Maccheroni & C. nasce come spazio di riflessione "andante con brio", mutuando il titolo da quel particolare brano di Sergio Caputo che, appunto, riportiamo nel nostro Juke Box questa settimana...
Come il testo che accompagna lo svolgersi della melodia, questo blog parla di una scanzonata "prospettiva blues" (quasi a voler motteggiare la "Prospettiva Nevski" di Battiato) come se si trattasse di un panorama o semplicemente un modo di guardare ogni possibile panorama. Una prospettiva, una strada, un viale, ricco di ironia e di danzante spensieratezza...fatta anche, a volte, di molle pigrizia ma mai di perdita d'acume...
Tutto nasce dall'essere frizzante di Don Angelito, personaggio un pò sui generis, amante del blues (in particolare le fusion anglo-napletane) e del modus latino (si osservi il diario di viaggio mexicano), partenopeo di origine e spirito, cattolico eterodosso,...quasi un pulcinella dei nostri tempi, dedito alla filosofia, amante della buona musica (cresciuto a siringhe di Mark Knopfler) e del buon bere...e di tanto tanto altro che vale la pena solo scoprire....attraverso il blog e non solo...
Maccheroni & C., il nuovo blog del caro amico Stefano, lo trovate qui.
martedì, luglio 24, 2007
lunedì, luglio 23, 2007
July
July please,
I'm on my knees,
The smell of your fresh cut grass,
Your blue sky grins
For all its sins
Look another gorgeous levi ass
July people come and go
It looks like another perfect day
Just to see your
Striptease show
July please try your best to stay
And a mongrel begins to bark
At a wino in the park
and his owner doesn't care
'cause he really isn't there…
Oh! ma ma ma,oh! ma ma ma,oh! ma ma ma
My july
July, fizz bombs in my mouth,
Babarama everywhere,
I can't lie on my pocket trout
So I sit back in the easy chair
And a woman of middle age
Licks and thumbs another page
Then she brushes off the dirt
From her greyhound skirt(and all the boys go)
And a baby sucks its thumb
To the sound of a steel drum
And fountain water gush
Through the thick bull rush(everybody)
I'm on my knees,
The smell of your fresh cut grass,
Your blue sky grins
For all its sins
Look another gorgeous levi ass
July people come and go
It looks like another perfect day
Just to see your
Striptease show
July please try your best to stay
And a mongrel begins to bark
At a wino in the park
and his owner doesn't care
'cause he really isn't there…
Oh! ma ma ma,oh! ma ma ma,oh! ma ma ma
My july
July, fizz bombs in my mouth,
Babarama everywhere,
I can't lie on my pocket trout
So I sit back in the easy chair
And a woman of middle age
Licks and thumbs another page
Then she brushes off the dirt
From her greyhound skirt(and all the boys go)
And a baby sucks its thumb
To the sound of a steel drum
And fountain water gush
Through the thick bull rush(everybody)
venerdì, luglio 20, 2007
Montini recensisce Chesterton
G. K. Chesterton, L’Ortodossia, traduz. dall’inglese e pref. di R. Ferruzzi, Roma, Casa Editrice Ausonia, 1927, pp. 205, L. 12.
Ormai è un libro noto.
Di quelli che sembran doversi leggere da quanti, più o meno modestamente, fanno professione di intellettualità. Ed ora che una buona traduzione italiana, dopo circa venti anni da che era apparso in inglese, lo volgarizza da noi, se ne parla un po’ dappertutto. Si fa notare l’umorismo dell’autore, il quale paragona se stesso ad un “yacthman inglese, che, per un lieve errore di calcolo nella sua rotta, scoprì l’Inghilterra, credendo di aver scoperto una nuova isola nei mari del Sud”, ad uno, cioè, “che ha tentato di fondare una eresia, e quando stava per darle gli ultimi tocchi, ha capito che non era altro che l’ortodossia” (pp. 2-5)
Si fa notare anche che il libro fu scritto quando il Chesterton non era ancora ufficialmente convertito al cattolicesimo, e che, nonostante il titolo, non si deve cercare nel libro una esposizione chiara e organica di idee ortodosse, come, per esempio, l’esposizione fatta dallo Stoddard, col suo Ricostituendo una fede perduta; ma una precisa orientazione verso la concezione religiosa, anzi verso “la teologia cristiana”.
Si è anche detto del singolare valore apologetico del libro, non solo per il nome dell’autore, ch’è tra i principi della letteratura inglese contemporanea, ma altresì per le acute, originali, salaci osservazioni ch’esso contiene contro il complicato e formidabile arsenale dell’ideologia moderna avversaria alla fede. E si è cercato d’afferrare una trama del libro, ma la cosa non è stata facile. C’è, intanto, una trama?
