martedì, maggio 27, 2025

As marriages rates collapse who is getting married?

Ireland’s marriage rate has now reached its lowest ever level, not including the years of the pandemic, according to new data from the Central Statistics Office.  At 3.8 marriages per thousand adults last year, the rate has fallen below the EU average and is very likely to fall even lower.

In 2024, there were 19,680 opposite-sex marriages registered in Ireland, marking a 4.1pc decrease from 2023’s total of 20,513. The marriage rate for opposite-sex couples now stands at 3.7 per 1,000 adults. The current EU average is approximately 4.0 per 1,000.

What going on? For a start, the population is ageing, meaning the number of people of typically marriageable age is declining as a share of all adults. This alone will reduce the marriage rate.

But when we zero in on those who are of typically marriageable age (20-40 years old), what is happening?

Well, the marriage rate among those in their early to mid-20s has dropped hugely in the last ten years alone. For males aged 20–24, the rate dropped from 4.1 to just 1.8 per 1,000, and for females in the same age group, from 8.1 to 2.6 per 1,000.

You might consider this a good thing, if you think getting married in your early to mid-20s is too soon.

But we have also seen a big decline in marriage rates among those in their mid to late-20s. Among males aged 25–29 it has dropped from 29.7 per 1,000 to 13.9 since 2014, and among females in this age cohort from 39.8 to 21.8 per 1,000.

If marriage rates among those in their 20s are declining, then maybe there is a pickup by the time people reach their thirties? Yes, far more people marry in their 30s than in their 20s, but not by enough to increase marriage rates overall.

Among the 30–34 age cohort marriage rates have barely budged in the last ten years. Males experienced a slight decrease from 49.3 to 43.5 per 1,000, while females saw a marginal increase from 44.3 to 44.9 per 1,000.

For the 35–39 cohort, male marriage rates slightly decreased from 24.1 to 23.7 per 1,000, whereas female rates increased from 17.5 to 17.8 per 1,000.

Therefore, two things seem to be happening. First, people are waiting much longer to marry, but secondly, fewer people are marrying, full stop. We can expect this trend to continue. Fertility rates almost always follow marriage rates on a downward course and Ireland’s fertility rate is now just 1.5, well below the replacement level of 2.1.

These are awful trends if you care about the future of Irish society.

The new marriage data from the CSO confirm a trend that has emerged over the past few years: the rise of “New Age” weddings and the decline of traditional religious ceremonies.

Catholic ceremonies remained the most popular form of marriage, but only just, accounting for 32.6pc of opposite-sex marriages in 2024, though this represents a notable 11.5pc decline compared to 2023. The decline in Church of Ireland ceremonies was even more dramatic with a fall of 20.2pc last year. Conversely, “Other Religious” ceremonies increased significantly (+16.2pc) and now represent almost 20pc of all ceremonies.

To this must be added ceremonies conducted by the ‘Spiritualist Union of Ireland’ which accounted for 7.1pc of the total. This means that cohort of weddings accounted for around 26pc of all wedding ceremonies last year.

Among non-religious ceremonies, humanist weddings declined by 10.8pc year-on-year, while civil ceremonies also saw a slight decrease in numbers (-1.3pc).

Civil ceremonies include Christians who marry abroad, and also Muslim or Hindu couples, for example, who do not have a religious solemniser recognised by the State here.

Wedding ceremonies in Ireland have undergone substantial changes since 2007, the year when civil ceremonies were first permitted outside registry offices. Today, many hotels offer religious ceremonies performed by solemnisers belonging to new ‘religious organisations’, explaining the explosion of “other religious” ceremonies.

Alternative religious ceremonies are also growing in popularity among same-sex couples. In 2024, almost 40pc of same-sex marriages were religious ceremonies. Both Spiritualist and “Other Religious” ceremonies are now more popular than Humanist ceremonies, which dropped by 30pc in 2024 among same-sex couples.

This trend suggests that Ireland is not becoming more secular, but arguably more pagan.

lunedì, maggio 26, 2025

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domenica, maggio 25, 2025

P. Placido T. Lugano: martire della sua carità

Non è la prima volta, e non sarà certo l’ultima, che la bontà e l’amore vengano ripagati con l’odio e il delitto. Non è la prima volta che la stessa mano caritatevole apra ignara la porta all’assassino, che par voglia vendicarsi di sentirsi lupo di fronte al gesto dell’agnello. Certo, quando l’artiglio di Satana s’è impadronito di un cuore, c’è da tremarne più della bestia stessa, ché questa cede al solo istinto, mentre nell’uomo l’intelligenza è messa a servizio degli istinti più bassi.

