venerdì, giugno 27, 2003

E' morto lo scrittore Giuseppe Pontiggia, lo leggevo ogni tanto nel suo diario settimanale sull'inserto culturale del Sole 24 Ore, che mio padre mi mette puntualmente da parte.
Proprio l'altro giorno mi aveva colpito lo stile di alcune sue riflessioni su La Pira.

Ecco quanto scriveva il 13 Maggio:
Per tornare al divario tra fede autentica e fede mimetica, che attinge, più che alla tradizione popolare, alla psicologia del consumo, una pietra di paragone potrebbe essere proprio l'immaginazione concreta di La Pira. Anziché fornire un alibi alla distrazione e al sollievo, la sua fede si traduceva in reazioni sorprendenti e talora sconcertanti. Avevano però la strana caratteristica di indurre a riflessioni lucide e radicali. Non si bruciavano, non si consumavano nell'immediatezza della battuta o del cenno, ma aprivano spazi a una consapevolezza ulteriore, a una visione più lungimirante. ... La conversazione con La Pira aveva una presa insolita. Le sue frasi, pronunciate con una rapidità comunicativa quanto essenziale, erano acoompagnate da una mimica vivace, da una gestualità che sottolineava la presenza del corpo, centrale nel Cristianesimo. A volte questa gestualità assumeva connotazioni provocatorie e paradossali, di cui aveva collaudato l'efficacia e controllava gli effetti. Gli era preziosa per aprire un varco nelle resistenze dei suoi interlocutori, spiazzandoli con diversioni comiche, con quelle interruzioni del riso che hanno sempre insospettito i razionalistie e gli ortodossi.
In quella conferenza ricordo che a un certo punto aveva nominato il santo del giorno nel calendario liturgico. E ne aveva tratteggiato l'aspetto fisico con una coloritura irresistibile. Poi si era rivolto a un alto prelato che ascoltava, divertito e perplesso, in prima fila, e l'aveva informato, con una sicurezza ammiccante, che il santo era presente tra di loro. Indicava una sedia vuota e il posto che occupava invisibile. E rivelava, nel suo istrionismo complice, una tale adesione da suscitare una attesa, tra fiduciosa ed incerta, negli sguardi dei suoi ascoltatori, compreso il vescovo.
Non era una seduta spiritica né una convocazione di fantasmi: pericoli esorcizzati dallo spirito comico che animava la regia di quell'intermezzo improvvisato. C'era quella perfetta letizia francescana che incontriamo nella spiritualità medievale e quasi mai nella vita. E anche se il santo non aveva materializzato la sua presenza, si avvertiva nella sala una presenza che soggiogava: quella di una fede che irradiava energia e luce.

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