Perchè far emergere questo, o quell’altro punto, che sembra fondamentale, o spiegarne altri oscuri o paradossali, come hanno fatto alcuni, non è già cogliere il contenuto dialettico del libro. Vero è che il libro è tutta una polemica, e che le pagine dedicate ad ognuna delle principali correnti di pensiero (razionalismo, cap. II; materialismo e determinismo, pp. 20-64-68; scetticismo, 22-27; positivismo, 54; immanentismo, 85-154; naturalismo, 87; liberalismo, 150, ecc. ecc.) ed altre consacrate a precise affermazioni apologetiche (tradizione, pp. 50, 74, 126, 137, 189; ottimismo, c. III; miracolo, 151-183; suicidio e martirio, 83; Cristo, 165-178; ecc. ecc.); ma a torto, credo io, si cercherebbe nel libro una costruzione sistematica.
Perciò il libro riesce, nel suo svolgimento, tutt’altro che chiaro. Non solo l’umorismo, diffuso con elegantissima finezza, adopera tutto un apparato di allusioni, di scorci, di sottintesi, di riferimenti impliciti, che reclamano o familiarità consumata con la cultura moderna ed inglese, o un’attenzione riflessiva e sottile. Ma spesso si ha l’impressione che l’autore scrivendo una cosa voglia dimostrarne un’altra; che cioè lo scritto abbia un significato recondito secondo l’esposizione di tesi quanto mai inattesi e bizzarre. (v., per es., il cap. IV: la morale delle favole, dove con l’esaltazione del meraviglioso e fanciullesco mondo fantastico è fatta la difesa del senso comune, del criterio di necessità, di casualità e dei principi etici fondamentali del cristianesimo, ecc. ecc.)
Con questa ricerca in chiave filosofica si potrebbe estrarre, almeno approssimativamente, il valore concettuale dei singoli capitoli (I, attualità del Credo; II e III, critica del razionalismo; IV, i principi sani della logica, della metafisica e dell’etica; V, bontà dell’essere; VI, razionalità complessa del cristianesimo e sua apologia per elisione o combinazione di obiezioni contrarie; VII, progresso ed evoluzione; VIII, critica del liberalismo, materialismo e immanentismo; IX, aspetti particolari del cristianesimo).
Ma quest’indagine sarebbe contro l’indole del libro. La quale ci sembra esattamente questa: il cristianesimo è vero, perché è strano. Cioè la verità, per eccellenza dogmatica e tradizionale, è quella che risponde alle esigenze più irrequiete e spinte del cerebralismo moderno. La forma normale per antonomasia è, per la sua singolarità, la forma più capace di meravigliare. La via maestra è la più traversa di tutte. O meglio, viceversa, l’eccentricità più originale, più artistica, più libera, più feconda e più viva deve fissarsi nel centro immobile del Credo antico. Ecco la scoperta della patria, di cui parla il primo capitolo.
É quindi un libro eminentemente romantico. Ecco come si esprime l’Autore: “Questo è il sensazionale romanzo dell’ortodossia. Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell’ortodossia come qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c’è, invece, niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza, e l’esser saggi è più drammatico che l’esser pazzi: è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli dall’altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria, e la precisione dell’aritmetica” (p. 118).
Questo è il motivo che si ripete in tutto i libro. Si spiega allora come le più capricciose argomentazioni siano continuamente usate. Gli argomenti ad hominem e di convenienza, le conclusioni estreme di principii errati introdotte per assurdo, le ipotesi più sconcertanti, le similitudini più divertenti sono all’ordine del giorno, per sboccare qua e là in meravigliose ed esattissime osservazioni e in pagine di grandissimo valore artistico (p. es., p. 186). La schermaglia precede l’apologetica. Un andamento quasi distratto e svogliato, bonario e dinoccolato prende improvviso slancio verso una meta che sembrava inaccessibile: la mossa è sempre elegante e sicura. Tanto che le risorse logiche ed illogiche d’una simile argomentazione lasciano pensare a quel gioco che i fanciulli fanno con lo spago teso e complicato fra le mani, prendendoselo l’un l’altro sempre diversamente e inattesamente annodato.