Padre Lugano è caduto come cadono i soldati di Cristo: inermi. Non credeva al male, non s’era mai fermato a considerarlo. Da circa mezzo secolo trascorreva la sua esistenza feconda fra studio e preghiera, interrotte solo da un richiamo impellente. C’era un’anima, una creatura di Dio da consolare, da consigliare, da guidare. C’era un superstite da riconciliare con la vita, un pellegrino da ricoverare, un peccatore da ammonire. Il comandamento del Patriarca «Ora et labora» passava allora in seconda linea. Lo spirito dei grandi santi si perpetuava in lui perché ben sapeva che la più alta dottrina è arida ove non sia accompagnata dallo spirito di carità. «La perfezione della legge è l’amore» (Rom. XIII, 10) «L’amore è l’insostituibile e solo distintivo dei seguaci di Cristo.
Al nostro fratello, come a Cristo, noi dobbiamo amore, tanto più se povero, ammalato, carcerato, pellegrino, affamato, ignudo, peccatore, perché in esso soffre Cristo».

Ogni giorno il monastero piombava in quel silenzio cupo che accompagna le prime ombre della sera sui ruderi delle morte età. Attraverso il vasto corridoio settecentesco che da un lato s’apre sulle tre volte gigantesche di Massenzio e dall’altro sulla mole massiccia del Colosseo, giungevano le voci smorzate dei bimbi che si rincorrevano sul sagrato e il suono stanco dell’orologio a pendolo che sgranava le ore della sua tristezza. Santa Francesca Romana, vegliata dagli angeli di Melozzo, dormiva beata nell’urna luminosa. Ed egli, che sembrava averla ridestata dal sonno di cinque secoli con la sua acuta opera di agiografo animatore, se la sentiva vicina: la nobildonna dei Ponziani, ispiratrice di pagine che rimarranno a testimoniare del lungo studio e del grande amore.

Entrarono i lupi dalla porta aperta a tutti e azzannarono l’agnello. Quelli che avevano ricevuto dalla generosità dell’abate pane e alloggio rimasero fuori, in vedetta, in attesa che i sicari tornassero con le mani lorde di sangue innocente. La prima volta non ebbero il coraggio di aggredire, tanto la preda era ignara e mansueta. Ma l’artiglio aveva scavato a fondo nel cuore del più giovane.
Tornati sui propri passi, stordirono la vittima colpendola alla nuca; poi, con lo scapolare, la imbavagliarono fino a soffocarla.

Abbiamo veduto la stanza dove l’orrendo misfatto è stato consumato, dove non s’è ancora spento il lamento dell’agnello... Una porta sul corridoio, due finestre sul chiostro in un trionfo di sole.
Un monaco bianco ci racconta, e par che legga una pagina buia di tempi maledetti. Ma la realtà è lì, e sono ormai tante le realtà atroci del tempo nostro... Un Crocifisso enorme apre le braccia misericordiose sugli agnelli e sui lupi. Ai suoi piedi, ai piedi della Croce del Figlio, P. Lugano ha reso la grande anima al Padre.

Una voce — quella dell’Abate generale dell’ordine benedettino di Monte Oliveto — si è ieri levata dalla basilica insigne, dinanzi all’urna della Santa e alla bara del monaco seviziato; una voce accorata, non d’indignazione, ma di amore:

«Gli empi hanno violato la soglia del tuo asilo, o Signore...
Un tuo ministro è caduto vittima della sua, della tua carità...        
L’ultima pagina scritta col suo sangue attende chi la interpreti...   
Aiutaci, o Signore, a sopportare lo strazio!  
Aiutaci, o Signore, nostra salvezza!  
E se al ravvedimento dell’umanità è necessaria ancora una vittima, noi te la offriamo legata e imbavagliata!…».

Poi, mentre la salma del martire si allontanava nel bacio del sole, il monastero ripiombava nel silenzio e nel dolore.
Forse anche la piccola monaca Santa piangeva dentro l’urna...

d. A.

