Father, for he makes his sun rise on the bad and the good, and causes rain to fall on the just and the unjust. For if you love those who love you, what recompense will you have? Do not the tax collectors do the same? And if you greet your brothers only, what is unusual about that? Do not the pagans do the same? So be perfect, just as your heavenly Father is perfect.
Let us all be peacemakers in this world. We know that we are called to that as Christians. This weekend I am taking a small vacation from New York to regain myself. I will be in touch with all of you soon.
Peace,
Kevin
Mi sembra che la retorica celebrativa sia spesso eccessiva. Mi ha colpito un articolo di fondo del Financial Times, se non sbaglio, che ho letto in aereo. Si discuteva se era il caso di chiamare eroi tutte le vittime o solo i pompieri o i passeggeri del volo che si è schiantato a Shanksville. Evidentemente l’enfasi patriottica fa perdere il senso della realtà.
Per quanto mi riguarda le vittime dei bombardamenti americani in Afganistan hanno la stessa dignità di quelle newyorkesi, eppure non le ricorderà nessuno con solenni cerimonie, non saranno eroi per nessuno.
O l’11 settembre diventa il simbolo di tutte le vittime della violenza umana o corre il rischio di apparire come la celebrazione della sofferenza ricca che si dimentica di quella povera, che è poi quella quotidiana per milioni di persone.
Vorrei ricordare l'anniversario attraverso la voce di un pacifista americano, si tratta di Kevin Ahern.
Vive a New York, studia teologia alla Fordham University e rappresenta il MIEC, l’organizzazione che raccoglie le associazioni universitarie cattoliche, presso le Nazioni Unite. E’ un caro amico, con lui ho vissuto la Giornata Mondiale della Gioventù a Roma durante il Giubileo.
Questa è la lettera che mi ha scritto un anno fa.
Dear friends:
May I first say this my deepest prayer go to any of you who know of anyone who may have been hurt in the bombings. Let me know if I could do anything.
Thank you all for showing your concern and prayer for me and all those who have been effected by the terrible incidents of the past few days. I know a number of you expressed concern over my well being and safety and that means so much to me. I would like to let you know the reason why I have not been able to respond is that I have been busy with my volunteer ambulance corps, of which I am an emergency medical technician (EMT). On Tuesday I was on my way to the UN to speak about Youth and the UN to the UN DPI/NGO Conference when I became aware of the disaster. After attending Mass on campus I quickly went home to staff the ambulance that was covering the town while the other one went down to New York City. On Wednesday at 9 am I went with an ambulance down to NYC to stand by in case of any injury. I can never describe the emotions that we had to deal with going to the scene of this disaster. It looked as if our jobs would be very grim in not working injured patients but with the after effects of the incident. When we arrived at the area we were amazed to see the numbers of ambulances not only from all over NY but some as afar away as Texas and Canada. We were also amazed at seeing the people who gave of themselves. We (my crew and about 100 other ambulance) spent the day from 11 am to midnight near the scene waiting to be called when needed. There people kept coming to us giving us food asking to help. Two women cooked enough food for 80 people and stayed with us all night as they served it out of a car. A biker bar opened its doors to us for use of the bathrooms and they also bought for us 50 pizzas, and a few hundred bottles of water. For me the scene in lower Manhattan was one that was out of the "Inferno" because it was so devastating. I could never describe it. What I could perhaps show is within this terrible situation there were beacons of hope. Men and women who sacrificed to help. Please pray for them.
Sadly, however, the situation in the US, shows people more set on vengeance than justice. I was shocked to hear top level US statesmen say that mothers and wives are equally responsible as the terrorist. We must not allow one act of violence and death that resulted in terrible situations lead to more. It could be argued that perhaps this act is a result of other violent acts (situation in Mid east, Iraq) so we need to pray that this cycle stops here. We need Justice, we need forgiveness, we need peace, healing, love and prayer. What we do not need is vengeance, or more violence or hate.