Ciò potrebbe deporre per un’inferma efficacia persuasiva, e per una discutibile autenticità della sua “ortodossia”. Ma si vorrà tener calcolo dell’aspetto assai soggettivo del libro, il quale più che dal rigore logico, trae la sua forza dalla psicologia dell’autore, e più che costruire, vuole demolire i paralogismi avversari con gli stessi sistemi o procedimenti dialettici con cui furono contrapposti al cristianesimo. Si vorrà tenere calcolo, altresì, della libertà artistica che l’opera originale reclama e che certamente nessuno può incolpare in questo caso, di superficialità. E infine occorrerà scoprire nel libro un ricorso a quelle idee di senso comune, che sono patrimonio dello spirito inglese, e che, senza ricorrere alla errata sistemazione filosofica fattane dalla scuola scozzese, contengono tanta sapienza autentica ed immortale.
Accettiamo quindi ben volentieri il contributo apologetico che la traduzione di Ortodossia può portare anche fra i lettori italiani.
(g. b. m.).
In Studium, a. 23 (1927), n. 6 (giugno) pp. 338-339.
Ormai è un libro noto.
Di quelli che sembran doversi leggere da quanti, più o meno modestamente, fanno professione di intellettualità. Ed ora che una buona traduzione italiana, dopo circa venti anni da che era apparso in inglese, lo volgarizza da noi, se ne parla un po’ dappertutto. Si fa notare l’umorismo dell’autore, il quale paragona se stesso ad un “yacthman inglese, che, per un lieve errore di calcolo nella sua rotta, scoprì l’Inghilterra, credendo di aver scoperto una nuova isola nei mari del Sud”, ad uno, cioè, “che ha tentato di fondare una eresia, e quando stava per darle gli ultimi tocchi, ha capito che non era altro che l’ortodossia” (pp. 2-5)
Si fa notare anche che il libro fu scritto quando il Chesterton non era ancora ufficialmente convertito al cattolicesimo, e che, nonostante il titolo, non si deve cercare nel libro una esposizione chiara e organica di idee ortodosse, come, per esempio, l’esposizione fatta dallo Stoddard, col suo Ricostituendo una fede perduta; ma una precisa orientazione verso la concezione religiosa, anzi verso “la teologia cristiana”.
Si è anche detto del singolare valore apologetico del libro, non solo per il nome dell’autore, ch’è tra i principi della letteratura inglese contemporanea, ma altresì per le acute, originali, salaci osservazioni ch’esso contiene contro il complicato e formidabile arsenale dell’ideologia moderna avversaria alla fede. E si è cercato d’afferrare una trama del libro, ma la cosa non è stata facile. C’è, intanto, una trama?
Perchè far emergere questo, o quell’altro punto, che sembra fondamentale, o spiegarne altri oscuri o paradossali, come hanno fatto alcuni, non è già cogliere il contenuto dialettico del libro. Vero è che il libro è tutta una polemica, e che le pagine dedicate ad ognuna delle principali correnti di pensiero (razionalismo, cap. II; materialismo e determinismo, pp. 20-64-68; scetticismo, 22-27; positivismo, 54; immanentismo, 85-154; naturalismo, 87; liberalismo, 150, ecc. ecc.) ed altre consacrate a precise affermazioni apologetiche (tradizione, pp. 50, 74, 126, 137, 189; ottimismo, c. III; miracolo, 151-183; suicidio e martirio, 83; Cristo, 165-178; ecc. ecc.); ma a torto, credo io, si cercherebbe nel libro una costruzione sistematica.
Perciò il libro riesce, nel suo svolgimento, tutt’altro che chiaro. Non solo l’umorismo, diffuso con elegantissima finezza, adopera tutto un apparato di allusioni, di scorci, di sottintesi, di riferimenti impliciti, che reclamano o familiarità consumata con la cultura moderna ed inglese, o un’attenzione riflessiva e sottile. Ma spesso si ha l’impressione che l’autore scrivendo una cosa voglia dimostrarne un’altra; che cioè lo scritto abbia un significato recondito secondo l’esposizione di tesi quanto mai inattesi e bizzarre. (v., per es., il cap. IV: la morale delle favole, dove con l’esaltazione del meraviglioso e fanciullesco mondo fantastico è fatta la difesa del senso comune, del criterio di necessità, di casualità e dei principi etici fondamentali del cristianesimo, ecc. ecc.)
Con questa ricerca in chiave filosofica si potrebbe estrarre, almeno approssimativamente, il valore concettuale dei singoli capitoli (I, attualità del Credo; II e III, critica del razionalismo; IV, i principi sani della logica, della metafisica e dell’etica; V, bontà dell’essere; VI, razionalità complessa del cristianesimo e sua apologia per elisione o combinazione di obiezioni contrarie; VII, progresso ed evoluzione; VIII, critica del liberalismo, materialismo e immanentismo; IX, aspetti particolari del cristianesimo).