 

19 ottobre 1947

domenica, maggio 18, 2025

Grandezza e orgoglio di Michelangelo

Giovanni Duprè, commemorando Michelangelo, descrisse mirabilmente la sua maniera di scolpire e ce lo presentò così vivo da far pensare ad un'aggressione creativa: «... compiuto il bozzetto, se lo poneva davanti, accanto al blocco di marmo e al modello vivo, cercando gli estremi limiti; e, trovatili, guardava pensosamente, profondamente, quel marmo che gli nascondeva la statua; poi, segnate le prime linee di contorno col carbone, s'avventava sul blocco, e colla subbia lo saettava con forza, colpo su colpo, togliendo il soperchio; le scaglie saltavano sonanti come grossa gragnuola sbattuta dal vento, la sabbia sul marmo mandava scintille, e i colpi s'avvicendavano ai colpi con lena affannata; dopo breve sosta, un riguardare continuo, celere e da tutti i lati del bozzetto e del marmo. Il respiro spesso e caldo dell'artista pareva che infondesse i primi aliti di vita nella dura materia, e, a misura che il marmo si foggiava a somiglianza del pensiero di lui, cresceva il suo ardore, e il pensiero stesso brillava di più viva luce».

La stessa prepotente maniera Michelangelo usava nel trattare con quanti non s'arrendevano alla sua volontà. Fu scontroso con lo stesso Papa che saliva spesso sulle impalcature della Sistina per ammirare gl'immortali dipinti. È rimasto celebre l'episodio avvenuto in Bologna, quando quel vescovo, ripresentando Michelangelo contrito a Papa Giulio II, intese facilitare l'incontro alludendo all'ignoranza dei «grandi» considerati fuori della loro arte. «Ignorante sei tu, che gli dì villania che non gli diciamo noi», scattò il Buonarroti incollerito.

Ma tutta l'indole sua, tutta la innata superbia che ce lo rende scottante, è racchiusa in una lettera del 1542 in cui egli intese chiarire il dissidio con Papa Giulio: «Tutte le discordie che nacquero tra Papa Giulio e me — scriveva — fu la invidia del Bramante e di Raffaello di Urbino per rovinarmi; e aveva ben ragione Raffaello, che ciò che aveva dell’arte, l’aveva da me».

Evidentemente il titano esagerava, ché, fra l'altro, di tutt’altra luce e bellezza fu l’arte di Raffaello.
Ma chi non è disposto a perdonare l’orgoglio smisurato — che può considerarsi consapevolezza piena — all’autore del Mosè, del Davide, del Giudizio Universale, della Cupola, del Palazzo Farnese?

Pensavo alle sue ribellioni aperte ed occulte giorni addietro in San Pietro in Vincoli, e, di fronte al miracolo del Mosè, rimasi ancora una volta così profondamente assorto, da guardarmi poi alle spalle pressoché smarrito. 
Gli è che dinanzi a quel marmo così vivo e parlante i pochi fedeli mi si muovevano intorno opachi e freddi nella nostra precaria umanità, tanto da sembrare fantasmi.       
E che dire dei 50.000 pellegrini che, fissi lo sguardo alla Cupola, riportarono in patria, scolpita nell’anima, l’immagine possente della Città Eterna?

C’è da credere che la sincerità del genio è tale da non saper simulare il proprio pensiero, al punto che l’orgoglio diventa per lui una colpa inconsapevole.

Ma gliela perdoniamo volentieri perché in pochi come in Michelangelo c’è l’impronta di Dio.

BENIGNO

 

19 ottobre 1947

martedì, maggio 13, 2025

Anche la terra di Virgilio fu invasa

«Uno sciopero generale arrecherebbe grave danno alla cittadinanza e in modo particolare ai lavoratori romani, senza aiutare in modo effettivo i contadini in agitazione». 

Questo il motivo che determinò il voto contrario allo sciopero generale della corrente cristiana in seno alla Camera del Lavoro.    
Perché ciò che dà la misura dell’aberrazione cui sono giunti gli agitatori di piazza... e di campagna, è quel tale spavento di non apparire abbastanza estremisti, provocando così estremismi deleteri agli stessi interessi delle masse agitate; le quali stanno molto più a cuore ai responsabili della corrente cristiana che non ai detti agitatori, anche se il loro atteggiamento possa sembrare reazionario (ma è risaputo che la parola è logora per troppo uso).