Please continue to pray for the victim but also pray for those who want to act out violently. Pray that there is not a massive war in the future.
Here is a reading I find helpful from the Gospel of Matthew.
"You have heard that it was said, 'You shall love your neighbor and hate your enemy.' But I say to you, love your enemies, and pray for those who persecute you, that you may be children of your heavenly Father, for he makes his sun rise on the bad and the good, and causes rain to fall on the just and the unjust. For if you love those who love you, what recompense will you have? Do not the tax collectors do the same? And if you greet your brothers only, what is unusual about that? Do not the pagans do the same? So be perfect, just as your heavenly Father is perfect.
Let us all be peacemakers in this world. We know that we are called to that as Christians. This weekend I am taking a small vacation from New York to regain myself. I will be in touch with all of you soon.
Peace,
Kevin
"Siamo operaaai, compagni braccianti/ e gente dei quartieri/ Siamo studenti, pastori saaardi/ divisi fino a ieriii...".
L'inno di Lotta Continua non si sentiva da un pezzo in Sicilia, piu' o meno dai tempi di Peppino Impastato. Ed e' proprio la lapide in memoria
di Peppino (ucciso dai mafiosi di Cinisi nel 1978, perche' denunciava i loro intrallazzi) che il sindaco di Isnello, un paesino mafioso vicino
Palermo, ha ordinato di togliere dopo tanti anni. Immediata la risposta dei compagni: Paolo Liguori, Gad Lerner, Marco Boato, Carlo Rossella,
Enrico Deaglio, Paolo Guzzanti e altri ancora, in tutto una sessantina di signori fra i cinquanta e i sessant'anni, un po' appesantiti ma
ancora ben decisi, hanno subito organizzato una manifestazione a Isnello e hanno rimesso a posto con le loro mani la lapide che il
sindaco aveva tolto. "Certo, la vita poi ci ha divisi - ha detto Straccio - ma noi di uno come Peppino non ci dimenticheremo mai".
"Saremmo degli stronzi se lasciassimo passare una cosa come questa - ha detto Gad - Peppino sapeva che noi compagni non l'avremmo lasciato mai
solo". "Lotta dura!" ha esclamato l'on.Guzzanti, prima di risalire sull'auto blu.
(Questa notizia e' completamente inventata. L'unica cosa vera e' che la lapide l'hanno tolta davvero. E, naturalmente, che Peppino e' ancora
morto).
L'inno di Lotta Continua non si sentiva da un pezzo in Sicilia, piu' o meno dai tempi di Peppino Impastato. Ed e' proprio la lapide in memoria
di Peppino (ucciso dai mafiosi di Cinisi nel 1978, perche' denunciava i loro intrallazzi) che il sindaco di Isnello, un paesino mafioso vicino
Palermo, ha ordinato di togliere dopo tanti anni. Immediata la risposta dei compagni: Paolo Liguori, Gad Lerner, Marco Boato, Carlo Rossella,
Enrico Deaglio, Paolo Guzzanti e altri ancora, in tutto una sessantina di signori fra i cinquanta e i sessant'anni, un po' appesantiti ma
ancora ben decisi, hanno subito organizzato una manifestazione a Isnello e hanno rimesso a posto con le loro mani la lapide che il
sindaco aveva tolto. "Certo, la vita poi ci ha divisi - ha detto Straccio - ma noi di uno come Peppino non ci dimenticheremo mai".
"Saremmo degli stronzi se lasciassimo passare una cosa come questa - ha detto Gad - Peppino sapeva che noi compagni non l'avremmo lasciato mai
solo". "Lotta dura!" ha esclamato l'on.Guzzanti, prima di risalire sull'auto blu.
(Questa notizia e' completamente inventata. L'unica cosa vera e' che la lapide l'hanno tolta davvero. E, naturalmente, che Peppino e' ancora
morto).