Ma quest’indagine sarebbe contro l’indole del libro. La quale ci sembra esattamente questa: il cristianesimo è vero, perché è strano. Cioè la verità, per eccellenza dogmatica e tradizionale, è quella che risponde alle esigenze più irrequiete e spinte del cerebralismo moderno. La forma normale per antonomasia è, per la sua singolarità, la forma più capace di meravigliare. La via maestra è la più traversa di tutte. O meglio, viceversa, l’eccentricità più originale, più artistica, più libera, più feconda e più viva deve fissarsi nel centro immobile del Credo antico. Ecco la scoperta della patria, di cui parla il primo capitolo.
É quindi un libro eminentemente romantico. Ecco come si esprime l’Autore: “Questo è il sensazionale romanzo dell’ortodossia. Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell’ortodossia come qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c’è, invece, niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza, e l’esser saggi è più drammatico che l’esser pazzi: è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli dall’altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria, e la precisione dell’aritmetica” (p. 118).
Questo è il motivo che si ripete in tutto i libro. Si spiega allora come le più capricciose argomentazioni siano continuamente usate. Gli argomenti ad hominem e di convenienza, le conclusioni estreme di principii errati introdotte per assurdo, le ipotesi più sconcertanti, le similitudini più divertenti sono all’ordine del giorno, per sboccare qua e là in meravigliose ed esattissime osservazioni e in pagine di grandissimo valore artistico (p. es., p. 186). La schermaglia precede l’apologetica. Un andamento quasi distratto e svogliato, bonario e dinoccolato prende improvviso slancio verso una meta che sembrava inaccessibile: la mossa è sempre elegante e sicura. Tanto che le risorse logiche ed illogiche d’una simile argomentazione lasciano pensare a quel gioco che i fanciulli fanno con lo spago teso e complicato fra le mani, prendendoselo l’un l’altro sempre diversamente e inattesamente annodato.
Ciò potrebbe deporre per un’inferma efficacia persuasiva, e per una discutibile autenticità della sua “ortodossia”. Ma si vorrà tener calcolo dell’aspetto assai soggettivo del libro, il quale più che dal rigore logico, trae la sua forza dalla psicologia dell’autore, e più che costruire, vuole demolire i paralogismi avversari con gli stessi sistemi o procedimenti dialettici con cui furono contrapposti al cristianesimo. Si vorrà tenere calcolo, altresì, della libertà artistica che l’opera originale reclama e che certamente nessuno può incolpare in questo caso, di superficialità. E infine occorrerà scoprire nel libro un ricorso a quelle idee di senso comune, che sono patrimonio dello spirito inglese, e che, senza ricorrere alla errata sistemazione filosofica fattane dalla scuola scozzese, contengono tanta sapienza autentica ed immortale.
Accettiamo quindi ben volentieri il contributo apologetico che la traduzione di Ortodossia può portare anche fra i lettori italiani.
(g. b. m.).
In Studium, a. 23 (1927), n. 6 (giugno) pp. 338-339.
martedì, luglio 17, 2007
Letture
Il Piccolo Zaccheo ci dà ottimi consigli di lettura per l'estate.
Anche io in questa ventina di giorni di soggiorno italiano ho letto molto.
Innanzitutto ho studiato approfonditamente il testo di uno dei corsi che darò in autunno. Si tratta di What is this thing called knowledge? di Duncan Pritchard (Routledge, 2006). Una introduzione all’epistemologia per studenti universitari.
Una barzelletta che gira nel mondo accademico recita: “Hai letto questo libro?” “Figurati, non l’ho neppure utilizzato nei miei corsi”. E così è stato. Come succede spesso, un testo viene prima selezionato e poi letto per forza. Non mi è dispiaciuto.
Poi ho letto accuratamente Newman’s Approach to Knowledge di Laurence Richardson (Gracewing 2007), un libro che mi hanno chiesto di recensire. Parla del contributo che J. H. Newman ha fornito alla teoria della conoscenza.
Sulla spiaggia ho passato il tempo leggendo The Heart of the City di Ronan Sheehan e Brendan Walsh. È un saggio sulla vita nei quartieri poveri del centro di Dublino, pubblicato nel 1988. Dublino è così cambiata negli ultimi venti anni che pare che queste pagine siano state scritte un secolo fa.