Che le terre incolte (ma incolte sul serio, non pronte per la semina come qua e là è avvenuto) debbano con le dovute garanzie essere utilizzate ai fini della produzione, è pacifico; e infatti la corrente cristiana, disposta a giungere fino allo sciopero di categoria, quando lo giudichi necessario, è su questa strada: e lo ha dimostrato con la sua partecipazione alle discussioni sull’argomento; ma quando l’occupazione indiscriminata delle terre altrui costituisce una sfacciata violazione del diritto di proprietà, quando l’occupazione da simbolica diventa effettiva e si arriva fino all’aberrante divieto d’ingresso al proprietario nel proprio fondo, allora la corrente cristiana grida il suo «non licet» perché la violazione è contro la volontà di Dio e contro la legge degli uomini, i quali quella volontà debbono ricalcare se non si vuole provocare il caos così caro agli estremisti.

Bene ha fatto dunque la corrente cristiana a rifiutarsi di sanzionare la patente ingiustizia, oltre che il danno.   
È ovvio che, mentre l’agitazione perpetua anemizza la nazione e incide soprattutto sulle classi meno abbienti, iniquo sarebbe cedere al paradosso marxista che considera furto la proprietà: la quale è anzitutto un dovere, ma è anche un provvidenziale diritto.          
Il difficile è saperla conquistare con l’intelligenza e col lavoro.       
Insomma, quando la proprietà è sudata, cioè onestamente conseguita, diventa furto solo per i criminali.
Contro questo genere di... proprietà combatte la corrente cristiana, che è morale prima d’essere corrente, tanto più che il crimine sembrò (o sembra?) aggravarsi col già preordinato rallentamento della produzione, tendente a sostituire qua e là l’arma dello sciopero, mentre ognuno vede che solo nell’intensificazione della produzione si può sperare in una generale ripresa.

Si racconta che Virgilio, proprietario di un modesto podere ereditato alla morte del padre, non potesse lungamente goderne il possesso perché, nelle vicende delle guerre civili, e propriamente nella distribuzione delle terre fatta da Ottaviano ai suoi veterani (a proposito: quanti degli odierni occupanti sono contadini autentici e... veterani?) anche la vicina Mantova fu messa a ruba ed il podere del Poeta toccò ai pretoriani:    
«Mantua, vae, miserae nimium vicina Cremonae!».           
Del sofferto danno fu sollevato dalla generosità dello stesso Ottaviano, che, mediante i buoni uffici di Mecenate, gli fece recuperare i suoi beni.   
Ma di lì a poco, per i torbidi della guerra di Perugia, dovette abbandonarli all’intimazione del primipilo Milieno: «Haec mea sunt, veteres migrate coloni», il quale gli scagliò addosso un tal Clodio, ferocissimo veterano che lo malmenò. Tornato a Roma, accorato, il Poeta, con la mediazione di Mecenate, riebbe il perduto suo campo. Prova che la giustizia, prima o poi, si fa strada nel cuore degli uomini e trionfa sulla violenza.

È contro cotesta mentalità mentecatta e sovvertitrice che si leva la religione di Cristo, in difesa della stessa umanità insidiata nelle sue libertà eterne: di lavoro, di fede, di conquista, di amore.
Poiché fu proprio la violenza caina e maledetta a creare nel mondo quella catena di addii e di sangue che si spezzerà soltanto con l’Amore.

BENIGNO

 

12 ottobre 1947

domenica, maggio 11, 2025

VOGLIO ANIME: COSÌ FRANCESCO A PAPA ONORIO

Durante una delle sue frequenti veglie Francesco fu visitato dal Signore che gli ordinò di recarsi dal Papa onde impetrarne una cospicua indulgenza per la restaurata chiesa della Porziuncola. Partì ch’era la prealba, accompagnato da frate Masseo. Gli uccelli con i quali egli soleva conversare cominciavano a destarsi. Di lì a poco presero a cantare che era una fresca gioia sentirli. Uno gorgheggiava così alto che Francesco si fermò e tese l’orecchio, come se invece di trilli ascoltasse parole. La sosta durò a lungo e frate Masseo che attendeva, sorpreso e contrito, udì il Poverello che, quasi rispondesse al gorgheggio, diceva: «Sta bene». Dopo di che, tutto ilare, riprese il cammino verso Perugia. Quel gorgheggio li accompagnò per un buon tratto di strada e frate Masseo mai più vide così allegro il suo compagno.

