La Conferenza episcopale irlandese ha recentemente pubblicato un lungo documento (Il codice degli standard etici per l’assistenza sanitaria) che fornisce indicazioni alle istituzioni sanitarie cattoliche come ospedali, case di cura, ospizi, ecc. Questo Codice è particolarmente importante ora che l’Irlanda ha votato per abrogare l’Ottavo emendamento della Costituzione, che vietava l’aborto.
Il documento copre una varietà di argomenti e ribadisce che gli ospedali cattolici non devono eseguire aborti diretti: «Nessuno, si tratti di una struttura sanitaria o di un singolo medico, deve praticare, o suggerire a un paziente, un aborto, vale a dire qualsiasi procedura, trattamento o farmaco il cui scopo principale o unico effetto immediato è interrompere la vita di un feto, o di un embrione prima o dopo l’impianto. Tali procedure, trattamenti e farmaci sono moralmente sbagliati perché implicano l’uccisione diretta e deliberata o un assalto diretto letale a una vita umana innocente nelle prime fasi dello sviluppo» (2.24).
Il Codice non fa riferimento al recente referendum che ha rimosso l’Ottavo emendamento, o alla legge che potrebbe derivarne. Ciononostante, il documento dei Vescovi, basato su principi cattolici non negoziabili, è stato criticato dal ministro Harris e da altri politici che hanno affermato che non esiste una obiezione istituzionale di coscienza. Solo i singoli medici dovrebbero essere autorizzati a opporsi all’aborto. Inoltre, gli ospedali finanziati dallo Stato dovrebbero seguire la legge, hanno detto.
L’ethos di un ospedale è l’equivalente dell’identità di coscienza di un individuo, poiché ispira tutte le sue azioni e decisioni. In effetti, crediamo che non solo l’individuo, ma anche le istituzioni siano responsabili delle loro scelte e dei loro atti, perché riteniamo che non solo le persone, ma anche le istituzioni abbiano una coscienza morale, un insieme di principi secondo cui devono agire.
Il Codice dice: «L’ethos di un istituto sanitario ha il carattere di una “coscienza istituzionale”. Contribuisce alla formazione della politica e alla formulazione dei giudizi in modo coerente con la ragione. L’ethos dell’istituto guida l’istituzione nell’individuare sia le sue priorità operative, sia le attività alle quali non può partecipare con integrità». (8.19)
Quando l’ethos di un’istituzione è in conflitto con la legge del Paese ci sono quattro possibili risposte da parte dell’istituzione: agire contro la legge, agire contro la coscienza, agire secondo coscienza perché la norma può essere elusa con qualche espediente, o agire secondo coscienza perché la legge consente eccezioni in caso di conflitto. Quest’ultima opzione è la soluzione preferibile per le ragioni che spiegherò.
In primo luogo, un ospedale cattolico potrebbe decidere di infrangere deliberatamente e pubblicamente la legge, come una forma di disobbedienza civile, al fine di sottolineare l’ingiustizia di una norma. Questo potrebbe avere qualche effetto a lungo termine ma richiede un alto livello di coraggio e di impegno. Questa soluzione è appropriata solo quando non sono disponibili altre opzioni morali.
In alternativa, alcune istituzioni religiosamente ispirate potrebbero tradire la loro stessa missione, agire contro il loro ethos e conformarsi alle nuove esigenze. Ovviamente, non saranno più cattolici. Agire contro la coscienza, in particolare a causa di interesse o pusillanimità, non è mai giusto e lo Stato non dovrebbe mai spingere individui o gruppi in quella direzione.
La terza opzione ricorre quando l’istituzione trova un modo per eludere i requisiti di legge. Ciò ha spesso un costo, non solo per l’istituzione ma anche per la comunità che essa serve. Possiamo immaginare, per esempio, che la nuova legge sull’aborto richiederà di eseguire l’aborto solo agli ospedali che ricevono fondi pubblici. In tal caso un ospedale cattolico potrebbe decidere di rifiutare fondi pubblici e ridurre le sue attività, o di chiudere il suo reparto maternità e continuare a offrire i suoi servizi in altre aree. Il suo ethos non sarà compromesso ma nessuno guadagnerà da questa situazione. In effetti, quale interesse ha lo Stato nel vedere interrotto un servizio che è stato dimostrato utile, se non essenziale, a una comunità? Inoltre, se l’interesse dello Stato è quello di rendere l’aborto disponibile per le donne, ciò non accadrà comunque se l’ospedale termina, parzialmente o interamente, i suoi servizi. Se il governo spingerà le sue politiche in questa direzione, non farà altro che compromettere il suo obiettivo. […]
Una quarta opzione, più ragionevole e giusta, è quella di concedere l’obiezione di coscienza istituzionale, vale a dire consentire a un ospedale o una clinica di continuare a fornire assistenza medica ma senza l’obbligo di praticare aborti. […] L’attuale bozza della legge sull’aborto non contiene tale clausola e, come ho già mostrato altrove, presenta una visione piuttosto limitata dell’obiezione di coscienza.
Il ministro Harris dovrebbe riconoscere che l’obiezione istituzionale di coscienza è riconosciuta a livello internazionale. Ad esempio, quarantaquattro stati negli Stati Uniti consentono alle istituzioni di rifiutarsi di fornire aborti. L’American Medical Association (AMA) ha adottato una politica in materia di aborto affermando: «Nessun medico, ospedale o istituzione, devono essere tenuti a compiere qualsiasi atto che violi i principi morali personali». (Politiche sanitarie della Camera dei delegati, “Aborto”, 5.995)
Allo stesso modo, nel 2010 l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
ha approvato una risoluzione in cui si afferma che «
Nessuna persona, ospedale o istituzione deve essere costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa del rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre a un aborto».
Molti Stati europei riconoscono il diritto di opporsi all’aborto non solo ai singoli ma anche alle istituzioni.
Il ministro Harris ha detto che gli ospedali finanziati dallo Stato devono osservare la legge. Certo che devono, ma allo stesso tempo non c’è motivo per cui la legge non dovrebbe contemplare l’obiezione di coscienza per individui e istituzioni, come accade in altri Paesi. Negare questo diritto sarebbe ingiusto perché costringerebbe le istituzioni religiose ad agire contro i principi che ispirano la loro assistenza sanitaria, ma sarebbe anche dannoso, perché priverebbe le comunità di determinati servizi sanitari ora forniti dagli ospedali cattolici.
Angelo Bottone