Ho regalato a mio padre, per il suo compleanno, Il giudizio medico di Paul Ricoeur (Morcelliana, 2006), un breve volume che ho letto in un pomeriggio. Mentre il mio vescovo, Bruno Forte, mi ha donato il suo I gradi dell’amore (San Paolo, 2007), una raccolta di meditazioni presentate negli “esercizi spirituali per tutti” tenuti durante la scorsa Quaresima.
A queste mie letture poi si deve aggiungere Reflective Analysis: A First Introduction to Phenomenological Investigation (Zeta books) di Lester Embree. Un volume che ho appena iniziato a tradurre in italiano.
Dei volumi sopra citati non ve ne consiglio neppure uno. Piuttosto comprate gli Scritti Fucini (1925-1933) di Giovanni Battista Montini (Studium, 2004). É una corposa raccolta di articoli e recensioni che il futuro Paolo VI scrisse quando era assistente generale della FUCI. In oltre 700 pagine trovate brani di spiritualità, riflessioni sullo studio e l’insegnamento, recensioni delle sue colte letture. Insomma, un testo molto ricco che può accompagnarvi per tutta l’estate.
Se invece non avete problemi con l’inglese, anzi con l’americano, la lettura obbligatoria di questa stagione estiva è The Thrill of the Chaste di Dawn Eden. Una brillante riflessione sulla castità scritta da questa simpaticissima giornalista musicale da poco convertita al cattolicesimo, che ho avuto il piacere di incontrare a giugno. Lo stile è quello di Sex and the City ma la prospettiva molto, molto diversa. Ne riparleremo presto, visto che questo libro merita un post a parte.
Intanto domani, sciopero del traffico aereo permettendo, dopo 24 giorni tornerò in Irlanda.
Anche io in questa ventina di giorni di soggiorno italiano ho letto molto.
Innanzitutto ho studiato approfonditamente il testo di uno dei corsi che darò in autunno. Si tratta di What is this thing called knowledge? di Duncan Pritchard (Routledge, 2006). Una introduzione all’epistemologia per studenti universitari.
Una barzelletta che gira nel mondo accademico recita: “Hai letto questo libro?” “Figurati, non l’ho neppure utilizzato nei miei corsi”. E così è stato. Come succede spesso, un testo viene prima selezionato e poi letto per forza. Non mi è dispiaciuto.
Poi ho letto accuratamente Newman’s Approach to Knowledge di Laurence Richardson (Gracewing 2007), un libro che mi hanno chiesto di recensire. Parla del contributo che J. H. Newman ha fornito alla teoria della conoscenza.
Sulla spiaggia ho passato il tempo leggendo The Heart of the City di Ronan Sheehan e Brendan Walsh. È un saggio sulla vita nei quartieri poveri del centro di Dublino, pubblicato nel 1988. Dublino è così cambiata negli ultimi venti anni che pare che queste pagine siano state scritte un secolo fa.
Ho regalato a mio padre, per il suo compleanno, Il giudizio medico di Paul Ricoeur (Morcelliana, 2006), un breve volume che ho letto in un pomeriggio. Mentre il mio vescovo, Bruno Forte, mi ha donato il suo I gradi dell’amore (San Paolo, 2007), una raccolta di meditazioni presentate negli “esercizi spirituali per tutti” tenuti durante la scorsa Quaresima.
A queste mie letture poi si deve aggiungere Reflective Analysis: A First Introduction to Phenomenological Investigation (Zeta books) di Lester Embree. Un volume che ho appena iniziato a tradurre in italiano.
Dei volumi sopra citati non ve ne consiglio neppure uno. Piuttosto comprate gli Scritti Fucini (1925-1933) di Giovanni Battista Montini (Studium, 2004). É una corposa raccolta di articoli e recensioni che il futuro Paolo VI scrisse quando era assistente generale della FUCI. In oltre 700 pagine trovate brani di spiritualità, riflessioni sullo studio e l’insegnamento, recensioni delle sue colte letture. Insomma, un testo molto ricco che può accompagnarvi per tutta l’estate.
Se invece non avete problemi con l’inglese, anzi con l’americano, la lettura obbligatoria di questa stagione estiva è The Thrill of the Chaste di Dawn Eden. Una brillante riflessione sulla castità scritta da questa simpaticissima giornalista musicale da poco convertita al cattolicesimo, che ho avuto il piacere di incontrare a giugno. Lo stile è quello di Sex and the City ma la prospettiva molto, molto diversa. Ne riparleremo presto, visto che questo libro merita un post a parte.