A Perugia si svolse questo incalzante colloquio. 
— Santo Padre, poco fa vi ho restaurato una chiesa eretta in onore della Vergine Madre di Cristo. Ora io prego Vostra Santità che le conceda un’indulgenza senza obbligo di offerte.
— Codesto non può farsi, frate, perché chi chiede una indulgenza deve anche meritarla col soccorso di buone opere. Ma dimmi, di quanti anni la vuoi?  
— Deh! piaccia a Vostra Santità di darmi delle anime e non degli anni.             
— Come vuoi tu delle anime??        
— Sì, desidero che col beneplacito di Vostra Santità, tutti che entreranno in quella chiesa, se contriti confessati ed assolti, come si conviene, siano liberati da colpa ed a pena.    
— È una gran cosa quella che tu chiedi, frate Francesco; e non è uso della romana curia concedere di cosiffatte indulgenze.

Qui la cronaca non dice se Francesco ricordò a Onorio il divino potere conferitogli da Cristo di sciogliere e legare in terra per il Cielo. Si limita a riportare il colloquio, che a questo punto divenne drammatico.      
— Padre Santo — incalza Francesco — non sono io a chiedervelo, ma è Cristo stesso che mi mandò.
Al che il Papa senza indugio:             
— Così ci piace: abbiti quello che hai domandato.

E Francesco, piegato il capo, s’allontanò. Ma Onorio lo richiamò:
— O uomo semplice, dove vai? Qual testimonianza hai tu dell’indulgenza concessa?
— Padre Santo, penserà Dio a manifestarlo. Gesù Cristo sarà il notaio, la Vergine sarà la carta e gli Angeli saranno i testimoni.

Sulla via del ritorno, Francesco si fermò a riposare in un lebbrosario, sotto il colle, e svegliatosi pregò. Poi chiamò Masseo.        
— L’indulgenza concessa dal Papa — disse — è ratificata da Dio in Cielo.

Ora avvenne che una notte, mentre il demonio lo tentava come non mai, Francesco si gettò fra le spine di un roseto, fino a far sanguinare il corpo ribelle. Allora una luce di cielo circonfuse la sua persona e il roveto si tramutò in cespi di profumatissime rose. Al canto degli Angeli il Santo fu invitato ad andare in chiesa dove Gesù e Maria lo attendevano. Francesco colse dodici rose bianche e dodici rose rosse ed entrò. Ma non aveva passato la soglia che l’abito liso e bigio divenne color di neve. Si prostrò Francesco e pregò Gesù che si degnasse indicargli il giorno del perdono, che il Signore fissò al due agosto, consigliando anche questa volta di ottenere la ratifica dal Papa: «Affinché egli più facilmente creda, prendi, a testimonianza tre rose rosse e tre rose bianche e conduci teco i frati che han veduto e udito».

Son trascorsi oltre sette secoli. Nessuno sa la sorte toccata alle rose portate al Pontefice, ma i fedeli in quel giorno sentono un profumo intenso di rose e l’eco lontana di un canto di usignolo.
È il profumo di pietà che emana dal perdono di Assisi.

Benigno

 

3 agosto 1947

domenica, maggio 04, 2025

I “CARISSIMI” MISSIONARI DELLA SCUOLA CRISTIANA

 Sapevamo poco o nulla di loro.       

Sapevamo che incontrandosi, scrivendosi, parlandosi in pubblico e in privato si chiamano «caro fratello»: da cui il superlativo che li distingue.            
Sapevamo che le due piccole bande candide sotto la gola li differenziano da tutti gli altri ordini religiosi e mettono una nota singolare sul nero della veste sacerdotale.  
Ma non sapevamo renderci conto di una certa loro caratteristica spigliatezza che fa pensare più all’aula che alla Chiesa, più all’officina che al chiostro, più alla cattedra che all’altare, più al borghese che all’officiante, forse a memoria del Santo fondatore che per sfuggire agli agguati durante un lungo giro pastorale sui monti, vestì l’abito civile.