You're a song
Written by the hands of God
Don't get me wrong 'cuz
This might sound to you a bit odd
But you own the place
Where all my thoughts go hiding
And right under your clothes
Is where I find them
Underneath your clothes
There's an endless story
There's the man I chose
There's my territory
And all the things I deserve
For being such a good girl honey
Because of you
I forgot the smart ways to lie
Because of you
I'm running out of reasons to cry
When my friends are gone
When my parties over
We will still belong to each other
Written by the hands of God
Don't get me wrong 'cuz
This might sound to you a bit odd
But you own the place
Where all my thoughts go hiding
And right under your clothes
Is where I find them
Underneath your clothes
There's an endless story
There's the man I chose
There's my territory
And all the things I deserve
For being such a good girl honey
Because of you
I forgot the smart ways to lie
Because of you
I'm running out of reasons to cry
When my friends are gone
When my parties over
We will still belong to each other
sabato, settembre 07, 2002
TRoma, stazione Termini, in attesa della coincidenza.
Il breve viaggio in Ungheria, poco piu' di trenta ore, è stato soddisfacente ma molto stancante.
Oltre 12 ore l'andata: Frascati-Campino-Termini-Fiumicino-Vienna-Budapest-Szeged-Domacec.
Un po' più semplice il ritorno (ancora in corso) Domacec-Szeged-Budapest-Fiumicino-Termini-Frascati.
Piccolo particolare: sono partito da Domacec alle 2 e 50 di questa notte!
Qualche simpatico dettaglio: si treni locali, almeno quelli che ho visto io, ci sono gli avvisi in cinque lingue: ungherese, russo, francese, tedesco ed italiano. Manca l'inglese! Residuo forse del regime comunista.
L'accento ungherese, specialmente quando parlano in italiano, mi fa molto ridere: mi ricorda troppo cicciolina, che infatti era ungherese.
Cosa sono andato a fare in così poco tempo?
Una relazione alla Study Session della JECI-MIEC, l'organismo che raccoglie le associazioni studentesche cattoliche.
La situazione europea è in forte cambiamento.
Mentre i movimenti del sud europa sono sostanzialmente stabili, quelli del centro soffrono una crisi ormai cronica; ma la novità positiva sono quelli dell'Est. Sono rinati quello ceco e croato; inoltre il nuovo responsabile continentale, che sarà eletto in questi giorni, è un lituano.
Ieri sera c'è stato un banchetto con i prodotti tipici provenienti da tutti i paesi presenti.
La cucina italiana non la batte nessuno.
Ho provato un ginger fatto da una ragazza del Burkina Faso (c'erano ache degli africani), dal gusto terribile. Analcolico ma dal sapore fortissimo. La peggior cosa che abbia bevuto in vita mia. Eppure a qualcuno piaceva.
Vado, il treno per Fascati sta per partire.
Perchè vado a Fascati? Ve lo racconto la prossima volta.
Il breve viaggio in Ungheria, poco piu' di trenta ore, è stato soddisfacente ma molto stancante.
Oltre 12 ore l'andata: Frascati-Campino-Termini-Fiumicino-Vienna-Budapest-Szeged-Domacec.
Un po' più semplice il ritorno (ancora in corso) Domacec-Szeged-Budapest-Fiumicino-Termini-Frascati.
Piccolo particolare: sono partito da Domacec alle 2 e 50 di questa notte!
Qualche simpatico dettaglio: si treni locali, almeno quelli che ho visto io, ci sono gli avvisi in cinque lingue: ungherese, russo, francese, tedesco ed italiano. Manca l'inglese! Residuo forse del regime comunista.
L'accento ungherese, specialmente quando parlano in italiano, mi fa molto ridere: mi ricorda troppo cicciolina, che infatti era ungherese.
Cosa sono andato a fare in così poco tempo?
Una relazione alla Study Session della JECI-MIEC, l'organismo che raccoglie le associazioni studentesche cattoliche.
La situazione europea è in forte cambiamento.