Intanto domani, sciopero del traffico aereo permettendo, dopo 24 giorni tornerò in Irlanda.
domenica, luglio 15, 2007
Mezzaluna di miele
Teheran. L'Iran naviga tra crisi nucleare e minacce di sanzioni economiche, crisi interne e internazionali. Eppure sulle prime pagine dei giornali di recente ha tenuto banco l'hojatoleslam Mostafa Pour Mohammadi, ministro dell'interno, quando ha dichiarato che il matrimonio temporaneo e' la miglior soluzione per ridurre i problemi sociali. "L'innalzamento dell'eta' del matrimonio ha creato numerosi problemi nella nostra societa'", ha spiegato il ministro durante un forum sul hejab (il copricapo femminile prescritto dall'islam) a Qom, la citta' delle maggiori scuole teologiche sciite dell'Iran. "Puo' l'Islam restare indifferente verso la passione erotica che Dio ha concesso a un ragazzo di 15 anni? Non si puo' ignorare le esigenze sessuali dei giovani. Il matrimonio temporaneo e' la soluzione". Non e' difficile comprendere perche' il ministro si rivolga ai giovani: il 60% dei 70 milioni di iraniani ha meno di 30 anni. Anche se fa un curioso effetto sentire parole simili, proprio mentre e' in corso l'operazione di polizia piu' severa da anni contro le ragazze che si mostrano in pubblico con abiti "non-islamici", o i ragazzi vestiti in modo "disordinato"... Il "matrimonio temporaneo" (in farsi "sigheh") e' una pratica propria dell'islam sciita, benche' non sia contemplata dal Corano (che anzi sembra escluderlo, ad esempio dove condanna il concubinato). E' un contratto di matrimonio di cui i contraenti definiscono la durata ("da un minuto a 99 anni"). Oggi gran parte dei saggi (mufti) sunniti lo vieta, mentre il clero sciita iraniano lo considera legittimo; afferma che e' stato praticato sotto il profeta Maometto prima di essere vietato da Omar, il secondo califfo. Alcuni citano Moussa Kazem, settimo Imam degli sciiti, che autorizzava il matrimonio temporaneo per celibi o uomini sposati lontani dalle loro spose... Certo e' che il matrimonio temporaneo era praticato in Iran anche prima della Rivoluzione islamica del '79 e oggi e' previsto dal codice civile: un uomo ha diritto di stipulare fino a quattro matrimoni permanenti simultanei e un numero infinito di matrimoni temporanei successivi. In un matrimonio temporaneo gli sposi devono accordarsi per non avere figli; se un figlio nasce pero' avra' tutti i diritti di un bambino nato da un matrimonio permanente, almeno in teoria.
*
Gli incontri sul web
Non esistono statistiche precise sul matrimonio temporaneo oggi. Non c'e' dubbio pero' che sia diffuso, e l'uso di siti web per trovare partners lo testimonia. Puo' capitare di trovare annunci come quello di Mina, 41 anni, rimasta vedova: si dichiara disponibile a un matrimonio temporaneo e invita l'interessato a prendere contatto via e-mail precisando le richieste, la dote (che secondo la sharia e' un obbligo dello sposo) e la durata desiderata. In un altro annuncio Mohsen, un ragazzo di diciotto anni, vorrebbe sperimentare un matrimonio temporaneo, vuole una moglie religiosa ed e' pronto a offrirle in dote una moneta d'oro al mese. Lo spazio virtuale e' il luogo migliore per incontrare le offerte; i siti di matrimoni temporanei piu' frequentati hanno piu' di mille utenti al giorno. Il discorso del ministro Pour Mohammadi ha scatenato polemiche (secondo il portavoce del governo pero' parlava "nella sua qualita' di chierico ed esperto religioso, ma la questione non interessa l'esecutivo"). Resta da chiedersi cosa significhi il matrimonio temporaneo nella societa' iraniana oggi, e perche' un ministro trovi necessario incoraggiarlo. Sembra che l'establishment iraniano veda nell'unione "a tempo determinato" un modo per rincorrere una societa' che cambia. Il primo leader della repubblica islamica a parlarne pubblicamente in questi termini e' stato Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, allora presidente della Repubblica, negli anni
'80: per lui era una soluzione sanzionata dalla sharia per proteggere la societa' dall'"inquinamento morale". Riprendeva le argomentazioni dall'ayatollah Mottahari, uno dei padri ideologici della Rivoluzione islamica del '79, defunto discepolo di Khomeini, il quale considerava il matrimonio temporaneo utile per evitare l'adulterio: "Oggi i giovani, maschi e femmine, raramente si sposano in giovane eta'. Nei tempi moderni, il divario tra la puberta' naturale e la puberta' sociale non cessa di allargarsi. (...) Siccome l'istinto sessuale esiste, che fare? Proporre a ragazzi e ragazze di astenersi? Permettere loro di avere relazioni sessuali illegali? Il matrimonio temporaneo e' una risposta". E' proprio il ragionamento del ministro Pour Mohammadi. Assume tutt'altro aspetto, il matrimonio temporaneo, se si pensa che nel 1994 il governo aveva pensato di creare delle "Istituzioni di Castita'", case dove contrarre un matrimonio temporaneo anche per poche ore: case chiuse con legittimazione islamica? Il progetto e' stato archiviato tra le polemiche, ma era andato molto vicino a essere messo in pratica. Forse mostrava il vero volto del matrimonio temporaneo. Nella societa' reale infatti c'e' un chiarissimo discrimine culturale e di classe: nelle classi medie e istruite il matrimonio temporaneo non esiste. E' praticato invece dai ceti piu' bassi, ultrareligiosi e tradizionalisti: da chi non puo' permettersi un matrimonio vero per ragioni economiche, ma non oserebbe una relazione libera per convinzioni religiose (o controllo sociale). A volte poi maschera la prostituzione vera e propria: le formalita' del contratto sono minime, tempo e compenso ("dote") sono pattuiti in anticipo, una relazione commerciale con un'ipocrita copertura religiosa.
