venerdì, maggio 23, 2008

Ricordando Paolo Giuntella

Paolo te ne sei andato ieri stremato dal tumore - del quale ci tenevi informati con humor - eppure abbiamo l’impressione che tu sia partito come all’improvviso, avendoti visto con trepidazione al Tg1 che tenevi ancora la postazione del Quirinale nei giorni di avvio del terzo governo Berlusconi. Oltre che della politica eri un dilettante della musica e della narrativa, dello scoutismo e di ogni impegno di pace e di carità che ti capitasse a tiro e lo eri nel senso originario della parola: trovavi diletto in quello che facevi. Tutto ti interessava, amavi le persone che in contravi per caso. Da inviato in Kosovo non distinguevi tra salvare le persone e raccontare gli atti di salvataggio. Sia da ragazzi quando eravamo nella FUCI sia negli anni della professione, quando non potevo accettare un invito per conferenze dicevo: cercate Giuntella, è simile a me e in più vi divertite. I tuoi cappelli, la barba e la pipa, l’amore per la buona tavola, tutto era segno della tua vocazione a fare in modo che la vita ti piacesse. I colleghi del Tg1 ieri sera ti hanno fatto un bel ritratto, ma hanno anche detto che eri un cattolico “intransigente” e ho immaginato come ti saresti divertito a sentire quell’aggettivo. Avranno voluto dire “tenace”, o “appassionato” perchè proprio non avevi nulla di intransigente. Eri ammiratore dell’arcivescovo Romero e di Aldo Moro ma senza predisposizione al martirio. Il tuo modo di essere cristiano era quello della gratitudine per la bellezza della vita. E la tua vita è stata bella, solo pungolata dal rammarico di non riuscire a fare abbastanza perchè ogni vita possa essere bella. Lo dico abbracciando Laura e i tuoi tre bellissimi figli.

Luigi Accattoli


Paolo Giuntella oggi è tornato tra le braccia di nostro Signore.
In Paradiso continuerà ad essere quel vulcano di idee e quella presenza che per molti di noi ha significato tanto. Lo ricordo passeggiare nei corridoi fucini di Via della Conciliazione e consigliare noi giovincelli appena giunti a Roma. Lo ricordo piangere disperato lungo quei corridoi, quando arrivò la notizia drammatica dell'omicidio di Vittorio Bachelet e quando con determinazione e passione ci spronava all'impegno nella Rosa Bianca, altri mille ricordi attraversano la mia mente...
Ciao Paolo, ti voglio bene.
Pietro Giordano


“Io voglio sapere / se Cristo è veramente risorto…” La Pasqua del 1972. Una veglia di Clan, poesie e canzoni, l’uomo fra disperazione e speranza, Turoldo e Pavese, Eluard, Merton, Quasimodo, Paolo VI, Martin Luther King. In quel Clan (e poi nel circolo Francesco Luigi Ferrari) Paolo Giuntella ci costringeva, incurante di chi esclamava ad alta voce “che palle!”, a leggere la Gaudium et Spes e Professione e Rivoluzione di Sergio Paronetto, a passare notti intere su Tocqueville o sugli anticonformisti cattolici degli anni ’30, a non disdegnare Fromm, a conoscere meglio dei nostri interlocutori comunisti o radicali le sfide del marxismo, di Freud, di Marcuse allora imperanti. A essere pronti a rendere ragione della speranza che è in noi. Ma anche a saper riconoscere e godere la Grazia di Dio nella convivialità, nell’amicizia, nelle risate, nei fuochi di campo, nell’amore che sboccia; nella musica, nell’arte, nella letteratura; perfino nella scienza e nell’economia. E a riconoscerla soprattutto nella libertà, quel quarto pilastro aggiunto da Giovani XXIII a sostegno della pace nella Pacem in Terris, che in un solo colpo spazzava via la secolare diffidenza della Chiesa Cattolica al riguardo ed escludeva con chiarezza ogni futura interpretazione totalitaria degli altri tre pilastri: verità, giustizia e amore.