Mentre i movimenti del sud europa sono sostanzialmente stabili, quelli del centro soffrono una crisi ormai cronica; ma la novità positiva sono quelli dell'Est. Sono rinati quello ceco e croato; inoltre il nuovo responsabile continentale, che sarà eletto in questi giorni, è un lituano.
Ieri sera c'è stato un banchetto con i prodotti tipici provenienti da tutti i paesi presenti.
La cucina italiana non la batte nessuno.
Ho provato un ginger fatto da una ragazza del Burkina Faso (c'erano ache degli africani), dal gusto terribile. Analcolico ma dal sapore fortissimo. La peggior cosa che abbia bevuto in vita mia. Eppure a qualcuno piaceva.
Vado, il treno per Fascati sta per partire.
Perchè vado a Fascati? Ve lo racconto la prossima volta.
Uno dei privilegi dei viaggiatori in prima classe (solitamente evito il lusso ma erano finiti gli altri posti) e' quello di poter entrare nelle aree riservate.
Mi trovo in questo momento nel Duna Lounge dell'areoporto di Budapest. Il servizio comprende: colazione gratuita (si fa per dire, con quello che ho pagato per il biglietto), giornali e, cosa da non sottovalutare, postazioni internet.
Peccato l'abbia scoperto solo ora, sulla via del ritorno.
(more to come)
Mi trovo in questo momento nel Duna Lounge dell'areoporto di Budapest. Il servizio comprende: colazione gratuita (si fa per dire, con quello che ho pagato per il biglietto), giornali e, cosa da non sottovalutare, postazioni internet.
Peccato l'abbia scoperto solo ora, sulla via del ritorno.
(more to come)
domenica, settembre 01, 2002
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi
chi non cambia la marcia
chi non rischia e cambia colore dei vestiti
chi non parla e non conosce.
Muore lentamente
chi evita una passione
chi preferisce il nero sul bianco
e i puntini sulle "i" piuttosto che
un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
chi è infelice sul lavoro
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore
chi non viaggia
chi non legge
chi non ascolta musica
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amore proprio
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.
Pablo Neruda
DOBBIAMO FARCI GUIDARE DAI RICCHI?
di G.K.Chesterton
da "L'Ortodossia", Morcelliana, Brescia 1960, pp.161-3
C'è una risposta alla proposizione che coloro che hanno avuto miglior fortuna saranno probabilmente le nostre migliori guide? C'è una risposta
alla tesi che coloro che hanno respirato l'aria pura possono decider meglio nell'interesse di coloro che hanno respirata un'aria mefitica?
Per quello che ne so io, non c'è che una risposta e questa risposta è il Cristianesimo.
Soltanto la Chiesa cristiana può offrire ragionevoli obiezioni ad una completa fiducia nei ricchi. Essa ha sostenuto fino da principio che il
pericolo non è nelle cose che circondano l'uomo ma è nell'uomo; ha sostenuto anche che se si deve parlare di un ambiente pericoloso
l'ambiente più pericoloso di tutti è quello più comodo.
So che la manifattura moderna ha moltiplicato i tentativi per fabbricare un ago di grandezza anormale; so che i più recenti biologi sono stati
soprattutto ansiosi di scoprire un cammello piccolissimo; ma se noi riduciamo il cammello alla sua forma minima e apriamo la cruna dell'ago
fino alla sua massima dimensione, se insomma pretendiamo che le parole di Cristo significhino il meno che possono significare, le Sue
parole devono significare almeno questo: che i ricchi non è probabile siano moralmente meritevoli di fiducia.
Il Cristianesimo anche diluito è una sostanza talmente ardente da ridurre tutta la società moderna ad una poltiglia. Il semplice minimum
della Chiesa sarà un ultimatum mortale per il mondo: il mondo moderno è tutto basato sulla pretesa non che i ricchi sono necessari (il che è
sostenibile), ma che i ricchi sono meritevoli di fiducia, il che (per un cristiano) non è sostenibile.