*
Una paradossale scappatoia
Certo, negli anni cupi della rivoluzione, quando i pasdaran arrestavano le coppie non sposate che si mostravano in pubblico, il matrimonio temporaneo e' stato praticato anche da persone che non ci credono, per legittimare una relazione con un documento ufficiale che da' molti vantaggi pratici, tra cui poter viaggiare insieme: una coppia iraniana non puo' prendere una camera in nessun albergo in Iran senza un certificato di matrimonio. Mercimonio, scappatoia, o valvola di sfogo degli impulsi sessuali giovanili con una copertura di legittimita': in ogni caso il matrimonio temporaneo suscita critiche molto dure tra i sostenitori dei diritti delle donne. La giurista Shirin Ebadi, Nobel per la pace, si e' sempre espressa in modo contrario. La sociologa Fatemeh Sadeghi sottolinea quanto sia contradditoria l'ideologia che sostiene il matrimonio part-time: "La struttura religiosa 'santifica' la famiglia, ma poi predica il matrimonio temporaneo che in pratica indebolisce l'istituzione della famiglia". Un religioso riformista, l'hojatoleslam Yousefi Ashkevari, fa notare che il matrimonio temporaneo "svaluta" la donna: in una societa' tradizionalista, dove la verginita' della sposa e' considerata indispensabile, una ragazza che sia stata sposata in via temporanea difficilmente trovera' un matrimonio "vero". E i giovani, obiettivo dichiarato del ministro Pour Mohammadi? Molti di loro respingono il matrimonio temporaneo, soluzione tradizionale che non risponde all'aspirazione piu' comune: frequentarsi liberamente e senza doversi sposare. Ragazze e ragazzi non possono incontrarsi nei luoghi pubblici se non con molte limitazioni: e cosi' il regime islamico li spinge (soprattutto nelle classi medie e occidentalizzate) a incontrarsi piu' spesso nella sfera privata, ormai l'unico spazio di liberta'. Paradossi di un sistema che impedisce ai giovani di frequentarsi e avere libere relazioni amicali e affettive: poi pero' offre loro un matrimonio part-time per sfogare le "esigenze sessuali".