Certo dai genitori riceviamo una gran parte di ciò che resta vivo anche nella vita adulta. Ma c’è un’età di passaggio nella quale consigli per la lettura e lezioni di vita e di fede risultano irricevibili anche dal piú santo dei genitori; un’età di passaggio nella quale, in quegli anni settanta, molti miei coetanei si sono smarriti, realizzando piú tardi, magari, il triste detto del paese di Silone: anarchici a vent’anni, conservatori a trenta. E’ anche grazie a Paolo Giuntella (e a Pio Cerocchi, Antonio Toffoli, Fortunato Zoppè, Mario Tedeschini...) se in quell’età di passaggio, per me e diversi amici di allora, il tizzone ardente non si è spento; se a cinquant’anni speriamo ancora di fare la rivoluzione e amiamo l’avventura – l’avventura cristiana, s’intende; se amiamo ancora la strada e la piazza, la Bibbia e la Chiesa, e non siamo chiusi in casa a fare zapping col telecomando; se sentiamo (nel nostro piccolo, come le formiche) non solo indignazione ma, malgré tout, anche rispetto e passione per la politica con la p maiuscola e per la tradizione con la t maiuscola, e per questo non ci limitiamo a servizi di bassa manovalanza (che pure svolgiamo con gioia nelle nostre parrocchie e altrove), né ad opere assistenziali o sociali, né a manifestazioni per la pace: continuiamo ad amare e studiare il Concilio e la Costituzione, e ad impegnarci pubblicamente, se necessario con qualche sacrificio, affinché siano conosciuti ed attuati, non messi in naftalina, o, peggio, demoliti.

Giovanni Bachelet



Si è spento oggi a Roma Paolo Giuntella, giornalista e scrittore, ex fucino e da sempre vicino alla FUCI. La Presidenza Nazionale a nome dell'intera Federazione Universitaria Cattolica Italiana formula sinceri e commossi sentimenti di cordoglio alla moglie Laura (già Presidente Nazionale della FUCI), ai figli, ai familiari, agli amici e ai colleghi tutti.
"Paolo Giuntella è stato per la FUCI un vero punto di riferimento" - affermano i Presidenti Nazionali Silvia Sanchini e Tiziano Torresi – "un amico generoso e insostituibile, una presenza discreta ma di fondamentale importanza. Nei suoi confronti ci sentiamo di esprimere un sentimento profondo di stima, gratitudine e riconoscenza che conserveremo sempre intatto unitamente all'affetto che ci ha legati a lui in questi anni".

Presidenza FUCI



Aveva provato a chiacchierare con la morte nel suo ultimo, splendido libro L’aratro, l’iPod e le stelle. Una riflessione a braccia aperte sul senso della vita, e sull’impegno dei cristiani in una società in crisi e difficile come quella di oggi. Aveva provato a farlo con il suo solito modo: con il sorriso sulle labbra. Con l’ironia di sempre. Citando i suoi autori preferiti, quelli che appunto, sorridevano alla vita. Ma anche un libro che nascondeva nelle pieghe delle pagine il senso vero di una vita piena, affidata a Dio. Quel “lieve problema di salute” che descriveva non era, in realtà, un lieve problema. Lui, Paolo Giuntella, lo sapeva. Ma, in qualche modo, ne parlava anche con i suoi amici più intimi, scherzandoci su. Ha lavorato fino all’ultimo giorno, seguendo per il Tg1 le consultazioni politiche dal Quirinale, e partecipando a conferenze e incontri pubblici. L’ultimo incontro proprio quello dedicato al suo grande maestro, Pietro Scoppola, anche lui scomparso recentemente.
Ce lo ricordiamo ironico, un cattolico “gaudente”, sempre pronto però alla riflessione seria. Amante della musica, sapeva a memoria tutti i nomi dei grandi dello spiritual americano, delle buone letture, uomo dotato di una vastissima cultura, negli ultimi tempi aveva cominciato a raccontare gli ultimi, i vagabondi, i “folli” di Dio, tutti quei dispersi incontrati per caso in un pub, per strada, durante i suoi tanti viaggi. I suoi ultimi libri sono esperienza letteraria ma anche vita vissuta. Ha sempre sognato una Chiesa bella e profetica.
Adesso che ha raggiunto suo padre, sua madre e le sue sorelle, e tutti i suoi amici e maestri che hanno dato il loro impegno per il Concilio Vaticano II, lo immaginiamo che starà danzando con loro. E bevendo una bella birra all’Osteria del Vecchio Isaia.
Ci mancherai.

Notiziario AC

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Eterno riposo

Anonimo ha detto...

Angelo, un commento sui nuovi presidenti di Fuci e AC?

Angelo ha detto...

Che dire? Sono entrambi 'filosofi'.
Non conosco Bordello di persona ma ha un ottimo curriculum.
Franco Miano lo conosco un po' perché quando ho studiato a Napoli era nel mio dipartimento. Una brava persona.