lunedì, settembre 14, 2009

Leggere nuoce all'ambiente

Leggere nuoce all'ambiente: "
(Gurrado per Il Foglio)



Ultime notizie: i libri inquinano. A parità di contenuti un volume cartaceo nuoce all’ambiente 78 volte di più del suo omologo in formato iBook, stando a una ricerca compiuta nel 2003 da un lunatico americano e che in Inghilterra è stata del tutto ignorata fino alla settimana scorsa. Per un caso fortuito l’hanno ripescata esattamente nei giorni in cui infuria il dibattito sull’istituzione della superbiblioteca virtuale Google Books, capace in teoria di contenere ogni volume stampato sulla faccia della terra e in pratica di sfaldare l’oggetto-libro squacquerandolo in infinite copie disponibili ovunque ma di fatto inesistenti.



Mezzo milione dei libri finora scannerizzati (scansiti? scannati?) da Google proviene dalla Bodleian Library, biblioteca centrale dell’università di Oxford che col tempo ha preso il sopravvento e di fatto coordina tutte le altre, che siano delle varie facoltà o dei college. Sarah E. Thomas, la nuova direttrice della Bodleian chiamata appositamente dal Massachusets, ha prodotto un piano di sviluppo a breve termine che culmina in questo finale travolgente: “Google, digitisation and e-resources”. Nella propria pagina web la Thomas ci tiene a specificare che la quasi totalità dei volumi digitalizzati risale al Settecento e all’Ottocento, ma è facile prevedere l’andazzo generale.



Lo conferma quanto recita il secolare giuramento bodleiano, oggi ricopiato su ogni postazione delle sale di lettura e perfino acquistabile in formato-asciugamano: “M’impegno solennemente a non trafugare dalla biblioteca, a non sottolineare, a non danneggiare, etc., alcun tipo di volume; e a non introdurre nella biblioteca alcun tipo di fuoco o fiamma, etc.”. Ancor oggi ogni volta che entro o esco nella Bodleian la mia borsa viene superficialmente perquisita dall’usciere. Quando esco posso capire: vuole evitare che io mi porti distrattamente a casa l’Hypnerotomachia Poliphili. Ma all’entrata? Si accerta che nella mia borsa non si celi una fiaccola o un archibugio? Per quanto il giuramento non proibisca di inghiottire i volumi né di impiccare i bibliotecari, è plausibile che la tradizionale considerazione dei lettori quale costante minaccia per le biblioteche porti alla progressiva sottrazione dei libri dalle loro zampe, travestita da diffusione universale dei loro omologhi virtuali: fino a ottenere il risultato ideale che tutti possano usufruire della biblioteca stando fermi a casa propria, con o senza fuoco e fiamme.



Io studio l’Illuminismo quindi ammetto che mi torna comodo poter cercare una citazione da, che so, il Recueil Nécessaire stampato ad Amsterdam nel 1768 senza dover muovere le mie pregiate terga dalla scrivania dell’ufficio. Infatti ho causato degli svenimenti quando mi sono presentato alla biblioteca di lingue e letterature straniere chiedendo imperiosamente di portarmi il volume consultabile online. Al bancone dei prestiti non ci si capacitava del fatto che uno potesse lasciarsi andare a simili eccessi, ovvero dover camminare invece di star seduto e voler toccare ciò che potrebbe limitarsi a guardare. Senza calcolare, presumo, l’impatto ambientale della smania di aprire un libro che inquina 78 volte di più del suo omologo virtuale.



Per avere ragione ho dovuto brandire la tessera magica di cui sono stato dotato, che reca scritto “University staff” e mi consente di transitare gratuitamente sui prati dei college, quindi figuriamoci far apparire un libro raro. Mentre una stagista viene mandata a recuperarlo dal caveau, cerco di spiegare il problema ai bibliotecari senior: lo stampatore del Recueil, Marc-Michel Rey, ha concepito il suo prodotto come volume e non come online resource. Doveva circolare di mano in mano e non di occhio in occhio. Per fare un lavoro che garantisca la filologia minima è bene che io guardi il volume come un oggetto tridimensionale per capire com’è stato materialmente composto. Trattandosi di un Recueil non è neanche peregrino immaginare che raccolga sotto un’unica rilegatura più o meno raffazzonata pezzi di libri diversi, magari clandestini. Indubbiamente potrei compulsare ogni singola pagina virtuale della versione online per scoprire eventuali discrepanze grafiche ma così, oltre a rovinarmi gli occhi 78 volte di più che col suo omologo cartaceo, non capirei la qualità della carta né il suo effettivo stato di conservazione. Non si può ridurre un libro a ciò che c’è scritto dentro.



Al giorno d’oggi Marc-Michel Rey si trova in avanzato stato di decomposizione, essendo morto nel 1780. Quando ha stampato e rilegato il Recueil Nécessaire intendeva produrre qualcosa che gli sopravvivesse e costringesse la gente a spostarsi fino a Oxford o a Parigi o dove necessario per poter prendere in mano il risultato della sua perizia tecnica, del suo sudore e della sua pazienza. Non voleva finire su internet, voleva che duecentocinquant’anni dopo le mie mani toccassero le sue.
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