Sentirete eternamente in tutte le discussioni sul giornalismo, le compagnie, le aristocrazie, la politica di partito questa tesi: che
l'uomo ricco non può essere comprato. La verità è che il ricco è comprato; è stato comprato; è comprato in quanto è ricco.
Tutta la questione per il Cristianesimo è che un uomo che dipende dai lussi della vita è un uomo corrotto, corrotto spiritualmente, corrotto
politicamente, corrotto finanziariamente. C'è una cosa che Cristo e tutti i santi cristiani hanno detto con una specie di feroce monotonia:
hanno detto che essere ricco è essere in particolare pericolo di rovina morale.
Non è dimostrabilmente non-cristiano uccidere i ricchi come violatori d'una definibile giustizia; non è dimostrabilmente non-cristiano
incoronare i ricchi come i capi più adatti alla società; non è certamente non-cristiano rivoltarsi contro i ricchi o sottomettersi ai
ricchi. Ma è certamente non-cristiano fidarsi dei ricchi, considerare i ricchi come moralmente più sicuri dei poveri.
di G.K.Chesterton
da "L'Ortodossia", Morcelliana, Brescia 1960, pp.161-3
C'è una risposta alla proposizione che coloro che hanno avuto miglior fortuna saranno probabilmente le nostre migliori guide? C'è una risposta
alla tesi che coloro che hanno respirato l'aria pura possono decider meglio nell'interesse di coloro che hanno respirata un'aria mefitica?
Per quello che ne so io, non c'è che una risposta e questa risposta è il Cristianesimo.
Soltanto la Chiesa cristiana può offrire ragionevoli obiezioni ad una completa fiducia nei ricchi. Essa ha sostenuto fino da principio che il
pericolo non è nelle cose che circondano l'uomo ma è nell'uomo; ha sostenuto anche che se si deve parlare di un ambiente pericoloso
l'ambiente più pericoloso di tutti è quello più comodo.
So che la manifattura moderna ha moltiplicato i tentativi per fabbricare un ago di grandezza anormale; so che i più recenti biologi sono stati
soprattutto ansiosi di scoprire un cammello piccolissimo; ma se noi riduciamo il cammello alla sua forma minima e apriamo la cruna dell'ago
fino alla sua massima dimensione, se insomma pretendiamo che le parole di Cristo significhino il meno che possono significare, le Sue
parole devono significare almeno questo: che i ricchi non è probabile siano moralmente meritevoli di fiducia.
Il Cristianesimo anche diluito è una sostanza talmente ardente da ridurre tutta la società moderna ad una poltiglia. Il semplice minimum
della Chiesa sarà un ultimatum mortale per il mondo: il mondo moderno è tutto basato sulla pretesa non che i ricchi sono necessari (il che è
sostenibile), ma che i ricchi sono meritevoli di fiducia, il che (per un cristiano) non è sostenibile.
Sentirete eternamente in tutte le discussioni sul giornalismo, le compagnie, le aristocrazie, la politica di partito questa tesi: che
l'uomo ricco non può essere comprato. La verità è che il ricco è comprato; è stato comprato; è comprato in quanto è ricco.
Tutta la questione per il Cristianesimo è che un uomo che dipende dai lussi della vita è un uomo corrotto, corrotto spiritualmente, corrotto
politicamente, corrotto finanziariamente. C'è una cosa che Cristo e tutti i santi cristiani hanno detto con una specie di feroce monotonia:
hanno detto che essere ricco è essere in particolare pericolo di rovina morale.
Non è dimostrabilmente non-cristiano uccidere i ricchi come violatori d'una definibile giustizia; non è dimostrabilmente non-cristiano
incoronare i ricchi come i capi più adatti alla società; non è certamente non-cristiano rivoltarsi contro i ricchi o sottomettersi ai
ricchi. Ma è certamente non-cristiano fidarsi dei ricchi, considerare i ricchi come moralmente più sicuri dei poveri.
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