Firouzeh Khosrovani, Il manifesto, 2 luglio 2007
*
Gli incontri sul web
Non esistono statistiche precise sul matrimonio temporaneo oggi. Non c'e' dubbio pero' che sia diffuso, e l'uso di siti web per trovare partners lo testimonia. Puo' capitare di trovare annunci come quello di Mina, 41 anni, rimasta vedova: si dichiara disponibile a un matrimonio temporaneo e invita l'interessato a prendere contatto via e-mail precisando le richieste, la dote (che secondo la sharia e' un obbligo dello sposo) e la durata desiderata. In un altro annuncio Mohsen, un ragazzo di diciotto anni, vorrebbe sperimentare un matrimonio temporaneo, vuole una moglie religiosa ed e' pronto a offrirle in dote una moneta d'oro al mese. Lo spazio virtuale e' il luogo migliore per incontrare le offerte; i siti di matrimoni temporanei piu' frequentati hanno piu' di mille utenti al giorno. Il discorso del ministro Pour Mohammadi ha scatenato polemiche (secondo il portavoce del governo pero' parlava "nella sua qualita' di chierico ed esperto religioso, ma la questione non interessa l'esecutivo"). Resta da chiedersi cosa significhi il matrimonio temporaneo nella societa' iraniana oggi, e perche' un ministro trovi necessario incoraggiarlo. Sembra che l'establishment iraniano veda nell'unione "a tempo determinato" un modo per rincorrere una societa' che cambia. Il primo leader della repubblica islamica a parlarne pubblicamente in questi termini e' stato Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, allora presidente della Repubblica, negli anni
'80: per lui era una soluzione sanzionata dalla sharia per proteggere la societa' dall'"inquinamento morale". Riprendeva le argomentazioni dall'ayatollah Mottahari, uno dei padri ideologici della Rivoluzione islamica del '79, defunto discepolo di Khomeini, il quale considerava il matrimonio temporaneo utile per evitare l'adulterio: "Oggi i giovani, maschi e femmine, raramente si sposano in giovane eta'. Nei tempi moderni, il divario tra la puberta' naturale e la puberta' sociale non cessa di allargarsi. (...) Siccome l'istinto sessuale esiste, che fare? Proporre a ragazzi e ragazze di astenersi? Permettere loro di avere relazioni sessuali illegali? Il matrimonio temporaneo e' una risposta". E' proprio il ragionamento del ministro Pour Mohammadi. Assume tutt'altro aspetto, il matrimonio temporaneo, se si pensa che nel 1994 il governo aveva pensato di creare delle "Istituzioni di Castita'", case dove contrarre un matrimonio temporaneo anche per poche ore: case chiuse con legittimazione islamica? Il progetto e' stato archiviato tra le polemiche, ma era andato molto vicino a essere messo in pratica. Forse mostrava il vero volto del matrimonio temporaneo. Nella societa' reale infatti c'e' un chiarissimo discrimine culturale e di classe: nelle classi medie e istruite il matrimonio temporaneo non esiste. E' praticato invece dai ceti piu' bassi, ultrareligiosi e tradizionalisti: da chi non puo' permettersi un matrimonio vero per ragioni economiche, ma non oserebbe una relazione libera per convinzioni religiose (o controllo sociale). A volte poi maschera la prostituzione vera e propria: le formalita' del contratto sono minime, tempo e compenso ("dote") sono pattuiti in anticipo, una relazione commerciale con un'ipocrita copertura religiosa.
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Una paradossale scappatoia
Certo, negli anni cupi della rivoluzione, quando i pasdaran arrestavano le coppie non sposate che si mostravano in pubblico, il matrimonio temporaneo e' stato praticato anche da persone che non ci credono, per legittimare una relazione con un documento ufficiale che da' molti vantaggi pratici, tra cui poter viaggiare insieme: una coppia iraniana non puo' prendere una camera in nessun albergo in Iran senza un certificato di matrimonio. Mercimonio, scappatoia, o valvola di sfogo degli impulsi sessuali giovanili con una copertura di legittimita': in ogni caso il matrimonio temporaneo suscita critiche molto dure tra i sostenitori dei diritti delle donne. La giurista Shirin Ebadi, Nobel per la pace, si e' sempre espressa in modo contrario. La sociologa Fatemeh Sadeghi sottolinea quanto sia contradditoria l'ideologia che sostiene il matrimonio part-time: "La struttura religiosa 'santifica' la famiglia, ma poi predica il matrimonio temporaneo che in pratica indebolisce l'istituzione della famiglia". Un religioso riformista, l'hojatoleslam Yousefi Ashkevari, fa notare che il matrimonio temporaneo "svaluta" la donna: in una societa' tradizionalista, dove la verginita' della sposa e' considerata indispensabile, una ragazza che sia stata sposata in via temporanea difficilmente trovera' un matrimonio "vero". E i giovani, obiettivo dichiarato del ministro Pour Mohammadi? Molti di loro respingono il matrimonio temporaneo, soluzione tradizionale che non risponde all'aspirazione piu' comune: frequentarsi liberamente e senza doversi sposare. Ragazze e ragazzi non possono incontrarsi nei luoghi pubblici se non con molte limitazioni: e cosi' il regime islamico li spinge (soprattutto nelle classi medie e occidentalizzate) a incontrarsi piu' spesso nella sfera privata, ormai l'unico spazio di liberta'. Paradossi di un sistema che impedisce ai giovani di frequentarsi e avere libere relazioni amicali e affettive: poi pero' offre loro un matrimonio part-time per sfogare le "esigenze sessuali".
Firouzeh Khosrovani, Il manifesto, 2 luglio 2007
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