Giovanni Battista de La Salle, come il suo omonimo di Ebron, fu precursore nel preparare i cuori e le intelligenze dei piccoli ad accogliere l’abbraccio del Redentore che per loro espresse tutto il suo amore: «Sinite párvulos venire ad me».       
Mentre il primo Giovanni fece echeggiare la sua Voce sulle rive del Giordano, La Salle si chiude in una squallida classe — lui, dottore in teologia — per insegnarvi le verità eterne col fuoco della carità.
Maestro dei maestri, è il compagno ed il tutore dei primi passi del fanciullo.
Nessuna soddisfazione sarà concessa ai suoi discepoli se non quella del sacrificio: rinunceranno da un lato alla gioia della paternità, cioè a sentirsi continuati nel tempo; dall’altro alle sante soddisfazioni del sacerdozio: né altare, né pergamo, né confessionale.
Non celebreranno, non predicheranno, non assolveranno; ma dall’altare li guarderà il Crocifisso come i prediletti; sarà pergamo la cattedra da cui insegneranno; porteranno al confessionale anime monde.      
E questa sarà la loro ineffabile consolazione.

***

Queste ed altre cose pensavamo salendo il clivo che conduce all’Istituto Pio IX, chiamato il «cuore dell’Aventino» senza ombra di presunzione, ma solo in omaggio alla sua ubicazione, chè di cuori, di palpiti alti e profondi l’Aventino ne contiene più d’uno.
Basterebbe il gran cuore di Arrigo VII che sei secoli fa e passa sul bianco cavallo, lui stesso biancovestito, scendeva per questo clivo seguito da un brillante corteo, per recarsi a San Giovanni in Laterano ove fu incoronato imperatore.

Il Pontificio Istituto Pio IX di avviamento industriale per la specializzazione meccanica, è una delle 1.300 istituzioni lasalliane che, sparse in tutti i continenti, impartiscono l’istruzione a circa 400.000 alunni di ogni razza, secondo la norma del Santo.
Comprende classi elementari e medie, che lungi dal disturbare il funzionamento delle industriali, procedono con una sintonia ammirevole di cui va data ampia lode ai dirigenti.
Vorremmo dire che è un modello del genere, soprattutto per la geniale integrazione del libro con la macchina.     
Certo l’ordine, la disciplina, il senso cristiano del dovere vi allignano, tanto da essere considerato un’oasi di gagliarda ripresa di quello che fu l’insegnamento presso i più celebrati istituti romani.    
Il tutto è confortato dal perfetto funzionamento dei servizi (capaci di corrispondere alle esigenze di oltre 700 alunni), da una sana pratica sportiva ed alla cura delle anime affidata ad un autentico sacerdote.

Nel vasto cortile dove si disputano accanite partite di calcio e di pallacanestro, la statua dell’Immacolata campeggia dall’estremo angolo a picco, sull’orto di casa, quasi a proteggere la imponente mole dell’Istituto, come la protesse mentre tuonava il cannone alle porte di Roma quando tre anni fa la statua fu inaugurata.

Dai vasti sotterranei dove s’allineano torni, motori, morse e strumenti di precisione — familiari ad ogni allievo che voglia conseguire la nomina di perito tecnico industriale — risaliamo adesso a sommo del «cuore dell’Aventino» sul terrazzo che domina il colle.    
Uno spettacolo incomparabile ci si spalanca ai piedi, una visione quale non è forse dato godere in nessun’altra plaga del mondo, se Roma è una come Uno è il Vicario di Cristo Figlio del Dio vivente.
Una teoria di cupole, di torri, di campanili, di palazzi illustri; una gara di altezze, di giardini in fiore, di armonie e di colori di cui lo spirito insaziabile si sazia.  
San Pietro, San Paolo, San Giovanni, Santi Giovanni e Paolo, le Terme di Caracalla, San Gregorio al Celio, il Palatino, il Colosseo, il Vittoriano, il Campidoglio, il Quirinale, la Piramide, l’E. 42: una varietà di costruzioni insigni, di capolavori conclusi da un arco di verde all’orizzonte, vigilati dall’insegna eterna della Croce.

Ci viene ora in mente, intrattenendoci con questi cari fratelli delle scuole cristiane — che pur ci confortano in una dura svolta della vita — un divino ammonimento: «Beati i poveri in spirito...».
Ripongono essi, infatti, le loro speranze in Dio solo, nel quale sperando non si resta mai delusi.
E sono perciò ricchi.

BENIGNO

 

28 settembre 1947